visaggio
Gallicismo - dal provenzale visatge: cfr. R. Bezzola, Abbozzo di una storia dei gallicismi italiani nei primi secoli (750-1300), Zurigo 1924, 228 e n. 5 - probabilmente sentito nella lirica del '200 come " allotropo colto " (Pagliaro, Ulisse 597 e 712) di ‛ viso ' nel significato di " vólto " (v. VISO); è attestato in rima da Giacomo da Lentini (discordo Dal core mi vene 117 " non vedera[g]io / lo vostro bel visag[g]io "), P. Lanfranchi (L'altr[i]er, dormendo 6) e Guido Guinizzelli (Chi vedesse a Lucia 10 " bagiargli la bocca e 'l bel visaggio/ e li occhi suoi ").
Uso e penetrazione di v. nella poesia italiana sono collegati, infatti, con quelli delle rime in -aggio, della cui vitalità nella poesia cortese in francese antico è valido esempio la canzone La douce voiz du lousignol sauvage del cosiddetto Castellano di Couci (fine del XII secolo), intessuta su 20 rime in -age (v. 15 " Nis regarder n'os son simple visage ", in rima con " damage ", " usage " e " corage ") e altrettante in -ir (cfr. P. Zumthor, Style and Expressive Register in Medieval Poetry, in Literary Style: A Symposium, a c. di S. Chatman, Oxford 1971, 263-284).
Ma le attestazioni nella Giostra delle virtù e dei vizi (v. 174 " stare in visaiu ", cioè " stare al cospetto, di fronte ", e quindi " opporsi ", " resistere ", in rima con " dampnaiu ", " peregrinaiu " e " vantaiu ": come rivela la grafia, in queste voci il suffisso -aggio, assimilato da altre tradizioni - anche toscane - è adattato alle caratteristiche fonetiche marchigiane) e nella prosa tosco-umbra del Tristano Riccardiano - ancora in ambito cortese, ma formalmente meno aulico di quello della poesia siciliana, toscana e stilnovistica - e soprattutto nella volgarizzazione fiorentina del Régime du corps di Aldobrandino da Siena (del 1310; v. Schiaffini, Testi 197 " bianchi e di bel visagio "; p. 200 " guardare e conservare il visagio in chaldo e in freddo ", " ungnere il visagio "), corroborano l'ipotesi - non smentita dal Bezzola (loc. cit.) - che v. fosse accettata nell'uso toscano con una certa larghezza, anche se le attestazioni in prosa sono traduzioni del francese antico visage.
D'altronde, le parole che rimano con v. sono gallicismi ormai largamente accolti: If XVI 25 ciascuno il visaggio / drizzava a me, in rima con viaggio e vantaggio, in un contesto affine a IX 74 Or drizza il nerbo / del viso su per quella schiuma antica, Pg IX 84 io dirizzava spesso il viso in vano, e Pd VII 34, ove però viso (v.) significa " sguardo ", " vista intellettuale " .
Invece, nel Fiore, tra le 4 attestazioni di v. in rima, non soltanto è in una sintassi francese quella di LXXXVI 5 Le donne e le pulzelle al chiar visaggio, ma rima con damaggio (e oltraggio); e rima con logaggio (e pellegrinaggio) quella di CCXXIV 1 (v. anche XIV 2 e CLXVI 1). Le attestazioni di v. in corpo di verso (XLIII 5, XLVII 14, LXXIV 11 e CCXVI 7), pur stilisticamente opache, si fondano ancora sul francese antico visage.