TRENTO, Vittorio
TRENTO, Vittorio. – Nacque presumibilmente nella prima metà del settimo decennio del Settecento a Venezia.
Studiò con Ferdinando Bertoni al Conservatorio dei Mendicanti, formandosi in primis come violinista: la Gazzetta urbana veneta lo celebrò come «abilissimo veneto professor di violino» per alcuni concerti strumentali dati nel palazzo di Domenico Michiel (26 luglio 1788). Alla stregua d’altri violinisti coevi, Trento esordì nella composizione scrivendo la musica dei balli pantomimi inseriti tra un atto e l’altro degli spettacoli operistici: la prima sortita fu nel Carnevale del 1785 al teatro di S. Benedetto, per Dircea, coreografo Innocenzo Gambuzzi (nell’Alessandro nell’Indie di Francesco Bianchi).
Si può ipotizzare un legame di parentela tra Vittorio e Santo Trento, primo violino alla Fenice, che fornì le musiche dei balli per Il baron di Lago nero di Michele Mortellari (S. Cassiano, 1776), per I giuochi d’Agrigento di Giovanni Paisiello (Fenice, 1792) assieme a Giulio Viganò, e per Alzira di Giuseppe Nicolini (Genova, S. Agostino, 1797). Tra i ballerini attivi a Venezia sono attestati un Lorenzo (1766-67) e un Domenico Trento (1779).
Fino ai primi dell’Ottocento l’impiego primario di Trento fu di maestro concertatore al S. Samuele e alla Fenice e di compositore dei balli (ne sono attestati almeno sessantacinque tra il 1785 e il 1800), mestiere che, se garantiva un’ottima visibilità, era però mal remunerato: nell’autunno del 1787 a Lucca, per aver composto le musiche del primo ballo nel ‘pasticcio’ Erifile, fu pagato 16 testoni, mentre il primo uomo Francesco Roncaglia ne ricevette 240. Proprio a Lucca dovette conoscere il poeta Pier Domenico Arrighi, autore dell’Orfeo negli Elisi, una cantata a due voci (Lucca, 1781) scritta sulla falsariga dell’Orfeo ed Euridice di Ranieri Calzabigi: questa stessa «azione teatrale», ampliata a tre personaggi, Trento musicò per gli accademici Riuniti a Venezia nel 1789. Il 6 gennaio 1790 la Gazzetta urbana veneta lo elogiò per un Mastino della Scala dato al S. Benedetto di Venezia: «La bella espressiva musica del primo ballo [nella Zenobia] è composizione del sig. Vittorio Trento, giovine di moltissima abilità della quale diede tante replicate prove ne’ nostri Teatri». Il 5 maggio 1791 la sua cantata La Galatea fu eseguita nella sala teatrale gestita in Venezia dal coreografo Bartolomeo Cambi; dalla dedica di Trento al nobile Michiel si evince che costui doveva aver favorito la formazione e l’affermazione del giovane compositore, che nell’autunno successivo esordì infine in un teatro impresariale, l’Obizzi di Padova, con un’opera in piena regola, Le cognate in contesa, dramma giocoso di Carlo Giuseppe Lanfranchi Rossi. Nel ballo Alfredo il Grande re degli Anglo-Sassoni che intervallò i due atti del Seleuco re di Siria di Bianchi (Venezia, S. Benedetto, Carnevale del 1792) Trento venne per la prima volta qualificato «accademico e maestro del Collegio di Venezia» (ossia docente nell’Accademia dei Nobili alla Giudecca), qualifiche che esibì poi in tante altre occasioni. Il 17 giugno 1793 andò in scena alla Pallacorda di Firenze La finta ammalata, dramma giocoso di Giuseppe Squilloni. Nell’autunno di quell’anno Trento scrisse assieme a Sebastiano Nasolini le musiche per Gli innamorati di Giuseppe Maria Foppa (da Goldoni) al S. Benedetto di Venezia; per lo stesso teatro compose poi I capricci (Carnevale del 1795), una delle prime farse in un atto di Foppa.
