VIVANDIERE
. Era chi, nei reparti di truppa, vendeva cibi e bevande, ed altre cose necessarie ai soldati. In genere era pur esso militare e soggetto perciò a tutti i conseguenti vincoli disciplinari. Aveva l'obbligo di tenere i suoi generi in un locale della caserma, detto vivanderia, e seguiva le truppe ai campi e in guerra.
L'esistenza del vivandiere risale a tempi remoti. Da quelli dell'antica Roma, attraverso i secoli, troviamo questa caratteristica figura seguire dappertutto i soldati con una specie di zaino addosso o con i suoi carri di provviste. Durante le crociate, fu anche mercante, usuraio e fece perfino da medico. Le sue mansioni vennero in seguito esercitate anche da donne: erano queste di solito mogli di soldati veterani appartenenti ai corpi, o di sottufficiali: tennero però talvolta condotta frivola e leggiera. Fra i lanzichenecchi dell'imperatore Massimiliano, v'erano già le vivandiere che ben presto si generalizzarono nei sec. XVII e XVIII presso gli altri eserciti. Vestivano costumi militari bizzarri, in parte maschili e in parte femminili, con i colori distintivi del reggimento al quale appartenevano e portavano per lo più a tracolla un bariletto con bevande di conforto. Durante le guerre della rivoluzione francese non disdegnarono d'imbracciare il fucile e combattere animosamente insieme con i soldati.
Con la fine dell'epoca napoleonica le vivandiere tendono a diminuire; ve ne sono fra le schiere dei garibaldini; tra quelle francesi nella campagna d'Africa; e troviamo ancora le ultime durante il Secondo Impero regolarmente incorporate nei reggimenti. Perdurarono invece i vivandieri non più come militari, ma "borghesi" soggetti sempre alla disciplina militare e vincolati con regolare contratto: erano scelti per concorso fra persone che avessero i requisiti più idonei sotto ogni punto di vista, e che dessero affidamento di adempiere bene il loro speciale servizio.
Nell'esercito italiano i vivandieri, in considerazione anche della cattiva prova data in genere da essi durante la guerra mondiale, vennero aboliti nel 1920, e sostituiti dai cosiddetti spacci cooperativi reggimentali che, gestiti da personale militare, provvedono in pace e in guerra ad assicurare al soldato l'acquisto, alle più convenienti condizioni, dei generi di conforto di prima necessità.