Vocabolario della Crusca
Per ricostruirne la fortuna (o piuttosto la sfortuna) lessicografica nel Vocabolario degli Accademici della Crusca, è d’obbligo partire dal giudizio su M. espresso da Leonardo Salviati negli Avvertimenti (in Opere del cavaliere Lionardo Salviati, 2° vol., 1810, p. 247). Nonostante il dichiarato rispetto per le virtù dello Scrittore, consistenti nella chiarezza, nell’efficacia e nella brevità, il fondatore dell’Accademia della Crusca gli rimprovera non solo di aver scritto «senza punto sforzarsi, nella favella, che correva nel tempo suo», ma anche di non aver voluto «prendersi alcuna cura di scelta di parole». Questo giudizio riduttivo spiega in parte perché, nella prima edizione (1612) del V., M. compaia nella «Tavola degli autori moderni citati in difetto degli antichi, o per qualch’altra occorrenza, o libri» con riferimento a un’unica opera: la «Mandragora commedia del Segretario Fiorentino».
Se poi teniamo conto delle prese di posizione di M. nel Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua (Castellani Pollidori 1978) non sorprenderà che gli Accademici abbiano tenuto in considerazione solo la commedia, recitata per la prima volta a Firenze nel 1520 (G. Inglese, in N. Machiavelli, Mandragola, 1997, pp. 10-11), e abbiano del tutto ignorato, invece, «la insigne storiografia e trattatistica politica fiorentina del Cinquecento, creatrice di un linguaggio specifico » (Nencioni 1983, p. 252). M., del resto, si era espresso nel Discorso in modo deciso, indicando nella lingua fiorentina viva un sistema linguistico regolare e perfetto, «implicitamente ripudiando la soluzione bembiana» (Vitale 1984, p. 76) e stabilendo una volta per tutte «il primato naturale dell’idioma di Firenze, anche al di là della capacità degli scrittori di renderlo illustre» (Marazzini, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni, P. Trifone, 1° vol., 1993, p. 257). Inutile, dunque, cercare nella prima edizione del celebre V. citazioni che documentino voci fondamentali della «fenomenologia machiavelliana» (Chiappelli 1952, p. 112), tanto più che al loro interno gli esempi dei moderni erano utilizzati solo di rado, «senza una precisa regolarità e sempre con indicazioni approssimative ed incomplete dei luoghi» (Sessa 1999, p. 336). Bisogna anche ricordare un fattore extralinguistico che ha sicuramente avuto un peso nella sfortuna lessicografica di M., almeno all’altezza della prima impressione del V.: nel 1559 le opere dell’autore fiorentino erano state incluse nell’Indice dei libri proibiti (Busa 1995, p. 83) e ciò influenzò le prudenti scelte degli Accademici; questi accolsero nella tavola dei citati, tra le numerose commedie di autori toscani, anche la Mandragola, ma non inserirono poi gli esempi.
Alla terza impressione del V. (1691), l’impostazione dell’opera si era ormai modificata sensibilmente (Della Valle, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni, P. Trifone, 1° vol., 1993, p. 50) e la tavola degli «Autori Moderni» era stata ampliata in modo consistente: vennero accolti, tra gli altri, Tasso, Castiglione, Galilei, Guicciardini, Speroni, Martelli, Sègneri, Giambullari, Dati, Redi, Cinonio. Allora lo spoglio di M. si allargò a comprendere, almeno in teoria, Arte della guerra, Istorie fiorentine, Decennali, Novella (di Belfagor), Asino, Clizia, Relazioni, con l’avvertimento che «L’Opere del Segretario Fiorentino si citano con distinzione dell’Opera».
Nella quarta impressione (1729-1738), nella tavola degli «Autori moderni citati in difetto, o conformazione degli Antichi, per dimostrazione dell’uso, o per qualche altra occorrenza», il numero delle opere di M. che gli Accademici dichiarano di aver preso in considerazione aumenta, con l’aggiunta di Principe, Vita di Castruccio Castracani, Modo tenuto dal duca Valentino, Ritratti della Francia e dell’Alemagna, Discorsi sopra Tito Livio, Capitoli.
