POGGI, Vittorio
POGGI, Vittorio. – Nacque a Torino il 20 dicembre 1833 da Giuseppe, funzionario della Corte dei conti di cospicua famiglia albisolese, e da Adele Pisani.
Rimasto prematuramente orfano di entrambi i genitori, e per questo affidato alla diretta potestà degli zii paterni, compì gli studi primari presso il real collegio delle Scuole pie di Savona, ove ricevette dai padri scolopi un’eccellente educazione intellettuale, morale e civile, condivisa da altri giovani di alto ingegno e belle speranze (Anton Giulio Barrili, Giuseppe Saredo, Pietro Sbarbaro, Leopoldo Marenco e Paolo Boselli) ai quali rimase affettuosamente legato per tutta la vita. Frequentò quindi con profitto la facoltà giuridica dell’Ateneo genovese, addottorandosi nel luglio 1856 e avviandosi, da tirocinante, alla professione forense, mai di fatto esercitata.
Nel vivace ambiente culturale ligure del tempo, più tardi evocato nelle sue Reminiscenze giovanili (pubblicate in La Strenna savonese per l’anno 1894, Savona 1894, pp. 64-77 e in La Strenna savonese per l’anno 1895, Savona 1895, pp. 101-117) come fervido di idee democratiche e intensi fermenti patriottici, fu presto attratto dal giornalismo politico-letterario, dapprima collaborando a fogli periodici di ispirazione cattolico-liberale (Il Saggiatore e Il Diario savonese), in seguito (dicembre 1858) fondando e dirigendo – con l’aiuto di suo cugino, l’avvocato repubblicano Giuseppe Carcassi – il quotidiano di interessi economici San Giorgio, lestamente convertito in battagliero organo di propaganda monarchica e unitaria con il nome di La Nazione, non appena fu avvertito prossimo lo scontro aperto con l’Austria.
Nella primavera del 1859 lasciò di punto in bianco il giornale, di cui erano redattori, tra gli altri, Nino Bixio, Ugo Assereto e Agostino Bertani, per prendere parte alla seconda guerra d’indipendenza, arruolandosi come volontario nel corpo dei cacciatori della Magra, di lì a breve trasformato in brigata «Modena» (41° reggimento). Entrato in tal modo da sottotenente nelle file dell’esercito regolare, vi militò come ufficiale di fanteria per trent’anni, partecipando alla campagna garibaldina del 1866 in Trentino, alla repressione del brigantaggio nelle province meridionali, e passando infine nella riserva, a cui venne iscritto nel 1890 con il grado di tenente colonnello.
L’attività militare, svolta in prevalenza nell’Italia settentrionale (fu di stanza a Parma, Lodi, Piacenza e infine a Pavia), non lo dovette impegnare più di tanto se nell’ultimo quarto dell’Ottocento, e in particolare dal 1874 in avanti per un quindicennio, poté dedicarsi toto corde alla pubblicazione di seri studi di antichistica (una trentina in tutto), circa la metà dei quali concernenti l’Italia preromana e alcuni caratteri peculiari della civiltà etrusca, che in linea con l’elaborazione storiografica micaliana, stimava un rilevante capitolo della millenaria storia patria.
In quest’ambito, dotato di un’ampia cultura e fornito di spiccate attitudini per ricerche filologiche ed epigrafico-linguistiche, si dedicò con competenza all’edizione e al commento di iscrizioni latine, leponzie, venetiche e (soprattutto) etrusche, rivelando un elevato dominio dello strumentario analitico allora vulgato, un discreto bagaglio di conoscenze tecniche sulla struttura morfologico-lessicale degli idiomi predetti, ma soprattutto una profonda dimestichezza con i più evoluti metodi interpretativi elaborati dalla comparatistica indoeuropea di matrice tedesca, pur praticando egli un eclettico e pragmatico approccio ermeneutico agli antichi testi, che pare anticipatore di quello «bilinguistico» inaugurato e proficuamente impiegato solo mezzo secolo più tardi (Agostiniani, 1993, p. 71).
