TIERI, Vincenzo
– Nacque a Corigliano Calabro (oggi Corigliano-Rossano) il 28 novembre 1895, da Francesco e da Marietta Marini.
Gli anni della formazione al ginnasio Garopoli e soprattutto la frequentazione di Francesco Dragosei, popolare figura di editore e giornalista, gli fecero scoprire precocemente talento della scrittura, piacere del teatro e vocazione pubblica; diplomatosi nel 1913, iniziò a insegnare.
Guerra e famiglia arrivarono insieme: chiamato alle armi nell’estate del 1915, ricevette al fronte la notizia della nascita di Gherardo (1916-1973); il 1° luglio ne sposò la madre, Matilde Garofalo, di Rovito (Cosenza). Richiamato così dal fronte, riprese l’attività pedagogica e sociale, ma soprattutto iniziò a scrivere: L’inevitabile (1916), raccolta di novelle dedicata a un’amata misteriosa; due commedie in un atto, Il trabocchetto e Un marito (1917); La parabola dell’amore (1918), raccolta di poesie. Nel frattempo era nato (1917), secondogenito, Aroldo (v. la voce in questo Dizionario: attore di teatro e cinema, interprete di numerose commedie del padre e conservatore del suo archivio).
Nel 1918, assunto come redattore dal quotidiano II Tempo, si trasferì a Roma, dove nacque il terzogenito Marcello (1920; morto, appena ventiduenne, nella campagna di Russia) e l’anno seguente il concittadino deputato Guido Compagna lo nominò proprio segretario politico.
Seguirono i suoi due decenni più brillanti e mondani, fra pagina e scena, in qualità di testimone non banale dell’Italia del modernismo, simbolicamente circoscritti da due fra le sue corrispondenze più celebri: gli articoli sulle celebrazioni del milite ignoto (Il Tempo, 1921) e quelli sulla guerra di Spagna a seguito di Galeazzo Ciano (Il Popolo di Roma, 1939).
Come giornalista – oltre a essere redattore capo del Tempo (1921-69; dove agli esordi fu vice di Vincenzo Cardarelli e Adriano Tilgher) e del Popolo di Roma (1926-43; dove tenne la rubrica Teatrino e fu anche critico cinematografico) – fondò e diresse il Corriere del Teatro (1925); scrisse, inoltre, recensioni per Il Giornale di Roma (1921-23, rubrica Teatri e concerti), Alfa (1923), Il Popolo d’Italia (1924-26), Gazzetta del Popolo (1932, 1953), Corriere musicale (1936), Marc’Aurelio (1937), Il Popolo di Trieste (1938-39), Scenario (1942-43); tenne anche rubriche di cronaca per Il Giornale di Roma (Lettera aperta, 1922-23) e Corriere italiano (1923-24), firmandosi spesso con gli pseudonimi Fra’ Dolcino e Belacqua.
Come autore di teatro, dopo un inizio di successo con La logica di Shylock (1922), sull’usura, si fermò per un decennio, per non confliggere con l’attività di critico; ritornò nel 1932 con la sua commedia forse più fortunata, Taide (ancora nel 1971 Maurizio Costanzo ne ricavò un adattamento per Aroldo Tieri). Nel personaggio di Giovanna, la trasgressiva Paola Borboni gli aprì le porte del teatro italiano: è dello stesso anno l’incontro con Ruggero Ruggeri (Il principe Upsor) che inaugurò un lungo sodalizio (undici commedie; «ma anche nelle altre io Ruggeri ce lo mettevo», in Teatro e vita, 2004, p. 31). Con entrambi mantenne lunghi rapporti: con Borboni fondò poi la compagnia dei Teatranti (1952); e Ruggeri, poco prima della morte, gli rese omaggio a Cosenza recitando Il barone di Gragnano (1953). Quasi a ruota, nel 1933, l’incontro con Giulio Donadio e la compagnia Spettacoli gialli lo avviò al filone cosiddetto giallo, cui più di altri contribuì: La paura, La folgore, La sbarra; più tardi Landrù (1950).
La guerra sembrò intensificare la sua produzione. In cinque anni, fra il 1940 e il 1945 scrisse ben quindici commedie, la prima delle quali, Chirurgia estetica, all’indomani della dichiarazione di guerra: storia a tratti granguignolesca di un chirurgo pigmalione, interpretato dal figlio Aroldo con Andreina Pagnani, restò fra le sue più rappresentate.
Nel dopoguerra mise a frutto la popolarità acquisita avventurandosi in una breve, eclatante parentesi politica: a fianco di Guglielmo Giannini – come lui giornalista, autore di teatro ‘giallo’ e narratore dei disagi e di certo radicalismo della borghesia italiana – fondò il Fronte liberale democratico dell’uomo qualunque: Tieri ne fu segretario, deputato alla Costituente (collegio unico nazionale, 6 luglio 1946) e membro delle commissioni per la vigilanza sulle radiodiffusioni (7 luglio 1947-31 gennaio 1948) e per lo spettacolo; lo lasciò nel gennaio del 1948 in disaccordo con la decisione di concorrere alle elezioni politiche con il Partito liberale; il tentativo di proseguire in autonomia con il Partito qualunquista italiano trovò scarso riscontro e segnò la fine della sua esperienza politica e il ritorno alle sue più radicate passioni.
