BÒTTEGO, Vittorio
Esploratore italiano dell'Africa orientale, nato a S. Lazzaro Parmense l'11 agosto 1860, morto il 17 marzo 1897. Era ufficiale di artiglieria a Pinerolo alla scuola di equitazione quando, nel 1887, chiese ed ottenne di far parte del corpo speciale di ufficiali che doveva partire per l'Africa. Sbarcato a Massaua nel dicembre di quell'anno, trascorse i primi due anni di servizio in colonia al comando di una batteria indigena, addestrandosi nella conoscenza del paese e delle genti ed occupandosi a raccogliere collezioni di storia naturale, che passarono poi ad arricchire il museo di Parma. Convinto dell'opportunità di esplorazioni nella Somalia interna, verso cui si rivolgevano le nostre aspirazioni, e che rimaneva ancora sconosciuta, ottenne dal Governatore dell'Eritrea gen. Gandolfi promessa di appoggio. Ma la caduta del ministero Crispi consigliò a rimandare ad altro tempo l'attuazione e indusse il marchese Doria, presidente della Società Geografica, a suggerire al B. un programma più modesto che si limitasse all'esplorazione della Dancalia. Il B. ne accolse l'idea, ma partito da Massaua da soli dieci giorni, gli perveniva l'ordine di retrocedere e di rinviare la scorta, ciò che egli fece limitandosi a percorrere con pochi servi l'itinerario costiero Massaua-Assab che nessuno aveva prima seguito. Di questo viaggio rese conto alla Società Geografica nella relazione: Nella terra da Danakil: giornale di viaggio, pubblicata nel Bollettino della Società Geografica, XXIX (1892). Rimpatriato, rimase per un anno a Firenze, ma senza mai abbandonare il suo primitivo piano di esplorazione del Giuba che, sotto gli auspici della Società Geografica, con l'autorizzazione e il concorso del governo e quello personale del re, poté finalmente essere mandato ad effetto. La spedizione si proponeva di partire da Berbera sulla costa della Somalia Britannica, e di lì, raggiunto il corso dell'Uebi a Imi, spingersi verso ovest, e pervenuta nel bacino del Giuba, seguirne il corso che i recenti trattati internazionali stabilivano come limite divisorio tra la sfera d'influenza britannica e quella italiana. Al B. si sarebbe aggiunto come partecipante volontario, il cap. di artiglieria Matteo Grixoni. La spedizione partiva da Berbera il 21 settembre 1892 e, seguendo il piano prestabilito, riusciva da Imi ad entrare nel bacino del Giuba e a raggiungerne il ramo principale, battezzato col nome di Canale Doria, risalendolo sino alle sorgenti alle falde dei monti Faches. Il Bòttego intraprese quindi la discesa, attraverso gravi difficoltà opposte dalla natura del suolo e dalle ostilità degli abitanti, seguendone il corso, mentre il Grixoni, da lui separatosi, discendeva quello più occidentale del Daua precedendolo a Lugh, a valle dell'incontro dei due rami, e riuscendo così, primo europeo, a penetrare nella misteriosa città considerata fino allora inaccessibile. Il B. pervenne anch'egli a Lugh il 17 luglio ed ivi trovò in condizioni infelicissime l'ing. Bochard ed Emilio Dal Seno, superstiti della seconda spedizione Ruspoli, il cui capo era miseramente perito in un accidente di caccia. Insieme coi due Europei il B. procedeva per Bardera e raggiungeva la costa a Brava (8 settembre 1893). Le vicende di questa memorabile spedizione, che valse a risolvere uno del maggiori problemi presentati ancora dalla geografia africana, furono dal B. stesso narrate nel suo libro Il Giuba esplorato, Roma 1895. Ma il magnifico successo conseguito, che gli procurò onori e riconoscimenti incontrastati, in Italia del pari che all'estero, non affievolì la brama di nuove imprese che valessero a integrare ed estendere, dal punto di vista della scienza, non meno che da quello dell'interesse dell'Italia, i risultati già conseguiti. Si sarebbe trattato di risolvere ancora il mistero del corso dell'Omo; di esplorare la regione ancora sconosciuta tra l'alto Giuba, il Lago Rodolfo e il Sobat e di consolidare la posizione che i trattati conclusi assegnavano all'Italia nel medio Giuba. Il progetto relativo, accolto dalla Società Geografica, ebbe anche questa volta l'appoggio del governo e il concorso del re. La nuova spedizione guidata dal B. si sarebbe valsa del concorso di varî specialisti che le si sarebbero uniti: il tenente di vascello Lamberto Vannutelli per le determinazioni geografiche, il dott. Maurizio Sacchi per quelle naturalistiche, il tenente Citerni, nipote del B., per la tenuta del diario e per la parte fotografica. Al capitano marittimo Ugo Ferrandi, sarebbe spettato l'impianto e il comando di una stazione italiana a Lugh. La spedizione, largamente organizzata, lasciò l'Italia il 3 luglio 1895 recandosi a Brava, da dove raggiungeva direttamente Lugh soffermandovisi il tempo necessario per l'impianto della stazione affidata al Ferrandi. Raggiunta quindi la confluenza del Daua lo risaliva e perveniva a Burgi, località ove era perito il Ruspoli; di qui spingendosi al nord perveniva al vasto e pittoresco lago Pagadè, cui il B. impose il nome di Margherita e quindi raggiungeva il corso dell'Omo seguendolo sino alla sua foce nel Lago Rodolfo (31 agosto). Per assicurare le collezioni raccolte e portare in salvo alla costa l'ingente quantità d'avorio ricavato da fruttuose cacce, venne distaccato un drappello, cui si unì il dott. Sacchi, perito poi miseramente nel viaggio alla costa. Proseguendo verso nord-ovest il B. coi compagni raggiunse il bacino del Sobat. Non rimaneva ormai che provvedere al ritorno, che il B., ignaro degli avvenimenti eritrei, pensava di effettuare attraverso l'Etiopia sollecitando perciò il necessario consenso del negus Menelik. Accolti dapprima amichevolmente, i viaggiatori italiani caddero in un'imboscata a Jellem e nel combattimento che seguì il B. rimase ucciso, mentre i suoi compagni furono fatti prigionieri e ricondotti poi alla costa per la via di Zeila (23 luglio 1897). Della memorabile spedizione, che tanto valse ad arricchire la geografia africana e a porre il B. nel novero dei principali esploratori del continente nero, i due superstiti, L. Vannutelli e C. Citerni, stesero un'ampia relazione pubblicata per cura della Società Geografica col titolo L'Omo; viaggio di esplorazione nell'Africa Orientale (Seconda spedizione Bottego), Milano 1899. Alla memoria del grande e sfortunato viaggiatore la città di Parma eresse un monumento in bronzo, opera di Edoardo Ximenes.
Bibl.: C. Giuliani, Vittorio Bottego. Commemorazione, in Riv. geog. italiana, gennaio 1898, p. 6; C. Parona, Vittorio Bottego, in Ann. Soc. ligustica di sc. nat. e geogr., 1897; Corradini, Vittorio Bottego e le sue esplorazioni, Parma 1897; Cugini, Commemorazione del cap. Vittorio Bottego, Parma 1904.