VITAMINE
È la denominazione proposta da C. Funk nel 1911 per quei costituenti degli alimenti, i quali, pur presenti in quantità minime, ne rappresentano la parte più essenziale per il mantenimento della vita umana. Il Funk riteneva che fossero sostanze contenenti azoto basico - da cui il nome di amine della vita - ma le ricerche susseguenti hanno messo in evidenza il fatto che si tratta di sostanze di natura chimica diversa le quali non sempre contengono azoto.
Cercando d'individuare la causa di forme morbose riscontrate in individui nutriti prevalentemente con estratti alimentari sterilizzati, si è arrivati all'isolamento, all'identificazione e alla sintesi di parecchie vitamine. A questi risultati hanno contribuito numerosissimi ricercatori, fra i quali ricorderemo: O. H. Warburg, H. A. Christian, P. Karrer, H. K. von Euler-Chelpin, R. Kuhn, H. C. Sherman, Bourquin, J. Wagner-Jauregg, A. Szent-György, W. H. Mc Collum e altri ancora.
Le vitamine vengono contraddistinte da lettere alfabetiche. Fra quelle solubili in acqua o alcool (idrosolubili) le più note e meglio studiate sono la vitamina C e il complesso vitaminico B; fra quelle solubili nei grassi (liposolubili) si trovano la A, la D e la E.
Vitamina A (sinonimi: liposolubile A, vitamina antioftalmica, vitamina xeroftalmica, vitamina antinfettiva, vitamina anticheratinizzante.). - Secondo Karrer la vitamina A è una sostanza a funzione di alcool primario (C20H29OH)
e rappresenta la metà della molecola del β-carotene (C40H56).
Il carotene, pigmento giallo estratto dalla carota e da altri vegetali,
può essere considerato come provitamina A, perché viene trasformato dall'organismo animale in vitamina A. Vi sono per lo meno cinque isomeri del carotene; i più noti sono l'α-, il β- e il γ-carotene. La maggior quantità nelle piante è rappresentata dal β-carotcne.
Il tricloruro di antimonio in soluzione cloroformica reagisce con la provitamina A, con formazione di un colore. blu che persiste anche per riscaldamento a 60°; in condizioni simili il tricloruro di antimonio e un olio, contenente la vitamina A, dànno, a temperatura ambiente, un colore blu con trasformazione al rosa, violetto-rosso, rosso vino, secondo la concentrazione in vitamina. Con olio di fegato di merluzzo e con burro si ha immediatamente una colorazione porpora.
Nella forma pura e di carotene, la vitamina A è notevolmente instabile verso gli agenti ossidanti.
È più stabile negli alimenti vegetali che in quelli animali. Generalmente per conservazione essa non perde la sua efficacia biologica tanto rapidamente come la vitamina C, per quanto il contenuto di vitamina A nei cibi diminuisca anche durante i mesi invernali per l'ossidazione che essa subisce. Il latte, i prodotti casearî e i foraggi per il bestiame, come il fieno, diventano notevolmente deficienti in contenuto vitaminico col progredire del tempo. Le uova conservate al freddo per un anno perdono il 75% di vitamina A, e se conservate in silicato sodico ne perdono il 50% in 18 mesi; gli spinaci secchi perdono circa il 70% se conservati per un periodo da 12 a 15 mesi.
Il calore, nelle condizioni usuali di riscaldamento, in genere non modifica il contenuto in vitamina A nei cibi a causa della presenza in essi di sostanze antiossidanti; il burro, per esempio, trattato con vapore a 96° per 15 ore mantiene la sua attività.
Contenuto in vitamina A negli alimenti (i numeri fra parentesi indicano le unità in vitamine A per oncia di alimento, secondo il sistema adottato dalla conferenza internazione della Lega delle nazioni - organizzazione sanitaria - adoperando come unità campione, per la vitamina A, l'attività biologica di o,6 γ [γ = mgr. 0,001] di β-carotene):
Pane (3); scarola (6000); spinaci freschi e conservati (1400); carote (940); piselli freschi e conservati (175); pomodori freschi e conservati (170); fave (150); lattuga (150); broccoli (95); cavoli di Bruxelles (95); carciofi (85); piselli secchi (85); patate dolci (50); asparagi (35); cavolifiore (15); sedani (11); cocomeri (10); bietole (5); prugne (300); banane (100); datteri (85); uva (20); aranci (20); mele (15); fichi (1o); burro (1400); formaggio parmigiano (700); uova (550); latte secco (500); latte condensato (140); latte fresco intero (65); fegato (2800); grasso di pesce (10); carne (5).
Complesso bitaminico B. - A esso appartengono varie vitamine fra le quali sono meglio note le vitamine B1 e B2.
Vitamina B1 (sinonimi: idrosolubile B1, antineuritica, antiberiberica, vitamina stimolante dell'appetito). - È stata ottenuta in forma cristallina e la sua formula, ancora ipotetica, indicata da Williams, ammette nella molecola la presenza di una base pirimidinica e di un derivato tiazolico.
Viene distrutta dal calore e l'entità della distruzione è funzione della temperatura e del PH dell'ambiente. Quanto più elevata è la temperatura o quanto minore è l'acidità del mezzo, tanto maggiore risulta la distruzione.
Lo studio dell'influenza del calore sulla stabilità del complesso vitaminico B del sugo di pomodoro alla sua acidi à normale (PH = 4,3), ha mostrato che a 100° per un'ora l'inattivazione è del 20%; a 110° del 33%; a 120° del 45% e a 130° del 58%. Invece per la sola vitamina B1 a 100° l'inattivazione è del 10% a PH 5,4, da 30 a 40% a PH 7,9, da 60 a 70% a PH 9,2, e del 100% a PH 10,9. Tale distruzione non è da attribuire ad ossidazione perché analogo risultato si ottiene se il riscaldamento si compie in condizioni di completa anaerobiosi.
