D’Ondes Reggio, Vito
Giurista e uomo politico (Palermo 1811 - Firenze 1885). Laureato in giurisprudenza nel 1832 a Palermo, entrò in magistratura e fu poi chiamato a reggere i tribunali di Catania, Palermo e Trapani. Di idee liberali, fu collaboratore di riviste e accademie scientifiche e fondò nel 1836 il «Giornale di statistica per la Sicilia», una rivista ispirata ai principi del liberismo economico, sulle cui pagine si auspicavano la modernizzazione e il superamento delle sperequazioni sociali della società siciliana. Nel 1844 i suoi scritti e le sue battaglie per la libertà gli costarono l’allontanamento dalla Sicilia e il trasferimento al tribunale di Chieti. Tornato in Sicilia in occasione dell’insurrezione palermitana del gennaio 1848, fu eletto membro della Camera dei comuni e a lui fu affidato in quella sede l’incarico di leggere il decreto che dichiarava decaduta la dinastia dei Borbone. Tornato sul trono Ferdinando II, D’Ondes si rifugiò prima a Malta e poi a Torino. In questa città, diventata un punto di riferimento culturale e politico per molti esiliati italiani, D’Ondes maturò la sua adesione al regime monarchico e al moderatismo, influenzato dalla politica di Cavour. Nel 1854 vinse la cattedra di Diritto costituzionale pubblico e internazionale all’università di Genova dove insegnò per dodici anni, fino al 1866. Eletto deputato al Parlamento per l’VIII legislatura (1861), inaugurava un decennio di attività parlamentare che si doveva concludere nel 1870. Contrario alla politica accentratrice del nuovo Stato unitario, in Parlamento si impegnò in difesa delle autonomie locali e del decentramento amministrativo. Altrettanto decisa fu in lui la difesa degli interessi della Chiesa cattolica contro la legislazione ecclesiastica dei governi liberali: in questa linea si posero la sua opposizione alla proclamazione di Roma capitale d’Italia (marzo 1861) e la condanna della legge sul matrimonio civile (febbraio 1865). Il 9 novembre 1870, dopo l’ingresso delle truppe italiane a Roma e l’annessione dello Stato pontificio al Regno d’Italia, diede le sue dimissioni da deputato, rimanendo sempre, negli anni a seguire, un rigido difensore dell’intransigenza cattolica e del non expedit.