FAZIO-ALLMAYER, Vito
Nacque a Palermo il 21 nov. 1885 da Giuseppe Emanuele Fazio (originario di Alcamo, già ufficiale garibaldino, conservatore del Museo nazionale di Palermo) e da Felicina Allmayer, di Sarzana ma di origine tedesca.
Scrittore precoce, i suoi primi interessi furono rivolti alla storia dell'arte; pubblicò una serie di articoli e saggi tra il 1905 e il 1908, soprattutto su La Sicile illustrée e Rassegna d'arte, e un libro, La Pinacoteca del Museo di Palermo. Notizie dei pittori palermitani, Palermo 1908. Anche in seguito la riflessione sui problemi dell'estetica sarebbe rimasta una costante del suo pensiero (Opere, XX).
Si laureò in giurisprudenza nel 1908 con una tesi di storia del diritto, ma, appassionato di filosofia e ritenendosi inadatto alla carriera forense, intraprese l'anno stesso gli studi filosofici presso l'università di Palermo e prese a frequentare la Biblioteca filosofica, diretta da G. Amato Pojero, e il vivace ambiente culturale che vi ruotava intorno, tra gli altri A. Omodeo, G. De Ruggiero e, soprattutto, G. Gentile. Da un lato il declino del positivismo e l'ormai robusto innesto del neoidealismo crociano e gentiliano nella cultura italiana - con gli echi da questo vivificati della tradizione filosofica italiana (Galilei, Vico, De Sanctis, Spaventa, ecc.) e la marcata ripresa del confronto con la filosofia classica specie tedesca (non più Marx quanto Hegel e, soprattutto per Gentile, Kant e Fichte) -, dall'altro la personalità del Gentile, conosciuto nel 1908, con il. quale il F. strinse presto una fervida amicizia e un serrato sodalizio, spinsero il giovane intellettuale sulla china di un diretto engagement filosofico sul versante dell'attualismo, che in particolare modo sembrava contenere l'impulso per un grande rinnovamento culturale, civile e morale.
"Gli dèi non se ne vanno - scriveva nel 1914 -. Questo non è il crepuscolo del tramOnto, ma quello di un'aurora dove il sole del tramonto rinasce. L'idealista etico sente Dio in sé e nella sua azione. Non lo adora prostrandosi e contemplandolo perché allora lo perderebbe; ma lo adora agendo, creando nel mondo; non dispera ma opera; non spera perché lavora a creare le condizioni in cui il Bene si realizzerà" (Opere, IV, p. 326).
Tra i primi discepoli palermitani del Gentile - insieme con G. Lombardo Radice, G. Saitta, A. Carlini -, il F. si laureò in filosofia nel luglio 1910. Professore presso il liceo di Matera (1910) e poi di Girgenti (1911), vinse nel 1911 una borsa di studio per perfezionamento presso l'università di Roma e nel 1914 passò al liceo "Umberto I" di Palermo, iniziando in quegli anni la ricca e multiforme produzione saggistica che l'avrebbe portato rapidamente ad una certa notorietà nel panorama filosofico italiano. I primi e già robusti scritti filosofici (Galileo Galilei, Palermo 1912, poi in Opere, X, pp. 51-209; La formazione del problema kantiano, in Ann. d. Bibl. filosofica di Palermo, 1912, fasc. I, pp. 43-89, poi in Opere, IV, pp. 191-235) furono rivolti all'indagine del problema gnoseologico, letto alla luce dell'insegnamento gentiliano.
Nei primi scritti storiografici (ma è una caratteristica destinata a perdurare nella produzione del F.) la trattazione delle argomentazioni dei filosofi, più che per un percorso esegetico-filologico, passa attraverso una ricostruzione con fini "erninentemente teorici" (Guzzo, p. 498), venendo a costituire un dialogo tra l'approdo attualistico - l'idealismo assoluto assunto come necessaria conclusione di tutta una tradizione di ricerca, rispetto al quale i pensatori anteriori vengono presi in considerazione quali presaghi o più o meno consapevoli precursori - e alcuni topoi del pensiero moderno. Il primo rilevante contributo teorico fu dunque Materia e sensazione (Palermo 1913, poi in Opere, II), saggio nel quale la riduzione attualistico-fichtiana di materia (e di pensiero) a sensazione (e, in effetti, l'identificazione di pensiero e sensazione) introduceva la proposta di assorbimento dell'empirismo (depurato dal fenomenismo e dalla teoria della soggettività delle emozioni) nell'ambito del sistema concettuale dell'idealismo assoluto.
