MANDELLI, Vittorio
Nacque a Vercelli il 14 giugno 1799 da Mauro Domenico, notaio, e da Francesca Albano. Compì i primi studi nella città natale meritandosi un posto gratuito nel liceo imperiale di Casale, di cui non usufruì, dato che con l'avvento della Restaurazione l'istituto fu soppresso. Il padre, intrapresa la carriera militare, lo portò con sé nelle diverse città in cui fu dislocata la brigata di Saluzzo, di cui era comandante. Oltre ad avvalersi di insegnanti privati, fra il 1815 e il 1816, il M. frequentò la scuola d'istituzioni civili a Nizza. Trasferitosi a Cuneo, iniziò dalla metà del 1816 la pratica per la professione di causidico e, dopo un anno e mezzo di tirocinio presso studi notarili di Torino e Genova, nell'aprile 1819 presentò istanza a Vittorio Emanuele I per poter sostenere l'esame di causidico presso il Senato di Genova. Tornato a Vercelli, si avviò alla professione notarile e il 30 dic. 1820 fu iscritto nella matricola dei notai di questa città. Per i primi tre anni tenne lo studio nella casa paterna, dove continuò a vivere anche nel primo periodo del suo matrimonio con la concittadina Vittoria Arfini, che sposò il 15 apr. 1822 e da cui ebbe quattro figli.
Nel 1825 il M. fu nominato segretario dell'ospedale Maggiore degli infermi sotto il titolo di S. Andrea, carica che ricoprì con impegno e che gli fruttò la promozione a segretario capo emerito. L'archivio dell'ospedale, che comprendeva documenti risalenti fino al XII secolo, era in uno stato di completo abbandono e fu merito del M. se un patrimonio culturale importantissimo per la storia vercellese fu risistemato, inventariato e conservato in modo più appropriato.
Ricevette un primo incarico di riorganizzare l'archivio nel 1828. Quando giunse l'editto del 1836, che introduceva il controllo dei patrimoni delle Opere pie prescrivendo a tali istituti la redazione dell'inventario delle carte relative alla proprietà e diritti sui beni di appartenenza, il lavoro di riordinamento era già stato svolto sulle carte più recenti, che furono inventariate in caselle territoriali. Nel 1854 la direzione dell'ospedale conferì ufficialmente al M. l'incarico di riorganizzare la parte antica dell'archivio, comprendente documenti dal 1148 al 1555, nonché tutto l'archivio medio, dal 1555 al 1836, anno, appunto, del riordinamento delle Opere pie.
Nel corso degli anni il lungo lavoro di catalogazione e trascrizione delle antiche carte divenne un impegno assiduo, tanto che lo stesso M., nella lettera del 16 giugno 1854 con cui accettava l'incarico di riordinamento, scriveva che vi si era impegnato per sedici anni "pei quali già si trovano in pronto di mio carattere le analisi della maggior parte dei documenti".
Ma alla passione archivistica presto si affiancò il desiderio di pubblicare il frutto delle ricerche sul periodo municipale, che furono estese anche al di fuori dell'ospedale Maggiore, in istituzioni come l'Archivio civico e quello capitolare, l'Archivio eusebiano e quello dell'abbazia di S. Andrea o in archivi privati di nobili famiglie fra cui gli Avogadro della Motta, gli Avogadro da Quinto, il marchese Berzetti Buronzo di Murazzano, il conte Arborio Biamini di Caresanablot.
Il primo saggio Del governo civile di Vercelli nel secolo XII, fu pubblicato nel Diario vercellese del 1847 (nuova ed., a cura di R. Ordano, Vercelli 1990); nell'anno seguente uscì a Vercelli, in forma di opuscolo con la data 15 marzo 1848, quello dedicato al Collegio de' dottori di Vercelli.
Il 1848 fu caratterizzato da una polemica sorta intorno alla nomina del M. quale sottotenente e segretario del Consiglio di disciplina presso la legione della milizia nazionale di Vercelli: la controversia fu accesa da un anonimo cronista del Messaggiere torinese diretto da A. Brofferio che, il 26 ag. 1848, pubblicò un trafiletto in cui il notaio era accusato di essere troppo zelante nelle pratiche religiose e retrogrado. Il M. rispose alle accuse con una lettera pubblicata il 14 sett. 1848 nella Tribuna del popolo in cui, rivendicando la propria fiducia in una forma moderata di liberalismo, affermava pure che "la vera libertà non solamente si confà colla religione, ma anzi prende le mosse dalla medesima". A riprova della fede nelle istituzioni costituzionali faceva notare che il suo primo saggio, dedicato alle vicende vercellesi del periodo municipale, redatto nel dicembre 1846, era stato pubblicato prima che le riforme albertine del 29 ott. 1847 aprissero uno spiraglio in senso liberale e allentassero la morsa della censura.
