VITALE
– Nacque nel Regno Italico e presumibilmente in area veneta, nel terzo quarto del secolo IX, da genitori a noi ignoti.
La sua prima attestazione certa è contenuta in un diploma di re Berengario I, datato al 30 aprile dell’896, in cui Vitale figura come cancellarius riconoscitore dell’atto. Si tratta del primo di una serie di sei documenti riconosciuti da Vitale in questa veste, tra l’896 e l’898, tutti pervenutici in originale. Luigi Schiaparelli (1902, p. 27) propose di riconoscere la mano di Vitale nel notaio «Vitale A» estensore della recognitio del primo di questi diplomi e di altri due per intero (rispettivamente diplomi nn. 14, 16 e 17). L’editore ravvisò, inoltre, una certa uniformità nelle recognitiones degli altri quattro notai che operarono nei diplomi riconosciuti a nome di Vitale (Vitale B, C, D ed E), ipotizzando che essi avrebbero seguito come modello comune la sottoscrizione autografa del cancellarius. Queste ultime considerazioni si basavano tuttavia su una concezione ‘centralizzata’ della Cancelleria regia e dei suoi funzionamenti che oggi non è più ritenuta verosimile.
Nell’ultimo di questi diplomi, emesso nel dicembre dell’898, Vitale figurava ancora come semplice cancellarius e senza altra qualifica. La sua successiva attestazione, in un diploma emesso a Verona il 23 agosto 901, lo mostra già vescovo di Vicenza e arcicancelliere del regno. La cronologia della sua elezione episcopale non può essere ulteriormente precisata: l’ultima attestazione certa di un suo predecessore sulla cattedra vicentina, Aicardo, risale all’881.
Vitale, definito nel dettato del diploma anche dilectus consiliarius del re, seguì dunque una carriera simile a quella di altri chierici attivi alla corte di Berengario I, quale ad esempio Pietro, chierico e cappellano del marchese nell’881, cancellarius tra 888 e 890 e infine arcicancelliere e vescovo di Padova dall’896 alla morte, nel 900.
Il vescovo di Vicenza, tuttavia, assunse la carica di arcicancelliere in un momento critico del regno di Berengario I, quando il re fu costretto a ripiegare nei territori a est dell’Adda a causa della prima spedizione in Italia di Ludovico III di Provenza, che entrò vittoriosamente a Pavia nell’ottobre del 900 e fu incoronato imperatore a Roma nel febbraio del 901. La nomina di Vitale è un segno dell’instabilità delle reti di fedeltà italiche in quel contesto: egli prese il posto di Liutvardo, che era stato nominato arcicancelliere solo pochi mesi prima, alla morte di Pietro di Padova, probabilmente dovuta a un’incursione ungara, nella primavera del 900.
Benché questo Liutvardo sia ricordato come arcicancelliere di Berengario anche dopo la presa di Pavia da parte di Ludovico III, in un diploma emesso da Trieste nell’ottobre del 900, egli è forse da identificare con l’omonimo vescovo di Como Liutvardo, che passò prontamente alle fila di Ludovico III, diventandone l’arcicancelliere per tutto il periodo della sua prima spedizione.
Nel diploma del 901 Vitale intercedeva presso il re perché confermasse beni e diritti concessi dall’imperatore Carlo III il Grosso al monastero di S. Zeno di Verona. Il dettato rispecchia la difficile situazione del re: ai monaci era chiesto di pregare per la longevità e la stabilità del regno, per l’anima di Berengario e, unico esempio di un’associazione di questo genere, anche per quella della regina Bertilla. Non si hanno notizie successive del vescovo di Vicenza: una volta che Ludovico III fu rientrato in Provenza nell’estate del 902 e Berengario ebbe ripreso il controllo del regno, la carica di arcicancelliere fu ricoperta dal vescovo di Novara Garibaldo, che era stato un fermo sostenitore dell’imperatore provenzale.
La sua nomina è parte di una politica di riappacificazione e clemenza (obbligata?) condotta da Berengario I verso i fedeli di Ludovico III attivi nel settore occidentale del regno, come Sigefredo, conte di Piacenza e conte di palazzo, e Adalberto marchese di Ivrea, che in questi anni sposò Gisla, figlia del re.
Se la promozione ad arcicancelliere di Garibaldo si spiega bene in quel contesto politico, non abbiamo modo di sapere se la rimozione di Vitale dall’incarico sia dovuta solo alla convenienza politica o ad altre motivazioni, quali la defezione o, più semplicemente, alla morte del presule. Una traccia dell’attività di Vitale negli anni successivi potrebbe tuttavia essere conservata in un privilegio di Corrado II, emesso nel 1026 (Conradi II diplomata, a cura di H. Bresslau, 1909). In quel diploma di conferma viene ricordata la donazione da parte di Berengario imperatore di tre curtes alla Chiesa vicentina: la corte de Valle con la massa Carturni che a essa pertiene (ipoteticamente identificata dagli studi con Carturo, nel Comune di Piazzola sul Brenta, Padova, oppure con Caltrano, Vicenza, ma su basi meramente toponomastiche), quella di Sisinum (forse Sossano, Vicenza, che tuttavia appare nella documentazione successiva come Çausanum/Çelsanum) e quella di Maladum con il castrum annesso (Malo, Vicenza). La connessione esistente tra Berengario e il vescovo Vitale ha fatto ipotizzare agli studiosi che quel diploma perduto (che Schiaparelli non poteva conoscere e che quindi non è annoverato tra i deperdita della sua edizione) fosse stato emesso durante l’episcopato di Vitale. Se così fosse, ciò comporterebbe che Vitale sedesse ancora sulla cattedra vicentina al momento dell’emissione della donazione, da porre tra il 915, data dell’incoronazione imperiale di Berengario, e il 924, data della sua morte.
