VITTORIA
Città-accampamento situata tra Parma e Fidenza e costruita nel 1247 da Federico II durante l'assedio di Parma (v.), per trascorrervi i mesi invernali nell'attesa della capitolazione della città: nelle intenzioni dello Svevo, una volta rasa al suolo Parma, i suoi abitanti avrebbero dovuto confluire a Vittoria, il cui nome evocativo adombrava il destino di futura capitale imperiale. Nel febbraio del 1248, però, le forze guelfe e parmensi, guidate dal legato papale Gregorio da Montelongo (v.), conquistarono e distrussero il campo imperiale.
La sua costruzione iniziò nell'estate del 1247 e, secondo le fonti, venne pianificata dagli astrologi e iniziata sotto la costellazione di Marte, dio della guerra, come auspicio di vittoria. Tuttavia gli scienziati trascurarono di osservare quanto fosse vicino l'influsso del Cancro, cui poi sarebbe stata attribuita la responsabilità della distruzione dell'abitato: "civitas, sub tali ascendente incepta, cancrizare debebat". Ciò compromise l'intera azione politica di Federico, poiché, secondo le parole di Rolandino da Padova, "ab hac die in antea retrocessit eius victoria more cancri" (Morpurgo, 1995, pp. 174-175).
In quanto centro operativo dell'imperatore, Vittoria era stata prescelta come luogo di deposito dei fondi liquidi, del tesoro (v.), compresa la corona, delle vesti imperiali, delle armi, delle salmerie, delle vettovaglie e della biblioteca imperiale. Al momento della sua caduta era ancora in costruzione, una città in fieri, ben più simile a un accampamento che a una struttura urbana, ma la sua perdita ebbe pesanti conseguenze dal punto di vista politico e simbolico.
In aiuto di Parma assediata erano accorsi i veronesi e i piacentini, mentre da Milano era giunto Gregorio da Montelongo, legato papale in Lombardia dal 1238 e capo carismatico della reazione antisveva. Montelongo, abilissimo stratega, inviato da papa Gregorio IX per organizzare le forze filopapali nell'Italia lombarda, sostenne la città nei lunghi mesi dell'assedio e rivestì un ruolo di primo piano anche nello scontro risolutivo. Si trattò di un'operazione vasta e complessa, svoltasi su un fronte lungo una ventina di chilometri dal Po a Parma e scandita da scontri plurimi e fulminei fra le truppe di Enzo di Svevia e le milizie parmensi e milanesi. La velocità, la capacità di coordinamento e la rapidità dell'azione, incentrata sulla cavalleria, determinarono l'esito della battaglia, espressione di un disegno che superava le logiche rigide del municipalismo e che in Gregorio da Montelongo trovava il suo principale sostenitore.
Un insieme di fattori, quali il coordinamento politico e il consenso fra le forze eminenti dell'area padana, sostenute dalla diplomazia pontificia, scaturirono in un'azione militare ben concertata, non più basata sulla semplice pratica o vincolata a consuetudini locali e a bisogni extramilitari: ciò costituisce, come ha notato Roberto Greci, un'importante novità dal punto di vista della pratica militare che rende viepiù significativa la battaglia di Vittoria.
Come racconta Salimbene de Adam, il 18 febbraio 1248 Federico era lontano dal campo, impegnato in una battuta di caccia col falco, quando un gruppo di parmensi trascinò il grosso dell'esercito imperiale lontano dalla città con una falsa sortita. Nel frattempo, il resto delle truppe parmensi ‒ cui si erano uniti anche donne, fanciulli, giovani, vecchi ‒ attaccò Vittoria, avendo ragione con relativa facilità dei difensori rimasti. La città-accampamento fu ridotta in macerie e il tesoro imperiale ‒ vasellame d'oro e d'argento, pietre preziose, perle, gioielli e indumenti di seta ‒ fu depredato. La corona fu rinvenuta fra le rovine dal popolano "Curtuspassus", venduta ai parmensi per 200 lire imperiali e portata nella cattedrale cittadina. Taddeo da Sessa, insigne giurista e stretto collaboratore di Federico, venne catturato, mutilato delle mani e condotto in carcere a Parma. I vincitori s'impadronirono anche del carroccio dei cremonesi, e Vittoria rimase, secondo le parole di Salimbene de Adam, "civitas que fuit et non est".
