MACCHIORO, Vittorio (Raffaele Vittorio)
Nacque a Trieste il 29 nov. 1880 da Davide, commerciante, e da Noemi Lenghi. Iscrittosi alla facoltà di lettere dell'Università di Bologna, attratto dal magistero di G. Carducci, si formò alla scuola di V. Puntoni per la letteratura greca, con G.B. Gandino per la letteratura latina e con E. Brizio per l'archeologia. All'epoca degli studi bolognesi risale l'amicizia con R. Serra e R. Soriga, futuro studioso del Risorgimento. Il M. si laureò in storia antica con F. Bertolini, il 26 giugno 1904, con la dissertazione L'impero romano nell'età dei Severi, che la Rivista di storia antica cominciò a pubblicare nel 1905 (n.s., X, pp. 201-235) e che fu poi stampata separatamente con l'indicazione di Padova 1906, dopo essere stata compresa in La biologia sociale e la storia (Camerino 1905).
Dal primo lavoro del M. emerge un metodo di ricerca ascrivibile a un ambito di cultura positivista, che utilizza le fonti giuridiche come base documentaria per la comprensione dei fenomeni economici e sociali. Di medesima matrice culturale sono i contributi Il sincretismo religioso e l'epigrafia (Revue archéologique, IX [1907], pp. 141-157, 253-281) e Ricerche demografiche intorno ai colombari (Klio, VIII [1908], pp. 282-301).
Dopo la laurea, insegnò storia in un liceo privato di Camerino. Nel 1907 sposò Rosita Parra, una compagna di studi romagnola, da cui ebbe i due figli Anna Luisa e Aurelio. Sempre nel 1907 vinse il concorso per un posto di conservatore del Civico Museo di Pavia. L'incarico, che tenne dall'ottobre 1907 all'agosto 1909, fu l'occasione per assecondare l'inclinazione verso l'archeologia e per pubblicare i pezzi delle eterogenee collezioni del Museo.
In una testa colossale in marmo individuò una copia della testa dell'Artemis Soteira di Cefisodoto, ricordata da Pausania (Artemis Soteira di Cefisodoto, in Jahreshefte des Österreichischen Archäologischen Institutes in Wien, XII [1909], pp. 185-197), con un'attribuzione rimasta problematica. Lo studio di un cratere a figure rosse, da lui ritenuto di fabbrica cumana - ma attualmente attribuito alla produzione apula - fu il primo di una serie di importanti contributi sulla ceramografia italiota (Nuova rappresentanza vascolare del mito di Oreste, ibid., pp. 318-326); pubblicò poi un saggio sul significato simbolico dell'arte sepolcrale romana (Il simbolismo nelle figurazioni sepolcrali romane. Studi di ermeneutica, in Memorie della R. Acc. di archeologia, lettere e belle arti di Napoli, I [1911], parte 2, pp. 10-143).
Nel luglio del 1909 ottenne il trasferimento presso la soprintendenza archeologica di Napoli e, quale ispettore presso il Museo archeologico nazionale, si trovò ad affrontare il problema della classificazione dell'enorme quantità di ceramica delle necropoli della Magna Grecia.
Attraverso lo studio dei documenti inediti dell'archivio del Museo ricostruì la provenienza dei vari pezzi, individuando, con l'analisi stilistica, le diverse fabbriche di produzione. Critico verso un'indagine di natura esclusivamente estetica, fu tra i primi archeologi italiani a valutare storicamente la produzione vascolare italiota. La sua classificazione, che intendeva correggere quella ormai consolidata di G. Patroni, apparve in vari contributi: Per la cronologia dei vasi canosini, in Mitteilungen des Kaiserlich-Deutschen Archäologischen Instituts, XXV (1910), Röm. Abt., pp. 168-196; Per la storia della ceramografia italiota, ibid., XXVI (1911), pp. 187-213; XXVII (1912), pp. 21-36, 163-188; I ceramisti di Armento in Lucania, in Jahrbuch des Deutschen Archäologischen Instituts, XXVII (1912), pp. 265-316. Il suo sistema cronologico inizialmente apprezzato - non da Patroni che espresse subito il suo scetticismo (Questioni vascolari. A proposito di recenti scritti intorno alle antiche ceramiche(, in Atti della R. Accademia dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze fis., mat. e naturali, s. 5, XXI [1912], pp. 549-606) - fu poi sottoposto a revisioni e critiche.
