SABA, Vincenzo
– Nacque il 23 settembre 1916 a Ozieri (Sassari) da Luigi e da Giovannangela Niedda, piccoli proprietari di terreni destinati alla coltivazione, all’allevamento e alla pastorizia.
Minore di quattro fratelli (Peppina, Toiedda e Nicheddu) crebbe nella capitale del Logudoro, sede episcopale con una forte identità religiosa e civile. Nel 1922, lasciata la parrocchia della cattedrale per quella di S. Lucia, iniziò ad aprirsi al gusto della letteratura e alla curiosità per la vita sociale alla scuola di don Girolamo Contini, profondo conoscitore di Alessandro Manzoni e animatore della società cattolica operaia di San Giuseppe. Affermatosi il fascismo cittadino all’ombra dei printzipales locali, nel 1927 egli registrò la divaricazione tra la proposta formativa del regime e l’esperienza educativa cattolica quando la sua associazione fu sciolta per le leggi contro lo scautismo cattolico nei piccoli centri. Continuando la formazione religiosa e sociale nel circolo Don Bosco, unico in famiglia a frequentare il ginnasio, si mostrò presto portato per gli studi classici.
Nel 1932 le aspettative del ragazzo e le sollecitazioni del mondo cattolico lo portarono a Roma per frequentare il liceo Mamiani dove, grazie agli ottimi risultati scolastici e per ridurre le esigenze economiche del suo mantenimento, ottenne la maturità in soli due anni. Iscrittosi nel 1934 alla facoltà di lettere dell’Università romana, dopo il primo biennio di studi tornò in Sardegna, accettando alcune supplenze nelle scuole di Ozieri. Con la Gioventù cattolica sarda partecipò alla campagna Forti e puri, conclusa con la commemorazione dei militari italiani morti in Etiopia, partecipe delle vicende dello Stato e sofferente per i limiti posti a un coerente impegno civile. Ultimò gli studi universitari nel 1938 con una tesi di laurea sulla poesia italiana del Duecento apprezzata da Natalino Sapegno; l’anno dopo vinse il concorso di italiano e latino al liceo di Cagliari. Il lavoro stabile gli consentì di sposare a Thiesi, il 3 gennaio 1940, Pinuccia Lentino, con la quale ebbe i primi figli: Luigi nel 1940, Rino nel 1941, Ariella nel 1943.
Chiamato alle armi nel 1941, rimase con il contingente italiano posto a difesa della Sardegna fino al settembre del 1943, quando i tedeschi lasciarono l’isola. Fu quindi introdotto dal vescovo di Ozieri presso l’ex esponente popolare Antonio Segni, nell’ambito del coinvolgimento dell’Azione cattolica nella ripresa politica democratica, ma la sua critica all’attitudine conservatrice del cattolicesimo sardo e l’attesa di un radicale mutamento socioculturale lo indussero a ritrarsi. Ritenendo la propria cultura letteraria insufficiente ad affrontare i nodi della ricostruzione democratica, nel 1944 a Cagliari riprese la propria formazione sociopolitica con un gruppo di giovani cristiano-sociali; una decisa dichiarazione di fedeltà all’Azione cattolica, infine, lo separò dagli ambienti comunisti antifascisti con i quali era in contatto. Scelse allora il percorso dell’impegno culturale, tenendo dal 1945 una rubrica nel Corriere di Sardegna.
Durante la vasta campagna di formazione civica svolta dalla Chiesa nel primo semestre del 1946 ascoltò a Sassari Giuseppe Lazzati; nelle seguenti elezioni di giugno espresse un voto democristiano e repubblicano. Tramite i Gruppi servire si coinvolse dal 1947 con gli ambienti di Cronache sociali, promuovendo la rivista in Sardegna; organizzando la settimana sociale dei cattolici sardi del febbraio 1948 incontrò Mario Romani e Giuseppe Dossetti.
Membro dell’Unione cattolica italiana insegnanti medi e segretario provinciale del Sindacato nazionale della scuola media, nel 1949 la nomina nella direzione nazionale del sindacato lo condusse di nuovo a Roma, dove lo raggiunse nel 1950 la famiglia (nel 1947 era nata la figlia Giovanna, cui seguirono Andreina nel 1952 e Gavina nel 1954). Pur direttore del foglio Rinnovamento della scuola, nel 1951 lasciò il sindacato, anche per la forte eco in lui suscitata dalla relazione di Dossetti sulla Problematica sociale del mondo d’oggi, continuando a impegnarsi nell’Istituto cattolico di attività sociali. Convinto che il proprio contributo a un profondo cambiamento del Paese dovesse concentrarsi sull’approfondimento culturale e sui percorsi di educazione alle responsabilità personali, aderì alla proposta di Romani di condividere un progetto formativo per la Confederazione italiana sindacati lavoratori (CISL), «sindacato nuovo» in rottura con la tradizione del sindacalismo confessionale e dipendente dai partiti. Nel settembre del 1953 iniziò un’appassionata collaborazione presso l’Ufficio studi e formazione confederale della CISL, mettendo le sue doti di analisi e di ricerca a servizio dell’impresa volta a formare una classe dirigente sindacale in grado di tutelare i lavoratori in una società libera e democratica grazie a un’adeguata comprensione delle continue trasformazioni economiche. Gli fu sempre evidente, del resto, il significato storico del nesso tra formazione e strategia voluto da Giulio Pastore per la CISL a fronte del sindacato antagonista comunista e della miopia del ceto industriale. Tra il 1954 e il 1955 si dedicò all’acculturazione dei quadri sindacali nel Mezzogiorno e nel 1956 fu chiamato a Firenze come direttore del Centro studi della CISL, realizzando corsi di formazione che abbinarono studio personale e lezioni d’aula, conclusi da verifiche personali; tra i suoi allievi vi fu parte rilevante della leadership sindacale della CISL.
