Vitelli, Vitellozzo
Figlio del condottiero Niccolò, nacque a Città di Castello nel 1458. Al seguito del re di Francia Carlo VIII durante la sua discesa in Italia, grazie alla vittoria ottenuta a Soriano (1497) ebbe da papa Alessandro VI il titolo di signore di Città di Castello. Nel 1498 passò al servizio dei fiorentini insieme al fratello Paolo (→) che, l’anno seguente, per il fallimento della guerra contro Pisa, fu accusato di tradimento, arrestato e condannato a morte. V. riuscì a sfuggire alla cattura; intenzionato a vendicare il fratello, si pose al servizio di Cesare Borgia (il duca Valentino) e della sua ambiziosa politica di espansione in Romagna e nelle Marche. Intanto favoriva la resistenza di Pisa, e ai primi di giugno del 1502 appoggiò la rivolta di Arezzo, sottraendo a Firenze, in pochi giorni, buona parte del Casentino e della Val Tiberina. Colto del tutto impreparato (sull’insipienza del commissario della Val di Chiana, Guglielmo de’ Pazzi, M. sarebbe tornato nei Discorsi III vi 193-96), il governo fiorentino inviò M. e Francesco Soderini a Urbino, presso Cesare Borgia, per sondarne le intenzioni. Pur negando un proprio coinvolgimento nelle operazioni del condottiero, il Valentino non rassicurò la Repubblica che, al fine di riacquistare Arezzo, dovette avvalersi dell’alleanza con il re di Francia appena stipulata, «non senza grande spendio» (Decennale I, v. 326; sulla rivolta aretina e il ruolo di V. cfr. invece i vv. 331 e segg.). Per far fronte alle crescenti ambizioni del Valentino, V., gli Orsini (Paolo →, Francesco e Giovanni Battista), Oliverotto Euffreducci e Giampaolo Baglioni, insieme ai rappresentanti dei Bentivoglio, dei Montefeltro e di Pandolfo Petrucci, si riunirono a Magione, tra la fine di settembre e i primi di ottobre, e strinsero un accordo in funzione antiborgiana. Per la seconda volta M. si recò quindi presso il duca a offrirgli l’aiuto di Firenze contro i luogotenenti che pure avevano tentato di coinvolgere la città nell’alleanza. Nonostante i successi dei ribelli, l’effettiva natura della sollevazione – frutto del malcontento di vassalli contro il proprio signore – emerse rapidamente, e M. fu testimone diretto dell’abilità mostrata dal Valentino nello sfruttare la scarsa coesione del fronte nemico. Non sfuggivano peraltro al Segretario fiorentino, nonostante la dissimulazione del duca, il suo desiderio di vendetta e il suo «sdegno» in particolare per la condotta di V., «serpente avvelenato» e «traditore» (M. ai Dieci, 8 e 28 nov. 1502, LCSG, 2° t., pp. 429, 469).
Portate a buon fine delle trattative separate, per rassicurare i ribelli il Valentino si liberò quindi del suo luogotenente, il malvisto governatore di Romagna Ramiro de Lorqua, e finse di separarsi dal suo esercito, attirando alla fine di dicembre i condottieri a Senigallia che pochi giorni prima gli Orsini e V. avevano espugnato per lui. Una volta entrati disarmati nella città i condottieri, il 31 dicembre 1502 il duca li fece imprigionare e mettere a morte: V., insieme a Oliverotto, fu il primo a essere ucciso, strangolato da Miguel Corella. Impressionato dalla lucidità con cui il duca aveva preso i «suoi nemici al vischio» (Decennale I, v. 394) e portato a compimento il suo efferato progetto, M. avrebbe immortalato l’episodio nel Principe (vii 17-21) e nelle celebri pagine del Modo che tenne il duca Valentino per ammazar Vitellozo, Oliverotto da Fermo, il signor Paolo et il duca di Gravina Orsini in Senigaglia (→), scritte probabilmente tra il 1514 e il 1517. In esse V. è dipinto con notevole raffinatezza psicologica – prima «renitente» all’accordo con il Valentino, consapevole di «come e’ non si debba offendere un principe e dipoi fidarsi di lui» (§ 33); poi, alla vigilia dell’incontro di Senigallia, «tutto aflitto come se fussi conscio della sua futura morte» (§§ 46-47); implorante infine, sul punto di essere ucciso, «che si supplicassi al papa che gli dessi de’ suoi peccati indulgenzia plenaria» (§ 58).
Bibliografia: E. Alvisi, Cesare Borgia, duca di Romagna. Notizie e documenti, Imola 1878, pp. 277 e segg.; O. Tommasini, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo, 2 voll., 3 tt., Torino-Roma 1883-1911 (rist. anast. Bologna 1994-2003, ad indicem); G. Volpe, Intorno ad alcune relazioni di Pisa con Alessandro VI e Cesare Borgia (1499-1504), con documenti inediti, «Studi storici», 1897, 6, pp. 495-587, e 1898, 7, pp. 61-144; G. Nicasi, La famiglia Vitelli di città di Castello e la Repubblica fiorentina fino al 1504, 2 voll., Perugia 1916; E. Pieraccini, La ribellione di Arezzo del 1502, «Atti e memorie della Reale Accademia Petrarca», 1939, 26-27, pp. 17-50, e 1940, 28-29, pp. 146-220; G. Sasso, Machiavelli e Cesare Borgia. Storia di un giudizio, Roma 1966; A. Montevecchi, Passato e presente in alcuni scritti politici minori di Machiavelli, in Machiavelli senza i Medici (1498-1512). Scrittura del potere. Potere della scrittura, Atti del Convegno, Losanna 18-20 novembre 2004, a cura di J.-J. Marchand, Roma 2006, pp. 353-69.