VITTORINO da Feltre
Educatore e umanista, nato intorno al 1378 a Feltre da Bruto dei Rambaldoni; morto a Mantova il 2 febbraio 1446. Andato a Padova verso il 1396 per studiarvi, subì l'influenza di P. P. Vergerio il Vecchio, ed ebbe a maestri Giovanni di Conversino da Ravenna e Gasparino Barzizza nelle discipline letterarie, e Iacopo da Forlì e Biagio Pelacane nelle scienze fisiche, matematiche e astronomiche. Negli anni 1415 e 1416 imparò a Venezia alla scuola di Guarino il greco e strinse con lui intima feconda amicizia. Dimessosi nel 1422 dalla cattedra di retorica nell'università di Padova, alla quale era stato chiamato l'anno prima, tornò a Venezia, direttore di una scuola frequentata da giovani patrizî; finché, nel 1423, fondò a Mantova, chiamatovi da Gianfrancesco I Gonzaga, lungi dalle agitazioni della corte, in una villa gonzaghesca, già denominata "zoiosa" e ribattezzata da lui "giocosa", la prima scuola realizzatrice degl'ideali umanistici fusi con lo spirito cristiano; essa anticipa il collegio moderno.
Ai figli e alle figlie del Gonzaga, ai quali in origine la scuola era destinata, si aggiunsero poi Federico da Montefeltro, Giberto da Correggio e via via tanti altri scelti alunni, fino a settanta, italiani e stranieri, appartenenti a classi sociali diverse, anche poveri, ospitati questi per carità. Maestro e padre di tale famiglia, V. la organizzò secondo una disciplina di uguaglianza per tutti, di rispetto per l'individualità di ciascuno, di amorevolezza, di espansione gioiosa, di mutua fiducia, di ordine, in cui il castigo stesso diveniva rarissima eccezione ed era riportato non meno che il premio all'interiorità della coscienza. La giornata trascorreva in un intenso e lieto lavoro, in cui le occupazioni della mente si alternavano con i più eleganti e vigorosi esercizî ginnastici e guerreschi. Il programma degli studî comprendeva il trivio e il quadrivio, ma ravvivati e filtrati dalla nuova cultura letteraria e scientifica che V., buon latinista, valente matematico e conoscitore dei problemi filosofici, portò con ardente entusiasmo nella sua scuola, fondendo nell'unità del fine educativo e dell'indirizzo didattico la varietà dei maestri che collaboravano con lui tra i quali furono, per l'insegnamento del greco, Giorgio da Trebisonda e Teodoro Gaza; e gli studî stessi v'erano avvicendati, perché dalla loro alternanza l'animo traesse il ristoro che il corpo trae dalla diversità delle vivande. Ma uomo profondamente morale e religioso, per diuturna conquista interiore e per rigida coerenza delle opere alla fede, era soprattutto sollecito di formare anime rette e integre, nutrite del timore di Dio e dell'amore del prossimo, e perciò pose il nerbo dell'educazione nel cristianesimo che egli faceva rivivere ai suoi alunni nella sincerità della coscienza attraverso la lettura dei libri sacri, l'obbedienza ai precetti della Chiesa, la partecipazione al culto, la castigatezza della parola, la dignità del costume. Così V. armonizzò sapientemente gli elementi della tradizione classica, le esigenze dell'ascetismo cristiano, e gl'ideali nuovi dell'umanesimo. La sua scuola, che durò ancora vent'anni dopo la sua morte, fu una grande fucina, non tanto di letterati, come quella di Guarino, quanto di uomini saldamente preparati per la vita, qualunque fosse la direzione verso la quale li chiamasse la loro rispettiva natura: capi di stato, come i Gonzaga e i Montefeltro; condottieri, come Giberto da Correggio; prelati, come Sassolo da Prato, Niccolò Perotto, Giov. Andrea Bussi; educatori come Ognibene da Lonigo (Leonicenus); umanisti, come Gregorio Corraro e B. Platina.
Opere: Si riducono al trattatello De ortographia, in un codice dell'università di Padova, descritto e sunteggiato da R. Sabbadini in La scuola e gli studi di Guarino Guarini (Catania 1896), p. 49 segg., e pubblicato da A. Casacci, Un trattatello di V. da F., in Atti del R. Istituto veneto, LXXXVI (1926-1927), p. 911 segg.; e a Cinque lettere, pubbl. da A. Luzio, in Archivio Veneto, n. s., XXXVII (1888), p. 239 segg.; alle quali va aggiunta la lettera a Ottaviano degli Ubaldini, in O. Antognoni, V. da F. e un suo biografo (in Appunti e memorie, Imola 1889, pp. 39-62).
Bibl.: E. Benoist, V. de F. ou de l'éducation en Italie à l'époque de la Renaissance, Parigi 1885; I. Bernardi, VB. da F. e suo metodo educativo, Pinerolo 1856; M. Zaglia, V. da F., Milano s. a.; V. Benetti-Brunelli, Le origini della scuola umanistica, Roma 1919, p. 433 segg.; W. H. Woodward, V. da F., ediz. rimessa a nuovo da R. Sabbadini", traduz. di M. V. Jung, Firenze 1923; G. Saitta, L'educazione dell'Umanesimo in Italia, Venezia 1928, pp. 105-120; R. Sabbadini, V. da F. studente padovano, in Rivista pedagogica, Roma 1929, fasc. 9; G. Vidari, L'educazione in Italia dall'Umanesimo al Risorgimento, ivi 1930, pp. 53-57 e 58-59.