VITELLI
. Famiglia di origine plebea e proveniente dal contado, che cominciò ad assurgere a grande importanza con Vitellozzo, ricco commerciante, già nel 1428 espulso da Città di Castello come uno dei principali autori delle discordie civili e poi nel 1440 rientrato in patria col favore di papa Eugenio IV che gliene aveva conferito il vicariato oltre ad averlo nominato tesoriere della provincia del Patrimonio. Ma il vero fondatore della potenza di questa stirpe fu il nipote di lui Niccolò (1414-1486), uomo fazioso e crudele, che prima ebbe in Roma onorevoli uffici da Eugenio IV, poi fu governatore di Todi (1446), podestà di Firenze (1450), di Siena (1452) e di Lucca (1461). Durante la sua dimora in Firenze strinse amicizia con i Medici e ricevette da papa Niccolò V la nomina a cavaliere. Alla morte dello zio Vitellozzo (16 agosto 1462) tornò in patria, dove si mise a capo della fazione popolare contro i nobili di cui fece strage (1468). Cacciatone con la forza nel 1474 e nel 1484 pacificatosi con Sisto IV che lo creò governatore della Campagna e Marittima, ottenne da Innocenzo VIII la nomina a governatore della Sabina e il permesso di rientrare in Città di Castello, dove morì il 6 gennaio 1486, e dove gli furono rese imponenti onoranze dalla popolazione che lo proclamò "padre della patria". Dei figli di lui, tutti valorosi guerrieri ma prepotenti e fieri tiranni, il primogenito Giovanni cadde nel 1487 sotto le mura di Osimo combattendo per il papa. Camillo fu celebre condottiero prima al servizio della Chiesa e poi di Francia dove ordinò per primo la milizia degli archibugieri a cavallo; ebbe il titolo di Conte di Montone e morì nel 1496 all'assedio di Circello in Capitanata, lasciando il figlio Vitello, gran capitano al soldo di Venezia e poi del papa e di Francia, succeduto a Giovanni de' Medici (1526) nel comando delle "Bande Nere", e due anni dopo morto di peste all'assedio di Napoli. Paolo, altro abilissimo condottiero, grande amico dei Medici, chiamato nel 1498 al comando delle genti di Firenze per la guerra di Pisa, sospettato di tradimento, fu, dopo un iniquo processo, decapitato il 1° ottobre 1499. Da lui derivò il ramo dei V. marchesi di Cetona e signori dell'Amatrice, cui appartennero Chiappino, Alessandro e Paolo di Niccolò, tutti gran maestri di guerra nei principali eserciti d'Europa. L'ultimo di essi costruì il magnifico palazzo Vitelli in Città di Castello. Vitellozzo, figlio di Niccolò, sfuggito alle vendette dei Fiorentini che avrebbero voluto sopprimerlo insieme col fratello Paolo, fu preso a tradimento da Cesare Borgia la notte del 31 dicembre 1502 nella rocca di Senigallia e quivi strangolato insieme con Oliverotto signore di Fermo. Oltre alla gloria acquistata nel mestiere delle armi i V. si illustrarono pure nella carriera ecclesiastica e nel campo degli studî e dell'arte: Vitallozzo (1532-68), figlio d'Alessandro di Niccolò, prelato di vastissima erudizione, fu cardinale dal 15 marzo 1557; Francesco (1582-1646), figlio di Vincenzo d'Alessandro, nunzio pontificio a Venezia dal 1632 al '43, poi arcivescovo d'Urbino, raccolse un ricco museo di quadri, libri e antichità, che dal suo pronipote Giovanni fu poi donato alla regina Cristina di Svezia. L'illuminato mecenatismo con cui questa stirpe volle consolidare e decorare la propria signoria sulla patria, arricchì Città di Castello di mirabili opere d'arte, specie di quattro principeschi palazzi che sono tra i capolavori dell'architettura del Rinascimento.
Da Alessandro di Paolo, che fu luogotenente e governatore per i duchi Alessandro e Cosimo I de' Medici, derivò il ramo dei Vitelli stabilitosi a Firenze, decorato della contea di Montegualandro (1643) e del marchesato di Bucine (1645): titoli che, insieme con il cognome e i beni dei V., passarono per testamento di Clemente Vitelli, ultimo di sua stirpe, nei figli di una sua sorella, Isabella, maritata ad Alessandro Rondinelli, patrizio di Firenze (1790).
Bibl.: P. Litta, Famiglie celebri italiane; A. Fabretti, Biografie dei capitani venturieri dell'Umbria, Montepulciano 1842-46; G. Nicasi, La famiglia V. di Città di Castello, voll. 2, Perugia 1909-16.