Nel 1910 si dedicò alla riflessione teorica sulla storia dell'arte, criticandone l'impostazione "evoluzionistica" che lasciava in ombra le scuole "minori" (Questioni di metodo, in Atene e Roma, XIII [1910], coll. 293-302). Allo studio delle collezioni vascolari intanto affiancava l'indagine sul territorio (Notizie degli scavi di antichità, s. 5, VIII [1911], pp. 327-331; Le terme romane di Agnano, in Monumenti antichi pubblicati per cura della R. Acc. dei Lincei, XXI [1912], pp. 224-283). Dalla fine del 1912 si dedicò, con L. Correra, alla cura della rivista Neapolis, che sarebbe divenuta l'organo ufficiale della Commissione archeologica comunale.
Accanto al M., che si concesse ampio spazio, vi scrissero studiosi di fama italiani e stranieri (P. Orsi, A. Maiuri, M.I. Rostovcev, A. Reinach).
Nel giugno del 1913 conseguì la libera docenza in archeologia nell'Università di Napoli. Gli anni napoletani furono importanti per la crescita professionale del M., che si mostrava studioso ambizioso e incline alla polemica; e tale rimase nel corso di tutta la sua carriera, segnata da continui dissidi.
Scoppiata la prima guerra mondiale partì come volontario arruolandosi, il 31 ott. 1915, nell'81( reggimento di fanteria di stanza a Roma.
Aveva maturato tale scelta in un clima d'aperta ostilità perché sospettato di sentimenti antitaliani e di spionaggio a favore dell'Austria: triestino, bilingue, membro corrispondente dell'Istituto austriaco di archeologia di Vienna, frequentava gli austriaci raccolti intorno alla libreria Detken. Fu anche inserito nell'elenco dei sospetti della prefettura di Napoli e sottoposto a vigilanza. In risposta alle accuse (duri attacchi ebbe dal giornale L'Idea nazionale), scrisse articoli d'intonazione patriottica e l'opuscolo Lettere agli Italiani (Napoli 1915).
Nel marzo 1916 fu inviato al fronte, sul Col di Lana; disperso e scampato fortunosamente alla morte per assideramento, nell'agosto 1916 fu ricoverato all'ospedale di Andraz, quindi congedato il 4 novembre di quell'anno.
Rientrato in servizio, avrebbe voluto tornare nella sede di Napoli ma, essendo la sua presenza in quella città ancora vista con sospetto, il 16 marzo 1917 fu trasferito d'ufficio alla direzione della Galleria Estense di Modena. Destinato, dal 1º giugno 1918, alla soprintendenza agli scavi di Torino, fu infine richiamato a Napoli il 1º genn. 1919 e, dal 1º aprile di quell'anno, assegnato alla soprintendenza ai monumenti, con sede nel Palazzo reale. Nel 1921 tornò alla sovrintendenza archeologica, dove rimase fino al 1936. Dal novembre 1923 all'agosto 1929 prestò servizio presso l'Ufficio per l'esportazione artistica di Napoli.
Nell'ambito dell'attività scientifica gli anni del dopoguerra furono segnati dai mutati interessi del M., il quale dopo l'episodio occorsogli durante il conflitto - da lui interpretato come segno di un intervento divino - si era orientato verso la storia delle religioni, in particolare verso le diverse forme del misticismo antico, oggetto che più si confaceva alle sue inclinazioni verso l'astrazione.
Una serie di scritti s'inquadra nel nuovo campo d'indagine: Orphica. Quesiti di ermeneutica vascolare, apparso in più riprese nella Rivista indo-greco-italica di filologia, lingua, antichità (I [1917], 4 - [1918], 1, pp. 69-88; II [1918], 2 pp. 43-63; II [1918], 3-4, pp. 73-94); Dionysiaka, in Atti della R. Acc. di archeologia, lettere e belle arti di Napoli, VI (1918), 2, pp. 1-60; Dionysos Mystes, in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, LIV (1918), pp. 126-138, 222-238; Il rito funerario orfico, in Arch. stor. per la Sicilia orientale, XVI-XVII (1919-20), pp. 127-135; Orfismo e cristianesimo, Napoli 1920.
