De Seta, Vittorio
Regista cinematografico, nato a Palermo il 15 ottobre 1923. Documentarista innovatore nell'uso del colore, nell'abolizione quasi totale della voce fuori campo e soprattutto nell'utilizzo del suono in presa diretta, in un'epoca in cui il cinema italiano praticava quasi esclusivamente la postsincronizzazione. Nei suoi film ha dimostrato un'acuta e analitica capacità di osservazione e un senso rigoroso della composizione nel rappresentare specifiche dimensioni umane, inserite nel paesaggio socio-antropologico e nel contesto psicoanalitico-esistenziale.
Di nobile famiglia calabrese, dopo una decisiva esperienza di prigioniero in un campo di concentramento tedesco tra il 1943 e il 1945 e dopo aver iniziato, e presto abbandonato, gli studi di architettura a Roma, decise di dedicarsi al cinema. Fu aiuto regista di Mario Chiari nell'episodio Epoca fascista del film Amori di mezzo secolo (1954), e di Jean-Paul Le Chanois in Le village magique (1955; Vacanze d'amore), del quale fu anche co-sceneggiatore. Tra il 1954 e il 1959, autofinanziandosi e costituendo una propria troupe, spesso con dilettanti, realizzò dieci documentari destinati a segnare profondamente l'evoluzione del genere in Italia: Pasqua in Sicilia (1954), Lu tempu di li pisci spata (1955), Isole di fuoco (1955), Surfarara (1955), Contadini del mare (1955), Parabola d'oro (1955), Pescherecci (1958), Pastori di Orgosolo (1958), Un giorno in Barbagia (1958), I dimenticati (1959), i cui protagonisti ‒ pescatori, contadini, minatori, pastori ‒ sono personaggi minori di un'esplorazione antropologica dall'inedito rigore. Allo stesso tempo la forma della composizione dell'immagine e la ricerca di una sua 'teatralità', evidenziata anche dall'uso di formati panoramici come il cinemascope, attestano una capacità di scrittura cinematografica che riesce a cogliere la verità dei riti millenari della vita e del lavoro nel Mezzogiorno d'Italia. È come se D. S. riproponesse e risolvesse, ribaltando la priorità dei due elementi, il rapporto tra estetica e realismo che Luchino Visconti aveva posto, problematicamente, con La terra trema (1948). Nel 1961, con una troupe composta da un operatore e dalla moglie Vera Gherarducci, che sarà poi sua assidua collaboratrice, realizzò in Barbagia Banditi a Orgosolo, ispirato al saggio di F. Cagnetta Inchiesta ad Orgosolo (in "Nuovi argomenti", sett.-ott. 1954, 10). Il film, che ottenne il Premio opera prima alla Mostra del cinema di Venezia nel 1961, fonde, con uno stile insuperato, la migliore tradizione nell'uso espressivo del paesaggio nel cinema, da John Ford a Aleksandr P. Dovženko, con l'inchiesta sociale e l'uso di attori non professionisti, eredità del Neorealismo. Del 1966 è Un uomo a metà, in cui la nevrosi del personaggio principale è raccontata con tecniche di interiorizzazione, discontinuità narrative e suggestioni simboliche tipiche sia della letteratura contemporanea sia della psicoanalisi junghiana; del 1969 è la coproduzione italo-francese L'invitée (L'invitata), nella quale l'approfondimento di tematiche sentimentali e individuali raggiunge esiti più compiuti e penetranti rispetto al film precedente. Fu tuttavia nel 1973, con Diario di un maestro, uno sceneggiato televisivo in quattro puntate tratto da Un anno a Pietralata di A. Bernardini e interpretato da Bruno Cirino, che D. S. ritrovò la maestria segreta insita nell'infondere una drammaturgia romanzesca a una materia documentaria e cronachistica, estrema per le aree di sofferenza sociale che esplora e rappresenta (lo sceneggiato fu seguito da più di 15 milioni di persone). Tra progetti inseguiti e non realizzati, ha continuato a occuparsi di film inchiesta per la televisione fino al 1983 (Quando la scuola cambia, 1978; La Sicilia rivisitata, 1980; Hong Kong, città di profughi, 1980; Un carnevale per Venezia, 1983), e dopo dieci anni è ritornato al genere documentaristico, dedicando alla sua terra d'origine In Calabria (1993), mediometraggio per il piccolo schermo.
Il cinema di Vittorio De Seta, a cura di A. Rais, Catania 1995.