CUNIBERTI, Vittorio Emilio
Nacque a Torino il 7 giugno 1854 da Luigi e Adelaide Passera. Nella stessa città si laureò in ingegneria civile nel 1877 presso la Scuola di applicazione; all'inizio del 1878 entrò nella Marina militare come allievo ingegnere nel corpo del Genio navale. Dopo aver seguito i corsi della Scuola superiore navale di Genova, nel gennaio del 1880 si laureò in ingegneria navalmeccanica.
La sua carriera nel Genio navale, iniziatasi nel 1878 col grado di sottotenente, raggiunse l'apice nel 1910 con quello di maggiore generale. Dotato di vasta cultura, di notevole inventiva e di grande capacità lavorativai acquistò in breve rinomanza internazionale per la genialità delle sue innovazioni nella progettazione navale.
Già nel 1890aveva collaborato con l'ammiraglio B. Brin a uno studio sulla difesa subacquea delle navi da battaglia, ma il suo primo intervento importante lo fece nel 1893allorché, in una serie di articoli dal titolo La nafta e la torpediniera 104 S pubblicati sulla Rivista marittima (XXVI [1893], 4, pp. 95-119; 5, pp. 281-293; 6, pp. 445-456) di cui fu per molti anni autorevole collaboratore, sostenne la necessità della combustione a nafta nelle caldaie delle navi; in quegli articoli, dopo un accurato confronto economico tra la combustione a carbone e quella a nafta, giunse ad affermare che si dovesse preferire quest'ultimo combustibile perché, pur essendo in quel tempi più caro del carbone, avrebbe comportato una riduzione di spazio per i depositi, una ubicazione più elastica degli stessi, una grande facilità di alimentazione delle caldaie e di approvvigionamento durante la navigazione ed una semplificazione delle camere di combustione. Negli stessi articoli il C., dopo aver illustrato i vantaggi militari derivanti, in seguito all'adozione della nafta, dalla riduzione del peso della nave e dalla difficile individuazione a distanza per la scarsa visibilità del fumo emesso dalle ciminiere, parlò della necessità di impiego di caldaie multiple, al fine di assicurare la propulsione in caso di avaria ad una o più di esse. La Marina militare italiana, introducendo per prima la combustione a nafta, ottenne il risultato che le sue navi, per diversi anni, furono all'avanguardia in campo internazionale.
Nel 1899 il C., su invito dell'ammiraglio E. C. Morin, progettò la serie di navi della classe "Regina Elena" ("Regina Elena", "Vittorio Emanuele", "Napoli", "Roma"), compromesso perfettamente riuscito tra l'incrociatore e la nave di linea. Ognuna di tali navi aveva le seguenti caratteristiche: lunghezza massima, 144,60 m; dislocamento complessivo, 12.600 t.; potenza massima, 20.000 CV; velocità, 21,5 miglia all'ora; 22 caldaie Babcock e Wilcox, con motrici a vapore a triplice espansione; corazzature varie in acciaio speciale della Terni, fino a uno spessore massimo di 250 mm; armamento costituito da due cannoni da 305 mm sistemati in due torri girevoli, una a prua e l'altra a poppa, dodici cannoni da 203, due a due in torri girevoli, dodici cannoni antisiluranti da 76, quattro lanciasiluri. Tali navi, le cui caratteristiche discendevano dalle convenzioni navali e dalle ipotesi strategiche della Triplice Alleanza, risultavano più veloci e meglio armate delle similari franco-britanniche. In caso di conflitto europeo si supponeva infatti che la flotta italiana, sola o sostenuta eventualmente da aliquote austriache, avrebbe potuto fronteggiare nel Mediterraneo occidentale la flotta francese rinforzata da una parte della flotta inglese.
Per la velocità, l'armamento e le soluzioni architettoniche, queste navi consentirono alla Marina militare italiana di fare un grande balzo in avanti e ne rappresentarono il nerbo fino alla guerra italo-turca. Ben presto le navi del C. furono imitate dagli inglesi (navi tipo "Edoardo VII") e dai francesi (navi tipo "Démocratie"); anche le corazzate tascabili tedesche della seconda guerra mondiale derivarono da queste navi italiane.
