VIRY, Francesco Giuseppe Giustino, conte di
VIRY, Francesco Giuseppe Giustino (Justin), conte di. – Nacque al Castello di Viry, in Savoia, il 1° novembre 1737, figlio del conte Francesco Giuseppe (v. la voce i n questo Dizionario) e di Louise-Marie de Rochette (1711-1758).
La sua educazione si svolse secondo i percorsi classici dell’alta aristocrazia sabauda. Fra il 1753 e il 1756 frequentò l’Accademia Reale, e nel luglio di quell’anno si laureò in legge all’Università di Torino.
Il 1° novembre 1761, nella cappella dei Savoia a Londra, Giustino – che all’epoca usava il titolo di baron de la Perrière – sposò Henriette-Jeanne Speed (morta nel 1766), figlia di Samuel Speed, un colonnello della cavalleria inglese, e di Cardonel Jones. I de Viry si erano trasferiti a Londra a seguito del padre, inviato straordinario della corte sabauda dal 1755 al 1763, anno in cui, adducendo motivi di salute, fece rientro a Torino confidando (forte dell’appoggio del sovrano inglese) di poter cedere l’incarico al figlio. Ma il suo progetto si scontrò con l’opposizione di Carlo Emanuele III, che pur ne apprezzava le capacità. Rimasto a Londra, il 7 aprile 1764 gli fu affidato l’incarico di ministro plenipotenziario nelle Province Unite, che inaugurò la sua cariera diplomatica. Mantenne la carica solo per qualche mese: giunto all’Aja il 15 maggio (Gazette de France, 1764, p. 168) già nell’ottobre del 1765 Viry fu infatti nominato consigliere di Stato, gentiluomo di camera e inviato straordinario alla corte di Londra (ibid., 1765, p. 348; le patenti di nomina recano la data del 2 novembre 1765). Recatosi direttamente dall’Aja a Londra, Viry vi restò tre anni, facendo ritorno brevemente a Torino dopo la morte del padre (fu allora che, il 4 luglio 1767, ottenne la nomina a cavaliere di gran croce dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro). Il 19 agosto 1769 venne nominato ambasciatore a Madrid.
A soli trentadue anni aveva raggiunto uno dei vertici della diplomazia sabauda. Era evidente che a corte si stava lavorando per prepararlo a divenire il futuro ministro degli esteri, proseguendo sulle orme del padre. Tale disegno non venne meno neppure con l’ascesa al trono di Vittorio Amedeo III, il 20 febbraio 1773, che il 17 luglio di quello stesso anno lo promosse ambasciatore in Francia. Alla corte di Versailles, fra il 1774 e il 1775, Viry si trovò a negoziare le nozze del principe di Piemonte Carlo Emanuele (IV) con Maria Adelaide Clotilde, sorella di Luigi XVI. Ad accogliere la giovane principessa al Ponte di Beauvoisin, al confine tra Francia e Savoia, fu lo stesso Viry accompagnato dal primo segretario della Segreteria di Stato agli esteri, Paolo Gaetano Vuy (1737/39-1790).
Proprio al nome di Vuy fu destinata a essere legata, solo due anni dopo, la sua inaspettata rovina.
Salito al trono, Vittorio Amedeo III aveva chiamato alla Segreteria agli esteri il marchese Gaetano Carron d’Aigueblanche, suo cortigiano e confidente. Bastò poco tempo per capire come questi non fosse adatto all’incarico. All’inizio del 1777 molti ne chiesero la rimozione, e fra i nomi più considerati per la successione vi fu quello di Viry. Aigueblanche riuscì tuttavia a scoprire un carteggio segreto fra lui e Vuy, in cui ironizzavano non solo sull’incapacità del ministro, ma cosa assai più grave, su quella del sovrano. Vuy fu arrestato e condannato al carcere nel forte di Ceva, dove morì tredici anni dopo. Viry fu dismesso dall’ambasciata e confinato nei suoi feudi in Savoia. Ritiratosi nelle sue terre, non ebbe più alcun ruolo nella diplomazia sabauda. Solo nel 1782 – forse anche per l’aiuto dello zio Albert-Eugène, che nel 1780 era divenuto cavaliere dell’Annunziata –Viry ottenne da Vittorio Amedeo III il permesso di far ritorno a corte, anche se non è chiaro se abbia realmente esercitato le funzioni legate alla sua carica di gentiluomo. Il 15 settembre 1783 sposò in seconde nozze a Chambéry Josephine-Marie-Jéronime de Mareste de Rochefort, contessa di Neuville-en-Bresse (1755-1839), appartenente alla stessa famiglia dell’ava (cfr. la voce Viry, Francesco Giuseppe in questo Dizionario).
Una svolta inaspettata nella vita del conte venne dalla conquista francese della Savoia: dichiaratosi a favore del nuovo regime, fra il 1792 e il 1799 fu sindaco di Viry, adottando il nome di Justin de Viry. Arrestato per alcuni mesi durante il Terrore, riuscì a superare il difficile momento, e nel febbraio 1800, quando Napoleone istituì le prefetture, si candidò a quella del Département du Mont-Blanc. Il primo console, tuttavia, pur volendo garantirsi il suo servizio, preferì inviarlo in un’altra parte della Repubblica e il 2 marzo 1800 lo nominò prefetto della Lys (Fiandre occidentali), nell’attuale Belgio. A Bruges, capoluogo della prefettura, Giustino restò quattro anni. Di questa esperienza lasciò testimonianza nel Mémoire statistique du Département de la Lys (Paris 1803-1804). Nel febbraio di 4 anni dopo Napoleone lo chiamò a far parte del Senato imperiale e il 14 giugno lo nominò commandeur de la Légion d’honneur. Il 23 ottobre, l’imperatore lo chiamò infine a corte, conferendogli il titolo di proprio ciambellano. Fra i compiti che gli vennero affidati vi fu anche quello di servire Pio VII durante il suo soggiorno in Francia, fra il 1804 e il 1805, e di partecipare all’incoronazione imperiale (ragione per cui de Viry è raffigurato nel Sacre de Napoléon dipinto da Jacques-Louis David).