Un saggio per svelare la vitamina B1 è quello azo-formaldeidico di Kinnersley e Peters. Alla soluzione in esame contenente bicarbonato e idrossido di sodio (PH superiore a 4) si aggiunge acido solfanilico diazotato, e dopo un minuto una goccia di formaldeide a 40%. Si ha una colorazione gialla.
Contenuto di vitamina B1 negli alimenti (i numeri fra parentesi si riferiscono alle quantità relative di vitamine B, secondo Plimner, Raymond e Lowndes, prendendo il lievito di birra secco, come riferimento di potenza pari a 100 unità): germi di grano (65); estratto di malto (10); legumi (13); pastinaca (7); carciofi (5); pomodori (5); patate (5); sugo di arancio (6); uva (da 20 a 25); siero di latte secco (10); giallo d'uovo (7); fegato (7); ostriche (42,5); noci (20-40); caviale (7).
Vitamina B2 (sinonimi: idrosolubile B2, vitamina G, vitannna antipellagrosa, vitamina antidermatitica). - È stata scoperta da Warburg nel fermento giallo d'ossidazione, e R. Kuhn ne ha definito l'attività vitaminica.
Negli ultimi tempi sono state eseguite numerose serie di esperienze su animali per identificare la vitamina B2 con le flavine.
Le flavine sono sostanze organiche che dànno in soluzione una fluorescenza giallo-verde; se ne sono separate dal chiaro d'uovo (ovoflavina), dal siero del latte (lattoflavine), dal fegato (epatoflavine) e dal lievito. La loro formula è stata definita da P. Karrer, R. Kuhn, Stern e collaboratori.
La vitamina B2 è relativamente stabile al calore in soluzione acida, ma è distrutta in mezzo alcalino e la rapidità di distruzione aumenta rapidamente con l'aumentare dell'alcalinità.
Contenuto vitaminico B2 negli alimenti (i dati fra parentesi rappresentano valori di vitamina B2 in unità Bourquin per oncia, secondo il sistema suggerito da H. C. Sherman): i cereali sono ricchi in vitamina B1 ma relativamente poveri in B2: bietole (71), carote (57), piselli secchi (28-35), spinaci (28), cavolo (14-28), carote (14-21), lattuga (14-21), cavolifiore (14), patate (6-8), pere (14), banane (10), aranci (6-18), mele (6-7), latte secco (71), latte (11-21), giallo d'uovo (65), bianco d'uovo (21-42), uovo intero (28), fegato di bue (227-284), fegato di vitello (242), testicoli di bue (227), testicoli di vitello (227), cuore di bue (85), lievito di birra secco (213-425).
Vitamina C (sinonimi: vitamina idrosolubile C, vitamina antiscorbutica, acido ascorbico). - Scoperta da A. Szent Györgyi. La formula è stata definita da P. Karrer:
Essa è la forma enolica del 3-cheto-l-gulofuran-lattone.
È stata anche preparata sinteticamente da Reichstein a partire da l-xylosio: si idrolizza l'osazone di questo, e si prepara la cianidrina. Dalla cianidrina per saponificazione, enolizzazione e successiva deidratazione si ha l'acido ascorbico. È più stabile in mezzo acido che non in mezzo alcalino. Si distrugge per ossidazione e per riscaldamento in presenza di aria; tracce di metalli catalizzano la distruzione.
Eliminando l'ossigeno disciolto negli alimenti liquidi o solidi per mezzo del vuoto, e operando in atmosfera priva di ossigeno, gli alimenti conservati possono mantenere il loro potere vitaminico.
Una reazione semplice per svelare la vitamina C negli alimenti è quella di Szent Györgyi: a una soluzione lievemente alcalina della vitamina si aggiunge un po' di solfato ferroso; in contatto con aria si forma un bel colore violetto cupo dovuto all'ossido di un complesso ferro-vitamina. Questa sostanza colorata può essere ridotta a leuco-composto con un idrosolfito, e il colore può essere ripristinato per agitazione all'aria.
Contenuto in vitamina C dei varî alimenti (i numeri in parentesi esprimono unità di vitamina C per oncia di alimenti, seguendo il sistema adottato da H. C. Sherman): grano fresco (5), grano conservato (25), pepe (25), spinaci (25), piselli (15), pomodori (15), carote (3), cipolla (3), patate (3), lattuga (2), limone (15), aranci (15), fragole (10), banane (5), mele (5).
L'acido ascorbico (o vitamina C) può essere anche dosato con i metodi chimici quantitativi, e i risultati possono essere espressi in milligrammi. Il procedimento adottato in questo caso è basato sul dosaggio del prodotto di riduzione del 2-6-diclorofenoloindofenolo. I risultati ottenuti per 1 gr. di alcuni alimenti sono i seguenti:
Vitamina D (sinonimi: vitamina antirachitica, calciferolo, liposolubile D). - Secondo la scuola di Windaus essa sarebbe ergosterina con un anello aperto.
Infatti l'ergosterina sottoposta all'azione dei raggi ultravioletti dà diversi prodotti di trasformazione fra cui il calciferolo o vitamina D:
La tachisterina è lievemente tossica, le suprasterine e la tossisterina sono molto tossiche.
La vitamina D è stabile al calore, alla luce, all'ossidazione e all'idrogenazione e non perde la sua efficacia durante la conservazione. È rapidamente distrutta dai fumi nitrosi e lentamente dal vapore diretto in contatto con acidi minerali.