Pur non essendo provvisto di una formazione di base specifica e adeguata, i suoi acuti, equilibrati e talvolta innovativi lavori in tema di linguistica etruscologica, di italicistica e di antiquaria tout court gli fecero presto acquisire un ruolo di stimato interlocutore dei maggiori rappresentanti contemporanei di quelle branche accademiche, tanto italiani (Ariodante Fabretti, Luigi Pigorini, Edoardo Brizio) quanto stranieri (Wilhelm Henzen, Theodor Mommsen, Wilhelm Corssen, Wilhelm Deecke, Carl Pauli). Essendogli altresì proprie delle innate capacità manageriali e fondate competenze museografiche, venne tenuto in gran considerazione dall’amministrazione dei Beni culturali dell’Italia postunitaria, tanto da essere chiamato a Firenze, nel marzo 1880, per coordinare i lavori preparatori all’apertura del nuovo Museo archeologico cittadino nella sede di palazzo della Crocetta. Ricostruita con dovizia di particolari dedotti da inediti documenti d’archivio (Capecchi, 1989-1990, pp. 199 ss.), la poderosa attività di revisione inventariale, catalogazione sistematica e razionale ordinamento di antichità svolta da Poggi si concluse solo un anno più tardi con il suo completo e amaro esautoramento dall’impresa in favore del più giovane filologo e numismatico Luigi Adriano Milani, con conseguente, intenzionale, rimozione di molte delle tracce ufficiali del suo operato analitico-descrittivo e con l’utilizzo ‘dissimulato’ della documentazione da lui comunque prodotta. Fattori tutti che oltre a far calare una spessa coltre di silenzio su questo particolare episodio della sua carriera professionale, lo indussero senz’altro a ‘ripudiare’ l’etruscologia e a rivolgere altrove i propri interessi.
Lasciato senza rammarico il servizio attivo nell’esercito, infatti, Poggi cominciò a orientare pressoché esclusivamente le sue ricerche verso la Riviera ligure, culla dei suoi avi, dando alle stampe apprezzati contributi in diversi campi (storia, archeologia, letteratura, araldica, belle arti, agiografia, numismatica, folklore), alcuni di taglio divulgativo e d’occasione, a cui fornirono per lo più argomento aspetti caratteristici della sua attività pubblica (nn. 40-115 dell’elenco fornito da Scovazzi, 1934, pp. 29-32).
Nel febbraio del 1890, per diretto interessamento di Paolo Boselli venne nominato regio commissario alla certosa di Pavia, con l’incarico di elaborare nel più breve tempo possibile un progetto di riqualificazione e salvaguardia strutturale dell’insigne complesso architettonico. Ottemperato a tale mandato in soli due mesi e affidato l’edificio storico al nuovo conservatore, responsabile dell’esecuzione dei lavori da lui stabiliti, Poggi fu in seguito destinato all’ufficio di commissario per le Antichità e belle arti della Liguria (27 luglio 1890), nell’ambito del quale diede un’ulteriore prova della sua infaticabile operosità scientifica, con l’inventariazione degli oggetti d’arte antica e moderna di proprietà governativa concessi in deposito al Municipio di Genova per essere esposti nelle sale di Palazzo Bianco, destinato a sede del nuovo Museo civico. Soppresso il commissariato regionale con d.m. 1° ottobre 1891, si stabilì definitivamente con la famiglia a Savona, ove sostituì il marchese Carlo Montesisto nella carica di prefetto della Biblioteca governativa e dell’Archivio civico (1892-1914).
A queste istituzioni culturali savonesi dedicò tutta la sua matura energia, promuovendone un radicale ammodernamento e valendosene per la redazione di originali dissertazioni storiche d’ambito municipalistico (assai più approfondite di quelle dei vari Gian Tommaso Belloro, Tommaso Torteroli e Nicolò Cesare Garoni), nonché di utili strumenti di supporto allo studio della società, della politica e dell’economia locali dall’XI al XVI secolo.
