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SOLOV′EV, Vladimir Sergeevič

di Leonida Gancikoff - Enciclopedia Italiana (1936)
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SOLOV′EV, Vladimir Sergeevič

Leonida Gancikoff

Filosofo russo, figlio del precedente, nato a Mosca il 16 gennaio 1853, morto a Uzkoe, presso Mosca, il 30 luglio 1900. S. univa facoltà dialettiche e speculative veramente si ngolari a un'eccezionale preparazione linguistica, storica e filosofica acquisita parte in casa, parte all'università di Mosca, dove egli studiò lettere e scienze e si laureò nel 1873. Nel 1874 S. discusse con un memorabile successo la sua prima dissertazione Krizis Zapadnoj filosofii. Protiv pozitivistov (Crisi della filosofia occidentale. Contro i positivisti) e iniziò il suo corso all'università di Mosca. Nel 1880, tornato dall'estero, S. discusse la sua seconda dissertazione, la famosa Kritika otvlečennych naial (Critica dei principî astratti) e riprese il suo corso questa volta all'università di Pietroburgo. Ma dopo pochi mesi il corso venne interrotto dalle autorità in seguito al suo appello alla clemenza verso i regicidi del marzo 1881 e S. si rivolse all'attività letteraria, intesa come un apostolato religioso e sociale, che rimase putroppo spesso incompreso e talvolta anche duramente ostacolato, sino a costringere S. a pubblicare alcune opere (specialmente sopra la questione dell'unione delle chiese) all'estero.

Le posizioni principali della filosofia moderna appaiono alla critica di S. insufficienti non già perché non contengano nulla di vero, ma perché pretendono di porre come universali. le loro verità parziali e di conferire ai loro principî astratti un significato assoluto. Il superamento di queste posizioni "astratte" conduce S. a un'originale concezione metafisica, in cui l'unità originaria e creatrice (Dio) non si oppone mai assolutamente alla molteplicità creata (alla natura), ma la riconduce, senza però fondersi con essa, a una unità organica e costituisce insieme con essa una grande sintesi, ossia una reale unità di tutto, una unità dell'unità e della molteplicità, una "unitotalità". Viene così avvalorato il principio metafisico della vita, il cui processo consisterà nell'attuazione sempre più piena di questa idea assoluta (contenuta già nel Logos Divino) nella realtà del mondo. La vera vita si delinea perciò: 1. come un processo della "conoscenza integrale", una sintesi organica del conoscere scientifico, filosofico e mistico: la teosofia (Filosofskie načala celnogo znanija, I principî filosofici della conoscenza integrale, 1877); 2. come un processo dell'organizzazione ideale, in cui ogni sfera della vita dovrebbe essere subordinata alla Chiesa, elevata sino alla vita perfetta della società perfetta della Chiesa universale: la vera e libera teocrazia (Istorija i buduščnost′ teokratii, Storia e avvenire della teocrazia, Zagabria 1887; Velikij spor i christianskaja Politika, La grande lotta e la politica cristiana, 1883; La Russie et l'Église universelle, Parigi 1889; ultima ediz., 1922); 3. come un processo dell'attività veramente creativa, la quale, realizzando concretamente la bellezza assoluta nella realtà del mondo, compirebbe con ciò una reale "trasfigurazione" della natura e della vita: la teurgia (Krasota v prirode, Il bello nella natura, 1889; e Obščij smysl iskusstva, Il senso integrale dell'arte, 1890).

Nella vita così misticamente concepita, all'uomo spetta la posizione singolare d'un vero intermediario tra Dio e il mondo, perché solo l'uomo pur essendo indissolubilmente legato alla natura, può nello stesso tempo elevarsi sino all'idea divina (l'"uni-totalità") e attuarla poi nella caotica molteplicità naturale. Ecco perché la piena e perfetta teofania avvenne precisamente come l'incarnazione di Dio nell'uomo, come la rivelazione di Dio-Uomo nel Cristo. In questo mistero teandrico l'umanità, quale corpus mysticum Christi, viene unita intimamente alla divinità e la sua storia diventa un processo verso l'immedesimazione con Cristo (Čtenija o Bogočelovečestve, Lezioni sul teandrismo, 1877-1881). Dalla visione teandrica della vita scaturisce per l'uomo la necessità imperiosa di collaborare attivamente alla realizzazione di questa unità ideale rivelata in Dio-Uomo, ma ciò non è possibile se non nelle forme dell'organizzazione perfetta da Cristo stesso istituita, cioè nella sua Chiesa. Ma prima è necessario ristabilire l'unità perduta della Chiesa stessa e quindi lavorare con ogni sacrificio per la riunione delle chiese separate nel seno della Chiesa veramente universale e cattolica, nel seno della Chiesa di Roma. Ciò che formerà il motivo principale di quel "duro servizio di Dio" a cui S. aveva votato i migliori anni della sua breve vita.

Nell'ordine di questo realismo mistico il problema morale si presenta a S. come una "giustificazione del Bene", che deve consistere nell'avvaloramento dialettico del Bene Supremo, quale l'unico reale principio della vita morale (Opravdanie dobra, Giustificazione del Bene, 1895).

Di misticismo sono pervase anche le belle liriche di S. Per quanto poco numerose, esse sono importantissime per l'influenza che esercitarono sulla poesia dei simbolisti russi, in particolar modo sul giovane Blok.

Ediz.: Opere di S., voll. 9, a cura di E. Radlov, Pietroburgo 1907. - Trad.: I fondamenti spirituali della vita, a cura di A. Palmieri, Bologna 1922; Il Bene nella natura umana, a cura di E. Lo Gatto, Torino 1925; Tre discorsi in memoria di F. Dostojevsky, Roma 1923.

Bibl.: E. Trubeckoj, Mirosozercanie V. S. Solov′eva, voll. 2, Mosca 1913; Mons. M. d'Herbigny, V. S. Newman russe, Parigi 1911 (trad. it. di A. Angeli, Brescia 1928); L. Gancikoff, in Sophia, Roma 1935.

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