VIRGILIO (P. Vergilius Maro)
Il grande poeta nato ad Andes presso Mantova nel 70 a. C., morto a Brindisi nel 19 a. C., durante il suo viaggio di ritorno dalla Grecia, "fu alto e robusto di corpo, bruno, di aspetto contadino, di malferma salute" (Donat., Vit. Verg., 8). Le fonti antiche sono concordi nel documentare che alla rinomanza del poeta corrispose, almeno fin dall'epoca tiberiana, un'adeguata diffusione del suo ritratto. Marziale (xiv, 186) attesta per la fine del I sec. d. C. edizioni delle opere col ritratto del poeta. Una eco lontana ne abbiamo nei tre generici ritratti fra le miniature del Virgilio Vaticano, corrispondenti all'inizio delle singole opere (primo decennio del sec. V d. c.; v. Vol. vi, fig. 856). Ma le effigi del poeta, giunte fino a noi, sono soltanto due riproduzioni in mosaico, databili alla seconda metà del III secolo. In un mosaico di Hadrumetum, V. siede togato, tra due Muse, il rotolo dell'Eneide in mano: nella genericità della rappresentazione si notano tuttavia il volto affilato sotto la calotta compatta di capelli, i lineamenti marcati con durezza, gli zigomi alti; in un altro mosaico, di Treviri, firmato da Monnus, il busto contrassegnato dalla iscrizione vergilivs maro, appare estremamente idealizzato, con un viso decisamente più largo che nella figurazione africana e con una chioma piuttosto voluminosa, che cinge ad aureola la testa.
Queste due rappresentazioni sembrano documentare l'esistenza di due redazioni diverse nel ritratto del poeta, l'una con caratteri iconografici più naturalistici, l'altra, elaborata con criterî di idealizzazione. V. Poulsen ha di recente proposto, sia pure in forma dubitativa, di riconoscere il poeta nel personaggio romano di una doppia erma, conservata nella Gliptoteca Ny Carlsberg di Capenaghen, che appare in coppia con il notissimo ritratto di poeta greco, detto lo Pseudo-Seneca (v.). Afe tre repliche riunite dallo studioso - una nella stessa Glipteteca e due a Roma nel Museo Lateranense (una delle quali già proposta per V. dallo Snijder) - sono state aggiunte successivamente una testa marmorea di Lipsia e un ritratto fittile di Atene. Una immagine più matura dello stesso personaggio è stata riconosciuta in un'erma nel Museo dei Conservatori, che serba anche le tracce dell'esistenza di una corona metallica. A questi ritratti, e specialmente a quest'ultima redazione più matura, suggeriamo di avvicinare il busto n. 22236 del museo di Alessandria (P. Graindor, Bustes et statues-portraits d'Egypte romaine, Il Cairo 1935, tav. xxvii b; Bull. Soc. arch. d'Aléxandrie, vii, 1931, tav. 32, fig. 3), il cui tipo potrebbe avere fornito la base per la raffigurazione di V. sul mosaico di Hadrumetum, e la discussa splendida testa con corona di foglie nel Museo Nazionale di Atene (n. 351: Hekler, Bildniskunst der Griechen u. Römer, tav. 125): potrebbe essere stato questo ultimo tipo ad ispirare il musaicista di Treviri.
Il tentativo di dare il nome di V. al personaggio, noto da una numerosa serie di ritratti, nel quale altri - con maggiore coerenza, peraltro, con il dato stilistico - hanno difeso la identità di Menandro (v.), si è di recente risolto a favore di quest'ultimo, grazie alla scoperta di un mosaico a Mitilene, nel quale appare un busto maschile panneggiato, di prospetto, contraddistinto dalla scritta ΜΕΝΑΝΔΡΟ???SIM-36???, nel quale è riconoscibile, senza possibilità di dubbio, il già supposto Menandro (Τὸ ἔργον ᾿Αρχ. ᾿Εταιρίασ κατὰ τὸ 1962, Atene 1963, p. 155, fig. 186).
Bibl.: K. Büchner, in Pauly-Wissowa, VIII Ai, 1955, cc. 1021-1486, s. v. Per il problema iconografico: W. H. Gross, ibid., VIII A2, 1958, cc. 1493-1506, s. v. Vergiliusporträts, l'ampia sintesi critica degli studi precedenti si conclude con un giudizio negativo di possibilità. Per la vecchia identificazione con il Menandro: J. F. Crome, Das Bildnis Vergils, in Atti e Memorie dell'Acc. virgil. di Mantova, N. S., XXIV, 1935; si veda anche: L. Laurenzi, in E. A. A., IV, 1961, pp. 1013-1016, s. v. Menandro. Per i nuovi orientamenti iconografici: G. A. S. Snijder, in Hermeneus, II, 1930, p. 168; V. Poulsen, in Meddelelser fra Ny Carlsberg Glyptotek, XV, 1958, pp. 1-11; id., Vergil (Opus Nobile, 12, 1959), p. 3 ss.; J. Charbonneaux, in Mon. Piot, LI, 1960, p. 66 ss.; G. M. A. Richter, Greek Portraits, III, in Latomus, LXVIII, 1960, pp. 35-37; H. von Heintze, Neue Beiträge zu V. Poulsen's Vergil, in Röm. Mitt., LXVII, 1960, pp. 103-110; V. Poulsen, Les portraits romains, I, Copenaghen 1962, nn. 5-6, pp. 44-46; E. Bielefeld, Zu dem Vergiliusbildnis des Justus von Gent für Federigo da Montefeltro, in Arch. Anz., LXXIX, 1964, cc. 122-135; T. Lorenz, Galerien v. griech. Philosophen u. Dichterbildnissen bei d. Römern, Magonza 1965 (v. anche s. v. menandro).