Al di là della linearità e del rigore della proposta filosofica (Luporini; Garin, p. 52), la traiettoria sulla quale si muove il giovane F. indica già un'apertura speculativa - egli avrebbe sempre riconosciuto le esigenze emergenti da punti di vista diversi e lontani dal suo - che aveva un rilevante riscontro sul piano esistenziale e umano: la disponibilità verso l'altro da sé come benevola apertura alla vita comportava la propensione a considerare la soggettività attualistica un punto d'inizio della ricerca e non un sistema in sé concluso. Avrebbe scritto ancora nel 1953: "Attualismo non è un certo compiuto sistema che un giorno fu scoperto da Giovanni Gentile, ma è un'apertura di pensiero verso la vita e l'avvenire che vuole che le soluzioni siano sempre posizione di condizioni perché si possa vivere pensanti sempre di più" (Opere, VI, p. 221). Non casualmente dunque Materia e sensazione segna anche il passaggio della riflessione del filosofo da un'ottica prevalentemente gnoscologica ad un orizzonte essenzialmente etico.
Propugnatore (insieme con Gentile e De Ruggiero) di quell'attualismo che "aveva tutta la seduzione romantica e tutta la fiducia ottimistica a trarre a sé... i migliori dei giovani scontenti, quelli che non si muovevano verso D'Annunzio o Marinetti" (Garin, p. 307), nel 1914-15 fu aperto sostenitore, anche con conferenze, delle ragioni dell'intervento. Riformato per miopia, durante il conflitto fu assegnato a servizi sedentari.
Libero docente in storia della filosofia a Roma nel 1918 e autorizzato a trasferirsi a Palermo nel 1919, allorché fu consumata la rottura fra crociani e gentiliani, il F. fu condirettore del Giornale critico della filosofia italiana, la rivista fondata da Gentile nel 1920 e dallo stesso diretta (ma che il F. diresse di fatto da quando Gentile, nel 1922, divenne ministro). Nel 1921-22 ebbe un incarico presso l'università di Palermo (tenne un corso sulla filosofia greca e lo stoicismo) e nel 1922-24 presso quella di Roma (storia della filosofia, con corsi su Bacone e sui sofisti e Platone), supplente del Gentile. Contemporaneamente fu incaricato di pedagogia al magistero di Roma. Gentile nel 1924 lo volle collaboratore della riforma scolastica e, con l'incarico di ispettore centrale degli istituti medi di istruzione del ministero della Pubblica Istruzione, gli affidò la redazione dei programmi della scuola media. Nel gennaio del 1925 fu nominato professore non stabile di storia della filosofia medievale e moderna, dalla quale nel novembre del 1929 passò alla cattedra di filosofia teoretica in sostituzione di Pantaleo Carabellese. Nel 1939 divenne preside della facoltà di lettere.
In quegli anni tenne un corso di lezioni sulla storia della logica "dagli Eleati ai nostri giorni, esaminando - scriveva il F. - in ispecie l'influsso che il riconoscimento della natura scientifica della storia ha esercitato sullo sviluppo del problema logico" (Roma, Archivio centrale dello Stato, Min. Pubbl. Istruz., Dir. gen. istruz. Sup., prof. univ., III vers., b. 161, fasc. Fazio-Allmayer). Fu inoltre dal 1925 al 1931 commissario per l'amministrazione straordinaria della sezione arti decorative annessa alla Scuola artistica e industriale di Palermo e, dal 1931, commissario governativo per l'Accademia di belle arti.
