TOSCHI, Viviano
(Vivianus de Bononia). – Figlio di Giuseppe (o Useppo), nacque a Bologna in un anno non precisabile verso il 1220; nulla si sa della madre.
La famiglia di Viviano, che nelle fonti della fine del Duecento viene talvolta ricordata come de Tuschis sive de Usepis (Blanshei, 2010, trad. it. 2016, p. 498), di provenienza toscana e di estrazione mercantile, era immigrata a Bologna nella seconda metà del XII secolo. Come le altre famiglie di analoga provenienza, si trova registrata nelle matricole della Società dei Toschi di Bologna.
Nella prima matricola pervenuta, quella del 1259, Giuseppe e il figlio Viviano, qualificato come legis doctor, sono annotati ai primi due posti dell’elenco relativo al loro quartiere di residenza, quello di porta Procola, e i loro nomi sono gli unici, fra tutti i 145 immatricolati del quartiere, a essere preceduti dall’epiteto dominus (Archivio di Stato di Bologna, d’ora in poi ASBo, Matricola della Società dei Toschi, c. 71r). Questa circostanza sembra confermare pienamente quanto riferisce l’anonima e mutila cronaca duecentesca che, nell’unico manoscritto superstite, precede il Chronicon di Pietro Cantinelli (Repertorio della cronachistica..., 1991, p. 122): parlando di Giuseppe Toschi e del suo ruolo nella vita politica bolognese, il cronista lo definisce magnus dominus, tamen mercator, attribuendogli dunque un notevole prestigio sociale e un ruolo politico preminente, tanto più rilevanti, per la mentalità conservatrice del cronista, in considerazione delle origini popolari della famiglia (Petri Cantinelli Chronicon, a cura di F. Torraca, 1902, p. 2). Ma d’altra parte già il nonno di Toschi, il giudice Tommaso, si era mosso ai vertici della vita politica cittadina dei suoi tempi; era stato infatti uno dei dodici consoli bolognesi del 1193 ed era morto di lì a poco nel corso dei tumulti che avevano portato alla caduta del vescovo-podestà Gerardo Gisla (Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, 1938, p. 57; Hessel, 1910, trad. it. 1975, p. 174).
Con il sostegno di un nucleo familiare così ben radicato nella società cittadina, che coltivava anche saldi rapporti con le istituzioni, il padre di Viviano, Giuseppe, aveva ricoperto nel secondo e terzo decennio del Duecento cariche di rilievo nel Comune: nel 1212 era stato membro del Consiglio di credenza; nel 1216 e di nuovo nel 1219 lo troviamo invece nel Consiglio generale del Comune; nel settembre del 1222, infine, Joseph de Tomaxio Tuscorum, come lo definiscono le fonti, fu chiamato a far parte della delegazione di sapienti inviati a Imola a trattare le condizioni di sottomissione della città romagnola, che, dopo alcuni mesi di assedio, si era arresa all’esercito bolognese (L. Savioli, Annali bolognesi, III, 2, 1795, pp. 29-34). La carriera politica di Giuseppe Toschi toccò il suo apice nel 1228, quando il mercante si pose alla guida di un vero moto rivoluzionario, che portò gli esponenti delle società popolari, guidate da mercanti e cambiatori, a conquistare ruoli fino a quel momento riservati a esponenti dell’aristocrazia cittadina (Corpus chronicorum Bononiensium, cit., pp. 94 s.; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, I, 1605, p. 146; Hessel, 1910, trad. it. 1975, pp. 173-175; Pini, 1997, p. 384).
Già nel biennio 1217-18 in realtà, i populares avevano raggiunto rilevanti successi, ottenendo che il consilium generale si aprisse a una significativa rappresentanza di artigiani e mercanti, e in particolare accogliesse i ministrali delle arti. Conquiste che nel 1219 si erano positivamente estese all’organizzazione dell’esercito comunale, in cui i pedites militavano riuniti nelle loro strutture territoriali, le contrate, i cui ministrales furono anch’essi riconosciuti come membri del consilium generale. Nel 1220, tuttavia, la vita politica bolognese fu percorsa da un’ondata di reazione aristocratica, motivata forse dall’andamento della politica estera e in particolare dall’imminente discesa a Roma di Federico II: nella mobilitazione militare i ranghi dell’aristocrazia cittadina furono serrati e i luoghi del potere comunale, il consiglio in primo luogo, nuovamente chiusi alla partecipazione popolare. Anche negli eventi del 1228 le vicende di politica estera e soprattutto gli infelici andamenti delle campagne militari interpretarono un ruolo non secondario. Di fatto, dopo una sconfitta militare subita dall’esercito bolognese sul confine occidentale, con la perdita del castello di Piumazzo a vantaggio dei modenesi, nel novembre di quell’anno le società popolari pretesero dal podestà Uberto Visconti la convocazione di un consilium generale e al suo rifiuto, guidate appunto da Giuseppe Toschi, diedero nottetempo l’assalto al palazzo comunale. Da quegli eventi prese l’avvio un processo politico e costituzionale assai complesso che verso la metà del secolo avrebbe portato all’istituzione del capitano e del Consiglio del Popolo, per sfociare poi, negli anni Ottanta del Duecento, in un sistema di governo di chiara impronta popolare e antimagnatizia.
