VINDELINO da Spira
VINDELINO da Spira (Wendelin von Speyer). – Nacque nella città del Palatinato posta sulle sponde del Reno forse negli anni Trenta del XV secolo. Nulla è noto dei genitori e della formazione.
Il suo trasferimento in Italia e gli inizi della sua attività tipografica sono indissolubilmente legati con la vita professionale del fratello Johann (anche Hans), probabilmente maggiore di lui d’età.
Johann (che non andrà confuso con Johann Emerich de Spira, tipografo anch’egli a Venezia un ventennio più tardi), nel 1460-61 si trovava forse a Magonza, in stretto contatto con l’ambiente dei prototipografi vicini a Johannes Gutenberg; qui potrebbe avere esercitato la professione di orafo. Si trasferì in Italia presumibilmente poco dopo il sacco della città del 1462 (ragioni cronologiche relative all’età della figlia lasciano inferire la prossimità del trasferimento a tale avvenimento), dove sposò Paola, figlia del pittore Antonello da Messina. Lo ritroviamo prima del 1468 a Venezia: qui iniziò a pubblicare, primo tipografo attivo in laguna, come scrive Marino Sanudo («a dì 18 Septembrio fo scomenzà a Veniesia a stampar libri, inventor uno maistro Zuane de Spira, todescho, et stampò le epistolle di Tullio, et Plinio; et morite. In locho suo successe Nicolò Jenson, qual vadagnò, con stampare, assai danari», Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, ms. Ital., cl. VII, 125, c. 331r). La stampa aveva fatto già il suo ingresso in Italia alcuni anni prima, ma la piazza veneziana era ancora libera, nonostante le manovre di avvicinamento di alcuni tipografi, come Cristoforo Valdarfer presente a Padova.
Si era agli inizi dell’attività tipografica e l’investimento fu certo notevole, così come il riscontro economico: dall’officina di Johann uscirono, tutte datate al 1469 e accompagnate da colophon in versi latini, innanzitutto le Epistolae di Cicerone (Incunabula short title catalogue, ISTC, ic00504000), un in folio di 125 carte, di cui diverse copie tirate su pergamena con bei tipi romani (R110), dove si sottoscrive affermando di essere stato il primo a stampare a Venezia: «Primus in Adriaca formis impressit aenis / urbe libros Spira genitus de stirpe Johannes / in reliquis sit quanta vides spes lector habenda / quom labor hic primus calami superverit artem / M.CCCC.LXVIIII» (British Museum cataloge, BMC, V, p. 152). Seguirono quattro mesi più tardi una ristampa del Cicerone (ISTC, ic00505000) con fascicolatura e impaginazione più regolari, e quindi la monumentale edizione della Naturalis historia di Plinio (ISTC, ip00786000, con varianti di impaginazione nelle prime carte), di cui è stato dubitativamente indicato il manoscritto di tipografia (Parigi, Bibliothèque nationale, ms. lat., 6805), che dovrebbe fornire dati sul lavoro dell’officina. Il primo Cicerone e il Plinio furono tirati in cento copie, il secondo Cicerone in trecento; del Plinio si sa inoltre che fu venduto al prezzo di 8 ducati, lo stipendio mensile di un capo operaio.
Tali edizioni devono tutte precedere il 18 settembre 1469 perché in quella data, a seguito della presentazione di una supplica ad hoc, Johann ottenne dal Collegio della Repubblica un privilegio esclusivo per la stampa in città e nel relativo distretto: in esso si afferma, appunto, che egli aveva già stampato tali edizioni, dando bella prova di sé (Archivio di Stato di Venezia, Notariato del Collegio, reg. XIX, 1467-1473, c. 55v). Nel privilegio, a indicare la volontà di proseguire proficuamente il lavoro, si dice anche che egli si era installato a Venezia con tutta la sua famiglia (tra i membri non viene nominato il fratello Wendelin), ma che sopra a tutto si doveva avere a cuore il bene della comunità e che questa iniziativa imprenditoriale agiva «ut, industria at virtute huius hominis, multis praeclarisque voluminibus, et quidem pervili pretio, locupletabitur». Il documento sottolinea la contiguità tra l’esperienza di Johann e un certo patriziato veneziano filoumanista.