Tra gli scritti di questi anni, La teoria della libertà nella filosofia di Hegel (Messina 1920, poi in Opere, XIV), Saggio su Francesco Bacone (Palermo 1928, poi in Opere, XI), la pubblicazione dei corsi accademici, le voci filosofiche dell'Enciclopedia Italiana. Ma fu con una celebre comunicazione del 1931 Ilproblema morale come problema della costituzione del soggetto (Firenze 1942, poi in Opere, IV, pp. 952), che iniziò decisamente a definirsi quell'orizzonte etico, approdo delle prime opere, che avrebbe costituito il leitmotiv della ricerca successiva. Inteso il soggetto assoluto quale suprema attività, perennemente destinata a superare e trascendere il proprio prodotto e la propria finitezza, il problema della costituzione del soggetto si presentava come problema della relazione tra i soggetti empirici, nei quali veniva riconosciuta la verità e l'immediatezza del soggetto assoluto. Entrava così, di fatto, la storia nella riflessione del F., e risorgeva sotto nuove forme un positivo dialogo con Marx e il materialismo storico, che sarebbe continuato fino all'ultimo (cfr. Massolo, 1957). E non casualmente, pur essendo unanimemente riconosciuta tra i gentiliani l'esigenza della critica a B. Croce, ben diverso "dalle facili e provocanti critiche dei giovani della scuola romana del Gentile" (U. Spirito, L. e A. Volpicelli) fu l'atteggiamento del F. e dei gentiliani di Palermo, che ebbero "sempre presente la collaborazione dei due pensatori e il succo vitale che da tale armonia, sia pure di contrasti, aveva tratto la cultura italiana" (Belfagor, VIII [1953], p. 265, poi in Opere, V, pp. 192 s.).
Nelle parole di Bruna Fazio-Allmayer, la quale è fra coloro che tendono a sottolineare la sostanziale autonomia della ricerca del F. dalla metafisica gentiliana, fino a considerarla ormai "sciolta da premesse attualistiche" (1968, p. 37), "il Fazio-Allmayer giunge a giustificare l'esperienza storica come vita concreta, in cui le molteplici e diverse forme confluiscono in un rapporto intersoggettivo, sintesi etico-estetica, nella specificità di ciascuna" (p. 35). Del resto, anche B. Croce, fin dal 1922, in un articolo che recensiva il saggio Contributo alla teoria della storia dell'arte (poi in Opere, IV, pp. 103-113), metteva in dubbio che a proposito del F. si potesse parlare ancora di idealismo attuale (ora in B. Croce, Conversazioni critiche. Serie terza, Bari 1951, pp. 119- 122).
Caduto il fascismo, il F. fu epurato e sospeso dall'insegnamento con ordinanza dell'Autorità Militare Alleata del 1º nov. 1943. Reintegrato nell'insegnamento subito dopo la guerra, si trasferì nel 1951 alla cattedra di storia della filosofia dell'università di Pisa e nel 1954 divenne direttore dell'istituto di filosofia.
Nel secondo dopoguerra - in un "momento di rude iconoclastia dell'idealismo, soprattutto dell'attualismo, su cui si faceva pesare particolarmente la responsabilità della sua connivenza col fascismo", ovvero inteso "come filosofia meramente contemplativa e conservatrice e, in quanto tale, da respingersi come una visione oziosamente metafisica" (Negri) - la posizione del F. fu di aperta e non formale difesa dell'attualismo e di coerente sviluppo del proprio pensiero. Dopo un periodo esistenzialmente travagliato, del quale si possono cogliere gli echi nel suggestivo Commento a Pinocchio (Firenze 1945, poi in Opere, XIX), negli anni Cinquanta il F. riprese la molteplice attività di saggista e critico, oltre che di docente: la collaborazione al Giornale critico della filosofia italiana, a Belfagor, a IlPensiero di G. E. Bariè, suo fraterno amico; i saggi di pedagogia e di estetica. Preparava intanto, attraverso scritti quali Natura e storia (dispensa univ. ciclostilata, 1949-50, poi in Opere, VIII, pp. 147-204) 0 il rilevante volume Moralità dell'arte (Firenze 1953) - in cui il carattere etico dell'arte viene colto nella funzione di singolarizzazione nella quale riconosciamo (d'umanità concreta degli altri, cioè l'uomo realizzatosi in quella forma speciale che è rappresentata dall'altro essere, che è essere spirituale proprio perché singolarizzato" (Opere, V, pp. 51 s.) -, l'approdo definitivo della sua elaborazione. esposto in un volume dall'impegnativo titolo Il significato della vita (Firenze 1955).