Contenuto in vitamina D degli alimenti (i numeri in parentesi rappresentano le unità vitaminiche D = o,025 γ di calciferolo): rosso d'uovo (8,6), fegato di tonno (da 100 a 700).
Vitamina E (sinonimi: liposolubile E; vitamina della fertilità; vitamina antisterile; vitamina della riproduzione). - Non è nota la sua costituzione chimica. È notevolmente stabile al calore, luce, acidi, alcali, acetilazione, idrogenazione, ossidazione blanda, ma viene distrutta dalle ossidazioni drastiche con KMnO4 e dalla bromurazione.
La sua potenza diminuisce se nella dieta v'è un'eccessiva quantità di lardo, olio di cotone idrogenato, o acido oleico probabilmente per mancanza di adsorbimento. I concentrati di vitamina E però sono stabili per più di quattro settimane in miscela con alimenti rancidi.
L'olio di germe di grano, chiuso in una fiala con vuoto, sembra che mantenga per più anni il suo potere vitaminico E, alla temperatura ambiente.
Esiste in tutti i cereali e negli olî premuti da germi di questi, nella lattuga, spinaci, piselli, fave, banane, latte, uova, e nelle carni di parecchi animali.
Concetti fisiologici.
Le vitamine sono sostanze minimali, ma di un'immensa importanza fisiologica, perché dominano quasi tutte le funzioni vitali. La natura e il significato biologico delle vitamine sono stati oggetto di numerose discussioni.
Sono state considerate come fermenti, ma a tale concezione s'oppongono le proprietà fisico-chimiche, oltre al fatto che non agiscono di presenza come i fermenti, ma in rapporti quantitativi ben definiti. Altri hanno voluto considerarle come uno stadio preparatorio degli ormoni in base alle affinità che s'osservano tra alcune malattie endocriniche e le avitaminosi. Più accreditata è oggi la concezione che considera le vitamine come veri e proprî ormoni di origine esogena, che partecipano, alla pari degli ormoni propriamente detti, alla correlazione neuro-ormonica delle funzioni; esse rientrano come gli ormoni nel vasto gruppo degli attivatori biologici, con il quale nome si designano gli eccitatori delle attività vitali che agiscono sul ricambio in via fisiologica. Tali eccitatori non apportano all'organismo materiali plastici o energetici, ma sono quelli che pongono in movimento i diversi congegni regolatori dell'organismo. Essi hanno in comune alcune proprietà fondamentali: la semplicità molecolare, l'assenza di potere antigene, la rapidità degli effetti, la specificità dell'azione, l'azione oligodinamica, la resistenza agli agenti fisici e chimici. Orbene, le vitamine possiedono, come gli ormoni, tutti questi caratteri. Una limitazione va fatta solo per l'ultimo punto, quello della resistenza agli agenti fisici e chimici, resistenza che non è assoluta, poiché è elevata verso alcuni di essi, come il calore (in condizioni opportune), i fermenti digestivi, gli acidi forti, mentre è debole verso altri, come l'alcalinità dell'ambiente, le ossidazioni. Quanto all'azione oligodinamica, essa va interpretata non nel senso che bastino tracce di vitamine a mantenere l'equilibrio funzionale dell'organismo, bensì nel senso che coi prodotti molto purificati una grande potenza di dose può essere concentrata in una piccolissima massa, tanto che s'è affacciata l'ipotesi che le vitamine, come gli altri attivatori biologici, non siano che cariche di energia radiante disposte su quantità impercettibili di materia indifferente. Un'altra questione molto discussa è quella relativa alla capacità degli organismi superiori a sintetizzare le vitamine. Per parecchio tempo s'è escluso che l'organismo animale possedesse la capacità di fare la sintesi delle vitamine. Si riteneva che gli animali dovessero sempre introdurle dall'esterno, precipuamente per mezzo dei vegetali nei quali esse si formano per fotosintesi, e che potessero soltanto formarne delle riserve nei varî organi, soprattutto nel fegato, immagazzinando le vitamine introdotte in quantità superiori ai bisogni dell'organismo. Oggi invece s'è riconosciuto che l'organismo animale è capace di fare la sintesi delle vitamine, e precisamente sembra che esso produca quelle vitamine che mancano nel suo alimento abituale. È noto che non tutte le specie animali hanno bisogno di tutte le vitamine; alcune vivono benissimo ricevendo una sola di esse (così per il piccione è necessaria solo la vitamina della crusca di riso). Orbene, s'è veduto che gli organi di questi animali sono ricchi delle altre vitamine, che evidentemente devono essere prodotte dall'organismo poiché non vengono introdotte con il cibo. In base a questa constatazione s'è formulata la cosiddetta teoria dell'origine sostitutiva delle vitamine, secondo la quale l'organismo animale era capace in origine di elaborare tutte le vitamine e ha perduto questa capacità in seguito all'introduzione abituale delle vitamine preformate nei vegetali. Di qui risulta la deduzione, confermata dall'osservazione pratica, che gli animali sono tanto più sensibili alle avitaminosi quanto più la loro alimentazione è onnivora.
Le azioni fisiologiche delle vitamine sono state desunte dai disturbi che insorgono negli animali alimentati con regimi privi di queste sostanze. S'è così riconosciuto che esse regolano i processi dell'assimilazione cellulare, il metabolismo delle sostanze ternarie e dei minerali, precipuamente del calcio e del ferro, assicurano l'integrità e lo svolgimento armonico delle funzioni nervose ed endocrine, influiscono sull'ematopoiesi, sulle funzioni digerenti, su quelle riproduttive, sullo sviluppo dei denti, sul trofismo della cute e, infine, sono fattori essenziali dell'accrescimento del corpo e della resistenza alle infezioni e perfino a certi veleni chimici. Tutte queste azioni sono svolte in misura diversa dalle singole vitamine.