Federico, seppur duramente colpito dal punto di vista militare e politico, neutralizzò in parte le conseguenze della disfatta inviando le milizie imperiali verso il passo della Cisa, per garantirsi un libero transito in direzione della Toscana e di Roma. Bernardo Orlando Rossi (v.), già responsabile di una congiura ordita contro l'imperatore e fra i capi dei fuorusciti parmensi, venne catturato e ucciso dalle forze imperiali.
Se la sconfitta subita non rappresentò il colpo di grazia per la pars imperii, tuttavia rese l'imperatore ancor più consapevole della necessità di risolvere una volta per tutte la situazione della Lombardia, senza contare che ebbe ripercussioni anche dal punto di vista economico: per rifarsi delle perdite subite, infatti, egli si vide costretto a imporre una tassa di guerra straordinaria in Sicilia, dove il malcontento per il carico fiscale costituiva da tempo uno dei problemi maggiori per il governo imperiale.
La distruzione di Vittoria, inoltre, ebbe un'importante valenza simbolica e scosse significativamente il prestigio di Federico, andando a incidere in maniera forte sulla sua immagine, sui modi della sua percezione nella sensibilità collettiva, sulle interdizioni culturali e sui condizionamenti di ordine etico-politico che ne accompagnavano la persona e il ruolo (Ortalli, 1994, p. 262).
Fonti e Bibl.: Historia diplomatica Friderici secundi, VI, 2, pp. 591-592; Carmina triumphalia de Victoria urbe eversa, a cura di Ph. Jaffé, in M.G.H., Scriptores, XVIII, 1863, pp. 792-799; Rolandino da Padova, Chronica, a cura di Ph. Jaffé, ibid., XIX, 1866, pp. 85-86; Acta Imperii inedita, II, nr. 1037, pp. 709-721; Chronicon Parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII, in R.I.S.2, IX, 9, a cura di G. Bonazzi, 1902-1904, pp. 16-19; Salimbene de Adam, Chronica, a cura di G. Scalia, Bari 1966, pp. 281, 283-285, 288, 292, 294-296, 302-306, 347, 465, 487, 499, 500, 515, 537, 561, 563, 739; Id., Cronica, I, a. 1168-1249, a cura di G. Scalia, Turnhoult 1998 (Corpus Christianorum Continuatio Mediaevalis, CXXV), pp. 307-311. F. Bernini, Per il sesto centenario del 18 febbraio 1248. Il canto della vittoria dei Parmegiani su Federico II, "Aurea Parma", 32, 1948, pp. 55-67; E. Horst, Federico II, Milano 1981, pp. 305-307; E. Kantorowicz, Federico II, imperatore, Milano 19883, pp. 656-660; D. Abulafia, Federico II. Un imperatore medievale, Torino 1993, pp. 331-337; G. Ortalli, Federico II e la cronachistica cittadina: dalla coscienza al mito, in Federico II e le città italiane, a cura di P. Toubert-A. Paravicini Bagliani, Palermo 1994, pp. 249-263; R. Greci, Eserciti cittadini e guerra nell'età di Federico II, ibid., pp. 344-363; L. Gatto, Federico II nella Cronaca di Salimbene de Adam, in Federico II e le nuove culture. Atti del XXXI Convegno storico internazionale, Centro Italiano di Studi sul Basso Medioevo-Accademia Tudertina, Spoleto 1995, pp. 507-538; P. Morpurgo, 'Tuum Studium sit velle regnare diu': la sovranità fondata sulla 'nuova' fiolosofia e sulle 'nuove' traduzioni, ibid., pp. 173-224, in partic. pp. 174-175; C. Fornari, Federico II, un sogno imperiale svanito a Vittoria, Parma 1998; M. Vallerani, Le città lombarde tra impero e papato (1226-1250), in G. Andenna-R. Bordone-F. Somaini-M. Vallerani, Comuni e signorie nell'Italia settentrionale: la Lombardia, Torino 1998 (Storia d'Italia, diretta da G. Galasso, VI), pp. 455-480; A.L. Trombetti Budriesi, Introduzione, in Federico II di Svevia, De arte venandi cum avibus, a cura di Ead., Bari 2000, pp. IX-CXLVII, in partic. XLIV-LXVIII; M.P. Alberzoni, Gregorio da Montelongo, in Dizionario Biografico degli Italiani, LIX, Roma 2002, pp. 268-275, in partic. p. 271; Ead., Le armi del legato: Gregorio da Montelongo nello scontro fra Papato e Impero, in La propaganda politica nel Basso Medioevo. Atti del XXXVIII Convegno storico internazionale, Centro Italiano di Studi sul Basso Medioevo-Accademia Tudertina, Spoleto 2002, pp. 176-239, in partic. pp. 189-190.