RAPOUS, Vittorio Amedeo
RAPOUS (Rapos), Vittorio Amedeo. – Fu battezzato a Torino il 7 luglio 1729 (Monetti - Cifani, 1987, p. 95), secondogenito di Giuseppe Antonio e di Anna Teresa Chiaravelli. La famiglia era originaria di Racconigi, nel Cuneese. Il padre era «garzone di Camera di Sua Maestà», come documenta il testamento del 1735 (Archivio di Stato di Torino, Insinuazione di Torino, anno 1735, libro 8, vol. 2, cc. 921v-922r), ed ebbe altri tre figli: Anna Teresa, Emanuele Filiberto e Michele Antonio; alla sua morte i figli minorenni vennero affidati alla madre (anno 1747, libro 7, vol. 1, cc. 199v-200r); la situazione economica dei Rapous era modesta (anno 1750, libro 11, vol. 2, cc. 293r-294v).
Il cognome ricorre con diverse varianti: Rapos, Raposo, Rapposo, Raposi, Reposo, Rappos. Nelle parcelle autografe si firmò solitamente Raposo, ma negli atti di nascita e di morte è fissato in Rapos (Cifani - Monetti, 2000, p. 52).
Dal 1748 al 1755 Vittorio Amedeo è elencato fra gli allievi della scuola di disegno di Claudio Francesco Beaumont a Torino (Graffione, 2011, p. 68). Già durante il periodo dell’alunnato il maestro gli affidò incarichi. Nel 1751 colorò, con altri, il gruppo ligneo dell’Addolorata scolpito da Giuseppe Maria Clemente per la Ss. Annunziata di Torino (Tamburini, 1968), pp. 172 s.). Secondo Clemente Rovere (1858, 1995, pp. 75 s.) Carlo Emanuele III mandò a studiare a sue spese a Roma e a Venezia «più allievi», fra i quali è segnalato anche Rapous; di questa permanenza non risultano, per ora, altre tracce. Fra il 1751 e il 1754 Rapous lavorò a più riprese per l’arazzeria reale.
Nel 1752 ritrasse un membro della famiglia svizzera Ab Yberg (castello di Schwyz; cfr. Birchler, 1930, p. 562). Nel 1753 eseguì a Fenestrelle, nel Torinese, i ritratti dei fratelli Joseph Alexis e Joseph Nicolas de la Grave («par mr Rappos de Turin», Ginevra, Musée d’art et d’histoire; cfr. Natale, 1979, pp. 107 s.).
Nel 1754 circa dipinse uno dei suoi primi capolavori: la tela di S. Luca (Torino, Accademia Albertina). L’opera, forse da identificare in quella donata dal pittore alla Compagnia di S. Luca di Torino nel 1758 (Graffione, 2011, p. 114), è animata da un colorismo prezioso di marca neoveneta.
Prima del 1760 fu realizzata la stupenda Annunciazione per la chiesa della Ss. Annunziata di Torino, ora al Museo diocesano (Cifani - Monetti, 2011, pp. 86 s.).
La tela, di luminosa bellezza, è una rilettura attenta della lezione beaumontiana e, al contempo, un superamento di quella attraverso un’algida e particolare definizione della luce rosata e dorata che la pervade, con influssi dalle opere sacre di François Boucher (1703-1770) e di Jean Restout (1692-1768).
A partire dal 1760 l’attività di Rapous divenne molto intensa; alle pale sacre disseminate in tutto il Piemonte (Damiano, 2008, pp. 342 s.) si affiancarono importanti commissioni reali. I lavori maggiori per la corte sabauda furono quelli alla palazzina di Stupinigi fra il 1765 e il 1768 (Mallè, 1968, p. 487). Nel 1768 lavorò a Torino nel Palazzo Reale e a Stupinigi dipinse per la cappella la squisita pala della Visione di s. Uberto, tra i suoi maggiori capolavori (Baudi di Vesme, 1968, pp. 896 s.), nella quale appare già evidente un singolare gusto pretroubador (Astrua - di Macco, 1980, I, p. 81).
Prima del 1769 Vittorio Amedeo sposò Teresa Re (o anche Regil, Revil), da cui avrebbe avuto tre figlie: Teresa, Elisabetta e Luisa (Cifani - Monetti, 2000, p. 52).
Fra il 1760 e il 1780 si colloca anche gran parte di un caratteristico filone pittorico di Rapous: quello dei quadri raffiguranti putti scherzosi stilisticamente legati alle coeve opere di Carlo van Loo, Boucher, Charles Joseph Natoire, conosciute a Torino tramite le stampe (Cifani - Monetti, 2003, pp. 220 s.). Serie di questi putti furono realizzate per Stupinigi, per il Palazzo Reale di Torino, per altre residenze sabaude e per palazzi e collezionisti privati (Cifani - Monetti, 2012, pp. 38 s.).
