VERONESE, Vittorino
– Nacque a Vicenza il 1° marzo 1910, da Luigi, capo tecnico in un’industria tessile, e da Dirce Muzzolon, insegnante e direttrice didattica.
Nel luglio del 1930 si laureò in giurisprudenza presso l’Università di Padova, con una tesi sul diritto di cittadinanza vaticana, relatore Donato Donati. Per alcuni anni esercitò a Vicenza la professione di avvocato. Nel settembre del 1939 Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, celebrò, nella cappella del Rosario di S. Sabina all’Aventino a Roma, il matrimonio di Veronese con Maria Petrarca, laureata in lettere e militante nell’Azione cattolica (AC). Dal matrimonio nacquero sette figli: Marialaura, Francesca, Paolo, Gianluca, Alberto, Lucia e Pietro.
Sin da giovane Veronese aderì all’AC e alla Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI), manifestando sentimenti antifascisti, in sintonia con il vescovo di Vicenza, Ferdinando Rodolfi. Fu attratto e influenzato, in quegli anni, dal pensiero di Jacques Maritain. Nell’ottobre del 1939 fu nominato segretario generale della Sezione laureati dell’AC e direttore della rivista Studium. Il 12 dicembre 1942 alla Sezione laureati fu affidato il compito di ricostruire l’Istituto cattolico di attività sociali (ICAS), che dal 18 al 23 luglio 1943 organizzò il convegno di Camaldoli da cui provenne il Codice di Camaldoli, contenente le linee per un nuovo assetto economico-sociale del Paese. Veronese, con Sergio Paronetto e Pasquale Saraceno, ne seguì l’elaborazione e la pubblicazione (1945).
Nel dicembre del 1943 Montini invitò Veronese a trasferirsi a Roma, affidandogli la carica di segretario generale dell’ICAS, di cui divenne presidente nel 1946. Si deve a lui l’organizzazione della XIX Settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi a Firenze dal 22 al 28 ottobre 1945 sul tema Costituzione e Costituente, con l’obiettivo di indicare l’orientamento dei cattolici nella costruzione del nuovo Stato democratico. Si dedicò anche alla fondazione delle Associazioni cattoliche dei lavoratori italiani (ACLI), di cui fu vicepresidente dal 1944 al 1946.
Il 12 ottobre 1946 Pio XII nominò Veronese presidente generale dell’AC. Nella nuova carica, seguì costantemente i lavori dell’Assemblea costituente, facendosi portavoce delle sollecitazioni vaticane in merito all’art. 7 e alle norme sulla famiglia, la scuola e la giustizia sociale, mantenendo contatti con esponenti della Democrazia cristiana (DC) quali Alcide De Gasperi, Aldo Moro, Attilio Piccioni, Umberto Tupini e il gruppo di Cronache sociali, al quale si sentiva idealmente vicino.
Nel febbraio del 1948, con la nascita dei Comitati civici fondati da Luigi Gedda, su indicazione di Pio XII, Veronese non apprezzò l’idea di un più diretto intervento dell’AC nelle battaglie politiche. Pur condividendo il sostegno alla DC, giudicava necessario rispettare i confini che segnano i diversi ruoli tra un partito politico e un organismo con compiti formativi ed educativi.
In occasione delle elezioni del 18 aprile 1948 Veronese rinunciò alla candidatura, nonostante le pressioni ricevute. Giudicò il successo della DC come l’avvio di una fase nuova della vita politica italiana per realizzare una democrazia in sintonia con i valori cristiani. Tuttavia, la sua posizione ai vertici dell’AC cominciò a indebolirsi. Pio XII, in diverse occasioni, rimarcò carenze in seno all’AC e l’esigenza di un più incisivo impegno organizzativo. Nel settembre del 1949 il papa decise di affiancare la presidenza di Veronese con una vicepresidenza affidata a Gedda, riservandogli la direzione dell’attività organizzativa e lasciando a Veronese la parte rappresentativa, culturale e internazionale. Scrivendo a Veronese, il 24 settembre, Montini lo invitava a esercitare la «virtù dell’obbedienza», aggiungendo: «Occorrerà molta pazienza e molto coraggio; tu già ne dai egregio esempio, di cui si gioverà e il tuo spirito e l’intera compagine delle nostre file» (Fondo Vittorino Veronese, b. 5, f. 46).
Il 22 gennaio 1952, con la nomina di Gedda a presidente dell’AC, si aprivano per Veronese nuovi scenari e nuovi impegni. Già promotore nel 1946 del Mouvement international des intellectuels di Pax Romana (Friburgo), dal 1952 al 1958 ricoprì la carica di primo segretario generale del Comitato permanente dei congressi internazionali per l’apostolato dei laici.
Sin dal 1948 Veronese aveva partecipato, in qualità di esperto della delegazione italiana, alla terza conferenza generale dell’UNESCO, svoltasi a Beirut. Nel 1952 fu eletto membro dell’Executive board, di cui assunse la vicepresidenza nel 1954, alla Conferenza di Montevideo, e la presidenza nel 1956 alla Conferenza di Nuova Delhi. In quella occasione affrontò il problema della duplice crisi internazionale, relativa al conflitto tra l’Egitto e la coalizione anglo-francese per la questione di Suez e alla repressione sovietica della rivoluzione ungherese. Di fronte alle pressioni sovietiche per condannare l’azione militare anglo-francese, Veronese non mancò di denunciare la «repressione sanguinosa» in Ungheria, affermando che le decisioni su questi avvenimenti dovevano essere prese dall’ONU e non dall’UNESCO (Fornasier, 2011, p. 135).
