GHILIANI, Vittore
Nacque a Pinerolo il 14 maggio 1812, da Filippo e da Teresa Chiaberti. Fin da fanciullo manifestò una precisa vocazione di naturalista dedicandosi alla raccolta di fiori, insetti e pietre, nella zona del fiume Chisone. Per compiere i suoi studi entrò dodicenne nel collegio Beauvert di Losanna, ove, secondo l'ordinamento scolastico vigente nella Confederazione, era impartito anche un insegnamento di scienze naturali, che implicava conoscenze pratiche di sistematica, acquisite sul campo e dunque legate sempre a nozioni ecologiche.
Rientrato a Torino, il G., costretto dal padre a intraprendere una carriera nel commercio, si impiegò presso un fabbricante di stoffe che ne utilizzò la notevole abilità di disegnatore. Ben presto tuttavia il G. riuscì a chiudere quell'attività non gradita e a farsi assumere, nel 1836, dallo zoologo G. Gené presso il Museo zoologico di Torino, per un lavoro di conservatore delle collezioni animali.
Quando il Gené ebbe l'incarico dal re Carlo Alberto di condurre una esplorazione naturalistica della Sardegna, nel 1837 si fece accompagnare, oltreché dal botanico G. De Notaris, anche dal G., che dedicò il suo tempo a osservare, raccogliere e disegnare animali. Negli anni dal 1838 al 1842 il G. condusse esplorazioni naturalistiche anche in Sicilia e in Spagna, mentre poi, nel 1846, ebbe la grande occasione di imbarcarsi su una nave mercantile a vela, diretta in Sudamerica, di proprietà dell'armatore e appassionato di entomologia G. Mussino. Fu un viaggio di grande interesse perché poté ampliare le sue conoscenze sistematiche e confrontare i reperti faunistici di quei luoghi, in particolare delle terre brasiliane, con quelli che gli erano noti.
Rientrato a Torino, riprese il suo lavoro presso il museo, da cui non si separò fino alla morte, che avvenne nel capoluogo piemontese il 27 maggio 1878.
Socio di molte accademie italiane e straniere, fu anche uno dei fondatori della Società entomologica italiana, di cui fu consigliere fin dall'inizio e in seguito vicepresidente.
L'opera che consegna il G. alla storia della zoologia ottocentesca italiana si realizzò lungo due itinerari: quello della ricerca sistematica, illustrato da note e memorie, peraltro non numerose, e quello di organizzatore, preparatore e conservatore del Museo, che lascia testimonianza di sé nel ricordo dei suoi contemporanei e nella fisionomia di uno dei musei naturalistici più importanti d'Italia.
Il Museo era nato nel 1739 per volontà dell'anatomico G.B. Bianchi, ma prese aspetto scientifico dal 1811, con la direzione di F.A. Bonelli, cui succedette il Gené, con il quale appunto iniziò l'impegno del Ghiliani. Questi mantenne l'incarico, con mansioni di particolare responsabilità durante la direzione di F. De Filippi, spesso assente per le esplorazioni intorno al mondo, e quella di M. Lessona, scienziato dagli orientamenti moderni e innovativi, che potenziò notevolmente il Museo.
Il G. si dedicò in particolare alla sistemazione delle collezioni entomologiche che comprendevano fra l'altro quella dei Dermatteri di F.A. Bonelli, dei Coleotteri di F. Arborio di Gattinara marchese di Breme, arricchita a suo tempo di una parte della classica raccolta del conte P.F. de Dejéan, dei Coleotteri di F. Baudi di Selve e dei Lepidotteri di L. Bellardi; erano circa duecentomila esemplari da conservare. Al G. facevano riferimento gli entomologi di tutto il mondo.
La conoscenza approfondita e critica del G. della distribuzione floristica e faunistica di alcune regioni, in particolare del Piemonte, poco appare dallo scarso numero delle sue pubblicazioni, cui concedeva tempo e forze limitati dall'impegno prodigato nel museo: lo ricorda il Lessona, che annota anche le fini osservazioni del suo assistente sulla variabilità specifica, coincidenti con quelle che C. Darwin poneva alla base della sua teoria, pubblicata alcuni anni più tardi.
Il G. iniziò con un catalogo degli Insetti di Sicilia, pressoché unico per quest'isola, che l'Accademia Gioenia pubblicò nei suoi Atti (1842 [XIX], pp. 20-48) e un Mémoire sur la station de quelques Coléoptères dans les différentes régions du Piémont (in Annales de la Société entomologique de France, s. 2, V [1847], pp. 83-155), ove elenca le specie di Coleotteri italiani, riferendo contemporaneamente sui caratteri generali della fauna entomologica del Piemonte.
