LAZZARINI, Vittorio
Nacque da Giuseppe e Luigia Visinoni il 7 dic. 1866 a Venezia. Avviato dal padre agli studi tecnici, si diplomò presso l'istituto Paolo Sarpi di Venezia, sezione industriale; si iscrisse quindi, scegliendo ingegneria navale, al Politecnico di Milano, che abbandonò tuttavia dopo solo tre mesi, deciso a seguire la sua vocazione umanistica. Recuperando in un anno lo studio del latino e del greco e conseguendo la licenza classica, poté infatti essere ammesso alla facoltà di lettere dell'Università di Bologna, dove insegnava G. Carducci.
I suoi primi, originali lavori universitari, dedicati ai rimatori veneziani del Trecento (Rimatori veneziani del secolo XIV, Padova 1887), dimostrano un talento precoce per la ricerca filologica.
Avvertito un interesse crescente per lo studio della storia, dopo il primo biennio a Bologna si trasferì all'Università di Padova, per seguire i corsi di docenti quali G. De Leva, G. Mazzoni e soprattutto A. Gloria, che lo introdusse agli studi di paleografia e di storia padovana. Si laureò in lettere nel 1889 con una dissertazione sulla storia del doge veneziano trecentesco Marino Falier, allegandovi oltre duecentocinquanta regesti di documenti, in gran parte sconosciuti.
Vinto un premio della Fondazione Dante, poté dedicarsi alla ricerca, pubblicando alcuni lavori di dialettologia, di storia letteraria e di filologia, tra cui l'edizione del duecentesco Lamento della sposa padovana (Bologna 1889), del quale era andata persa la pergamena originale, ritrovata dal L. tra le carte di un archivio nobiliare, ma dedicandosi soprattutto a completare la biografia di Falier e la ricostruzione della congiura che lo vide protagonista.
Il filone di ricerche, condotte soprattutto su fonti cronachistiche, restituì verità storica a un personaggio e a una vicenda intrisi di deformazioni romanzesche. In una serie di articoli, pubblicati soprattutto nel Nuovo Archivio veneto tra il 1892 e il 1897 e in seguito riuniti, insieme con alcuni contributi successivi, in volume (Marino Faliero. Avanti il dogado. La congiura. Appendici, Firenze 1963), il L. ne descrisse le origini familiari, la vita e l'attività economica, e quindi la congiura, il processo, la condanna.
Di idee mazziniane, il L. fece parte dell'associazione radicale veneziana Fratelli Bandiera e nel 1892, a soli 26 anni, fu eletto nel Consiglio comunale di Venezia. Si dimise, tuttavia, l'anno successivo per ragioni di studio e professionali: era stato infatti chiamato quale professore reggente alla cattedra di storia e geografia dell'istituto tecnico di Trapani, incarico al quale peraltro rinunciò dopo un trimestre.
Nel 1895, avendo vinto il posto di primo assistente presso il locale Museo civico, si stabilì a Padova. Di qui, ritornava appena possibile a Venezia per le usuali ricerche nell'Archivio dei Frari, del cui patrimonio documentario è stato fra i massimi conoscitori, e per seguire i lavori delle diverse istituzioni di cui fu membro: la Deputazione veneta di storia patria, di cui fu socio dal 1894 e che presiedette tra il 1916 e il 1919, l'Archivio veneto, alla cui direzione collaborò per decenni, l'Istituto veneto di scienze, lettere e arti, di cui fu socio corrispondente a partire dal 1903, vicesegretario dal 1921 al 1934 e vicepresidente dal 1934 al 1945.
Dalle fonti storiche sulla storia padovana, oltre a vari episodi del periodo carrarese e ad alcuni documenti sull'albergo trecentesco del Bo, poi divenuto sede dello Studio, trasse numerosi documenti utili alla storia dell'arte, in particolare sullo Squarcione, su Mantegna e su Donatello.
Per quanto riguarda la Serenissima, a parte qualche rara escursione verso epoche più recenti, le sue ricerche si indirizzarono soprattutto verso due epoche: il Trecento, della cui documentazione si può dire sia stato il massimo valorizzatore, e l'età delle origini, riguardo alla quale si propose di confutare, in base a documentazione di prima mano, vari punti travisati da tradizioni o leggende.
Fin dal 1894 raccolse e pubblicò documenti, provenienti non solo dalle fonti venete, sulla guerra di Chioggia (1378-81), nella quale Veneziani e Genovesi si contrapposero per la supremazia mercantile e militare del Mediterraneo centrorientale. La ricostruzione storiografica di questo importante passaggio della storia veneziana lo condusse alla pubblicazione di alcuni importanti studi, che illuminano, tra le altre, la figura del comandante veneziano Vettor Pisani, nonostante il L. si rammaricasse (e questo fu un cruccio che l'accompagnò per tutta la vita) per l'impossibilità di disporre di alcune fonti che gli impedirono di completare il disegno storiografico unitario che egli si era proposto.
Vicedirettore del Museo civico padovano dal 1903, nel 1905 rinunciò a tale incarico avendo vinto per concorso la cattedra di paleografia e diplomatica presso l'Università di Padova, che già teneva per incarico da alcuni anni e nella quale successe a Gloria.
Decifrò e pubblicò (Un'inscrizione torcellana del secolo VII, Venezia 1914) l'iscrizione dedicatoria scoperta nel 1895 alla base del muro del presbiterio della chiesa di S. Maria di Torcello, datata 639, nella quale compaiono come fondatori della basilica l'esarca ravennate Isaac, il magister militum della provincia venetica Maurizio e il vescovo fuggiasco di Altino Mauro, che sarebbe stato il primo presule della nuova sede lagunare.