Del resto molte delle frequentazioni del M. erano costituite da esponenti del mondo religioso: al vertice dell'ospedale Maggiore era il canonico G. Lampugnani; intenso fu il rapporto con l'erudito canonico G. Barberis, archivista capitolare, e con il padre F. Calandri, rettore dell'orfanotrofio di S. Maria Maddalena; intrattenne inoltre rapporti di stima con il padre somasco G.B. Adriani, uomo di vasta cultura con cui condivideva la passione per le ricerche storiche.
Il M. legò la fama di storico agli studi dedicati al Comune di Vercelli nel Medio Evo (I-IV, Vercelli; i primi tre volumi furono stampati in 14 dispense tra il 1857 e il 1858, il quarto, postumo, nel 1861). Da alcuni anni nel Consiglio di direzione degli asili infantili vercellesi, il M. finanziò le spese di stampa rinunciando a ogni compenso per l'edizione, il cui ricavato fu devoluto agli asili.
Il progetto iniziale dell'opera era quello di narrare le vicende del Comune di Vercelli dal 1200 al 1254, gli anni di maggiore prosperità e potenza di quel governo che, poco dopo la morte di Federico Barbarossa, aveva preso il titolo di "Repubblica di Vercelli".
Dopo aver completato i primi tre volumi, il M. proseguì le ricerche con l'intenzione di giungere al 1335, epoca in cui la Repubblica di Vercelli perse l'indipendenza e dovette sottomettersi al signore di Milano, Azzone Visconti.
I suoi studi furono, tuttavia, interrotti dalla morte che lo colse improvvisamente a Vercelli il 6 febbr. 1861.
Il Comune di Vercelli nel Medio Evo copre complessivamente l'arco di un secolo, dal 1200 al 1301, ma fra le carte del M. fu ritrovato uno scritto inedito dedicato a "Osservazioni e giunte al saggio di storia vercellese I Tizzoni e gli Avogadri di Domenico Capellina", che almeno in parte completava la narrazione fino al 1335. Il lavoro, che ricostruisce sulla base di numerosi documenti inediti la storia municipale vercellese, si ispira alle opere di L.A. Muratori e, non limitandosi a narrare la storia degli avvenimenti politici, punta invece, secondo un recente giudizio, a costruire un modello di storia globale: la sua, dunque, "non è soltanto storia degli avvenimenti politici, ma è al tempo stesso storia delle istituzioni comunali, storia economica, storia della Chiesa e degli enti assistenziali, nonché affresco della vita quotidiana e indagine sulla topografia storica della città" (Panero, 2003, p. 78). Così, un intero libro è dedicato all'amministrazione interna dello Stato e ricca di ampia documentazione è la storia ecclesiastica della città. Le ricerche sull'ospedale Maggiore, sullo "Studio generale" vercellese e quelle relative alla lira pavese, moneta in uso a Vercelli nei secoli XIII e XIV, furono anche stampate a parte come estratti. Di particolare interesse è la dispensa sullo "Studio generale", costituito a Vercelli nel 1228, che operò fino al 1400, in competizione con quelli di Bologna e di Padova.
L'opera del M. fu apprezzata da diversi periodici italiani ed esteri, e in particolare dall'Archivio storico italiano (recensione di P. Rotondi, 1858, t. 7, pt. 1, pp. 161-169; articolo poi ripreso dal giornale vercellese Il Paese del 24 agosto e del 7 sett. 1858; nel dicembre 1859 una recensione di diciannove pagine comparve in La Civiltà cattolica).