I putti sono assimilati, come in Francia, ad allegorie: i bambini, seminudi, sono intenti a giochi innocenti ma velatamente allusivi a quelli dell’amore; furono lodati anche da Ignazio Nepote: «Grazioso nelli Bamboli / Fra lor qualora scherzano» (1770, p. 65).
L’attività artistica di Rapous continuò intensa negli anni Settanta-Ottanta. Lavorò su commissione del cardinale delle Lanze per l’abbazia di Fruttuaria di San Benigno Canavese (Astrua - di Macco, 1980, I, pp. 159-163). A poco prima del 1776 si datano due eleganti tele per il santuario della Consolata di Torino (Bartoli, 1776, p. 12). Nello stesso 1776 Rapous dipinse una Predica di s. Vincenzo de’ Paoli (Chieri, S. Maria della Pace) di impianto molto moderno e già neoclassico (Martinetti, 2013-2014, p. 8). Nel 1778 divenne professore di pittura nella Reale Accademia di Torino (Baudi di Vesme, 1968, p. 896). Del 1780 è la prestigiosa commissione di Vittorio Amedeo III per una pala d’altare per la chiesa di S. Pelagia a Torino (Astrua - di Macco, 1980, I, p. 81): il quadro, raffigurante Il beato Amedeo di Savoia tra i mendicanti che intercede presso la Vergine con s. Filippo Neri e s. Vincenzo de’ Paoli, fu celebrato con un sonetto (Torino, Archivio storico della città, Collezione Simeom, Serie C, n. 7902, anno 1780). Nel 1783 dipinse la Via Crucis della parrocchiale di Sant’Ambrogio a Torino (Cifani - Monetti, 2000, pp. 51-54), la prima di una serie (Damiano, 2003, pp. 158 s.). Dello stesso anno è uno dei suoi lavori maggiori: la luminosa pala della Madonna della Neve con santi di Pecetto, in provincia di Torino (Marocco, 1870, pp. 238, 273 s.).
Fra il 1783 e il 1789 Rapous fu impegnato anche in opere di carattere decorativo, come la carrozza del duca d’Aosta (Roma, palazzo del Quirinale, Museo delle carrozze; cfr. Astrua - di Macco, 1980, I, p. 102) e il magnifico paravento del Palazzo Reale di Torino, progettato da Leonardo Marini, intagliato da Giuseppe Maria Bonzanigo e dipinto da Rapous nel 1783 con figure allegoriche (Astrua, 1987, pp. 89 s.). Del 1789 sono le quattro sovrapporte con Storie di Enea nell’appartamento del duca d’Aosta nel Palazzo Reale di Torino (Astrua - di Macco, 1980, I, pp. 100-102).
Per gli anni Novanta si segnalano due opere, la Circoncisione e la Gloria di s. Maria Maddalena (1790 circa-1792), per le chiese di Villafranca Piemonte, in provincia di Torino (Cifani - Monetti, 1992, p. 66), di cui la prima oggi al Museo diocesano di Torino (Monetti - Cifani, 1985, pp. 114 s.).
L’attività di Rapous non fu limitata al Piemonte. Si conoscono alcune tele per chiese della Sardegna: nella cattedrale di Oristano, del 1777 circa; nel Duomo e nell’episcopio di Sassari (Scano, 2000, pp. 246-250), nel Palazzo regio di Cagliari (pp. 66, 70).
Il 20 luglio 1800 il «cittadino Vittorio Amadeo Rapos» fece testamento, chiese di essere sepolto nel cimitero di Torino e lasciò eredi universali le tre figlie (Archivio di Stato di Torino, Insinuazione di Torino, anno 1800, libro 8, vol. 1, c. 60rv).
Morì a Torino il 25 luglio 1800 (Cifani - Monetti, 2000, p. 52).
La fortuna critica di Rapous non è ampia; è menzionato nei repertori di pittura del Settecento, senza approfondimenti. Nepote lo ricordò con lode (1770, p. 65); fu citato più volte da Onorato Derossi (1781, p. 205); fu encomiato da Guglielmo Della Valle (Notizie, 1793-1794, a cura di G.C. Sciolla, 1990, p. 92). Nel Novecento le citazioni si moltiplicarono: Alessandro Baudi di Vesme (1968, pp. 896 s.), Luigi Mallè (1968, pp. 487 s.), Noemi Gabrielli (Museo dell’Arredamento, 1979, pp. 136-138). Nel 1987 furono scoperti gli atti di nascita e di morte e quindi le relative date (Monetti - Cifani, 1987, p. 95). Nel 2011 è stato presentato un primo tentativo di inquadramento storico-artistico del pittore (Graffione, 2011, pp. 114 s.). Non esiste ancora una monografia.
