Kanevskij, Vitalij Evgenevič
Regista cinematografico russo, nato a Sučan (Siberia) il 4 settembre 1935. È uno dei talenti più originali emersi nel periodo della fine dell'URSS. Apparso al Festival di Cannes nel 1990 con un sorprendente film d'esordio, Zamri-umri-voskresni! (1989; Sta' fermo, muori e resuscita), che gli ha valso la Caméra d'or e il premio Félix come miglior film europeo, ha confermato il proprio valore con Samostojatel′naja žizn′ (1991; Una vita indipendente), che ha ricevuto il Prix du jury al Festival di Cannes nel 1992. Cresciuto nell'estremo Oriente sovietico, nella città natale vicino Vladivostok, di cui avrebbe offerto un agghiacciante ritratto nel primo film, studiò cinema a Mosca, al VGIK dove, seppure in ritardo per questioni con la giustizia, ottenne, nel 1977, il diploma di regista. Il suo lungometraggio, Zamri-umri-voskresni!, di ispirazione autobiografica, girato in un nervoso bianco e nero quasi documentaristico, con pochissimi mezzi in una Siberia devastata e spettrale, lo ha rivelato al pubblico e alla critica europea. Ambientato nel secondo dopoguerra in un distretto minerario trasformato in campo di lavoro, in cui convivono forzatamente detenuti politici, prigionieri giapponesi e comuni famiglie, il film, che racconta la difficile, ribelle infanzia di Valerka e Galja, è insieme diario e struggente ritratto di un mondo senza speranza, segnato dall'odio, dalla miseria e dalla violenza. Il secondo film del regista, Samostojatel′naja žizn′, ancora autobiografico e anch'esso impostosi all'attenzione internazionale, segue l'adolescenza sbandata del protagonista del film precedente, il suo apprendistato alla vita e il suo contrastato amore con Galja, ma la narrazione diventa sempre più ellittica e frammentaria e la fotografia, da cruda e spoglia, diviene smagliante e visionaria, con il colore usato in chiave simbolica: ne risulta una ballata lirica e aspra con folgorazioni visive di straordinaria bellezza. La componente autobiografica della sua cinematografia trascolora, nei lavori successivi, nell'impegno ad affrontare la realtà in presa diretta. My deti 20 veka (1993, Noi, ragazzi del 20° secolo) è un documentario realizzato fra i ragazzi di strada di San Pietroburgo e Mosca, che conferma lo sguardo disincantato dell'autore e il suo apocalittico pessimismo sulle sorti del suo Paese e dell'umanità. I giovani incontrati dal regista, che essi riconoscono come uno di loro, commettono crimini che vanno dal furto all'omicidio, e, nonostante ciò, preferiscono una vita durissima, ma indipendente, a una normale. Fra i nuovi diseredati, K. ritrova, con qualche sorpresa, anche il suo alter ego Pavel Nazarov, lo straordinario Valerka dei suoi primi film. Umoristico e feroce affresco della Russia postcomunista è Kto bol′še (1998, Chi è il più grande?), nel quale K. segue le peripezie di un giovane imprenditore ossessionato dal desiderio di arricchirsi.
Le réel et la grace: entretien avec Vitali Kanevski, in "Positif", 1990, 355, pp. 40 e segg.
A. de Baeque, Les rapaces, in "Cahiers du cinéma", 1992, 457, p. 25.
N. Thompson, The complex use of setting in Vitali Kanevskii's film 'Zamri, umri, vokresni!' and 'Samostojatel′naja žizn′', in "Central Europe review", 2000, 7.
Novejšaja istorija otečestvennogo kino 1986-2000, 1° vol. Kinoslovar′, t. 2, Sankt-Peterburg 2001, ad vocem.