La prima menzione di Trento all’estero risale a La muerte de Estenón, ballo pantomimo eroico-tragico di Giovanni Monticini dato a Madrid (teatro de los Caños del Peral, autunno del 1795); ma già nel 1794 alcuni brani di Trento erano stati inseriti nella ripresa londinese del Burbero di buon cuore di Vicente Martín y Soler al King’s Theatre. Nel 1796 tornò nel teatro di Cambi per musicare ex novo gli intermezzi della pergolesiana Serva padrona, e ne firmò la dedica al conte Alessandro Pepoli; il compositore entrò nell’entourage del nobile drammaturgo, musicando al S. Benedetto un’opera seria dal taglio sperimentale, Bianca de’ Rossi (libretto di Mattia Butturini; Carnevale del 1797), e la farsa Amore e paura di Gaetano Rossi (autunno del 1798). Al 1796 risale Il trionfo dell’amore, uno dei suoi balli più fortunati, scritto per il Drury Lane di Londra.
Nell’ultimo, turbolento triennio del secolo il compositore fu coinvolto nella fornitura di musiche di circostanza: se nel giugno del 1797 scrisse un coro patriottico su testo di Domenico Casotto, eseguito in piazza S. Marco per l’erezione dell’Albero della Libertà, nel 1799 musicò tre cantate filoasburgiche dell’abate Giulio Artusi: Marte e la Fortuna (S. Benedetto, primavera), Il Valore, la Verità, il Merito (S. Benedetto, estate), Mantova assediata (S. Salvatore, estate). Il secondo dramma serio di Trento, Lidia, notevole per il taglio sperimentale di talune scene e l’ingegnoso uso dei cori, andò in scena alla Pallacorda di Firenze il 15 aprile 1800. Alla volta del secolo il compositore fu però richiesto soprattutto nel genere della farsa: tra il 1800 e il 1804 ne intonò una dozzina per i teatri di Venezia e di Padova. Accanto a L’uomo di quarant’anni (Antonio Simeone Sografi da Kotzebue; Venezia, S. Moisè, autunno del 1799), Lucrezia romana in Costantinopoli (Artusi; Venezia, S. Moisè, Carnevale del 1800), Il segreto (Foppa; Padova, Nuovo, giugno del 1800), L’impossibile nel possibile (Foppa; Venezia, S. Angelo, estate del 1800), I due cognomi (Rossi; Venezia, S. Samuele, autunno del 1800), Elvira di Vitrì ossia Il cappello parlante e Teresa vedova (Artusi; Venezia, S. Benedetto, Carnevale del 1802), Le nozze de’ Morlacchi (Artusi; Padova, Nuovo, giugno del 1802), Crescono gli anni e scema il giudizio ossia I due sindaci (Artusi; Venezia, S. Moisè, primavera del 1804) e Il cuccù scopre tutto (Artusi; Venezia, S. Moisè, Carnevale del 1805) spicca il fortunatissimo Quanti casi in un giorno! (Artusi; Venezia, S. Benedetto, dicembre del 1801), replicata in Italia e in Europa fino al 1823, talvolta con il titolo Gli assassini e in due atti (a Parigi nel settembre del 1808 ebbe titolo La foresta di Nicobar).
Di nuovo in Toscana, agli Avvalorati di Livorno, tornò all’opera seria con una Ines de Castro (autunno 1803), basata sulla versione del melodramma omonimo di Bianchi (Napoli 1794), mentre nel Carnevale del 1804 debuttò sulle scene di Roma, al teatro Capranica, con la fortunata «burletta» a sette voci La baronessa immaginaria.