Dottore aggregato alla facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Genova (dal 1892-93 al 1911-12), membro della commissione conservatrice dei monumenti per la Provincia di Genova (dal 1896), ispettore per i monumenti e gli scavi del circondario di Savona, presidente della commissione per la Pinacoteca civica (1894-1914), la sua poliedrica opera di storico gli procurò alte e lusinghiere onorificenze, nonché l’ascrizione a numerose e reputate accademie.
Morì ottantunenne a Savona il 31 dicembre 1914.
Dalla moglie, Marina Minuto, sposata nel 1865, aveva avuto cinque figli (Umberto, Guido Domenico, Giuseppe, Poggio e Adelina).
Fonti e Bibl.: Per un primo approccio alla figura di Vittorio Poggi si rimanda alle seguenti rievocazioni post mortem e alle commemorazioni edite in occasione del primo centenario della sua nascita: Anonimo, in Rivista storica italiana, XXXII (1915), 3, p. 388; [G. Carocci], in Arte e Storia, s. E. Baldino, in Il Dovere. Corriere Ligure, XII, 1, 2 gennaio 1915, p. 2; 6, XXXIV (1915), 2, p. 64; [L. Pigorini], in Bullettino di paletnologia italiana, s. 5, XLI (1915), 1-6, p. 93; F. Poggi, in Atti della società ligure di storia patria, XLIX (1919), 1, pp. 192 s.; I. Scovazzi, in Rassegna della Provincia di Savona, II (1933), 12, pp. 17-29; C. Bornate, in Giornale storico e letterario della Liguria, X (1934), 1, pp. 52 s. I. Scovazzi, in Atti della società savonese di storia patria, XVI (1934), pp. 3-32, con elenco cronologicamente ordinato degli scritti. Si vedano inoltre: A. De Gubernatis, Dizionario biografico degli scrittori contemporanei, II, Firenze 1880, p. 826; Id., Dictionnaire international des écrivains du monde latin, II, Rome 1905, pp. 1169 s.; Supplement et Index, Rome-Florence 1906, p. 149; G. Zimolo, P. V., in Dizionario del Risorgimento nazionale dalle origini a Roma capitale, diretto da M. Rosi, III, Le persone, Milano 1933, p. 923; E. Dervieux, L’opera cinquantenaria della r. deputazione di storia patria di Torino, Torino 1935, pp. 421-426, 563; S. Lodovici, Storici, teorici e critici delle arti figurative (1800-1940), Roma 1942, pp. 290 s.; E. Baldassarre - R. Bruno, Schedario degli uomini illustri in Savona, Savona 1981, p. 194; G. Capecchi, Un catalogo mai edito, un disegno archiviato. V. P. e la nascita del Museo archeologico di Firenze, in Annali della facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Perugia. 1. Studi classici, n.s., XIII (1989-1990), pp. 197-230; L. Agostiniani, Per la storia dell’etruscologia ottocentesca: la figura scientifica di V. P., in Archeologia classica, XLIII (1991), pp. 491-509 (ora in Scritti scelti di Luciano Agostiniani. Omaggio per il suo 65mo compleanno, II, a cura di A. Ancillotti et al., Napoli 2007, pp. 377-395); L. Agostiniani, La conoscenza dell’etrusco e delle lingue italiche negli studiosi italiani dell’Ottocento, in Lo studio storico del mondo antico nella cultura italiana dell’Ottocento, a cura di L. Polverini, Napoli 1993, pp. 71 s.; R. Beccaria, I periodici genovesi dal 1473 al 1899, Genova 1994, ad ind.; D. Restagno, V. P. regio commissario alla Certosa di Pavia (1890), in Studi. Omaggio a Carlo Russo presidente onorario nel suo settantacinquesimo compleanno, Savona 1995, pp. 343-348; A. Romualdi, Il Museo archeologico nazionale di Firenze, in Gli Etruschi, a cura di M. Torelli, Milano 2000, pp. 516 s.; A. Petrucciani, P. V., in Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari italiani del XX secolo, a cura di S. Buttò, http://www.aib.it/aib/editoria/dbbi20/poggi.htm (30 settembre 2015); V. P. (1833-1914) tra la Liguria e l’Europa degli studi, a cura di D. Restagno - J. Costa Restagno, Genova 2015.