Vitamina A, antixieroftalmica. - Presiede allo sviluppo del corpo e perciò ha anche la denominazione di "vitamina della crescenza", regola il trofismo di tutti gli epitelî e quindi di quello congiuntivale e della cornea, della mucosa intestinale e delle vie urinarie, dell'apparato ghiandolare, salivare e lacrimale; la vitamina A regola la rigenerazione della porpora retinica, la nutrizione della cornea e dei suoi annessi, specie dell'apparecchio ghiandolare, la nutrizione delle mucose in genere, i processi immunitarî, influisce sulla crasi sanguigna, sul tono neuromuscolare, sulla motilità dell'intestino, infine anche sulle ghiandole endocrine, in specie sulle ghiandole sessuali.
In seguito alla carenza di vitamina A, s'osserva negli animali l'arresto dello sviluppo, con alterazioni delle ghiandole lacrimali e salivari, corneificazione degli epitelî di tutte le mucose, una precoce emeralopia, dovuta appunto a un difetto nella rigenerazione della porpora visiva, la xerosi della congiuntiva e della cornea, che a un certo punto cade in sfacelo col quadro della cheratomalacia e talora panoftalmite. La corneificazione degli epitelî delle diverse mucose, unitamente alla diminuzione della resistenza alle infezioni, determina una speciale tendenza alle infezioni polmonari, alle pieliti e calcolosi renali e vescicali. Fra le alterazioni degli organi sessuali figurano l'atrofia testicolare e quella ovarica.
Vitamine B. - L'azione più caratteristica delle vitamine del gruppo B è quella di assicurare l'integrità del sistema nervoso centrale e periferico, donde il nome di antineuritica data a una delle vitamine di questo gruppo (B2). Inoltre il complesso B è indispensabile per lo sviluppo del corpo, e infatti, se esso manca nel regime, la presenza della vitamina A non basta ad assicurare la crescita. Un'azione assai importante delle vitamine B è quella di regolare il tasso glicemico sia armonizzando le funzioni endocrine e quelle del sistema vegetativo, sia favorendo le ossidazioni intracellulari. Esse agiscono sull'apparato digestivo, di cui eccitano l'attività secretoria e la mobilità, sul tono muscolare in genere, sul trofismo della cute (vitamina B2 o PP), sui processi immunitarî.
La mancanza di vitamine B dà come primo sintomo i disturbi digestivi in forma di vomito, anoressia, stasi intestinale, e solo tardivamente diarrea; segue l'arresto dell'accrescimento corporeo o, nell'adulto, la diminuzione di peso; si ha l'aumento del tasso glicemico con uno stato assai vicino a quello diabetico, l'ipertrofia delle surrenali, con iperadrenalinemia, e per contro l'atrofia della tiroide, del timo, del pancreas, delle ghiandole sessuali donde la sterilità. Secondo J. Spadolini e J. Lopez-Lomba queste lesioni, come quelle delle funzioni intestinali, sarebbero secondarie a un disturbo profondo del sistema nervoso vegetativo e precisamente a un'ipotonia del simpatico e un'ipertonia del parasimpatico. Infine s'abbassa la resistenza alle malattie infettive, s'altera anche il trofismo cutaneo con la comparsa di fenomeni pellagroidi. Caratteristica l'ipotonia muscolare assai precoce a carico di tutti i muscoli striati, donde il senso di astenia; negli stadî tardivi ipotonia e dilatazione cardiaca.
Vitamina C antiscorbutica. - Agisce soprattutto sulla nutrizione dei vasi e sulla produzione del sangue, sul ricambio del ferro e del calcio, sull'apparato digerente e in particolare sulla nutrizione delle sue mucose, sulla resistenza immunitaria. La mancanza di vitamina C determina il quadro caratteristico dello scorbuto, riproducibile sperimentalmente negli animali con i regimi carenzati. Caratteristica di questa carenza è la diatesi emorragica dovuta ad alterazioni delle pareti vasali; caratteristica anche più precoce è l'anemia, che nelle forme più leggiere resta unico sintomo della malattia; si ha in seguito uno squilibrio del ricambio del calcio che favorisce da un lato gli edemi e dall'altro la fragilità ossea; compaiono poi ulcerazioni della mucosa gastro-intestinale, donde la diarrea, una facile morbilità alle infezioni che hanno un decorso particolarmente grave, perdita di peso e cachessia, alterazioni varie nelle ghiandole endocrine, che sarebbero di tipo opposto a quelle causate dalla mancanza di vitamina B, con ipertonia del simpatico e ipotonia del parasimpatico. Si hanno anche alterazioni caratteristiche dell'apparato dentario con scomparsa degli odontoblasti, emorragie e distruzione della polpa che viene sostituita da un tessuto calcificato, facile e grave carie dentaria.