Vindelino si trasferì a Venezia poco dopo, nel 1470, subentrando a capo dell’impresa a seguito della morte di Johann durante la lavorazione di una nuova edizione dell’agostiniano De Civitate Dei (ISTC, ia01233000). Lo testimonia il colophon: «Qui docuit Venetos excribi posse Ioannes / mense fere trino centena volumina Plini / et totidem magni Ciceronis Spira libellos / cęperat Aureli, subita sed morte perentus / non potuit ceptum Venetis finire volumen / Vindelinus adest eiusdem frater & arte / non minor, hadriacaque morabitur urbe / MCCCCLXX» (BMC, V, p. 153).
Benché la promessa di trattenersi in città sembri ammiccare a un possibile rinnovo del privilegio, la mancata conferma di quest’ultimo suscitò l’immediato affollarsi dei concorrenti sul mercato cittadino («Nullius est vigoris, quia obiit magister et auctor», aggiunge al privilegio citato una mano coeva).
L’impresa di Vindelino pare proseguire il progetto editoriale già avviato dal fratello con una fitta serie di edizioni soprattutto di classici latini – alcune importanti editiones principes come quelle di Tacito nel 1471-72 (ISTC, it00006000), Plauto nel 1472 (ISTC, ip00779000) e nello stesso anno Tibullo e Catullo (ISTC, it00366400) –, di alcune traduzioni dal greco, di umanisti latini, più alcune incursioni nel mondo del diritto, con qualche titolo patristico, di teologia o di omiletica.
Naturalmente, le edizioni dei classici presupponevano scelte testuali e filologiche complesse, affidate via via a diversi collaboratori editoriali. La fitta programmazione del 1470 non vede novità tecniche di sostanza, tranne che con il Cicerone, Epistolae ad familiares (ISTC, ic00506000) e il Prisciano (ISTC, ip00960000), dove compare una parziale rinfrescatura del carattere R110 ora anche comprendente maiuscole per i titoli.
L’anno successivo escono le prime opere di diritto, come il Bartolo da Sassoferrato, Prima pars lectura super infortiato (ISTC, ib00231000), o il Panormitanus, Lectura super primo et secundo Decretalium, in quattro volumi (ISTC, ip00058000) pubblicato tra il 1471 e il 1473, raggiungendo, sembra, le mille copie), mentre vengono impiegati un nuovo stato del solito R110 e un greco 110 (adatto quindi ad affiancare il romano).
Nello stesso 1471 iniziò a fare la sua comparsa a fianco di Vindelino l’imprenditore Giovanni da Colonia, ben inserito nella realtà sociale veneziana, che finanziò alcune edizioni nelle quali non compare il nome dello stampatore di Spira: si vedano il Cicerone, De finibus (ISTC, ic00565000) dove manca il nome di Wendelin, ma al colophon è scritto «Ioanne ex Colonia Agrippinensi sumptu(m) ministrante impressum» (BMC, V, p. 157) e il Terenzio (ISTC, it00065000) dove si legge «Raphael Iove(n)zonius ister .P. eme(n)davi. Ioa(n)nes Agrippinae Coloniae decus impressit» (BMC, V, p. 158). Giovanni da Colonia, inoltre, in quell’anno sposò Paola, vedova di Johann.
A conferma del perfetto inserimento dei membri della famiglia da Spira nel circuito del libro germano-veneziano di Venezia (saldamente installato tra le mura del fondaco dei Tedeschi), va ricordato che qualche anno più tardi (1477) la figlia di Johann e Paola, Gerolama, andò in sposa – com’era d’uso – a un membro del circolo degli ‘uomini del libro’, Gaspar Dinslaken, mentre il figlio, Pier Paolo, partecipò anch’egli agli interessi di famiglia nel settore librario.
La collaborazione fra Vindelino e Giovanni da Colonia – per ciò che lasciano capire le sottoscrizioni editoriali (quando ci sono: molte sono le edizioni non firmate e solo attribuite sulla base dell’uso dei caratteri) – proseguì sporadicamente anche nel 1472, quando si leggono però affiancati entrambi i nomi, a indicare una corresponsabilità più esplicita: si veda il Plauto (ISTC, ip00779000), «Impressę fuere opera & impendio Ioannis de Colonia Agripinensi atq(ue) Vindelini de Spira» (BMC, V, p. 160), e il Lanfrancus de Oriano, Repetitiones (ISTC, il00057000), «Imp(re)sse fuere op(er)a (et) impendio Ioannis de Colonia atq(ue) Vindelini d(e) Spira» (BMC, V, p. 161). In quell’anno iniziarono a percepirsi ulteriori novità con l’ingresso di due nuovi caratteri gotici (G99 e G200, adatto per i titoli).
