ELIANO, Vittorio
Nacque nel 1528 a Roma, due anni prima di suo fratello Elia. I suoi genitori erano Ḥanah, nativa di Padova e figlia del famoso umanista Elia Levita, e Yitzchaq ben Yeḥiel Boemo, commerciante, che da ormai molti anni viveva in Italia. Il suo nome, prima della conversione, era Yosef. Negli anni 1540-1541 egli si recò insieme al fratello minore a Isny in Germania, dove il nonno Elia era stato invitato da Paolo Fagio (Paul Büchelin) per discutere della Sacra Scrittura e per collaborare alla stampa di testi ebraici. Qui si trattenne circa un anno, durante il quale aiutò il nonno nella edizione in caratteri ebraici del Bovo-Buch, rifacimento fatto da Elia Levita nel 1507 durante il suo soggiorno a Padova del famoso romanzo cavalleresco Buovo d'Antona ed uscito a Isny nel 1541 per i tipi di Paolo Fagio.
Alla fine del 1541 l'E. andò a Venezia insieme con il nonno e con il fratello. I due nipoti affiancarono ancora una volta il nonno nella sua attività tipografica. Nel maggio-giugno del 1544 Elia Levita collaborò con Francesco Brucioli alla stampa dell'opera in caratteri ebraici Rūacḥḥēn di Judah ben Saul Ibn Tibbun, che comprende un commento in versi al Libro di Giobbe, attribuito al Levita, ma che in realtà sembra opera di un autore spagnolo vissuto nel sec. XIV, Sareq Barfat. Dal colophon dell'edizione si apprende appunto che della parte tecnica si occuparono i nipoti di Elia Levita, l'E. ed Elia.
Mentre l'E. rimase a Venezia, il resto della famiglia si trasferì, per poter trarre maggiori proventi dal commercio, prima a Costantinopoli, dove rimase circa un anno e mezzo, e poi al Cairo. Al Cairo la famiglia fu raggiunta dalla sorprendente notizia che l'E. aveva abbracciato la fede cattolica, prendendo il nome di Vittorio Eliano. La conversione dovrebbe essere avvenuta tra la fine del 1544 (dopo questo anno, infatti, l'E. non collaborò più con il nonno) e il 1546. Nel 1551 anche il fratello minore Elia si convertì al cattolicesimo e assunse il nome di Giovanni Battista Eliano.
L'E. partecipò attivamente alla disputa sorta in quegli anni intorno alla produzione e diffusione dei testi ebraici. Nella lite tra Marco Antonio Giustiniani e Alvise Bragadin, che scoppiò a Venezia negli anni 1549-1550 e che portò poi all'emanazione del decreto di Giulio III del 12 ag. 1553 con cui il Talmūd veniva condannato al rogo, l'E. ebbe una parte molto significativa e fu uno dei più convinti assertori della necessità di distruggere il Talmūd e tutta la letteratura affine. L'E. si trasferì poi a Cremona dove lavorò a fianco dell'inquisitore e del vescovo, in qualità di censore di testi ebraici. Nel 1559 dopo la pubblicazione dell'Indice dei libri proibiti, con cui veniva confermata la proibizione della stampa del Talmūd, egli fece parte di una commissione di censura insieme con un altro apostata di nome Joshua dei Cantori. Questa commissione proibì non solo la stampa del Talmūd, ma anche di opere come il codice di Isaac ben Jacob Alphasi e molte altre ancora. In qualità di revisore di testi ebraici collaborò con Vincenzo Conti, nativo di Verona, che dal 1544 lavorava come tipografo di testi italiani, latini ed ebraici a Cremona. Cremona, infatti, insieme con altre città come Ferrara, Sabbioneta e Riva di Trento, vide nel decennio 1553-1563 un veloce sviluppo dell'attività editoriale ebraica, che in questi anni si era arrestata a Venezia dopo l'emanazione del decreto di Giulio III.