Carlo Gervasoni (1812) qualifica Trento come «compositore di buon gusto in diversi generi di musica», dotato di «uno stile puro e brillante, una melodia espressiva e facile ed una elegante condotta nel giro dell’armonia. La sua musica da camera è molto ricercata dagli amatori della bell’Arte e le sue opere teatrali vengono ognora applaudite» (p. 286). Dal canto suo Giuseppe Bertini (1815) lo definiva compositore «per teatro rinomatissimo, per un gusto tutto nuovo nelle sue produzioni e per l’originalità e le grazie del suo strumentale, onde a ragion io credo che detto ei venga dagl’intendenti l’Haydn e il Mozart dell’Italia [...] Il suo stile è dignitoso, elegante, metodico e di tale forza da resister più che ogn’altro all’instabilità del gusto italiano» (p. 95). Tali attestazioni impongono di riconsiderarne la figura artistica, ad oggi ritenuta di secondo piano, e di collocarla tra i primi attori del cosiddetto interregno tra Domenico Cimarosa e Gioachino Rossini, non foss’altro per aver ottenuto il plauso del pubblico nell’intera penisola in anni nei quali i teatri ripiegarono su una sorta di autarchia produttiva. Nella stagione 1804-05 fu apprezzato sulle scene napoletane del S. Carlo, con Ifigenia in Aulide (versi di Giuseppe Pagliuca, conte di Manupello) e Andromeda (Giovanni Schmidt), e del Nuovo, con la farsa I vecchi delusi ossia La burla; in contemporanea venne acclamato al Carcano di Milano con il dramma giocoso Robinsone secondo (giugno del 1804) e all’Argentina di Roma con Semira regina di Cambaja, dramma di Filippo Tarducci (Carnevale del 1805); in alcuni di questi libretti è detto «Accademico di Bologna», ma il dato non è avvalorato dai documenti. Quasi a conferma dell’apprezzamento panitaliano tributato al compositore veneziano nel Carnevale del 1806 a Roma si registra un curioso scambio di provenienza geografica: il libretto del dramma giocoso Le astuzie di Fichetto (teatro Valle, parole di Francesco Ballani; la musica fu diffusa in una selezione a stampa edita da Ricordi nel 1814) segnalò che «la musica è del sig. maestro Vittorio Trento di Capua», mentre quello del dramma serio Odonte (teatro delle Dame, parole di Michele Rispoli) lo dice «celebre maestro di cappella napolitano».
Dopo gli impegni romani, nella primavera del 1806 il compositore si trasferì ad Amsterdam, dove diresse l’orchestra del teatro italiano nella Amstelstraat (a vicenda con un tal Benucci). Esordì il 14 ottobre 1806 con l’opera buffa La donna giudice, parole di Leonardo Guglielmo Buonavoglia, poeta teatrale e promotore di un’impresa teatrale che durò quanto il breve regno di Luigi Bonaparte (1806-10). Pochi mesi più tardi, nel gennaio del 1807, Trento riprese l’Odonte del 1806 sotto il titolo di Arsinoe, e in Quaresima l’oratorio Il diluvio universale, sempre su versi di Buonavoglia; in autunno fu in tournée a Londra, facendosi apprezzare anche come compositore da camera. Il 25 maggio 1808 per la corte olandese scrisse una cantata a tre voci (Un almanacco drammatico: l’indice de’ teatrali spettacoli, 1996, p. 1461), e in autunno riprese Quanti casi in un giorno!, la più fortunata tra le sue farse. Sul frontespizio del grande ballo pantomimo Tamerlan en Bajazet (Amsterdam 1810) figura con la qualifica di «compositore della musica di S.M. il re d’Olanda».
La successiva tappa di Trento dovette essere Londra, dove il 25 aprile 1811 al King’s Theatre andò in scena l’opera eroicomica La Climene – un tardivo rifacimento della Fede ne’ tradimenti di Girolamo Gigli (1689), di mano di Giuseppe Caravita, poeta del teatro – per la beneficiata della prima donna, Angelica Catalani. Nel giugno del 1814 è documentato a Lisbona, dove dà una cantata, Marte e Fortuna, per la beneficiata di un basso buffo che aveva conosciuto ad Amsterdam, Giuseppe Bertini. L’anno dopo mandò in scena un suo dramma giocoso, Tutto per inganno. La Biblioteca nazionale di Lisbona possiede, con altre sue musiche, il manoscritto di una Finta ammalata datata 1814 (diversa da quella di Firenze del 1793). Ancora nel giugno del 1816 risultava compositore del teatro di Saõ Carlos (Brito-Cranmer, 1990, p. 43).
