LOCCHI, Vittorio
Secondogenito di Vittorio e di Maria Esaltata Bianchi, nacque l'8 marzo 1889 a Figline Valdarno, presso Firenze, tre mesi dopo la morte del padre, ucciso in una rissa. Svolti i primi studi in un collegio di Firenze, frequentò l'istituto tecnico di quella città, nonostante una spiccata inclinazione letteraria, sostenuta dall'insegnante di italiano D. Garoglio, scrittore e poeta di scuola carducciana. Nell'ambiente fiorentino il L. maturò convinzioni nazionalistiche e patriottiche, manifestate, fra l'altro, nel giornale L'Idea studentesca.
Conseguito il diploma di ragioneria nel 1909, pur lavorando come contabile a Firenze, il L. tornò a stabilirsi a Figline, dove dette vita con alcuni compaesani a una compagnia ispirata ad antiche società toscane medievali e quattrocentesche, la "Brigata del Giacchio", cosiddetta per l'ampio pastrano indossato da uno dei fondatori: la Brigata, oltre a occuparsi di letteratura, con l'intento - rimasto inattuato - di dar vita a una casa editrice, fu dedita al teatro e allestì una filodrammatica locale.
Sul finire del 1910, avendo vinto un concorso come impiegato postale, il L. fu trasferito a Venezia e, dopo aver ottenuto la qualifica di capo dell'ufficio di S. Marco, fu nominato ispettore. Durante i cinque anni veneziani, oltre a frequentare il corso di lingue e letterature straniere presso l'Istituto superiore di economia e commercio a Ca' Foscari, il L. formò La Tavolissima, un'associazione che si interessava di arti figurative e di letteratura, e cercò di farsi strada nel giornalismo collaborando come articolista letterario al giornale L'Adriatico. Consolidando la vena drammaturgica già rivelata con la commedia in vernacolo toscano La serenata, scritta e rappresentata a Figline nel 1909, il L. compose a Venezia la commedia La notte di Natale, l'atto unico La tempesta, il dramma in endecasillabi L'uragano (nella collezione "Il teatro de L'Eroica", s.l. né d. [ma Milano 1922]), d'ambiente medioevale e d'intonazione romantica, il cui primo atto fu aggiunto da C. Giacchetti nel 1922, in occasione della prima rappresentazione avvenuta a Firenze. Sempre nel periodo veneziano il L. fece il suo esordio poetico con Le canzoni del Giacchio (Firenze 1914), raccolta di versi giudicata positivamente da S. Benelli e da questo sottoposta a E. Cozzani che, recensendola e offrendone un saggio nella rivista L'Eroica. Rassegna d'ogni poesia (1914, n. 30-31) di cui era editore, prese a occuparsi con interesse della sua produzione.
La raccolta, che deve il suo titolo all'omonima brigata, contiene liriche eterogenee in cui si rintraccia, unitamente a echi dannunziani accompagnati da tonalità carducciane e pascoliane, un realismo ispirato alla tradizione popolaresca toscana di autori quali C. Angiolieri, F. Sacchetti, Burchiello e A. Poliziano. Ne risulta una poesia diretta e vivace, non priva, a tratti, di malinconia, iroso pessimismo e amara satira.
A ulteriore testimonianza del suo interesse per la tradizione poetica popolaresca, il L. curò un'edizione della raccolta Strambotti e ballate (Lanciano 1915) del poeta veneziano L. Giustinian, pubblicata per interessamento di Garoglio nella collana "Scrittori nostri" diretta da G. Papini. Dopo numerosi contatti epistolari, il L. nel 1915 si recò a La Spezia per conoscere direttamente Cozzani, il quale lo introdusse nel gruppo de L'Eroica presentandogli artisti quali G.A. Sartorio, A. Discovolo, E. Baroni, E. Mantelli.
Noto a Venezia per l'acceso interventismo manifestato pronunciando pubblici discorsi in piazza S. Marco, il L., il 5 maggio 1915, fu a Quarto come inviato speciale de L'Idea nazionale per seguire l'orazione di G. D'Annunzio in occasione dell'inaugurazione del monumento ai Mille. Il 25 maggio, all'indomani dell'ingresso dell'Italia in guerra, partì per il fronte dell'Isonzo come tenente della 12a divisione di fanteria, incaricato di organizzare i servizi postali. Pur non combattendo, scelse di svolgere il suo servizio in trincea presso le truppe mobilitate e fu proposto per la medaglia al valor militare, conferitagli alla memoria.