Nel 1903 il C. preparò il suo progetto più famoso, quello relativo alla corazzata "monocalibro": egli previde che questa nave, armata essenzialmente con dodici cannoni da 305 mm, avrebbe avuto un ruolo decisivo nelle battaglie navali, a causa dei grande ed efficace volume di fuoco. Nel medesimo anno espose il suo progetto nell'articolo An ideal battleship for the British Fleet, pubblicato sulla rivista navale inglese Yane's Fighting Ships, VI (1903), pp. 407 ss., suscitando enorme impressione. A dar ragione al C., nel 1905, nel corso della guerra russo-giapponese, si verificò la battaglia navale di Tsushima, nella quale la flotta giapponese, armata di cannoni di grosso calibro, annientò quella russa. Subito gli Inglesi, basandosi sugli studi del C., preceduti solo da sommari progetti di sir John Fischer e di A. Gard, misero in cantiere, e terminarono in poco più di un anno, una classe di navi da battaglia denominate "dreadnoughts" (letteralmente "senza paura"); tali navi, da 18.000 tonnellate di stazza, erano armate con dieci pezzi da 305 mni sistemati in cinque torri binate, tubi lanciasiluri, ventisette cannoni da 76 mm per batterie antisiluranti, ed avevano l'apparato motore a turbina capace di sviluppare una velocità oraria di 21 nodi. Le "dreadnoughts" spadroneggiarono sui mari per quasi quaranta anni, fino all'avvento delle portaerei. Anche gli Stati Uniti e il Giappone seguirono quasi subito l'esempio inglese, mentre l'Italia, che col C. aveva fornito le basi del progetto, tardò qualche anno, per difficoltà finanziarie, a realizzare questo tipo di navi. La prima fu la "Dante Alighieri", costruita su progetto del tenente generale del Genio navale ing. E. Masdea, che aveva perfezionato l'idea iniziale del C.; questa nave, per armamento (dodici cannoni da 305 mm su quattro torri trinate e venti da 120 mm), per protezione (disponeva di corazzatura orizzontale e verticale) e per velocità (23 nodi all'ora) era superiore a tutte le altre dello stesso tipo fino a quel momento realizzate.
La fertile inventiva del C. non si fermò a questo punto. Già nel 1900, in una memoria presentata al congresso di architettura e di costruzioni navali, si occupò anche di sommergibili, che allora cominciavano a richiamare l'attenzione dei tecnici navali: dopo averne preconizzato e sottolineato la grande importanza nelle battaglie navali del futuro, il C. avanzò la proposta che i sommergibili, per la propulsione, dovessero essere provvisti di motori elettrici alimentati da batterie di accumulatori.
Negli ultimi anni dell'800 e nei primi del '900 la sua indiscussa competenza nelle questioni navali gli assicurò fama internazionale. Tra le memorie pubblicate in questo periodo ricordiamo l'articolo IlVittorio Emanuele e i paralleli fra le corazzate moderne pubblicato nel numero di gennaio del 1902 sulla Rivista marittima, (XXXV, pp. 5-48) in cui egli espone un metodo molto interessante per confrontare le navi da battaglia dei diversi paesi prendendo in considerazione e rendendo omogenei parametri diversi come l'armamento, la corazzatura, la velocità, il tipo di caldaie, il tonnellaggio, il consumo di combustibile, ecc.; e ancora un articolo dal titolo The battleship of the future: invulnerable, pubblicato sulla già citata rivista navale inglese nel 1912 (XV, pp. 544 ss.), nel quale parla delle navi da battaglia del futuro, affermando che dovranno avere caratteristiche superiori alle "dreadnoughts", e cioè cannoni da 406 mm, corazzature con spessore fino a 450 nun e velocità di 25 miglia orarie. Nell'ambiente navale italiano, la sua notorietà e i continui viaggi all'estero come consulente navale (fu, tra l'altro, in Germania, in Russia e in Giappone) è probabile che suscitassero qualche gelosia, per cui la sua carriera subì dei rallentamenti, il che amareggiò gli ultimi anni della sua vita. Tra l'altro, morto il Masdea nel 1913, il C. pensò che gli sarebbe stata offerta la successione quale ispettore generale del Genio navale. Forse anche a causa dei diversi avversari che si era fatto nella Marina, gli venne anteposto un candidato più giovane e meno noto, anche se dotato di ottime capacità come progettista: E. Ferrati. Sdegnato dalla scelta, il C. lasciò il servizio.