Nel 1806 e nel 1811 fu inviato nuovamente nella prefettura del Lys per presiedere il collegio elettorale. Gli anni dell’Impero furono per lui ricchi di onori: il 26 aprile 1808 ottenne il titolo di conte. Il 30 giugno 1811 fu nominato grand-officier de la Légion d’honneur e il 22 febbraio 1812 grand croix de l’Ordre de la Réunion.
Gli ultimi anni della sua vita furono tuttavia resi amari dalla morte dei due figli nati dalla seconda moglie. François-Joseph-Henry (1786), divenuto aiutante di campo del maresciallo Jean Lannes, fu ferito nella battaglia di Essling e morì a Vienna il 16 giugno 1809. Il primogenito Albert-Eugène (1784), anch’egli ciambellano dell’imperatore dal 1806 e sposo, quello stesso anno, di Antoinette Ernestine de Saint-Simon-Courtomer, morì improvvisamente senza eredi il 17 luglio 1813.
Ormai prossimo agli ottant’anni e provato da quest’ultimo lutto, de Viry si spense a Parigi il 23 ottobre 1813. In quanto senatore dell’Impero fu sepolto al Panthéon, dove riposa ancora oggi, unico rappresentante dei Savoia.
Il Courrier de Turin scrisse che con lui era scomparso «un des hommes de France les plus distingués par sa naissance, son âge, ses services publics et ses qualitès personelles» (IX (1813), 152, p. 674).
Erede di de Viry fu Henry (1766-1820), unico figlio del suo primo matrimonio. Restato in Inghilterra, e adottato il nome della madre, come Henry Speed divenne aiutante di campo del duca di Gloucester. Nel 1789 sposò Augusta Montagu (1769-1849), figlia naturale del IV conte di Sandwich, ed entrò alla Camera dei comuni (dove restò sino al 1796). Ufficiale nell’armata britannica, dopo la caduta di Napoleone nel 1814 si trasferì in Francia. Qui nel 1815 fu eletto alla Camera nazionale in rappresentanza di quella parte di Savoia che in un primo momento era stata lasciata alla Francia. La sua discendenza tornò al servizio dei Savoia, dividendosi dopo il 1860 tra Francia e Italia.
Fonti e Bibl.: L. Dutens, Mémoires d’un voyageur qui se repose, III, Paris 1806, pp. 245-249 (secondo Antonio Manno la memoria sarebbe stata scritta dallo stesso Viry); J.L. Grillet, Dictionnaire historique, littéraire et statistique des Départemens du Mont-Blanc et du Lèman, III, Chambéry 1807, pp. 443-445; Necrologie, in Courrier de Turin, IX (1813), 152, p. 674; G. Casalis, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di Sua Maestà il re di Sardegna, Torino 1854, XXVI, pp. 19-20; N. Bianchi, Storia della monarchia piemontese, I, Torino 1877, pp. 44-58; L. Bigot de Sainte Croix, Relazione del Piemonte, a cura di A. Manno, in Miscellanea di storia italiana, s. 2, XVI (1877), pp. 103, 149, 157, 399-401; L. de Lanzac de Laborie, La domination française en Belgique, I, Bruxelles 1895, pp. 320, 332, 334, 353, 366 s., 387, 401, 425, 434, 438, 449 s.; E. Amédée de Foras - F.-C. de Mareschal, con la collaborazione di P. de Viry, Armorial et nobiliaire de l’ancien Duché de Savoie, V, Grenoble 1910, p. 382; Duke of Argyll, Intimate Society Letters of the eighteenth century, I, London 1910, pp. 261-266; P. Verhaegen, de Viry, Joseph. Biographie nationale de Belgique, XXVI, Bruxelles 1936-1938, coll. 780-781; A. Palluel-Guillard, Grands notables du Premier empire, II, Mont-Blanc & Léman, Paris 1978, pp. 89 s.; J.-P. Laverrière, Un village entre la Révolution et l’Empire, V. en Savoie (1792-1815), Paris 1980, passim; G. Ricuperati, Lo Stato sabaudo nel Settecento. Dal trionfo delle burocrazie alla crisi dell’antico regime,Torino 2001, pp. 186-190; A. Merlotti, Il caso Dunand: vitalità e insidie della sociabilità nella Torino di Alfieri (1772-1777), in Alfieri e il suo tempo, a cura di M. Cerruti - M. Corsi - B. Danna, Firenze 2003, p.134; J. Nicolas, La Savoie au XVIIIe siècle: noblesse et bourgeoisie, Montmélian 2003, pp. 793, 825, 944, 1017, 1098; T. Ricardi di Netro, Piemontesi nell’Europa delle corti fra Seicento e Settecento, in Vittorio Alfieri, aristocratico ribelle (1749-1803), a cura di R. Maggio Serra et al, Milano 2003, p. 205; A. Van den Abeele, Joseph François Marie Justin, comte de Viry (1737-1813), un parcours européen, in Échos Saléviens, 2005, n. 14, pp. 29-114; P. Bianchi, Politica matrimoniale e rituali fra Cinque e Settecento, in Le strategie dell’apparenza. Cerimoniali, politica e società alla corte dei Savoia in età moderna, a cura di P. Bianchi - A. Merlotti, Torino 2010, pp. 64 s.; M. de Viry, Le premier homme libre de la famille, in Revue des Deux Mondes, 2014, n. 4 (juillet-août), pp. 132-138.