Tra i riconoscimenti ufficiali ottenuti spiccano la nomina a socio corrispondente della R. Deputazione sopra gli studi di storia patria (11 apr. 1858) e dell'Istituto storico di Francia (27 apr. 1860), nonché le insegne di cavaliere dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (19 luglio 1860). Proprio dalla Deputazione gli venne l'incarico dell'edizione per la collana Monumenta historiae patriae degli statuti di Vercelli del 1241. La trascrizione del testo dell'antico codice era stata compiuta per cura della R. Deputazione: il M. ricevette il manoscritto originale e la copia eseguita dalla Deputazione alla fine di giugno 1859 e vi lavorò assiduamente per circa un anno, coadiuvato nella decifrazione di alcune difficili note a margine del canonico G. Barberis. Il lavoro fu sicuramente terminato prima del 24 nov. 1860, ma l'opera, con il titolo Statuta Communis Vercellarum ab anno MCCXLI, fu data alle stampe a Torino solo nel 1876 a cura di Adriani che se ne era appropriato utilizzando il manoscritto del M., copiandone quasi integralmente l'introduzione, ampliandola con tre lunghe ed erudite integrazioni e apportando aggiunte alle note e agli indici.
Quando nella seduta della Deputazione del 30 maggio 1861 fu commemorato il M., Adriani aveva comunicato che gli Statuta erano pronti per la stampa. Lo storico G. Claretta, dal 1860 socio corrispondente della Deputazione, nel 1862 aveva consultato personalmente il manoscritto originale del M. e nell'articolo Della vita e degli scritti di V. M. vercellese pubblicò l'inizio della prefazione. Nello stesso anno C. Dionisotti, in Notizie biografiche dei vercellesi illustri (Biella 1862, pp. 130 s.), annunciò la prossima pubblicazione degli Statuti vercellesi curati dal Mandelli. Passarono invece 15 anni dalla morte del M. prima che l'edizione a stampa apparisse, e nessuno chiarì la vera paternità dello scritto. La verità venne alla luce solo quando, nel 1934, I.M. Sacco trovò, fra le carte di Adriani conservate nella Biblioteca civica di Cherasco il manoscritto originale. Proprio a Vercelli il 15 sett. 1934, in occasione del XXVII congresso storico subalpino, Sacco lesse una relazione su L'edizione degli "Statuti e Monumenti storici del Comune di Vercelli" di G.B. Adriani rivendicata allo storico vercellese V. M., poi pubblicata nella rivista Comunicazioni della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici per la provincia di Cuneo. Le vicende connesse all'edizione sono state in anni recenti ricostruite da I.M. Adorno, R. Ordano, F. Panero e in particolare da G.S. Pene Vidari.
Fonti e Bibl.: Viverone, Arch. Mandelli, bb. 1-2; Arch. di Stato di Vercelli, Ospedale S. Andrea, voll. 81, 82, 89; Cherasco, Biblioteca civica G.B. Adriani, Carte Adriani, cart. 442, f. 3; Il Comune di Vercelli nel Medio Evo. Studi storici di V. M., in La Civiltà cattolica, X (1859), pp. 701-719; G. De Agostini, Biografia di V. M. in V. Mandelli, Il Comune di Vercelli nel Medio Evo. Continuazione al libro II: vicende politiche dall'anno 1254 al 1301, Vercelli 1861, pp. V-XVIII; G. Claretta, Della vita e degli scritti di V. M., vercellese, in Riv. italiana, III (1862), pp. 1276-1280; I.M. Sacco, Unicuique suum (A proposito di Gian Battista Adriani), in Comunicazioni della Soc. per gli studi storici, archeologici ed artistici per la provincia di Cuneo, VI (1934), pp. 31-38; Atti del XXVII Congresso storico subalpino, Vercelli, 1934, in Boll. storico-bibliografico subalpino, XXXVII (1935), pp. 186, 206 s.; I manoscritti della Biblioteca civica di Vercelli (catal.), a cura di R. Ordano, Vercelli 1988, pp. 92-94; R. Ordano, Al ladro!, in Id., Briciole di storia, Vercelli 1992, pp. 176 s.; I.M. Adorno, Un giallo storico. L'edizione ottocentesca degli "statuti antichi" del Comune di Vercelli, in Riv. di storia del diritto italiano, LXVI (1993), pp. 491-511; F. Panero, Introduzione, in L'opera di Giovan Battista Adriani fra erudizione e storia. Atti del Convegno, Cherasco, 1995, a cura di D. Lanzardo - F. Panero, Cuneo 1996, pp. 7-13; G.S. Pene Vidari, Giovan Battista Adriani e la Deputazione di storia patria, ibid., pp. 19-37; V. M. 1799-1999. Atti del Convegno, 1999, Vercelli 2003 (con saggi di M.F. Gallifante, G.S. Pene Vidari, F. Panero, G. Ferraris, R. Ordano).