La prima attestazione certa di un successore di Vitale, assai più tarda, non permette di confermare né di escludere questa ipotesi: si tratta dell’acquisto del castello di Sabbion da parte del vescovo di Vicenza Ambrogio, nel 962.
Fonti e Bibl.: I diplomi di Berengario I, a cura di L. Schiaparelli, in Fonti per la storia d’Italia, XXXV, Roma 1903, n. 14, pp. 48 s., n. 16, pp. 51-53, n. 17, pp. 53-55, n. 18, pp. 56-58, n. 22, pp. 65-68, n. 24, pp. 72-74, n. 34, pp. 100-102; Conradi II diplomata, a cura di H. Bresslau, in MGH, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, IV, Hannover-Leipzig 1909, n. 69, pp. 85-87; I diplomi italiani di Lodovico III e di Rodolfo II, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1910, nn. 2-19, pp. 5-56; Iohannis VIII papae registrum, a cura di E. Caspar, in MGH, Epistolae, VII, 1, Berlin 1912, n. 275, pp. 242 s.; E. Rossini, Documenti per un nuovo codice diplomatico veronese (Dai fondi di San Giorgio in Braida e di San Pietro in Castello) (803 c.-994), in Atti e memorie dell’Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 6, XVIII (1966-1967), pp. 1-72 (in partic. doc. 5, pp. 11-14).
S. Castellini, Storia della città di Vicenza, ove si vedono i fatti e le guerre de’ vicentini così esterne come civili, dall’origine di detta città sino all’anno 1630, IV, Vicenza 1783, pp. 49-51; T. Riccardi, Storia dei vescovi vicentini, Vicenza 1786, pp. 16 s.; P.B. Gams, Series episcoporum ecclesiae catholicae, Ratisbona 1873, p. 807; L. Schiaparelli, I diplomi dei re d’Italia. Ricerche storico-diplomatiche, parte 1, I diplomi di Berengario I, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo, XXIII (1902), pp. 1-167 (in partic. pp. 9 s., 27, 98-100); G. Fasoli, Per la storia di Vicenza dal IX al XII secolo: conti, vescovi, vescovi conti, in Archivio Veneto, s. 5, XXXIV-XXXV (1945), pp. 208-242 (in partic. p. 212); G. Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, I, Dalle origini al Mille, Vicenza 1952 (in partic. pp. XX, 256 e 288); G. Gualdo, Contributo alla cronologia dei vescovi di Vicenza dal secolo VI a tutto il XII, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, X (1956), pp. 1-48 (in partic. pp. 8 s., 15); A. Castagnetti, Vicenza nell’età del particolarismo: da Comitato a Comune (888-1183), in Storia di Vicenza, II, L’età medievale, a cura di G. Cracco, Vicenza 1988, pp. 25-58 (in partic. pp. 27 s.); Id., Dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente all’Impero Romano-Germanico (476-1024), in Il Veneto nel Medioevo: dalla “Venetia” alla Marca Veronese, a cura di A. Castagnetti - G.M. Varanini, I, Verona 1989, pp. 1-80 (in partic. pp. 36 s.); Id., Dalla distrettuazione pubblica di età longobarda e carolingia al particolarismo politico di età postcarolingia, ibid., II, pp. 1-85 (in partic. pp. 62-64); J. Grendele, I vescovi veneti nell’alto medioevo (secoli VIII- inizio XI), in Studi Veneziani, n.s., XXIX (1995), pp. 211-275 (in partic. pp. 219, 258); B.H. Rosenwein, The family politics of Berengar I, king of Italy (888-924), in Speculum, LXXI, 2 (1996), pp. 247-289 (in partic. pp. 256-258 e 267); F. Bougard, Charles le Chauve, Berenger, Hugues de Provence: Action politique et production documentaire dans les diplomes à destination de l’Italie, in Zwischen Pragmatik und Performanz: Dimensionen mittelalterlicher Schriftkultur, a cura di C. Dartmann - T. Scharff - C.F. Weber, Turnhout 2011, pp. 57-84 (in partic. pp. 65-74); A. Castagnetti, Preistoria di Onorio II antipapa. Cadalo diacono nella società italica della prima metà del secolo XI, Spoleto 2014 (in partic. pp. 105 s.); F. Bougard, Le royaume d’Italie de Louis II à Otton Ier (840-962). Histoire politique, in corso di stampa.