VIVIANI, Vincenzo
Matematico, nato a Firenze il 5 aprile 1622, morto ivi il 22 settembre 1703. Fu discepolo, filialmente devoto, del Galilei, quando questi era vecchio e cieco; e, dopo la morte del grande maestro, seguitò gli studî matematici sotto la guida di E. Torricelli. Salito in larga rinomanza, ebbe l'offerta di elevati uffici scientifici dal re Casimiro di Polonia e da Luigi XIV; ma non volle abbandonare Firenze. Fu membro, oltre che dell'accademia del Cimento, della Società reale di Londra e dell'accademia di Francia.
Il V. fu dei pochi, fra i geometri del suo tempo, che, senza lasciarsi trasportare dalla prodigiosa facilità che la nuova geometria degl'infinitesimi portava nello studio dei problemi geometrici, serbarono fede agli antichi, e, col solo soccorso della geometria classica, seppero penetrare nelle più alte questioni allora trattate. La sua fama ebbe inizio con la "divinazione" del 5° libro delle Coniche di Apollonio, da lui ricostruito sulle poche indicazioni date da Pappo nel 7° delle Collezioni matematiche. Egli stava ultimando la sua opera, quando A. Borelli seppe riconoscere l'autenticità dei libri 5°, 6° e 7° di Apollonio nella traduzione araba rinvenuta da G. B. Raimondi in uno dei manoscritti pervenuti, sulla fine del sec. XVI, al granduca di Toscana, dal patriarca di Antiochia, e ottenne che'se ne concedesse la traduzione latina al maronita Abramo Ecchellense, e a lui la cura dell'interpretazione matematica. Il contenuto dell'opera di Apollonio fu tenuto segreto per lasciar tempo al V. di concludere la sua divinazione, allora in corso di stampa, la quale uscì a Firenze nel 1659 col titolo: De maximis et minimis geometrica divinatio in quintum Conicorum Apollonii Pergaei adhuc desideratum. Due anni dopo fu pubblicata la traduzione dell'originale, e si poté constatare la sostanziale corrispondenza con quella che il V., con mirabile intuito geometrico, aveva ricostruito, conservando, anche nella forma espositiva e nell'ordinamento logico della materia, il rigore classico. Eguali pregi si riscontrano nella Divinazione seconda dei Luoghi solidi di Aristeo seniore, iniziata dal V. sui ventiquattro anni e pubblicata solo nel 1701, alla quale per altro mancò il controllo con l'originale, non ancora trovato. È tuttora pregiata l'edizione degli Elementi di Euclide, curata dal V. nel 1690, e in particolare il Quinto libro, spiegato colla dottrina di Galileo. Ed è conosciuto col nome del V. il problema, da lui inviato agli Acta Eruditorum di Lipsia, col titolo Aenigma geometrico de miro opificio testudinis quadrabilis hemisphaericae A. D. Pio Lisci pusillo geometra (anagramma di: A postremo discipulo Galilei), quasi a disfida della "scienza segreta degli illustri analisti del tempo". Il problema fu subito, e in più modi, risoluto dal Leibniz, dal Bernoulli, dal de l'Hôpital; ma la risoluzione puramente sintetica del V. fu tenuta per la più elegante e concettosa (v. appresso).
Fu grave danno, non solo per la fama del V. ma per il progresso della scienza matematica in Italia, che egli rivolgesse il suo grande ingegno e le preclari sue facoltà inventive unicamente allo studio e all'imitazione degli antichi, trascurando le nuove teorie analitiche che avevano trovato in Italia il loro inizio, e alle quali gl'Italiani avevano dato potente sviluppo, specialmente nelle opere di due altri discepoli del Galilei, cioè del Cavalieri e del Torricelli. Il V. si mantenne sdegnosamente estraneo alla nuova scienza, a tal punto da non saper riconoscere nei manoscritti del Torricelli, a lui affidati per la stampa, quelle sublimi creazioni in cui il Torricelli "sentiva che vivrebbe ancora oltre il sepolcro"; ma, sia detto a scusa del V., nemmeno oggi possediamo un ordinamento logico di tali manoscritti, che il Torricelli aveva legati al granduca, con l'accorata raccomandazione che nulla di essi andasse perduto, e che erano stati raccolti dal suo fidato amico L. Serenai.
Finestra del Viviani. - Gli Acta eruditorum del 4 aprile 1692 contengono sotto il titolo di Aenigma geometricum la questione di "costruire in una cupola emisferica quattro finestre uguali per modo che la parte rimanente risulti esattamente quadrabile". Ne era autore il V. Esso fu subito sciolto dal Leibniz e poi dai più eminenti matematici di quel tempo, non escluso lo stesso proponente. Il risultato a cui concordemente si pervenne è che ciascuna delle finestre domandate si ottiene tagliando la vòlta emisferica con un cilindro tangente al cerchio di base e di raggio metà. Alla linea risultante, che è una curva di quart'ordine e prima specie (v. quartiche), si dà il nome di finestra del Viviani.