Il 22 novembre 1958 la Conferenza generale dell’UNESCO elesse Veronese General director, con cinquantacinque voti a favore, venti contrari e quattro astenuti. Sostegno alla sua candidatura venne da parte dei Paesi occidentali, dell’America Latina e del mondo arabo. Ostili i Paesi del blocco sovietico. Veronese, che succedeva all’americano Luther Evans, tenne il suo discorso di insediamento il 5 dicembre a Parigi. Affermò: «Non vi è vita degna dell’uomo senza un ideale, senza una cultura, senza la ricerca del sapere» (Fornasier, 2011, p. 142).
Una delle iniziative più rilevanti promosse da Veronese fu la salvaguardia dei monumenti egizi di Nubia, minacciati dalle acque del Nilo a seguito della costruzione della diga di Assuan. L’8 marzo 1960 lanciò un appello, sottolineando l’angoscia di dover scegliere «tra il bene della popolazione e i capolavori che appartengono non solo al paese ma all’intera umanità» (L’appel lancé le 8 mars 1960 par le Directeur Général de l’Unesco, in Le Courrier de l’Unesco, XIII (1960), pp. 6 s.). L’iniziativa trovò consensi e sostegni sul piano internazionale, realizzando in quattro anni la salvaguardia di un eccezionale patrimonio artistico e culturale.
Veronese seguì con attenzione il processo di decolonizzazione e l’emergere dei nuovi Paesi africani. Intervenendo il 15 maggio 1961 ad Addis Abeba, alla Conferenza africana dei ministri dell’educazione, sottolineò come la lotta all’analfabetismo fosse condizione preliminare per lo sviluppo sociale ed economico dei nuovi Paesi. Nel novembre del 1961 per motivi di salute si dimise dalla carica di direttore generale dell’UNESCO. Lo sostituì il francese René Maheu.
Il 23 novembre 1961 Veronese venne eletto presidente del Banco di Roma, di cui era stato sindaco dal 1945 al 1953 e consigliere dal 1953 al 1957, allorché venne nominato presidente del Consorzio di credito per le opere pubbliche e dell’Istituto di credito per le imprese di pubblica utilità. Come presidente del Banco di Roma stabilì importanti rapporti economici con i governi di numerosi Paesi europei, africani e mediorientali. Si adoperò, tra l’altro, per la ricostruzione di Tuscania dopo il terremoto del 1972. Numerose le sue conferenze su temi culturali, sociali, economici e religiosi. Lasciò la presidenza del Banco di Roma nel maggio del 1976.
Nel novembre del 1963 Paolo VI nominò Veronese uditore laico del Concilio Vaticano II. Intervenne il 3 dicembre 1963 nella II sessione, sottolineando il ruolo dei laici che dovevano farsi divulgatori del messaggio del Concilio, divenendo un ponte a favore del confronto tra la società ecclesiale e la società civile.
Nel 1967, assieme a Vittore Branca, Sergio Cotta, Gabriele De Rosa e Cornelio Fabro, fu tra i firmatari di un appello per un «rinnovamento politico» e «un riesame coraggioso e spregiudicato» della DC. L’iniziativa trovò il suo esito nel convegno svoltosi a Lucca dal 28 al 30 aprile 1967, dove Veronese pronunciò l’intervento conclusivo (I cattolici nei tempi nuovi della cristianità. Atti del Convegno di studi della DC. Lucca..., a cura di G. Rossini, Roma 1967, pp. X, 662-667).
Agli inizi degli anni Settanta, assieme all’ambasciatore italiano presso la S. Sede, Gian Franco Pompei, cercò senza successo di evitare il referendum sul divorzio. Manifestò il suo rammarico al cardinale Sergio Pignedoli il 19 giugno 1974, affermando che la Chiesa veniva di nuovo a trovarsi «dalla parte dei ritardatari e dei perdenti», non avendo dato credito «a chi aveva previsto, predetto e scongiurato quello che poi puntualmente [...] si è verificato» (Fornasier, 2011, p. 204).
Dal 1973 al 1975 fu presidente dell’Istituto italo-africano e nel 1975 venne eletto giudice aggregato della Corte costituzionale.
Ritiratosi a vita privata, trascorse gli ultimi anni nella sua abitazione romana, dove morì il 3 settembre 1986.
Fonti e Bibl.: Le carte di Veronese sono conservate a Roma presso l’Archivio storico dell’Istituto Luigi Sturzo, Fondo Vittorino Veronese (1942-1977). La documentazione sulla presidenza dell’AC è conservata nell’Archivio storico dell’Azione cattolica, Presidenza generale (1922-1969), Serie 6, Presidenza Vittorino Veronese (1946-1952). I discorsi e gli scritti in seno all’UNESCO, in https:// unesdoc.unesco.org/search//bbe16104-233e-4586-b689-d2cb40c19109.
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