Anche il fratello minore di Vittorio Amedeo, Michele Antonio, nato a Torino il 18 marzo 1733, si dedicò alla pittura e con successo, tanto da essere considerato il più importante pittore di nature morte del Settecento piemontese. Dal 1758 fino al 1797 fu pagato dalla Real Casa per aver dipinto, oltre che quadri con «ornati a fiori e frutti» e «ghirlande, cascate ed ornati» (Baudi di Vesme, 1968, pp. 895 s.), anche mobili, sedie, carrozze, sovrapporte, decorazioni e cineserie (Caldera, 2002, p. 359). Nel 1760 sposò Anna Felicita Berra (Archivio di Stato di Torino, Insinuazione di Torino, anno 1760, libro 3, vol. 1, cc. 29r-30v). Dal matrimonio nacquero cinque figli: Anna (1760), Giacinta Teresa (1774), Maddalena (1781), Pietro e Giovanni Felice Maria (Merlo et al., 1996, pp. 103, 205, 231). Nel 1770 Michele Antonio diventò priore della Compagnia di S. Luca. Fino alla morte abitò con la famiglia nella casa Robesti di via Po, Isola di S. Giovenale (p. 103).
Il 21 gennaio 1800 la moglie ricevette una cospicua eredità (Archivio di Stato di Torino, Notai di Torino (I versamento, 1800-01), n. 5098 (notaio Pateri), cc. 7r-8r), ma nel dicembre dello stesso anno morì; quando il 15 novembre 1801 l’eredità venne saldata (ibid., n. 5099, cc. 8r-9v), Michele Antonio dichiarò di essere «in avanzata età […] colle tre figlie da mantenere, senza che possa far capitale della sua proffezione di pittore».
Nell’esposizione del 1811 le sue tele di nature morte e frutti furono lodate per l’armonia coloristica e il naturalismo (Baudi di Vesme, 1968, p. 896); nel 1812 espose altre opere con frutti e animali.
Il 9 marzo 1815 fece testamento (Archivio di Stato di Torino, Insinuazione di Torino, anno 1815, libro 8, vol. 2, cc. 688r-689r) e lasciò erede universale la figlia Giacinta Teresa.
Morì a Torino il 27 aprile 1819, in seguito a una caduta (Torino, Archivio del Comune, Atti di morte, anno 1819, n. 1233).
Michele Antonio approntò con «raffinatezza di tratto» (G. Bocchi - U. Bocchi, 1992, pp. 140 s.) per i principali palazzi del Regno (Mallè, 1968, pp. 485 s.) gran copia di tele e sovrapporte con frutti e fiori disposti a cascata, con squarci paesaggistici ed elementi architettonici, e più raramente dipinse animali. Le nature morte sono costruite sul gusto di quelle di Jean-Baptiste Blain de Fontenay, Alexandre-François Desportes, François de Cuvilliés.
Fonti e Bibl.: [I. Nepote], Il pregiudizio smascherato da un pittore, colla descrizione delle migliori Pitture della Real Città di Torino..., Venezia 1770, p. 65; F. Bartoli, Notizia delle pitture, sculture, ed architetture che ornano le chiese, e gli altri luoghi pubblici di tutte le più rinomate città d’Italia, di non poche terre, castella, e ville d’alcuni rispettivi distretti, Venezia 1776, pp. 12, 23, 31, 70, 73 s.; O. Derossi, Almanacco Reale per l’anno 1781, Torino 1781, p. 205; G. Della Valle, Notizie degli artefici piemontesi (1793-1794), a cura di G.C. Sciolla, Torino 1990, p. 92.