Non trascurando l'attività poetica, il L. compose in quel periodo Il testamento, componimento in strofette di ottonari tra il serio e l'umoristico, pubblicato postumo da Cozzani insieme con La sveglia, cinque sonetti d'intonazione patriottica e antiaustriaca, dedicati al comandante della divisione, il generale P. Ruggeri Laderchi (Milano 1918).
Dopo un periodo di malattia trascorso a Figline, il L. tornò in zona di operazioni militari, e nell'agosto del 1916 prese parte alla conquista della città di Gorizia, che celebrò di lì a poco con il breve poemetto in lasse di versi sciolti La sagra di Santa Gorizia (La Spezia 1917), composto su suggerimento di Ruggeri Laderchi.
Richiamandosi alla lezione classico-oratoria di G. Carducci, il L. descrive l'attesa dei soldati, la battaglia e la conquista della città: riuscì a esprimere, con un linguaggio semplice e quasi popolaresco, il patriottismo e l'ardore bellico. Inizialmente divulgata da pubbliche letture organizzate da Cozzani nelle piazze, nei teatri e al fronte, La sagra dovette il riscontro ottenuto all'efficacia e all'immediatezza dei suoi toni epici, in grado di incitare i combattenti e di tenere vivi i sentimenti patriottici, a conflitto concluso; non a caso, divenne un cavallo di battaglia di attori e dicitori nell'immediato dopoguerra e negli anni che prelusero al fascismo.
Già dal marzo 1916 il L. si era dichiarato disponibile al suo comando per un'eventuale spedizione all'estero: all'inizio del 1917 fu scelto per un corpo di spedizione destinato in Macedonia. Nel gennaio del 1917, prima di lasciare il fronte del Carso, il L. inviò La sagra ad Ada Negri, con la quale da qualche tempo era in corrispondenza, affinché reperisse un editore milanese. La Negri non riuscì nell'intento e, come richiestole dallo stesso L., fece avere il poema a Cozzani perché si occupasse di pubblicarlo.
Il 15 febbr. 1917, il L., imbarcatosi due giorni prima a Napoli sul piroscafo "Minas", perì nel siluramento di questo, a largo di capo Matapan, nel mar Egeo.
Nel marzo 1917, ricevuta conferma della scomparsa, Cozzani provvide a dare alle stampe, nella collana "I gioielli de L'Eroica", La sagra di Santa Gorizia, cui fecero seguito altri lavori poetici del L.: I sonetti della malinconia (Milano 1919); Singhiozzi e risa (ibid. 1920), liriche eterogenee risalenti al periodo veneziano; Le elegie del sereno (ibid. 1921), caratterizzate da una poesia insolitamente composta e maestosa; Tersite (ibid. 1941), poemetto satirico sulla neutralità della Grecia nella prima fase della guerra.
Fonti e Bibl.: V. Cian, Il poeta di Santa Gorizia, in Corriere della sera, 8 ag. 1917; Lettere e cartoline di V. L. (1910-1917) con ritratti, memorie e note, a cura di D. Garoglio, Firenze 1921; A. Galimberti, Dai canti giovanili al "Testamento" di V. L., in Nuova Antologia, 16 marzo 1920, pp. 170 s.; D. Garoglio, V. L. nel sentimento e nel giudizio dei contemporanei, Firenze 1923; L. Lamagna, V. L. poeta-soldato…, Brescia 1926; E. Cozzani, Come visse e come morì V. L., Milano 1937; V. Franchini, V. L., Figline Valdarno 1937; G. Camposampiero, La poesia italiana contemporanea, Roma-Torino 1938, pp. 246-249; P. Giudici, Note e saggi di varia letteratura, Alcamo 1953, pp. 111-114; A. Casseri, Attualità di un caso letterario. V. L. - E. Cozzani. La sagra di Santa Gorizia, Gorizia 1982; F. Mazzoleni, Saggio introduttivo a V. Locchi, La sagra di Santa Gorizia, Roma 1988; La sagra di Santa Gorizia di V. L.: note…, a cura di A. Torrelli, Gorizia 1990; Le notti chiare erano tutte un'alba. Antologia dei poeti italiani nella prima guerra mondiale, a cura di A. Cortellessa e con prefaz. di M. Isnenghi, Milano 1998, pp. 149 s., 159-161; Diz. encicl. della letteratura italiana (Laterza), III, pp. 401-403; Diz. generale degli autori italiani contemporanei (Vallecchi), I, p. 486.