Morì a Roma poco dopo, il 19 dic. 1913.
Tra i numerosi incarichi e riconoscimenti internazionali ricordiamo: nel 1893, inviato per diversi mesi in Germania a disposizione dell'imperatore Guglielmo II, come consulente per l'applicazione su alcune navi della marina germanica delle modifiche necessarie all'impiego del combustibile liquido nelle caldaie (l'invito fu fatto personalmente dall'imperatore, dopo la pubblicazione, sulla Rivistamarittima del 1893, degli articoli sopra ricordati sulla combustione a nafta); nel 1898, membro ordinario del comitato per i disegni delle navi; nel 1898-99, vicedirettore delle costruzioni navali presso l'Arsenale di Taranto; nel 1899, sottodirettore delle costruzioni navali presso i Cantieri navali di Castellammare di Stabia; nel 1905-08, direttore delle costruzioni navali presso il II Dipartimento marittimo di Napoli; nel 1908, vincitore del concorso internazionale bandito nel 1906 dalla Marina imperiale russa per la ricostruzione della flotta (lo stesso zar pregò il re d'Italia di permettere al C. di partecipare al concorso: il progetto di costui fu primo classificato tra i settantadue pervenuti da ogni parte del mondo. Le quattro corazzate progettate dal C. costituirono il cardine della flotta russa fino alla seconda guerra mondiale); nel 1908-13, dapprima membro del comitato per l'esame dei disegni delle navi presso il ministero della Marina, poi capo dell'ufficio tecnico e infine vicepresidente; nel 1910-13, giudice supplente del Tribunale supremo di guerra e marina.
Bibl.: Necr. in L'Illustr. ital., 28 dic. 1913, p. 659; G. Bozzoni, Marina militare e costruz. navali, in Cinquant'anni di storia ital.,I, Milano 1911, pp. 28-45; G. Almagià, La moderna nave da battaglia, Milano 1914, pp. 28 ss.; V. De Feo, L'avvenire delle navi da guerra, in Riv. marittima, LIII (1920), 1, pp. 28 s.; Riv. marittima, LXIX (1936), pp. 219 s.; Un secolo di progresso scientifico italiano, II, Roma 1939, pp. 54 s.; N. Morabito, La Marina ital. dal 1861 al 1936, in Dal Regno all'Impero, 17 marzo 1861-9 maggio 1936, Roma 1937, p. 280; L. Fea. Le costruzioni navali, in Scienza e tecnica del nostro tempo, I, 2, Milano 1947, p. 641; V. Cuniberti, in Il Borghese, 12 ott. 1956, p. 594; V. Tur, Plancia ammiraglia, Roma 1958, I, pp. 63 s.; II, pp. 36, 120 s., 139, 145, 241; G. Fioravanzo, La Marina militare nel suo primo secolo di vita, 1861-1961, Roma 1961, pp. 25 s.; Le navi di linea italiana 1861-1969, a cura dell'ufficio storico della Marina militare, Roma 1969, p. 15; R. Bernotti, Cinquant'anni della Marina militare, Milano 1971, p. 51, G. Artieri, Cronaca del Regno d'Italia, II, Milano 1977, p. 988; inoltre, cenni biografici sono reperibili presso l'Ufficio storico della Marina militare; i documenti originali consultati sono presso l'abitazione della nuora in Roma.