Al centro di quest'opera è il tema della conipossibilità dei soggetti che appartengono all'attività universale. "La mia azione, come la mia parola, si fa altro da me negli altri che vi collaborano e che l'intendono, ma così trasformata non è perciò alienata. Io posso sempre riassorbirla in me e farne principio del mio nuovo farsi che seguirà il medesimo processo. Ciascuno di noi si fa compossibile agli altri per virtù della sintesi che ciascuno degli altri farà del mio agire-esprimermi, rendendo a me possibile il rifarmi di questo rifacimento, rendendomi ancora compossibile agli altri. Al vecchio concetto della possibilità, bisogna sostituire questa circolazione dei soggetti l'uno nell'altro che costituisce quella universalità del soggetto che, lungi dal divorare ed annullare l'individualità dei singoli, la fonda" (Opere, VI, pp. 55 s .).
"La filosofia era per lui - ha scritto Luporini -, classicamente, universalità del sapere in cui ogni singolo deve potersi riconoscere; universale discorso umano, o concetto, che ha il compito di rendere il reale nel suo movimento, nei suoi contrasti e nella sua varietà sempre più pensabile per l'uomo".
Già colpito da infarto (1955), e fuori ruolo dal 1956, il F. morì a Firenze il 14 apr. 1958.
Aveva sposato nel 1915Concettina Carta, dalla quale ebbe tre figli. Vedovo, sposò in seconde nozze nel 1953Bruna Boldrini (Firenze, 21 apr. 1908-ivi 22 genn. 1989), che, nota col cognome acquisito, è stata tra i maggiori esegeti del F. e ne ha promosso un'edizione completa delle Opere (I-XXII, Firenze 1969-1991). Tra gli allievi "diretti" del F., Arturo Massolo, Ettore Centineo, Renato Composto, Franco Salvo, Ubaldo Mirabelli e lo storico Salvatore Francesco Romano. Dal 1975è operante a Palermo una fondazione intitolata al suo nome, diretta dal 1989 da Epifania Giambalvo.
Fonti e Bibl.: Una biografia, benché redatta con un taglio particolarissimo, è di B. Fazio-Allmayer, Vita e pensiero di V. F., Firenze 1960; 2 ediz., Palermo 1975, con bibliografia degli scritti del e sul F., alle pp. 205-224, cui rimandiamo. Oltre al fascicolo personale V. Fazio-Allmayer conservato in Roma, presso l'Archivio centrale dello Stato, Min. Pubbl. Istruz., Dir. gen. istruz. sup., prof. univ., III vers., b. 161, ci limitiamo qui a segnalare alcuni dei titoli più significativi: A. Massolo, F. e la logica della compossibilità, in Giornale critico della filosofia italiana, XXXVI (1957), pp. 478-487; C. Luporini, Ricordo di V. F., in Belfagor, XIII (1958), pp. 360 s.; A. Guzzo, V. F. e Guido Rossi, in Filosofia, IX (1958), pp. 494-499; Giornale critico della filosofia italiana, XXXVII (1958), pp. 425-465 (scritti di G. Saitta, A. Massolo, S. Caramella, F. Albeggiani, M. F. Mineo Fazio, B. Fazio-Allmayer Boldrini); A. Santucci, Esistenzialismo e filosofia italiana, Bologna 1959, pp. 169 s.; A. Negri, In ricordo di V. F., in Filosofia, XIII (1962), pp. 527-530; E. Garin, Cronache di filosofia italiana..., I-II, Bari 1966, ad Indicem; B. Fazio-Allmayer, Esistenza e realtà nella fenomenologia di V. F., Bologna 1968; L. Sichirollo, Filosofia e storia nella più recente evoluzione di F., in Per una storiografia filosofica, II, Urbino 1970, pp. 461-484; E. Giambalvo, La metafisica come esigenza in Bergson e l'esigenza della metafisica in V. F., Palermo 1972; Atti del 1º Congresso nazionale di filosofia "V. F., oggi", Palermo 1975. In particolare sull'estetica del F. vedi Atti del Convegno nazionale su l'estetica come ricerca e l'impegno dell'artista nel suo mondo, Palermo 1984 (soprattutto gli interventi di L. Lugarini, U. Mirabelli, L. Russo).