visione
Processo tramite il quale gli stimoli luminosi vengono percepiti e raccolti dall’occhio, inviati alla corteccia cerebrale e lì interpretati. La luce parte dal punto fissato e, attraversando i mezzi diottrici dell’occhio (il film lacrimale, la cornea, l’umor acqueo, il cristallino e il vitreo), raggiunge la retina e in partic. i due tipi di fotorecettori qui presenti, coni e bastoncelli, che sono le cellule deputate a trasdurre il segnale luminoso in segnale elettrico. Di fatto, i fotorecettori vengono depolarizzati dalla luce e trasmettono il loro segnale tramite gli assoni delle cellule gangliari retiniche, dall’unione dei quali origina il nervo ottico, che attraversa l’orbita e raggiunge la fossa cranica media. Le fibre nervose dell’emiretina temporale dell’occhio omolaterale e fibre nervose dell’emiretina nasale dell’occhio controlaterale proseguono da questo punto nei tratti ottici. Successivamente le fibre sensitive giungono all’area visiva primaria, detta area 17 di Broadmann, nel lobo occipitale. In quest’area gli impulsi vengono elaborati e interpretati dando origine all’immagine visiva finale.
La fovea, la zona più centrale della macula, è l’area deputata alla v. distinta ed è la zona a più alta concentrazione di coni. Queste cellule sono responsabili della v. fotopica, ossia della v. in condizioni di illuminazione, in virtù dell’elevato potere risolutivo e della percezione dei colori.
Nelle rimanenti regioni retiniche (ossia l’area della macula a eccezione della fovea e la periferia retinica) c’è una preponderanza di bastoncelli, che sono responsabili della v. scotopica. Si tratta del tipo di v. che si attiva quando il livello di illuminazione è molto basso e consente di rilevare differenze di brillanza ma non differenze di cromaticità.
L’immagine di un oggetto che si forma nei due occhi viene percepita come unica in quanto in ogni occhio a livello retinico esiste un punto che ha la stesso valore spaziale di un altro punto situato nella retina dell’occhio controlaterale. Questi elementi retinici, non simmetrici dal punto di vista anatomico, ma accoppiati per comune direzione visiva, vengono definiti punti retinici corrispondenti e stanno alla base del meccanismo della fusione ottica. Le due immagini retiniche, a causa dell’angolazione leggermente diversa con cui la luce entra nei due occhi, sono lievemente dissimili e cadono su aree che non sono perfettamente corrispondenti ma che vengono ugualmente ‘fuse’ in una sola, conferendo all’oggetto impressione di tridimensionalità e di senso di profondità. La stereopsia risulta quindi dalla lieve disparità con cui sono visti gli oggetti. Ne risulta che nella visione monoculare si perde il senso della profondità.