Vitamina D antirachitica. - Le azioni fisiologiche della vitamina D consistono fondamentalmente nella proprietà di conservare l'equilibrio del rapporto calcio-fosforo nel sangue e quindi di rendere possibile lo sviluppo regolare dell'osso. È noto, infatti, che l'alterazione fondamentale del rachitismo non consiste in un'incapacità dell'osso a fissare il calcio, ma in un errore del ricambio per il quale vengono poste a disposizione dell'osso la calce e il fosforo in un rapporto inadatto alla deposizione dei sali di calcio. Il rapporto tra calcio e fosforo nel sangue può essere alterato in due forme, per carenza di fosforo o per carenza di calcio, ma tale alterazione non si verifica mai perché il regime difetti eccessivamente dell'uno o dell'altro elemento, bensì perché manca in esso l'elemento regolatore del ricambio minerale, cioè la vitamina antirachitica. Basta aggiungere al regime una quantità sufficiente di tale vitamina perché sia resa possibile l'utilizzazione anche di minime quantità di fosforo, e quindi ristabilito l'equilibrio umorale necessario alla fissazione del calcio alle ossa. Il fosforo è stato detto ormone inorganico della crescenza, ma l'azione ormonica specifica sull'ossificazione va attribuita invece alla vitamina D, che può giustamente essere definita l'ormone del fosforo.
Vitamina E della riproduzione o della fecondità. - L'azione fisiologica di questa vitamina, studiata finora solo in via sperimentale, consiste nel regolare le funzioni della riproduzione. La mancanza di essa determina un disturbo delle funzioni riproduttive che conduce alla sterilità; questa si manifesta solo dopo sette od otto mesi di carenza. Nel maschio la sterilità dipende da una diminuita vitalità degli spermatozoi che subiscono un'alterazione di struttura perdono la mobilità e muoiono. Le ghiandole sessuali presentano alterazioni solo negli stadi molto avanzati, dopo che la carenza è in atto da sette-otto mesi; i testicoli sono piccoli, i tubuli presentano una completa degenerazione. Tutte le altre ghiandole endocrine sembrano indenni. Nelle femmine la sterilità non dipende dall'ovaio che anzi non presenta alcuna alterazione, bensì da uno sviluppo anormale dell'embrione, delle membrane ovulari e della placenta, che conducono alla morte del feto. La fecondazione ha luogo regolarmente, ma la gestazione non può essere condotta a termine: l'embrione muore e viene riassorbito. Quando la carenza colpisce le femmine che allattano, essa provoca una diminuzione nella produzione del latte e talora forme di paralisi spastiche nei piccoli.
Recentemente sono state segnalate altre vitamine, quali la vitamina H che agirebbe sul trofismo cutaneo e la K ad azione antiemorragica, ma si tratta di dati che esigono ulteriore conferma.
Titolazione fisiologica delle vitamine. - L'esatta conoscenza delle alterazioni morbose che seguono nelle diverse specie animali alla mancanza dell'una o dell'altra vitamina ha reso possibile stabilire metodi esatti per la titolazione fisiologica di queste sostanze, acquisizione di importanza fondamentale poiché da essa derivano le altre conquiste della vitaminologia: l'esatta conoscenza del contenuto vitaminico dei diversi alimenti, dei bisogni vitaminici della specie umana, le applicazioni curative delle vitamine e, più recentemente, l'isolamento e la definizione della struttura chimica delle diverse vitamine. I metodi fisiologici di dosaggio delle vitamine si basano sul fatto che vi sono animali sensibili alla mancanza dell'una o dell'altra vitamina; tali animali vengono usati come indicatori, ponendoli a un regime completo sotto ogni rapporto, ma privo della vitamina di cui si vuole accertare la presenza in una data sostanza, e ricercando poi se questa sostanza aggiunta al regime in date proporzioni riesce o no a prevenire o a far scomparire i disturbi carenziali. La titolazione può essere praticata con il metodo curativo o col metodo preventivo. Con il metodo curativo si determina negli animali, mediante un dato regime privo della vitamina che si deve titolare, l'insorgenza dei disturbi carenziali tipici, poi si somministrano dosi varie della sostanza in esame; la dose che determina negli animali trattati la scomparsa di ogni disturbo contiene l'unità curativa per quella data specie animale. Con il metodo preventivo, invece, si pongono gli animali a un regime privo della vitamina che si deve dosare e si comincia fino dall'inizio dell'esperienza la somministrazione quotidiana in dosi varie della sostanza da titolare; gli animali che ricevono una dose di vitamina corrispondente all'unità debbono essere preservati da ogni disturbo. Per le vitamine A e D l'animale scelto per la titolazione è il ratto in via di sviluppo, per le vitamine B il piccione e il ratto, per la vitamina C la cavia. Di conseguenza le vitamine A e D sono titolate in unità ratto, le vitamine B in unità ratto o piccione, la vitamina C in unità cavia. Per la vitamina E manca tuttora un metodo esatto di controllo quantitativo.
A proposito di queste unità, cosiddette fisiologiche, va notato che il valore assoluto di esse può variare a seconda del regime adottato per le esperienze e della tecnica seguita per la titolazione, poiché tanto i regimi sperimentali quanto le tecniche di dosaggio proposte per ogni vitamina sono numerosissimi. Allo scopo di poter ricondurre i dati forniti dalle prove fisiologiche a un termine di confronto unico, la Conferenza internazionale per le vitamine, tenuta a Londra nel 1931 per iniziativa della Società delle nazioni, ha deciso l'istituzione di un campione internazionale di attività precisata per ogni vitamina, campione che il National Institute for Medical Research di Londra fornisce su richiesta agl'Istituti scientifici. L'unità internazionale è rappresentata da una quantità fissa del campione internazionale, quantità che in genere non corrisponde all'unità fisiologica, ma è sottomultiplo di essa. Per la vitamina A il campione internazionale è costituito dal carotene β considerato come provitamina A e l'unità internazionale fissata a o,6 γ di tale campione, la cui unità ratto corrisponde a γ 2,5-3. Per la vitamina B1 antineuritica il campione internazionale è costituito da un prodotto di adsorbimento di un estratto acquoso di pula di riso; l'unità internazionale è fissata a mg. 10 di tale prodotto campione, la cui unità fisiologica corrisponde a mg. 20. Per la vitamina B2 non è stata ancora fissata un'unità. Per la vitamina C il campione internazionale è una preparazione di acido ascorbico e l'unità internazionale è fissata a mg. 0,05 del campione, pari a un decimo dell'unità fisiologica. Per la vitamina D, poiché non si possiede ancora una preparazione pura di vitamina D naturale, s'è adottata come termine di confronto una soluzione oleosa di ergosterina irradiata contenente in un mg., 0,025 γ di sostanza attiva; tale dose è stabilita come unità internazionale. Ogni dosaggio di vitamina dev'essere praticato contemporaneamente con la sostanza in esame e con il campione internazionale, stabilendo quale quantità della sostanza in esame occorre per dare nelle prove fisiologiche risultati pari a quelli che fornisce l'impiego di un'unità fisiologica del campione internazionale. In tal modo si può stabilire il rapporto fra l'attività della sostanza in esame e quella del campione internazionale e quindi esprimere il valore in unità internazionali.
