vizio
Una definizione del concetto di v., qual è assunto dal pensiero e quindi nel lessico dantesco, può essere ricavata dal passo del Convivio nel quale D., dopo aver enumerato le undici virtù morali, precisa che ciascuna di queste vertudi ha due inimici collaterali, cioè vizii, uno in troppo e un altro in poco; e queste tutte sono li mezzi intra quelli (IV XVII 7). Per v. deve quindi intendersi ciascuno degli estremi opposti di cui la virtù è la medietà, secondo una dottrina aristotelica (cfr. Ethic. Nic. II 6, 1106 a 14 ss.), così enunciata da Tommaso: " Specialiter... Philosophus ostendit quod virtus contrariatur utrique vitiorum... Sic igitur medii habitus, constituti tam in passionibus quam in operationibus, se habent ut superabundantes ad eum qui est in defectu, et ut deficientes ad eum qui superabundat " (Exp. Ethic. II X 359). La virtù, in quanto ‛ medietà ', è ‛ abito ' acquisito nel compiere il bene proprio dell'uomo seguendo i dettami della ‛ retta ragione ', la quale guida l'uomo stesso al suo fine evitando ‛ eccessi ' e ‛ difetti ', che sono le deviazioni dal retto cammino (v. RETTITUDINE; RETTO). D'altra parte, il bene dell'uomo indicato dalla ragione è attuazione piena della natura di lui solo se è conseguito nel rispetto dell'ordine voluto da Dio (v. LEGGE). Ogni v., in quanto ‛ abito ' non conforme a retta ragione, è negazione di virtù, e perciò è un disporsi al di fuori del debito ordine (Cv III XV 14) conveniente alla natura del soggetto (Tomm. Sum. theol. I II 71 1 ad 3 " vitium enim uniuscuiusque rei esse videtur quod non sit disposta secundum quod convenit suae naturae ").
Con questo significato il vocabolo compare in molte occorrenze: Vn X 2 quella gentilissima, la quale fue distruggitrice di tutti li vizi e regina de le virtudi... mi negò lo suo dolcissimo salutare; Cv II XV 4 [negli occhi della Donna gentile] è la salute, per la quale si fa beato chi vi guarda, e salvo da la morte de la ignoranza e da li vizii; Pg XX 27 O buon Fabrizio, / con povertà volesti anzi virtute / che gran ricchezza posseder con vizio. Altri esempi in Rime CVI 104 e 132, Cv I I 12, II X 9, III X 7 (due volte), IV XX 3 (sanza macula di vizio). Ulisse ricorda il suo ardore / ... a divenir del mondo esperto / e de li vizi umani e del valore (If XXVI 99); un'irresistibile vocazione a sapere spinge l'eroe sia alla ricerca di regioni e di genti ignote sia a conoscere la storia del bene (valore) e del male (vizi).
Gli spiriti magni accolti nel Limbo le tre sante / virtù non si vestiro, e sanza vizio / conobber l'altre e seguir tutte quante (Pg VII 35); le virtù che i limbicoli poterono praticare sono quelle intellettuali e morali attingibili dalla natura umana: sanza vizio, nel momento stesso in cui indica il " modo esemplare " (Sapegno) tenuto nell'esercitarle, chiarisce come il vocabolo aderisca a una valutazione esclusivamente ‛ naturale ', e perciò conforme a ragione, del comportamento umano.
Un'ulteriore analisi del concetto di v. si ha in Cv III VIII 17 certi vizi sono ne l'uomo a li quali naturalmente elli è disposto - sì come certi per complessione collerica sono ad ira disposti -, e questi cotali vizii sono innati, cioè connaturati. Altri vizii sono consuetudinari, a li quali non ha colpa la complessione ma la consuetudine, sì come la intemperanza... e questi vizii si fuggono e si vincono per buona consuetudine. La distinzione è tra v. ‛ innati ', cioè conseguenti alla disposizione naturale di ciascuno, e in definitiva alla sua complessione (cfr. CONNATURALE) e v. contratti per abitudine; essa è introdotta nel commento al passo della canzone Amor che ne la mente, in cui è detto che l'ardore di amore e di carità emanante dalla Filosofia vince li 'nnati vizii che fanno altrui vile (v. 67). Tali v. non scompaiono mai del tutto quanto al primo movimento, giacché loro principio è la natura del passionato, dunque perché radicati nella natura dell'uomo, ma possono scomparire del tutto quanto a durazione (§ 18), cioè quanto al perdurare in noi come abiti cattivi (v. durazione). A questa connaturata tendenza a operare il male (VIII 15 li vizii innati... sono di buoni pensieri nemici), si oppone la retta volontà (l'uomo... dirizza sé e regge sé mal naturato contra l'impeto de la natura, § 19) generata dalla dottrina morale (appetito diritto, che s'ingenera nel piacere de la morale dottrina... ne diparte... da li vizii naturali, non che da li altri, XV 12, e VIII 20).
In qualche caso il vocabolo è usato in senso più generico, come " incapacità del bene, e attitudine e pratica del male ". Si veda Cv IV XV 12 sono molti tanto presuntuosi, che si credono tutto sapere... lo qual vizio Tullio massimamente abomina; e If XXIII 143 Io udi' già dire a Bologna / del diavol vizi assai, tra ' quali udi' / ch'elli è bugiardo.
Tra i sette peccati capitali, intesi non come singolo atto peccaminoso ma come viziosa attitudine a commetterlo, sono ricordati il vizio d'avarizia (Cv IV XII 4), il vizio di lussuria (If V 55) e l'invidia, morte comune e de le corti vizio (XIII 66). V. MORALITÀ.