C. Rovere, Descrizione del Reale Palazzo di Torino (1858), ed. anast., Torino 1995, pp. 45, 75 s., 180, 185; M. Marocco, Da Torino a Pecetto Torinese: attraverso la collina, Torino 1870, pp. 238, 273 s.; L. Birchler, Die Kunstdenkmäler des Kantons Schwyz, II, Basel 1930, p. 562; A. Baudi di Vesme, Schede Vesme, III, Torino 1968, pp. 895-897; L. Mallè, Stupinigi. Un capolavoro del Settecento europeo tra barocchetto e classicismo, Torino 1968, pp. 485-488 e passim; L. Tamburini, Le chiese di Torino: dal Rinascimento al Barocco, Torino s.d. (1968), ad ind.; C. Morra, Una tela di V.A. R. riscoperta a Fossano, in Bollettino della Società per gli studi storici archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, 1973, n. 69, pp. 51-53; M.G. Scano Naitza, Momenti della cultura pittorica del ’700 in Sardegna (C. Giaquinto, S. Conca, V.A. R.), in Archivio storico sardo, 1976, vol. 30, pp. 235-260; M. Natale, Peintures italiennes du XIVe au XVIIIe siècle: catalogue raisonné des peintures, Musée d’art et d’histoire, Genève 1979, pp. 107 s. e tav. 72; Museo dell’Arredamento, Stupinigi. La Palazzina di caccia, a cura di N. Gabrielli, Torino 1979, pp. 136-138; P. Astrua - M. di Macco, in Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di Sardegna. 1773-1861, a cura di E. Castelnuovo - M. Rosci, Torino 1980, I, pp. 81-83, 100-102, 159-163, III, pp. 1478 s.; M.G. Scano Naitza, Un dipinto di V.A. R. nell’episcopio di Sassari, in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari, XXIX (1981), 2, pp. 184-192; F. Monetti - A. Cifani, Percorsi periferici. Studi e ricerche di storia dell’arte in Piemonte (secc. XV-XVIII), Savigliano 1985, pp. 114 s., 150; P. Astrua, Le scelte programmatiche di Vittorio Amedeo duca di Savoia e re di Sardegna, in Arte di corte a Torino da Carlo Emanuele III a Carlo Felice, a cura di S. Pinto, Torino 1987, pp. 89 s.; F. Monetti - A. Cifani, Frammenti d’arte. Studi e ricerche in Piemonte (secc. XV-XIX), Savigliano 1987, p. 95; A. Griseri, La natura morta in Piemonte, in La natura morta in Italia, a cura di F. Zeri, I, Milano 1989, p. 146; G. Bocchi - U. Bocchi, Naturalia. Nature morte in collezioni pubbliche e private, Torino 1992, pp. 140 s.; A. Cifani - F. Monetti, La pittura dal Seicento al Settecento, in Pittura a Villafranca Piemonte attraverso i secoli, Cavallermaggiore 1992, pp. 66, 102, 112; Iid., I piaceri e le grazie. Collezionismo, pittura di genere e di paesaggio fra Sei e Settecento in Piemonte, Torino 1993, pp. 176-179, 193-195; E. Perotto, Un ritrovamento settecentesco nella chiesa di Santa Maria in Cuneo. Contributo a V.A. R., in Bollettino della Società per gli studi storici archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, 1994, n. 111, pp. 105-110; G. Merlo et al., Gli artisti a Torino dai censimenti 1705-1806, Cavallermaggiore 1996, pp. 103, 205, 231; A. Cifani - F. Monetti, I capolavori della Parrocchiale di Sant’Ambrogio. Immagini per una comunità, Beinasco 2000, pp. 51-54; M.G. Scano, La quadreria e il patrimonio artistico del palazzo, in Il Palazzo regio di Cagliari, Nuoro 2000, pp. 66, 70, 246-250; M. Caldera, Rapous, Michele, in Pittori dell’Ottocento in Piemonte. Arte figurativa 1800-1830, Torino 2002, p. 359; A. Cifani - F. Monetti, in La collezione d’arte del Sanpaolo, a cura di A. Coliva, Milano 2003, pp. 220 s.; S. Damiano, in Tesori dal Marchesato Paleologo (catal., Alba), a cura di B. Ciliento - A. Guerrini, Savigliano 2003, pp. 158 s.; A. Griseri, Arti e mestieri. La civiltà della preghiera, in La Consolata. Arti e mestieri, a cura di A. Griseri - F. Peradotto, Torino 2005, pp. 29-31; S. Damiano, Settecento saluzzese: luoghi ed interpreti, in Arte nel territorio della diocesi di Saluzzo, a cura di R. Allemano - S. Damiano - G. Galante Garrone, Savigliano 2008, pp. 342 s.; A. Cifani - F. Monetti, in Il Museo Diocesano di Torino. Catalogo storico artistico, a cura di L. Cervellin - N. Maffioli, Borgone Susa 2011, pp. 86 s., 193; O. Graffione, V.A. R., in Beaumont e la Scuola del disegno. Pittori e scultori in Piemonte alla metà del Settecento, a cura di G. Dardanello, Cuneo 2011, pp. 68, 114-116, con bibliografia; A. Cifani - F. Monetti, La Palazzina Marone Cinzano. Sede del Centro Congressi dell’Unione Industriale di Torino, Torino 2012, pp. 38 s., 220 s.; S. Martinetti, L’altare di san Vincenzo de’ Paoli alla Pace, in Arte e cultura. Chieri e dintorni, 2013-2014, n. 5, p. 8.