Nel 1473 comparvero gli ultimi titoli sottoscritti dalla prima officina di Vindelino; nel 1474, infatti, venne creata una nuova ragione sociale: la neonata società, spartita tra Giovanni da Colonia e Johannes Manthen, giovandosi di copiosi investimenti, mirò a contrastare l’importante iniziativa di Nicolas Jenson, tipografo giunto in città dalla Francia già nel 1470, sostenuto da una cordata di imprenditori di Francoforte.
Di fatto l’attività di Vindelino confluì totalmente nella nuova impresa ed egli, usando gli stessi caratteri già visti (tranne il vecchio e un po’ ingombrante R110 che scomparve, mentre fecero la loro comparsa le segnature dei fascicoli, un uso finora non applicato da Vindelino), pur non sottoscrivendo più, divenne il tipografo di fiducia della società.
Nel 1476 ricomparvero alcune edizioni sottoscritte da Vindelino che, usando nuove serie di caratteri (G90, G160 e R85), sembrò rientrare autonomamente sul mercato almeno fino al 1477: si veda, per esempio Ambrosius de Spiera, Quadragesimale (ISTC, is00678000), «per mag(ist)r(u)m Vendelinum de Spira alamanu(m) in urbe Venetia(rum) litteris eneis imp(re)ssu(m)» (BMC, V, p. 248), o un’edizione attribuita, come la rarissima operetta in volgare Storia di Lionbruno (ISTC, il00224100).
È da citere però BMC, V, p. X, che pone il problema dell’edizione di Duns Scoto, Quaestiones selectae abbreviatae et ordinatae per alphabetum, impressa sine loco «per magistrum Vindelinum de Spira» e attribuita a questo periodo (ISTC, id00384000), perché risulta stampata in modo così grossolano e imperfetto da suscitare molte perplessità.
Di Vindelino si perdono a questo punto le tracce: quando nel 1479 si creò a Venezia la nuova società editoriale detta la ‘Compagnia’, che vide affiancati i vecchi concorrenti Giovanni da Colonia, Nicolas Jenson e un grande imprenditore e mercante come Peter Ugelheimer da Francoforte, nel relativo contratto vengono nominati Paola, Girolama e Pier Paolo, ma nulla è detto di lui.
Anche nel testamento di Paola (che risulta essere un’importante imprenditrice del settore, con investimenti economici assai significativi), redatto nel 1480, Wendelin non è nominato.
Morì dunque verosimilmente nel 1479 o poco prima, senza eredi.
A uno sguardo complessivo sulla produzione editoriale, sarebbe impossibile immaginare l’attività di Vindelino a prescindere dall’impresa iniziata da Johann; eppure, rispetto al pur esiguo repertorio testuale sperimentato dal fratello, Vindelino appare assai innovativo con l’inserimento delle opere di diritto e di argomento religioso. Senz’altro l’aspetto più appariscente è però lo spazio dato ad alcune, sia pur poche, importanti edizioni volgari (oltre al Boccaccio latino: Genealogia deorum, 1472, ISTC, ib00749000, e De montibus, 1473, ISTC, ib00756000). Si pensi innanzitutto al Petrarca (Rerum volgarium fragmenta e Triumphi senza commento) del 1470, in editio princeps (ISTC, ip00371000), di cui è celebre l’esemplare Queriniano interamente miniato; la Bibbia volgarizzata da Nicolò Malerbi nel 1471 (ISTC, ib00640000), una delle più innovative iniziative editoriali del tempo (si faccia attenzione al fatto che, quando Malerbi confezionò la Legenda aurea volgare nel 1475, si rivolse per la stampa al concorrente Jenson); ormai nel periodo della seconda officina, nel 1477, la prima edizione della Comedìa dantesca pubblicata con un commento (ISTC, id00027000), quello di Iacopo della Lana, sia pur qui erroneamente attribuito a Benvenuto da Imola.
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