VIRBIO
. Antica divinità italica, collegata al culto di Diana ad Aricia e onorata con lei - per quanto a un grado inferiore - nel tempio sui Monti Albani: clivus Virbii fu chiamata la strada da Boville ad Aricia. Era raffigurato, sembra, come un uomo anziano e la sua statua non doveva esser toccata da nessuno, nemmeno dai raggi del sole.
Già per gli antichi la sua personalità era enigmatica: alcuni lo credevano un dio solare, ma la maggioranza lo identificò con l'eroe greco Ippolito, forse perché nel recinto di Aricia non dovevano penetrare i cavalli. Da questa identificazione dipendono probabilmente tanto le varie versioni raccontate dagli antichi di una resurrezione d'Ippolito per opera di Esculapio e della sua venuta ad Aricia, dove avrebbe preso il nome di V. per rendersi irriconoscibile, quanto l'etimologia che del suo nome davano gli antichi grammatici e glossatori. Questa completa ellenizzazione del dio italico non permette di riconoscerne il carattere originario; anche le ipotesi dei moderni non sono più accettabili di quelle degli antichi. Così è stato creduto un demone protettore delle nascite, un dio a forma di cavallo, una divinità fluviale di Aricia, un demone delle querce, l'eroe greco Ippolito il cui culto sarebbe stato portato in età arcaica dalla Laconia a Roma. Oscuri e problematici sono anche i rapporti supposti con un fiume Virbio in Laconia e con il clivus Urbius a Roma. Un flamen Virbialis è ricordato in una iscrizione di Napoli (Corpus Inscriptionum Latinarum, X, 1493). Anche incerta, o quanto meno esagerata, è l'influenza che la leggenda di Ippolito-Virbio avrebbe avuto sul culto cristiano di sant'Ippolito romano.
Non conosciamo raffigurazioni del dio: quelle proposte da varî studiosi non sono accettabili.
Bibl.: G. Wissowa, Religion u. Kultus der Römer, Monaco 1912, p. 249; id., in Roscher, Lexik. d. Mytholog., VI, col. 328 segg., s. v. Virbius; S. Reinach, Cultes, mythes et religions, III, Parigi 1905, p. 61 seg.; L. Morpurgo, La rappresentazione figurata di Virbio, in Ausonia, IV (1909), p. 109 segg.; F. Altdeim, Griechische Götter im alten Rom, Giessen 1930, p. 122 segg.; J. Rendel Harris, The Annotators of the Codex Bezae, Londra 1901, p. 101 seg.