Nel 1960 fu chiamato all’Ufficio studi nazionale a Roma, nel momento in cui la Confederazione tentò di affermare innovative relazioni industriali sulla base di una maggiore soggettività sociale. Il 14 gennaio 1961, durante la prima Conferenza triangolare per lo sviluppo economico, in margine al dibattito sul piano di rinascita della Sardegna, sottolineò come una programmazione duttile e adattabile dovesse collegarsi a una visione d’insieme della politica economica, in cui fosse presente una continua consultazione delle parti sociali e una loro partecipazione ai processi decisionali dei singoli interventi. Restò accanto a Romani quando nel 1969 entrò in crisi il rapporto fiduciario con la segreteria confederale della CISL e quando nel febbraio 1971 fu costituita la Fondazione Giulio Pastore, che assunse presto un assoluto rilievo scientifico nazionale e costituì sicuro riferimento per i sindacati della CISL, come la Federazione italiana salariati e braccianti agricoli e la Federazione lavoratori delle aziende elettriche italiane, nella battaglia culturale per riaffermare soggettività associativa e relazioni industriali partecipate nel conflitto sindacale e politico degli anni Settanta.
Alla morte di Romani, nel 1975, fu vicepresidente della Fondazione Pastore, affidata alla guida di Giovanni Marongiu, luogo di alta formazione e di incontro fecondo tra sindacalisti, esponenti delle istituzioni pubbliche e studiosi della società italiana. Con questo ambiente sostenne l’accordo Scotti del 22 giugno 1983 come passaggio storico per il coinvolgimento degli attori sociali alle strategie economiche del Paese, contrastando l’affermarsi di modelli neocorporativi; negli anni seguenti Saba costituì un riferimento italiano nell’impostazione del dialogo sociale europeo.
Dal 1970 professore all’Università Pro Deo di Roma, continuò a insegnare storia del movimento sindacale e delle relazioni industriali presso la Libera università internazionale degli studi sociali fino al 1986; dal 1977 al 1981 accettò di presiedere l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori; nel giugno del 1989 il presidente della Repubblica Francesco Cossiga lo nominò consigliere del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), incarico già ricoperto dal 1963 al 1977 su designazione della CISL. Con cristiana fiducia nella libertà e con passione civile avviò giovani studiosi alla ricerca e, interlocutore dei maggiori centri di studio nazionali, nel 1992 favorì la creazione dell’Associazione degli istituti di cultura italiani. Dal 1993 al 2002 presidente della Fondazione Pastore, promosse studi sul lavoro e sul sindacato per interpretare la storia locale, regionale e nazionale; sua la voce Sindacalismo nel Dizionario delle idee politiche (Roma 1993, pp. 771-784); decisivo il suo apporto, nel 1995, nella valorizzazione degli archivi sindacali. Nel 2007 nella direzione della Fondazione Enérgeia curò la nascita di Sindacalismo. Rivista di studi sulla rappresentanza del lavoro nella società globale.
Morì a Roma il 21 ottobre 2011.
Opere. Copiosi i suoi contributi su giornali e riviste (come Il Nuovo Osservatore, Lotte contadine, Terza fase, gli Annali della Fondazione Pastore); oltre alla voce già indicata, importanti i volumi: Le esperienze associative in Italia (1861-1922), Milano 1978; Giulio Pastore sindacalista, dalle leghe bianche alla formazione della CISL (1918-1958), Roma 1983; Quella specie di laburismo cristiano. Dossetti, Pastore, Romani e l’alternativa a De Gasperi. 1946-1951, Roma 1996; Il problema storico della CISL. La cittadinanza sindacale in Italia nella società civile e nella società politica (1950-1993), Roma 2000. Con S. Zaninelli ha pubblicato Mario Romani. La cultura al servizio del sindacato nuovo, Milano 1995; con E. Ghera - U. Paniccia ha curato Dialoghi sul sistema: le relazioni industriali in venti anni della rivista Industria e sindacato. 1977-1996, Milano 1998.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio della Fondazione Giulio Pastore, Carte Saba. Oltre a necrologi e commemorazioni apparsi su giornali e siti web, si segnala I. Camerini, Da Ozieri a Roma..., 16 novembre 2009, http://online.cisl.it/arc.storico/? Lower=76-90&Upper=1-32767 (17 luglio 2017); si veda inoltre P. Limata, V. S. presidente della Fondazione Giulio Pastore, in Sindacalismo, IV (2012), 17, pp. 71-84.