Tale iscrizione, nota e discussa, costituisce il più antico e ampio documento epigrafico della dominazione bizantina in Alto Adriatico nel secolo VII; secondo l'interpretazione che ne diede il L., essa sfata il mito secondo cui la nascita di Venezia avrebbe avuto luogo in totale indipendenza, e dimostra che - anche dopo la conquista longobarda - la zona lagunare era un "angolo di territorio bizantino" dove il comandante militare della provincia aveva arretrato il proprio quartiere generale, e che in loco erano in via di formazione possessi fondiari di ufficiali bizantini.
Il L., lungo tutta la sua vita di studioso, si attenne ai canoni metodologici della scuola storico-filologica sul valore del documento e la sua obiettività: anche per tale motivo, oltre che per una predisposizione caratteriale, intitolò vari suoi contributi, in termini solo apparentemente riduttivi, "aneddoti" od "osservazioni". Non concepì tuttavia mai lo studio della paleografia come fine a se stesso, bensì funzionale alla storia della cultura, e quello della diplomatica come sussidio della storia politica. La sua prosa risulta esemplarmente asciutta ed essenziale, il rigore nella citazione di testi e fonti è strettissimo, il rigetto delle illazioni storiche programmatico.
Gli Scritti di paleografia e diplomatica, raccolta miscellanea di una ventina di suoi articoli e saggi offertagli da colleghi e allievi dopo quasi quarant'anni di insegnamento (Venezia 1938; 2ª ed. ampl., Padova 1969), rendono conto del suo rilievo fondamentale nel campo della paleografia e della diplomatica novecentesche.
Vi appaiono contributi quali il lavoro sulla scuola calligrafica a Verona nel IX secolo (Scuola calligrafica veronese del secolo IX), nel quale viene per la prima volta testimoniata la presenza di un centro di cultura dei più antichi e importanti dell'età della rinascita carolingia; un saggio che analizza la formazione tra Tre e Quattrocento della leggenda che attribuiva la fondazione di Rialto, nel 421, a consoli padovani (Il preteso documento della fondazione di Venezia e la cronaca del medico Jacopo Dardi); l'edizione dei più antichi documenti della Cancelleria veneziana (Originali antichissimi della Cancelleria veneziana. Osservazioni diplomatiche e paleografiche); e ancora un'indagine diplomatica sui titoli dei primi dogi (I titoli dei dogi di Venezia) o studi più specifici su Un maestro di scrittura nella Cancelleria veneziana, sul codice Antoniano 182 (attribuito alla prima metà del IX secolo) contenente due opere di s. Agostino (Il codice Antoniano 182) e su Un sacramentario del tempo dell'imperatore Lotario.
Altri studi, a carattere più strettamente storico, vennero in seguito riuniti nel volume postumo Proprietà e feudi, offizi, garzoni, carcerati in antiche leggi veneziane (Roma 1960). Si tratta di contributi che hanno inaugurato filoni assai fecondi di ricerche, sull'espansione fondiaria veneziana in Terraferma in età medioevale (Antiche leggi venete intorno ai proprietari nella Terraferma), sul sistema carcerario della Serenissima (L'avvocato dei carcerati poveri a Padova nel Quattrocento), sulla legislazione a tutela del lavoro dei garzoni (Antichi ordinamenti veneziani a tutela del lavoro dei garzoni) e sull'obbligo di assumere uffici pubblici (Obbligo di assumere pubblici uffici nelle antiche leggi veneziane).
Il L. tenne l'insegnamento di paleografia e diplomatica all'Università di Padova per trentasette anni, presiedendo la facoltà di lettere tra il 1918 e il 1924, e dedicando alcuni importanti studi alla storia dello Studio patavino. Nel 1924 promosse l'istituzione presso l'Università della scuola storico-filologica delle Venezie, convinto che il personale addetto ai beni culturali dovesse disporre di conoscenze specifiche del contesto storico-istituzionale in cui doveva operare.
Fu, inoltre, nel consiglio della Fondazione Querini Stampalia (1914-19) e nel Comitato nazionale per il latino dell'Alto Medioevo, che presiedette. Nel 1901 entrò a far parte dell'Accademia Patavina, che presiedette nei bienni 1928-30 e 1931-32. Fu socio dell'Accademia dei Concordi di Rovigo (dal 1919), della Deputazione toscana di storia patria (dal 1922), della Società dalmata di storia patria (dal 1927) e, dal 1935 al 1953, membro del consiglio dell'Istituto di studi adriatici.
Il L. morì a Padova il 12 luglio 1957.
Fonti e Bibl.: Un profilo biografico del L., curato dal figlio Lino e già pubblicato in V. Lazzarini, Proprietà e feudi…, cit., pp. 127-138, è stato riedito insieme con la bibliografia aggiornata e completa dei suoi scritti (cui si rimanda per quanto non citato nel testo) e con una miscellanea di profili di studiosi italiani e stranieri in V. Lazzarini - L. Lazzarini, Maestri, scolari, amici. Commemorazioni e profili di storici e letterati a Padova e nel Veneto alla fine dell'Ottocento e nel Novecento, a cura di G. Ronconi - P. Sambin, Trieste 1999.
Si vedano inoltre: G. Ravegnani, Falier, Marino, in Diz. biogr. degli Italiani, XLIV, Roma 1994, pp. 429-438; M. Pavan - G. Arnaldi, Le origini dell'identità lagunare, in Storia di Venezia, I, Origini - Età ducale, a cura di L. Cracco Ruggini et al., Roma 1992, pp. 422 s.; G. Folena, Filologia e umanità, Vicenza 1993, pp. 177, 179, 181, 183, 207, 331, 333 s., 340 s.