Il lavoro di maggior impegno e che gli diede fama fu tuttavia una storia dell'orfismo, Zagreus: studi sull'orfismo (Bari 1920).
L'opera - che riflette l'influenza del pensiero modernista cattolico sulla linea tracciata da E. Buonaiuti - prende l'avvio dall'esegesi delle pitture della villa dei Misteri di Pompei, interpretate come la rappresentazione di una "liturgia orfica". Dopo un'analisi dell'orfismo, delle sue origini, manifestazioni e diffusione, il M. ne illustra le influenze sul pitagorismo, sulle filosofie eraclitea e platonica e sul cristianesimo che, nella visione del M., avrebbe avuto "il medesimo sostrato mitico o teologico".
I suoi studi successivi dedicati all'orfismo (Eraclito. Nuovi studi dell'orfismo, Bari 1922; Orfismo e paolinismo. Studi e polemiche, Montevarchi 1922; L'origine orfica della cristologia paolina, ibid. 1923), confluirono in una seconda edizione di Zagreus (Firenze 1930), di oltre 600 pagine. L'interpretazione dell'orfismo proposta dal M. non trovò sempre unanimi consensi, in particolare tra gli storici francesi delle religioni; tuttavia più recentemente è stata ribadita l'importanza dell'opera del M. nella storia di quegli studi (M. Detienne, Les chemins de la déviance: orphisme, dionysisme et pythagorisme, in Orfismo in Magna Grecia. Atti del XIV Convegno( sulla Magna Grecia, Taranto( 1974, Napoli 1976, p. 50).
Nel 1928 pubblicò Roma capta (Messina), un saggio sulla decadenza della religione di Stato dei Romani. Intanto la sua fisionomia di studioso veniva mutando. Ebreo (proveniva da una famiglia di ebrei sefarditi), convertito al cattolicesimo ai tempi dell'università, avvicinatosi al protestantesimo nei primi anni Venti, si dedicò alla scrittura di testi d'argomento religioso (L'Evangelio, Firenze 1922; Teoria generale della religione come esperienza, Roma 1922; Lutero, ibid. 1924), in adesione al movimento neoprotestante. Accolto nella comunità valdese di Napoli, collaborò a Conscientia (settimanale della Chiesa battista di Roma), Bilychnis e Fede e vita. Nel 1921, con l'amico A. Renda, fondò la rivista Gnosis.
Ormai noto in campo internazionale soprattutto grazie agli studi sull'orfismo, il M. stabilì una corrispondenza con lo storico delle religioni rumeno Mircea Eliade, che lo ebbe in grande stima. Nel 1929 tenne conferenze a Berlino, Heidelberg, Francoforte, Praga, Vienna, Graz; nello stesso anno fu chiamato alla Columbia University di New York, dove si trattenne tutto il 1930, per inaugurare un ciclo di lezioni di storia delle religioni. Fu poi a Chicago per un corso di perfezionamento di religione e mistica greca e, nel 1932, in università della Virginia e del Nebraska. Durante il soggiorno americano scrisse corrispondenze per Il Mattino e fu in seguito collaboratore anche della Gazzetta del popolo e del Resto del carlino. Tornato a Napoli, nel dicembre 1933 accolse la proposta del console generale italiano a Calcutta, G. Scarpa, di compiere una missione culturale in India come visiting professor.
L'iniziativa rientrava nel quadro della politica estera del governo fascista che, sostenendo il nazionalismo indiano in funzione antibritannica, promuoveva scambi culturali e commerciali con l'India. Le conferenze tenute dal M. a Benares, Delhi, Calcutta, nelle università e presso la Young Men's Christian Association (YMCA), inizialmente incentrate sull'orfismo e sulla religione greca passarono poi a illustrare storia, letteratura e arte italiane, nonché l'azione politica di B. Mussolini; il M. entrò quindi in contatto con rappresentanti del partito nazionalista e con alcuni membri del governo angloindiano.