Nella quinta impressione (1863) M. non viene più indicato come il «Segretario Fiorentino»: i suoi scritti, sotto l’abbreviazione Machiav., vennero tutti sottoposti a spoglio, prendendo come testo di riferimento gli otto volumi delle Opere nell’edizione fiorentina stampata a Firenze da Guglielmo Piatti nel 1813, «edizione curata specialmente da Francesco Tassi nostro accademico», con l’aggiunta degli Scritti inediti di Machiavelli, risguardanti la storia e la milizia (1499-1512), tratti dal carteggio officiale da esso tenuto come segretario dei Dieci (1857; ma in nota gli Accademici avvertono che «è incerto che fosse da lui veramente dettato tutto il carteggio officiale da cui son tratte queste scritture»). In quest’ultima impressione del V. il ruolo di M. è tardivamente riconosciuto dagli Accademici, che alle sparse e difficilmente reperibili occorrenze delle prime quattro edizioni aggiungono citazioni in gran quantità. Nella quinta edizione del V. le presenze di M. sono numerosissime: oltre a voci della terminologia politica (cfr. Chiappelli 1952, pp. 49-59) come ampliare, forzare, gravare, innovare, migliorare, muovere, offendere, numerosi esempi documentano l’uso di latinismi (cfr. Scavuzzo, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni, P. Trifone, 2° vol., 1994, pp. 478-79) come accidente, alieno, apice, appetito, chiamare, comparire, felicitare, impeto, insulto, multiplicare; o voci tecniche come arciere, alloggiamento, alloggiare, balestriere, giornata, fante (Chiappelli 1969, pp. 26-30); o voci dell’uso cancelleresco come discorso e dominio; o parole fondamentali del lessico machiavelliano come corruzione, fede, fortuna, necessità, o lenocinio nell’accezione traslata di ‘ornamento stilistico’ (→ Appendice: Stile), fino a termini importanti come ordinare e ordine (Chiappelli 1969, pp. 30-31), con i quali lo spoglio di M. si arrestò per sempre alla lettera O nel monumento incompiuto della nostra lessicografia storica.
Bibliografia: L. Salviati, Opere del cavaliere Lionardo Salviati, 5 voll., Milano 1809-1810; F. Chiappelli, Studi sul linguaggio del Machiavelli, Firenze 1952; F. Chiappelli, Nuovi studi sul linguaggio del Machiavelli, Firenze 1969; S. Parodi, Gli atti del primo Vocabolario, Firenze 1974 (rist. 1993, con aggiunta di indici); O. Castellani Pollidori, Niccolò Machiavelli e il Dialogo intorno alla nostra lingua. Con una edizione critica del testo, Firenze 1978; O. Castellani Pollidori, Nuove riflessioni sul Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua di Niccolò Machiavelli, Roma 1981; G. Nencioni, La «galleria» della lingua, in Id., Di scritto e di parlato. Discorsi linguistici, Bologna 1983, pp. 244-76; S. Parodi, Quattro secoli di Crusca 1583-1983, Firenze 1983; M. Vitale, La questione della lingua, Palermo 1984; Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni, P. Trifone, 3 voll., Torino 1993-1994 (in partic. V. Della Valle, La lessicografia, 1° vol., pp. 29-91; C. Marazzini, La speculazione linguistica, 1° vol., pp. 231-329; C. Scavuzzo, I latinismi del lessico italiano, 2° vol., pp. 469-94); R. Busa S.J., Machiavelli e l’Indice dei libri proibiti, «Il secondo Rinascimento», 1995, 16, pp. 83-86; N. Machiavelli, Mandragola, a cura di G. Inglese, Bologna 1997; M. Sessa, Il lessico delle commedie fiorentine nel Vocabolario degli Accademici della Crusca (nelle prime tre edizioni), «Studi di lessicografia italiana», 1999, 16, pp. 331-77; C. Scavuzzo, Machiavelli. Storia linguistica italiana, Roma 2003; F. Franceschini, Machiavelli Niccolò, in Enciclopedia dell’italiano, Roma 2011, ad vocem. Si veda inoltre: M. Sessa, Tradizione ed innovazione nella prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612) attraverso l’elaborazione elettronica, 2000, http://www.culing tec.uni-leipzig.de/SILFI 2000/abstracts/papers/Sessa_co124.html (26 giugno 2014).