Rispetto alle esperienze politiche intense vissute dal nonno Tommaso e dal padre Giuseppe, pur in un contesto di testimonianze documentarie che rimane sempre assai esile, la vita di Toschi appare decisamente più povera di eventi pubblici e più orientata verso la riflessione e la cultura giuridica. In un anno imprecisato, aveva preso in moglie Penavaria, figlia di Cavalerio, di famiglia imolese, da cui ebbe quattro figli – Accarisio, Tommasino, Silvestro e Cavalerio (De claris Archigymnasii..., a cura di M. Sarti - M. Fattorini, I, 1888, p. 178) – e una figlia, Teodora, che si unì poi in matrimonio con il figlio del canonista Egidio Foscherari. Certamente Viviano era già doctor legum nel 1254, e forse da tempo, dato che in quell’anno è ricordato come autore di consilia giuridici (Menzinger, 2013, p. 2061).
Dalla professione e dai rapporti con esponenti emergenti del popolo Toschi doveva trarre indubbie ragioni di prestigio, continuando in questo la tradizione familiare, come sembra potersi dedurre dagli statuti comunali duecenteschi, in cui le case dei Toschi, situate nella strada che tuttora porta il loro nome, costituiscono un importante riferimento urbanistico e toponomastico (Fanti, 1974, pp. 691 s.).
Un ordinamento recepito nella compilazione statutaria del 1253 stabiliva infatti che la nuova selciatura di strada Maggiore, che negli intenti del legislatore avrebbe consentito un comodo transito a uomini a piedi e a cavallo, ma anche ai carri, doveva raggiungere la vigna domini Useppi de Tuschis, situata fuori porta Ravegnana (Statuti di Bologna..., a cura di L. Frati, I, 1869, p. 173). Nel 1262 poi, un altro intervento urbanistico prevedeva la selciatura della strada che conduceva alla chiesa di S. Maria della Chiavica, sita nell’area oggi occupata dalla galleria Cavour e affacciata sul vicolo della Scimmia, oggi via Massei (G. Guidicini, Cose notabili..., 1873, p. 135; Fanti, 1974, pp. 457 s.). Anche in questo caso il legislatore trovava nelle case della famiglia Toschi un comodo punto di riferimento toponomastico, facilmente riconoscibile dalla comunità cittadina; in particolare si disponeva che la nuova sistemazione della strada dovesse favorire il deflusso delle acque piovane attraverso l’attiguo androne dei Toschi, cioè il cortile che separava la chiesa e la casa que fuit domini Viviani doctoris legum (Statuti di Bologna..., cit., II, 1876, p. 573).
Toschi morì dunque prima del 1262, se si deve prestar fede a questo indizio, come fecero Luigi Frati editore degli Statuti, e lo storico dell’Università di Bologna Mauro Sarti (De claris Archigymnasii..., cit., p. 178).
Nonostante una vita e una carriera scientifica e didattica piuttosto brevi, Viviano ha goduto fin dal XVI secolo di un’eccellente reputazione nella letteratura giuridica. Diplovatazio, che lo ricorda, come Vivianus de Bononia, al 115° posto nella sua rassegna dei «giuristi moderni» (Opus de praestantia..., a cura di G. Pescatore, 1890), parla di lui come iuris utriusque doctor clarissimus e come textualista maximus della sua epoca, fama acquisita grazie all’insegnamento tenuto a Bologna negli stessi anni di Accursio (Liber de claris..., a cura di F. Schulz - H. Kantorowicz - G. Rabotti, 1968, p. 165). I suoi casus sul Codex (Quatuor partes hoc constitutio habet), sul Digestum (Casum sic ponas: dicitur imperator) e sull’Inforziatum (Casus talis est: tractaturus de repetitione dotis) furono pubblicati all’interno della Glossa Accursiana nelle edizioni cinquecentesche, ma prima ancora circolavano come commenti autonomi del Digesto, attribuiti appunto a Vivianus Bononiensis; questa paternità è stata poi confermata da tutta la letteratura successiva (De claris Archigymnasii..., cit., p. 178; C. Savigny, Geschichte des romischen Rechts..., II, 1816, trad. it. 1857, pp. 405 s.; Menzinger, 2013, p. 2062), mentre già Savigny (Geschichte des romischen Rechts..., cit., p. 406) riconosceva come erronea l’attribuzione a Toschi dei casus sulle Institutiones, che Diplovatazio confondeva probabilmente con quelli di Guglielmo d’Accursio.