Il progetto giovanile del G. era la ricognizione di una fauna entomologica italiana, di particolare interesse per il grandissimo numero di specie presenti su un territorio molto vario per climi e per suoli; il progetto fu in seguito ristretto a quello di una revisione entomologica degli Stati sardi, alla quale aveva dedicato due stagioni estive di ricerca sul campo. Ma alla fine il G. si limitò a un lavoro sulle specie di Lepidotteri, rinvenute, sia da lui stesso, sia da altri collezionisti e amatori che a lui facevano invii, nei territori degli Stati sardi, cioè Piemonte, Sardegna, Liguria e Nizza (Materiali per servire alla compilazione della fauna entomologica italiana, ossia Elenco delle specie di Lepidotteri riconosciute esistenti negli Stati sardi, in Memorie della R. Acc. delle scienze di Torino, s. 2, XIV [1850], pp. 131-147). Arricchisce il repertorio, che accanto al nome specifico segnala la frequenza e la località di rinvenimento, con note generali sull'influenza che la struttura geografica e geologica, la temperatura e i venti, possono avere nel determinare forma, fisiologia e costumi degli Insetti, in particolare dei Lepidotteri, organismi deboli e delicati. Registra la variazione di numero, colore, dimensioni degli individui, ponendo interessanti quesiti sulle presenze anomale di specie, che sono forse residue di faune, ma anche di flore, un tempo diversamente distribuite e dunque testimoni di profonde trasformazioni geologiche e geografiche avvenute in tempi remoti. Non mancano gli accenni alle possibili cause della minore frequenza nei vari luoghi e le note, ricche e circostanziate, sui comportamenti riproduttivi e difensivi degli Insetti descritti. Consigli sul modo di combattere i bruchi nocivi di certe specie di farfalle si accennano in questo scritto e possono essere considerati l'apertura su un altro interesse, quello dell'entomologia applicata all'agricoltura.
Con Alcuni cenni sugli uccelli insettivori e sugli insetti parassiti (in Annali della R. Acc. di agricoltura di Torino, XIV [1871], pp. 85-100) e Insetti nocivi e legge dello sbrucolamento (ibid., XVI [1873], pp. 3-14) il G. cerca di dimostrare come il divieto di caccia agli Uccelli insettivori, che si voleva introdurre per legge al fine di consentire la distruzione degli Insetti dannosi alle colture, non possa raggiungere il suo risultato.
Il G. osserva infatti che le monoculture anche se favoriscono l'aumento degli individui di una determinata specie, abbattono d'altra parte il numero delle specie, e sostiene un concetto ecologico fondamentale riconosciuto allora da pochi scienziati italiani, tra i quali primo fu l'entomologo C. Rondani: il concetto di equilibrio tra le specie, legate fra loro in natura dai comportamenti alimentari e predatori, e avverte che il rapporto numerico tra le popolazioni dei nemici degli Insetti, quali sono, oltre agli Uccelli, anche i Pipistrelli, i Rettili e gli stessi Insetti entomofagi, e degli Insetti dannosi all'agricoltura, si ripristina ogni volta che si agisce per alterarlo; scendendo a elencare situazioni particolari di etologia, di anatomia e fisiologia di Uccelli, Insetti e dei loro parassiti, il G. conclude che il rimedio proposto dalla legge non avrebbe potuto essere valido, mentre suggerisce di favorire la naturale competizione interspecifica, quella che oggi chiamiamo la lotta biologica.
Il concetto di alternanza e di equilibrio di popolazioni specifiche in natura, è ripreso dal G. in un lavoro scritto in occasione di una legge cosiddetta dello "sbrucolamento", un procedimento imposto agli agricoltori per salvare alcune colture, e che, sui tempi lunghi, a suo parere, avrebbe dimostrato la sua inefficacia.
In un successivo lavoro, La Doryphora decemlineata (ibid., XVIII [1875], pp. 71-75), il G. espone una ricerca da lui condotta sulla biologia e le esigenze ambientali di questo coleottero, parassita di certe Solanacee, del quale si temeva l'introduzione in Italia dagli Stati Uniti, e che, invece, secondo il G. non avrebbe potuto diffondersi proprio per le caratteristiche biologiche da lui rilevate.
Originalità di osservazione e acume nell'interpretazione dei fatti osservati, rendono il contributo scientifico del G. altrettanto, se non più, pregevole di quello recato all'organizzazione del museo.
Opere (oltre quelle citate): Sur les Acariens trouvés au Para et sur les moeurs du Brachinus complanatus, in Annales de la Société entomologique de France, s. 2, V (1847), pp. XXXVI-XXXIX; Sugli insetti dannosi all'agricoltura, in Annali della R. Acc. di agricoltura di Torino, XIV (1871), pp. 39-51; Ancora degli uccelli insettivori e degli insetti parassiti, ibid., XVI (1873), pp. 233-241.
Fonti e Bibl.: J.V. Carus, V. G., in Zoologischer Anzeiger, I (1878), p. 396; H. Goss, V. G., in Entomologist's Monthly Magazine, XXV (1878-79), p. 167; M. Lessona, Naturalisti italiani, Roma 1884, pp. 139-158; W. Horn - S. Schenkling, V. G., in Index litteraturae entomologicae, s. 1, I (1928), pp. 418 s.; G. Montalenti, V. G., in Enc. Italiana, XVI, Roma 1932, p. 916; W. Horn - J. Kahle, Über die entomologische Sammlungen…, Berlin-Dahlem 1935, I, p. 89; III, ibid. 1937, p. 343; W. Derksen - H. Scheiding, V. G., in Index literaturae entomologicae…, II, Berlin 1965, p. 140.