Concetti clinici generali.
La mancanza totale o parziale delle vitamine nel regime determina nell'uomo, come negli animali da esperimento, disturbi della nutrizione assai caratteristici che vengono designati con il nome di malattie da carenza vitaminica o avitaminosi. A differenza di quanto avviene nei disturbi della nutrizione da carenza alimentare globale, nelle avitaminosi il regime può essere normale per numero di calorie e per la proporzione dei varî costituenti, grassi, proteine, carboidrati e sali, ma è povero di vitamine e poiché tali sostanze sono indispensabili, non meno degli alimenti plastici ed energetici, allo svolgimento regolare dei processi nutritivi, la loro deficienza ha sull'organismo ripercussioni profonde e molteplici. Tale deficienza può verificarsi a carico di una sola o più vitamine e può per ciascuna vitamina essere totale o parziale; quindi le sindromi da carenza vitaminica possono essere estremamente varie e spesso anche di difficile diagnosi.
Quando la carenza è unilaterale e totale si manifestano i quadri più tipici delle avitaminosi: la carenza totale di vitamina A determina la xeroftalmia, forma caratterizzata dall'arresto dello sviluppo corporeo e dalle lesioni oculari, xerosi congiuntivale e cheratomalacia, che può condurre alla cecità; la carenza della vitamina B antineuritica determina la tipica polineurite che viene denominata beriberi o kakkè, propria delle popolazioni che si nutrono quasi esclusivamente di riso brillato; la carenza della vitamina B antipellagrosa, associata forse a carenze minerali e proteiche, è causa della pellagra; la mancanza di vitamina C è causa dello scorbuto, affezione frequente negli esploratori o nei marinai costretti a lunghi periodi di regime privo di alimenti crudi; infine la mancanza di vitamina D provoca il rachitismo e l'osteomalacia, caratterizzati da uno squilibrio del ricambio del calcio, che mette capo ad un grave disturbo dell'ossificazione.
Accanto a queste forme di avitaminosi unilaterale e tipica, esistono forme miste in cui la carenza riguarda parecchie vitamine a un tempo e forme atipiche in cui la carenza, unilaterale o multipla, è soltanto parziale e quindi dà luogo a sintomi lievi e incompleti. Sono queste le cosiddette "precarenze" degli autori francesi, più esattamente chiamate dalla scuola italiana "forme fruste" poiché non si tratta di uno stadio preparatorio della carenza, bensì di veri e proprî sintomi carenziali già in atto, sebbene in uno stadio iniziale e mite.
Le forme complete e tipiche di avitaminosi nelle condizioni abituali di vita sono rarissime; esse sono legate a circostanze eccezionali (guerre, carestie, esplorazioni polari, ecc.); soltanto il rachitismo è all'ordine del giorno perché nell'alimentazione infantile le deficienze vitaminiche si verificano con grande facilità in modo grave. Sono invece frequentissime, soprattutto nell'età infantile, le avitaminosi miste. Si può dire che la vitaminologia ha ampliato i suoi confini assumendo un'importanza veramente sociale dal giorno in cui s'è riconosciuta l'esistenza di questi stati carenziali parziali, di aspetto assai vario, i quali hanno dimostrato che l'insidia delle deficienze qualitative del regime è presente nelle condizioni di vita in apparenza più normali. Questa concezione, sostenuta dapprima da G. Lorenzini, è oggi pienamente confermata e l'importanza delle carenze vitaminiche larvate nella patogenesi dei più diversi stati morbosi è ampiamente documentata. La povertà del regime in vitamine determina disturbi che non hanno nulla di caratteristico, perché possono riferirsi alle funzioni più svariate ed essere tanto lievi e transitorî da passare inavvertiti o cedere a un semplice mutamento del regime, e del pari diventare progressivi ed essere aggravati dalle prescrizioni dietetiche troppo rigide.
Si tratta in genere di anoressia, disturbi digestivi, denutrizione più o meno spiccata, con ipotonia, astenia, anemie resistenti a ogni trattamento, arresto dall'accrescimento se si tratta di bambini. La frequenza delle avitaminosi fruste nel bambino si è imposta alla maggioranza degli osservatori: nel bambino le deficienze vitaminiche provocano tutta la gamma dei disturbi dello sviluppo, dal semplice arresto dell'accrescimento in peso e in statura, ai ritardi della dentizione, alle vere atrofie e atrepsie, ai disturbi dell'apparato digerente con vomito, stipsi o diarrea, alla gastroenterite infantile, alle anemie, al morbo di Barlow, al rachitismo, alla spasmofilia, alla diatesi essudativa, alle affezioni oculari di natura diatesica, quali gli eczemi palpebrali cronici, le blefariti.