Qualche scarna testimonianza documentaria ci è pervenuta a proposito dei figli di Viviano e delle loro vicende politiche. Accarisio, il figlio maggiore, seguì la carriera paterna e fu un accreditato giurista, consultato dal Comune nel 1279 su delicate questioni patrimoniali (Milani, 2003, p. 359). Evidentemente a quella data aveva già superato le conseguenze negative della sua adesione alla parte ghibellina; solo due anni prima infatti era stato condannato, insieme con i fratelli Silvestro e Tommasino, al confino in città, il grado più lieve previsto per quel genere di pena, ed era stato registrato nell’elenco dei banditi lambertazzi (ASBo, Elenchi di banditi e confinati, vol. III, reg. 2, c. 77v). Giurata poi l’adesione alla parte guelfa, i fratelli Toschi furono riammessi alla piena cittadinanza (De claris Archigymnasii, cit., p. 178; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VIII, 1790, p. 100).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Comune, Capitano del Popolo, Società delle arti e delle armi, Armi, b. 1, n. 13, Matricola della Società dei Toschi del 1259; Comune, Capitano del Popolo, Ufficio del giudice ai beni dei banditi, Elenchi di banditi e confinati, vol. III, reg. 2, anno 1277; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, I, Bologna 1605, pp. 146-248; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VIII, Bologna 1790, pp. 99-101; L. Savioli, Annali bolognesi, III, 1-2, Bassano del Grappa 1795 (in partic. 1, p. 530, 2, pp. 29-34); C. Savigny, Geschichte des romischen Rechts im Mittelalter, II, Heidelberg 1816 (trad. it. Torino 1857, pp. 405 s.); G. Mezzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1848, p. 307; Statuti di Bologna dall’anno 1245 all’anno 1267, a cura di L. Frati, I, Bologna 1869, p. 173; II, 1876, pp. 464, 573; G. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, V, Bologna 1873, pp. 135-140; De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus a saeculo XI usque ad saeculum XIV, a cura di M. Sarti - M. Fattorini, I, Bononiae 1888, pp. 177 s.; T. Diplovatatius, Opus de praestantia doctorum, a cura di G. Pescatore, Berlin 1890, p. 40; Petri Cantinelli Chronicon, a cura di F. Torraca, in RIS, XXVIII, parte II, Città di Castello 1902, p. 2 ; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, ibid., XVIII, 1, parte II, Città di Castello 1938, pp. 57, 94 s.; T. Diplovatatius, Liber de claris iuris consultis. Pars posterior, a cura di F. Schulz - H. Kantorowicz - G. Rabotti, in Studia Gratiana, X, Bononiae 1968, pp. 164 s.
A. Hessel, Geschichte Der Stadt Bologna. Von 1116 bis 1280, Berlin 1910 (trad. it. Bologna 1975, pp. 173-176); M. Fanti, Le vie di Bologna. Saggio di toponomastica storica e di storia della toponomastica urbana, Bologna 1974, pp. 457 s., 691 s.; Repertorio della cronachistica emiliano-romagnola (secc. IX-XV), a cura di A. Vasina, Roma 1991, pp. 122-125; A.I. Pini, Magnati e popolani a Bologna nella seconda metà del XIII secolo, in Magnati e popolani nell’Italia comunale, Atti del XV Convegno di studi… 1995, Pistoia 1997, pp. 371-395 (in partic. p. 384); G. Milani, L’esclusione dal Comune. Conflitti e bandi politici a Bologna e in altre città italiane tra XII e XIV secolo, Roma 2003, pp. 97, 263, 279, 285, 296, 325, 359 s.; S.R. Blanshei, Politics and justice in late medieval Bologna, Leiden-Boston 2010 (trad. it. Roma 2016, pp. 167, 245, 258, 498); S. Menzinger, Viviano Tosco, in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), a cura di I. Birocchi et al., II, Bologna 2013, pp. 2061 s.