Rientrato in Italia, continuò a comporre per la camera e per i balli teatrali, mentre la sua carriera di operista procedette a stento (nell’estate del 1817 a Napoli il teatro dei Fiorentini mise in scena il melodramma semiserio Emilia di Laverpaut, misto di canto e prosa). Scarso successo ebbe il dramma giocoso di Michelangelo Prunetti L’equivoco degli anelli, rappresentato al Valle di Roma nel Carnevale del 1818 (il 25 maggio lo stesso teatro ospitò il dramma sacro I sette Maccabei, versi di Tarducci). Il ritorno sulle scene veneziane fu gratificato da un’importante commissione, Clemenza d’Entragues, «azione eroica» di Felice Romani (La Fenice, 6 febbraio 1819), preceduta dal «dramma fantastico-giocoso» Il principe della nuova China, versi di Tarducci (S. Benedetto, 26 dicembre 1818). Di questo librettista Trento intonò ancora il «melodrama semiserio e spettacoloso» La conquista delle nuove amazoni nel gennaio del 1821 per il Valle di Roma. Le due ultime opere risalgono al 1824: a Carnevale diede al teatro Carlo Lodovico di Livorno il dramma giocoso La comunità di Castelformicolone ossia Le gelosie villane (ammodernamento di un’opera buffa fortunatissima di Giuseppe Sarti), poi ripreso al Cocomero di Firenze nell’autunno del 1825; e in primavera il dramma serio Giulio Sabino nel suo castello di Langres andò in scena al teatro Comunale di Bologna. Su questo libretto il compositore è definito «membro dell’Istituto di Amsterdam, maestro del Collegio di Venezia e socio di altre varie accademie». Dopo il 1825 non si hanno notizie di riprese di altre sue opere.
Morì in luogo e data imprecisata.
Esponente dell’eclettismo stilistico che caratterizzò il melodramma italiano nel passaggio dal Sette all’Ottocento, Trento fu apprezzato per la qualità della strumentazione, la continuità produttiva e la versatilità che gli permise di farsi valere in ogni genere musicale, seppur senza mai conquistare un successo durevole. Una certa fortuna ebbe l’«operetta curiosa ed istruttiva» intitolata L’affare non è per tutti ossia La forza delle combinazioni armoniche, una raccolta di canoni su parole burlesche pubblicata da Gaetano Cipriani, editore fiorentino e bolognese, ai primi del nuovo secolo.
Fonti e Bibl.: C. Gervasoni, Nuova teoria di musica..., Parma 1812, p. 286; G. Bertini, Dizionario storico-critico degli scrittori di musica, IV, Palermo 1815, p. 95; L. Nerici, Storia della musica in Lucca, Lucca 1880, pp. 342 s.; T. Wiel, I teatri musicali veneziani del Settecento, Venezia 1897; V. Duckles - M. Elmer, Thematic catalog of a manuscript collection of eighteenth-century italian instrumental music in the University of California, Berkeley, Music library, Berkeley 1963, pp. 359-362; M.N. Massaro, Il ballo pantomimo al Teatro Nuovo di Padova (1751-1830), in Acta musicologica, LVII (1985), pp. 215-275; I vicini di Mozart. Il teatro musicale fra Sette e Ottocento. La farsa musicale veneziana, a cura di D. Bryant - M.T. Muraro, Firenze 1989, ad ind.; M.C. de Brito - D. Cranmer, Crónicas da vida musical portuguesa na primeira metade do século XIX, Lisboa 1990, pp. 19, 43, 51; A. Lanza, T., V., in The New Grove dictionary of opera, IV, London 1992, pp. 805 s.; Balli teatrali a Venezia (1746-1859), a cura di J. Sasportes - E. Ruffin - G. Trentin, I, Milano-Venezia 1994, ad ind.; Un almanacco drammatico: l’“Indice de’ teatrali spettacoli”, 1764-1823, a cura di R. Verti, Pesaro 1996; P.G. Gillio, La cantata encomiastica veneziana (1797-1815), in «L’aere è fosco, il ciel s’imbruna». Arti e musica a Venezia dalla fine della Repubblica al Congresso di Vienna, a cura di F. Passadore - F. Rossi, Venezia 2000, pp. 119-148; L. Sirch - A. Zanotelli, La musica strumentale da camera di V. T., in Rassegna veneta di Studi musicali, Padova 2000, pp. 253-298; L. Mattei, Ifigenie a confronto. L’ultimo Cherubini italiano e il dramma per musica negli anni ’80 del Settecento, in Cherubini al Cherubini nel 250° della nascita, Firenze 2011, pp. 105-150.
Si ringrazia David Cranmer per le informazioni fornite.