Le vitamine esplicano la loro influenza già sullo sviluppo del feto. Durante la gestazione è necessario un apporto molto elevato di tutte le vitamine per attuare la profilassi prenatale dei disturbi dello sviluppo e proteggere la madre dalle affezioni frequenti dovute alla deficienza delle vitamine, quali l'osteomalacia, la carie dentaria, l'anemia gravidica. Vi sono forme di aborto abituale e di sterilità che sono dovute esclusivamente a un apporto insufficiente di vitamine. Nell'adulto le deficienze vitaminiche si ripercuotono soprattutto sulle funzioni gastrointestinali con forme di atonia, di stitichezza abituale e perfino con la formazione dell'ulcera peptica inoltre sul tono neuromuscolare, sulle funzioni endocrine, sul ricambio degl'idrati di carbonio; vi sono forme di diabete in cui la somministrazione generosa di vitamine ristabilisce l'equilibrio glicemico. Infine stretti rapporti tra vitamine e dermatosi sono stati recentemente dimostrati da studî compiuti con l'impiego delle vitamine in dermatologia; nelle varie dermatosi le carenze vitaminiche costituiscono un fattore patogenetico di importanza non trascurabile.
Le circostanze capaci di favorire l'istituirsi di questi stati carenziali più o meno tipici sono estremamente varie: anzitutto il contenuto vitaminico degli alimenti può subire oscillazioni grandissime in rapporto alle condizioni d'irradiazione solare, di conservazione, di cottura. Per esempio, degli agrumi solo la specie mediterranea è ricca di vitamine; il latte, che è sempre povero di vitamine B, può nell'inverno essere privo di tutte le vitamine in rapporto al regime secco delle mucche e al loro soggiorno in stalle oscure; alimenti carenzati sono tutti i tipi di latte essiccato, invecchiato o sterilizzato, come pure il pane troppo bianco, le farine troppo raffinate, le verdure lessate venendo poi eliminata l'acqua di cottura. Queste deficienze, frequentissime nel regime medio odierno, sono tanto più nocive in quanto il fabbisogno dell'organismo in vitamine è notevolmente elevato.
Per lungo tempo s'è ammesso che bastino tracce di vitamine nel regime per assicurare il perfetto funzionamento dell'organismo. Oggi è dimostrato che l'elemento quantitativo è di grandissima importanza anche a proposito delle vitamine. Il fabbisogno vitaminico medio quotidiano dell'uomo, desunto dalle statistiche sulle diverse epidemie di avitaminosi, è di 30 unità internazionali di vitamina B, di 100 unità internazionali di vitamina C, di 1000 unità internazionali per ciascuna delle vitamine A e D. Questi dati valgono tanto per l'adulto quanto per il bambino, poiché nell'età infantile il bisogno di vitamine per le esigenze dello sviluppo è più elevato in rapporto al peso del corpo. Si può osservare che nell'adulto la vitamina D, destinata all'ossificazione dello scheletro, sembra necessaria in quantità meno elevate. Queste cifre variano notevolmente già soltanto in rapporto alla composizione del regime: se in esso prevalgono gli idrati di carbonio aumenta proporzionalmente la quantità di vitamina B necessaria alla loro utilizzazione: così pure se aumentano i grassi.
Oscillazioni grandissime nel fabbisogno di vitamine si verificano a seconda che l'organismo sia nel periodo dello sviluppo o nell'età adulta, a seconda delle circostanze fisiologiche o patologiche (convalescenza delle malattie infettive, diabete, tubercolosi). Per esempio, il bisogno di vitamine è addirittura raddoppiato nel corso della gravidanza e dell'allattamento, in cui la madre deve costituire col sangue e col latte le riserve vitaminiche del nuovo essere. Ciò spiega come un regime in apparenza completo in vitamine e tale da assicurare la perfetta salute per un organismo sia deficiente per un altro organismo e possa determinare l'insorgenza di sindromi carenziali fruste.
Altri fattori che intervengono a determinare uno squilibrio nel bilancio delle vitamine sono l'età, poiché l'organismo giovane richiede maggiori dosi di vitamine, lo stato della nutrizione, poiché un metabolismo attivo richiede un maggior consumo di vitamine, le infezioni, le intossicazioni, infine le cosidette disvitaminosi, cioè l'incapacità dell'organismo a utilizzare le vitamine introdotte. L'esistenza della disvitaminosi è stata posta in luce proprio dalla scuola italiana (P. Mancini e D. Ganassini, P. Galli, S. Giuffré); per lungo tempo combattuta in via teorica, è oggi generalmente ammessa in base alle osservazioni cliniche e recentemente P. Bertoye ha distinto due forme di disvitaminosi: le carenze endogene digestive, da mancato assorbimento delle vitamine, e le carenze endogene nutritive, da mancata utilizzazione delle vitamine da parte delle cellule. Così si spiegano i casi in cui lo scorbuto si manifesta in lattanti trattati profilatticamente con succo di limone.
La frequenza di queste deficienze alimentari esogene o endogene, assolute o relative, nella vita moderna è dimostrata dalla diffusione di alcune forme morbose che possono essere considerate come veri indici di avitaminosi, p. es. la carie dentaria, che s'incontra nell'80%,, della popolazione scolastica, e che s'impianta appunto sui denti che presentano nella struttura dello smalto e della dentina alterazioni dovute a un'avitaminosi subita nel periodo dello sviluppo.