Quanto al giornalismo, mise la propria esperienza di recensore al servizio di nuove testate, creando rubriche cinematografiche e televisive. Collaborò con Il Roma, L’Eco del cinema e dello spettacolo, Il Popolo (1952-54), Settimo giorno (1953), Il Giornale d’Italia (1964), Arcoscenico (1965); fu critico televisivo per Il Reporter (1959-60; rubrica Il pomo della discordia), Telesera (1961-62) e Il Travaso delle idee, settimanale satirico (1965-66; rubriche Telescherno e Tieri e oggi); e diresse il settimanale Il Mattino di Roma (1947).
Quanto al teatro, mutata ormai quell’Italia cui aveva dato voce, in particolare quella «lunga serie di tipi femminili che si adoperò a infittire con una volontà e un accanimento i quali [fecero sì che fosse] tra gli ultimi commediografi italiani a essere rappresentato dalle compagnie nazionali» (E. Paura, La logica di Vincenzo Tieri, in Teatro e vita..., a cura di A. Panzarella - E. Paura, 2004, pp. 17-21, in partic. p. 19), le sue commedie si diradarono e sempre più restarono inedite, nonostante tentasse di aggiornarsi – nel taglio, dai tre atti ai due tempi, più che negli argomenti. Non cessò invece l’attività come direttore di compagnia e regista: nella sua prima raccolta (Taide, Figaro II, Tempo libero, 1961, p. VII) dichiarava di aver già curato la regia di una settantina di commedie – ricoprendo nel frattempo incarichi di direzione e rappresentanza: commissario della SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori) per la sezione DOR (Opere Drammatiche e Radiotelevisive), presidente nazionale della SIAD (Società Italiana Autori Drammatici) e vicepresidente dell’IDI (Istituto del Dramma Italiano).
Il successo di pubblico della sua produzione è testimoniato dagli interpreti che la portarono in scena (oltre ai già citati: Memo Benassi, Carlo Ninchi, Renzo Ricci, Luigi Cimara, Paolo Stoppa, Gino Cervi, Elsa Merlini, Rina Morelli, Olga Villi, Lamberto Picasso, Evi Maltagliati, Marcello Giorda), dalle non poche tournées all’estero (Inghilterra, Spagna, Germania, Francia, Argentina); da alcuni esiti cinematografici e televisivi (oltre a Una lampada alla finestra, 1939, di Gino Talamo, unica sceneggiatura originale, le sue commedie fornirono il soggetto a L’ispettore Vargas, 1940, di Gianni Franciolini; a due versioni di Chirurgia estetica, di Guglielmo Morandi, 1958, e di Claudio Fino, 1969; a Servi e padroni, 1961, di Mario Lanfranchi; a Questi poveri amanti, 1972, di Guglielmo Morandi).
Fra il 1954 e il 1957 fu chiamato a dirigere il Piccolo Teatro di Palermo, per il quale fondò anche una scuola. Diradatisi i suoi rapporti con il teatro, ritornò al giornalismo, prevalentemente alla critica televisiva – pur non cessando di sperimentare nella scrittura teatrale, come dimostrano i suoi ultimi inediti; quindi, interrotta senza clamore l’attività per motivi di salute, morì a Roma, settantacinquenne, il 4 gennaio 1970.
Opere. Tra i romanzi si vedano Non l’uccidete, romanzo giallo (Il Popolo di Roma, 16 febbraio e 2 marzo 1930); La crisi del giudice Tarsia (Il Giornale della Domenica, 24 marzo-27 maggio 1935). Novelle: Avventura per la vetrina (Il Tempo, 8 luglio 1922); Affittasi garçonnière (Il Popolo di Roma, 13 luglio 1926); Il sogno (Film, 2 ottobre 1943).Testi teatrali: due raccolte si trovano in Taide, Figaro II, Ingresso libero, Bologna 1961; e Teatro e vita di Vincenzo Tieri, a cura di A. Panzarella - E. Paura, Milano 2004 (Taide, Il principe Upsor, Questi poveri amanti, La tua vita è mia, Il Barone di Gragnano, Ingresso libero, Chirurgia estetica); altre opere: La logica di Shylock, 1921; Sua eccellenza sui luoghi del disastro, 1932; L’amore, 1933; La paura, 1934; La folgore, 1935; Processo a porte chiuse, 1937; La parte di marito, 1940; L’ape regina, 1941; Amarsi così, 1942; Servi e padroni, 1942; Landrù, 1950; I mariti di Norella, 1957.
Fonti e Bibl.: L’archivio Tieri (v. Archivio Vincenzo Tieri. Inventario, a cura di L.F. Leo - P.E. Acri - S. Scigliano, Corigliano 1998), è conservato a Corigliano Calabro, presso la Biblioteca comunale Francesco Pometti e consta di 25 buste: una prima parte (1-16) comprende 2 romanzi, 16 componimenti brevi, 61 opere teatrali e una dozzina di inediti di incerta destinazione; una seconda (17-25), comprende 948 articoli di periodici e ‘varia’.
Cl. Be. [Claudio Bertieri], T., V., in Enciclopedia dello spettacolo, IX, Roma 1965; E. Paura, Quel grande amore per il teatro: in ricordo di V. T. commediografo, Corigliano 1995; Id., Quel grande amore per il teatro, la figura e l’opera di V. T., Castrovillari 1995; Id., V. T., in Calabria letteraria, XLIV (1996), 1-2-3, pp. 101 s.; Riflessioni sull’attività giovanile di V. T., a cura di A. Benvenuto, Corigliano 1998.