L'E. collaborò nel 1558 insieme con Chaiim Gattinio (Gattegno) alla stampa dell'editioprinceps dello Zohar ("Il Libro dello splendore"), testo fondamentale della mistica ebraica, del quale fu fatta subito dopo una seconda edizione (Cremona 1558-1560). Fu, inoltre, correttore di altre tre edizioni stampate dal Conti negli anni 1558-1559: l'opera di Jacob ben Asher di Toledo, Tur Orah hayyim, ovvero "La via della vita" (1558), Maharil (prescrizioni religiose di rito tedesco) di Jacob ben Moses Molin (1558) e un commento alla Tôrâ di Hezekiah ben Manoali (1559). Il nome dell'E. compare ancora una volta a Cremona nel 1564, nelle note tipografiche dell'opera di Isaac ben Meir, Sha'are Dhura, già stampata a Venezia da Meir ben Jacob Parenzo nel 1547. Già dal 1561 egli era a Venezia come censore di testi ebraici (Archivio di Stato di Venezia, Esecutori controla bestemmia, busta 56, Notatorio, Terminazioni, Registro 1561-1582, cc.4v-5r, in data 25 sett. 1561), ad espletare, quindi, gli stessi compiti già svolti a Cremona. Nel 1565 testimoniò in una causa di divorzio tra due ebrei, Samuel, figlio di Mosè da Perugia, e Tamàr, figlia del medico Ioseph de Dattolis, e in questa occasione si definì, appunto, "correttor de libri hebrei". A Venezia abitava vicino al ghetto, nel sestiere di Cannaregio. Durante gli anni 1565-1567 collaborò con Giorgio Cavalli alla stampa di testi ebraici, affiancato da Abraham Ayllon rabbino di Venezia e da Samuel Boehm, che aveva già lavorato a Padova con il tipografo Lorenzo Pasquati.
L'E. era sposato con Giustiniana de Rubeis, dalla quale ebbe due figli, Pietro e Cesare, che negli anni 1584-1585 lavorarono come compositori presso la Tipografia medicea orientale. Dal 1569 l'E. fu a Roma, dove aprì un'officina tipografica, probabilmente alla Trinità dei Pellegrini. Tra il 1569 e il 1577 stampò una ventina di opere: la sua produzione fu, quindi, modesta e nessuna edizione si distinse per pregio. Stampò due classici, un Orazio (1569) e le Institutiones grammatices di Elio Donato (1575), opere di gesuiti quali Cristoforo Clavio, due opere di Cosimo Filiarchi, dotto ecclesiastico vissuto nella prima metà del Cinquecento, il Trattato della lega e il Trattato della frequente et benigna audientia, entrambe nel 1573. Nel 1572 collaborò con Michele Tramezzino, per il quale stampò i commentari In universam Aristotelis logicam del gesuita spagnolo Francisco Toledo, il De constructione partium orationis liber del gesuita Manoel Álvarez e il De generibus nominum di Johannes de Spauter. Nel 1576 si spostò per brevissimo tempo a Foligno. In qualità di editore stampò con Vincenzo Caritagalli una bolla di Pio V, nel maggio 1576. Il Cantagalli esercitò l'attività di tipografo a Foligno dal 1571 al 1576; in questo ultimo anno risulterebbe aver stampato solo la bolla, ma forse si possono attribuire alla società Eliano-Cantagalli altre stampe, senza note tipografiche ma che dovrebbero provenire dalla loro modesta officina di Foligno: i Capitoli dei Notari, i Capitoli per il Potestà e un Catechismo per i fanciulli. Nel 1577 l'E. era di nuovo a Roma e dalla sua officina uscì una sola edizione, il Methodus ad eos adiuvandos, qui moriuntur, di Juan de Polanco.
La sua marca era costituita da un pellicano che si squarcia il petto per nutrire i suoi piccoli. Lo stesso simbolo fu usato da altri tipografi con alcune varianti, tra cui Antonio Blado nel 1564, Ercoliano Bartoli a Reggio Emilia nel 1584 e Benedetto Mammarelli nel 1591 a Ferrara. Egli usò anche un'altra marca: il serpente che si erge tra un ramo di palma e uno di olivo. In realtà questa era la marca usata dal tipografo e libraio romano Vincenzo Luchino.
Dal 1578 al 1581 collaborò con Francesco Zanetti alla stampa di tre edizioni della Bibbia in caratteri ebraici (Roma 1578; 1580, 1581) e dell'edizione delle Institutiones linguae hebraicae di Roberto Bellarmino (Roma 1578). Dopo il 1581 non si hanno altre notizie dell'Eliano. Nel 1587 veniva però stampata ad Amburgo una Bibbia in caratteri ebraici quadrati da Johann Sachse e curata da Elias Hutter, nelle cui note tipografiche si legge "typis elianis". L'E., quindi, forse possedeva una serie di caratteri ebraici che vennero poi utilizzati dal tipografo tedesco.
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