Perciò il problema vitaminico assume una notevole importanza nel campo della medicina sociale. L'eugenetica e la puericoltura debbono assegnare la massima importanza all'approvvigionamento delle madri e dei bambini in vitamine poiché le carenze vitaminiche provocano la diminuzione della natalità, la frequenza dei parti prematuri e degli aborti abituali, la nascita di bambini predisposti a tutti i disturbi dello sviluppo. Un largo apporto di tutte le vitamine dev'essere assicurato alle madri che allattano o direttamente ai bambini nutriti artificialmente e nel periodo dello svezzamento per prevenire le atrofie e le distrofie infantili e per assicurare lo sviluppo florido, la dentizione regolare e una buona resistenza naturale alle infezioni.
Negli adulti occorre tener presente la necessità d'integrare il regime con l'aggiunta di vitamine ogni volta che una malattia infettiva o dell'apparato digerente o del ricambio impone restrizioni alimentari prolungate. Queste provvidenze profilattiche, come pure la terapia delle forme carenziali, devono ispirarsi al criterio dell'apporto globale di tutte le vitamine. Clinicamente è assolutamente eccezionale incontrare forme di carenze unilaterali; gli squilibrî vitaminici nelle condizioni abituali di vita sono sempre multipli, variamente intrecciati: perciò le cure basate sull'apporto di una sola vitamina sono nella maggioranza dei casi inadeguate.
L'indirizzo profilattico e curativo più esatto è quello della somministrazione globale di tutte le vitamine, che cura nel loro complesso le sindromi carenziali. Va tenuto presente che non sempre le cure dietetiche bastano a raggiungere lo scopo, sia per l'insufficienza del contenuto vitaminico degli alimenti (per esempio un litro di latte di mucca intero e crudo copre appena un terzo del fabbisogno vitaminico del lattante), sia per l'esistenza delle carenze endogene o disvitaminosi. Perciò oggi si ricorre di preferenza all'uso di preparazioni vitaminiche purificate e concentrate, che permettono di somministrare dosi note e opportunamente equilibrate delle diverse vitamine. Poiché si tratta di sostanze assai labili, è necessario che tali preparazioni siano sempre titolate in unità internazionali.
Oggi l'uso di preparazioni vitaminiche ad alta concentrazione si va sempre più estendendo poiché si è riconosciuto che esse svolgono azioni curative anche in affezioni che non rientrano nel campo delle deficienze vitaminiche; ad es. la vitamina C ad alte dosi viene usata anche contro le emorragie di qualunque natura, anche non scorbutiche.
Ipervitaminosi. - La possibilità dell'insorgenza di disturbi da apporto eccessivo di vitamine è stata segnalata in seguito all'uso di alcune preparazioni farmacologiche di vitamine, più precisamente in seguito all'uso dei preparati di ergosterina irradiata usati in sostituzione alla vitamina D naturale per la cura del rachitismo. L'ergosterina irradiata nelle prove sperimentali s'è dimostrata capace di provocare, in dosi 2000-5000 volte superiori a quella curativa, disturbi di varia entità consistenti in anoressia, dimagrimento, debolezza motoria, cachessia progressiva sino alla morte, con un quadro anatomo-patologico di gravi fatti degenerativi a carico dei visceri, reni, arterie, polmoni, con estese precipitazioni di calcio. Tale sindrome è stata notata anche nell'uomo, probabilmente in rapporto a casi di ipersensibilità speciali, per dosi leggermente superiori a quelle terapeutiche medie. Ora è stato dimostrato che tali alterazioni sono in parte legate a sostanze collaterali che si producono nell'irradiazione dell'ergosterina e che non hanno alcuna azione curativa: i diversi preparati irradiati possono quindi avere una tossicità diversa in rapporto alla tecnica di preparazione che determina una produzione più o meno abbondante di tali sostanze collaterali. Però risulta che anche la preparazione irradiata più pura oggi conosciuta, immune da ogni mescolanza di sostanze eterogenee, svolge queste azioni tossiche e che il rapporto tra la dose attiva di essa e la dose tossica è di 1: 5000. È quindi dimostrato che l'attività tossica è sempre parallela all'attività calcio-fissatrice dei preparati irradiati, pur potendo per alcuni di essi essere più elevata in rapporto al modo di preparazione. Va però notato che sinora il quadro delle lesioni da ergosterina irradiata non è stato riprodotto sperimentalmente mediante concentrati di olio di merluzzo, sicché non è affatto dimostrato che la vitamina D naturale provochi alterazioni analoghe. Appare quindi a tutt'oggi più esatto designare questi disturbi tossici con il nome di ergosterismo, anziché con quello d'ipervitaminosi, poiché finora essi sono stati ottenuti solo con l'ergosterina irradiata. Va però notato che recentemente varî autori hanno segnalato l'insorgenza di disturbi da superdosaggio anche per le vitamine A e C. Per la vitamina A i fenomeni tossici sono stati ottenuti solo nel ratto con la somministrazione ripetuta di 20.000 dosi curative, non negli altri animali. Per la vitamina C, invece, si tratta di disturbi osservati nei bambini con preparati sintetici in dosi da 2000 a 12.000 unità internazionali. Tali dosi, in verità, sono enormemente superiori a quelle sinora usate in terapia, che sono assolutamente innocue. Tuttavia questi dati hanno una certa importanza poiché dimostrano che la tendenza di alcuni autori all'impiego di queste sostanze attivissime a dosi molto alte costituisce un errore da evitare, e che conviene per la terapia non allontanarsi dalle dosi consigliate finora in base a dati ben accertati sul fabbisogno vitaminico medio della specie umana.
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