La missione, punteggiata da progetti falliti, deluse in definitiva le aspettative del M., che nel 1935 tornò amareggiato a Napoli. Nel 1936 fu trasferito a Trieste, presso la soprintendenza della Venezia Giulia, dove diresse lo scavo del teatro romano di Trieste (Le statue del teatro romano di Trieste, Trieste 1938) e dell'area del foro di Zuglio (Jahrbuch des Deutschen archäologischen Instituts, LIII [1938], pp. 629-632). Nel 1938 fu costretto al pensionamento dall'entrata in vigore delle leggi razziali. Questa data segnò un nuovo punto di svolta nella vita del M. che, da quel momento, abbandonò deliberatamente ogni attività scientifica per dedicarsi alla sua vocazione letteraria.
Il M. non era nuovo alla scrittura creativa: aveva già pubblicato il poema drammatico La città del sole (Bologna 1902), una raccolta di Odi e sonetti (ibid. 1904) e il poema Orfeo, una tragedia mitica (Firenze 1929). Adottando il nome di Benedetto Gioia, scelto in polemica con Benedetto Croce, si dedicò alla scrittura di romanzi, spesso d'ispirazione autobiografica, costruiti nella dimensione dell'occulto. La sua religiosità infatti si era andata trasformando, deviando verso lo spiritismo, il satanismo, la cartomanzia, fino a toccare le soglie della psicopatologia. Pubblicò Il gioco di Satana (Bari 1938), La grande luce (ibid. 1939) e Elisabetta Sanna serva di Dio (Roma 1946). Collaborò, sempre sotto pseudonimo, con l'Osservatore romano.
Dopo la guerra, durante la quale fu internato in un campo di concentramento, fu reintegrato in servizio e destinato alla soprintendenza archeologica di Roma (1946). Si congedò definitivamente nel 1947.
Il M. morì a Roma il 27 nov. 1958.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero dell'Interno, Direz. gen. di Pubblica Sicurezza, Divisione Affari generali e riservati, cat. A1, 1938, b. 36; Ministero della Pubblica Istruzione, Direz. gen. archeologia e belle arti, Divisione I, Personale cessato al 1956, b. 86; presso l'Archivio storico dell'Università degli studi di Trieste si conserva il Fondo Macchioro, donato dal figlio Aurelio; nella Biblioteca civica Carlo Bonetta di Pavia si conservano 53 lettere del M. a R. Soriga (1909-30); necr. in Il Piccolo, 13 genn. 1959 (E. De Martino). C. Maccabruni, V. M., in Per così piantare col tempo la sua picciol libreria 1887-1987, Pavia 1987, pp. 95-97; F. Milani, Inventario sommario delle carte di R. Soriga, ibid., p. 109; L. Rebaudo, V. M. (1880-1958): un archeologo triestino a Napoli fra il 1909 e il 1915, in Rendiconti dell'Acc. di archeologia lettere e belle arti di Napoli, n.s., LXI (1987-88), pp. 143-165; R. Di Donato, Preistoria di Ernesto De Martino, in La contraddizione felice? Ernesto De Martino e gli altri, a cura di R. Di Donato, Pisa 1990, pp. 41-67; L. Rebaudo, V. M., storico e archeologo, ibid., pp. 205-220; M. Gandini, R. Pettazzoni nel primo dopoguerra (1919-1922). Materiali per una biografia, in Strada maestra. Quaderni della Biblioteca comunale G.C. Croce, XLIV (1998), pp. 97-214; La storia del pensiero economico come "storia etico-civile". Intervista ad Aurelio Macchioro, a cura di T. Maccabelli - L. Michelini, in Il Pensiero economico italiano, IX (2002), 1, pp. 1 s., 8; I. Capiluppi, Un "inviato speciale" di Mussolini in India. La missione culturale di V. M. (1933-1935), in Storiografia, VII (2003), pp. 117-137.