VOCE (dal lat. vox; fr. voix; sp. voz; ted. Stimme; ingl. voice)
La fonazione, cioè quel complesso di fenomeni che concorrono alla produzione della voce, ha sede in una serie di organi che vanno dalle cavità nasali alla cavità boccale (comprese le labbra, le arcate dentarie e i denti, il palato duro e molle, la lingua), alla laringe, ai polmoni sino al diaframma compreso. Vi concorrono anche organi superiori, rappresentati dai centri nervosi che presiedono alla motilità della laringe e delle diverse parti accennate e che coloriscono d'un tono emotivo l'espressione vocale.
La formazione della voce non è l'effetto diretto di attività muscolari, ma di vibrazioni che si producono in un particolare apparecchio, la laringe, vero strumento musicale; la contrazione muscolare determina nelle corde vocali il grado di tensione necessaria al formarsi dei suoni. La formazione della parola, delle voci articolate in quanto serve al linguaggio, è opera più complessa che, oltre a produrre dei suoni laringei, utilizza i rumori non musicali dati dalla corrente d'aria espirata che attraversa la faringe, la cavità orale e le fosse nasali e si giova delle cavità accessorie del naso. Vi contribuiscono le vibrazioni del torace e dei varî segmenti dello scheletro. Per la loquela non è strettamente necessaria la fonazione laringea, come per il canto non sono indispensabili le articolazioni verbali; si può parlare senza voce, sussurrando, si può cantare senza voce, vocalizzando. Il linguaggio fonetico articolato dal punto di vista fisico consiste dunque in una serie di speciali rumori espiratorî, talora anche inspiratorî, prodotti lungo il canale faringeo, orale e delle fosse nasali, combinati o no con suoni laringei. Bisogna insistere sul fatto che la fonazione avviene soltanto nella fase espiratoria del respiro; solo nei movimenti convulsivi dei muscoli respiratorî, nel riso, nel singhiozzo, si possono avere rumori nel periodo inspiratorio. Nel linguaggio a voce alta; i suoni laringei si combinano con i rumori faringo-boccali e s'ha la voce articolata. Nel linguaggio bisbigliato, afono, mancano i suoni laringei. Dunque, il tubo di risonanza ha ufficio essenziale nella formazione delle parole, secondario nel canto.
Il tubo fonatorio ha parti fisse: palato duro e fosse nasali, e parti mobili: labbra, lingua, velopendolo; le variazioni di forma del tubo prodotte dai movimenti di quest'ultime determinano i diversi rumori e i suoni articolati. Talora la continuità del tubo fonatorio non s'interrompe, talaltra si producono restringimenti o vere occlusioni transitorie che ostacolano o arrestano l'uscita dell'aria espiratoria. Ciò avviene specie in certe regioni: nella glottide, nell'istmo delle fauci, nel palato molle, nel dorso della lingua, nel palato duro o nelle arcate alveolari e dentarie, nell'orificio orale, nelle due labbra. Queste si dicono regioni di articolazione e vennero già indicate da Leonardo da Vinci.
La laringe ha, da un punto di vista generale, funzione duplice e due ordini di movimenti in rapporto con un doppio compito fisiologico: gli uni, movimenti respiratorî, hanno per effetto di mantenere la glottide aperta durante la respirazione silenziosa; gli altri, movimenti vocali, tendono e giustappongono le corde appena l'organo agisce da strumento di fonazione.
Dei due atti antagonisti, adduzione fonatoria e abduzione respiratoria, il primo è volontario e cosciente, l'altro automatico; l'uno è un atto cerebrale della vita di relazione, l'altro è un fenomeno bulbare della vita vegetativa.
I nervi della laringe sono dati dai due rami laringei del vago. Il laringeo superiore origina dal vago cervicale, va, a lato della carotide interna, alla laringe e si divide in due rami: contiene fibre sensitive (centripete) in maggior copia di quelle motrici. Le prime con la branca interna si distribuiscono alla mucosa e ai muscoli laringei come fibre di senso muscolare e alla faccia posteriore dell'epiglottide; le seconde con la branca esterna (n. laringeo antero-inferiore o esterno) innervano i muscoli cricotiroidei e in parte, per alcuni, l'aritenoideo. Il laringeo inferiore o ricorrente, ramo del vago toracico, anima tutti i muscoli laringei, eccetto i crico-tiroidei. Quello di destra, più breve, circonda la succlavia, quello di sinistra, più lungo, l'aorta. Il ramo interno del laringeo s'anastomizza con l'inferiore. Il taglio dei due laringei rilascia tutti i muscoli della laringe e le corde assumono la posizione inerte di equilibrio elastico (posizione cadaverica di Ziemssen), intermedia tra l'adduzione e l'abduzione, così che la glottide si presenta in forma di triangolo isoscele, con l'apice verso l'angolo interno della tiroide (v. corde vocali).
Nel respiro calmo la rima glottidea ha nell'uomo adulto circa 14 mm. di ampiezza e 11 nella donna: nel cadavere rispettivamente 5 e 4 mm. Questa differenza dimostra che in vivo il crico-aritenoideo posteriore è tenuto in continuo stato di semicontrazione per azione tonica riflessa, automatica, d'un centro (bulbare laringeo), che agisce sulle fibre del ricorrente dirette ai dilatatori della glottide. Tale azione tonica in molti animali oscilla coordinandosi al ritmo dei muscoli respiratorî: a ogni inspirazione la glottide si dilata, a ogni espirazione si restringe (movimenti respiratorî concomitanti). Nell'uomo le oscillazioni respiratorie della glottide mancano in oltre la metà dei soggetti esaminati; appaiono durante la dispnea. Recisi i ricorrenti, il ritmo respiratorio laringeo cessa (posizione cadaverica). Il taglio d'un solo ricorrente tronca l'eccitamento tonico dei muscoli dello stesso lato e la corda omonima s'avvicina alla linea mediana. L'asimmetria della rima glottidea aumenta nelle espirazioni forzate. L'effetto dominante del taglio dei ricorrenti è l'afonia, notata già dagli antichi.
Lo stimolo del moncone periferico d'un ricorrente avvicina la corda omolaterale verso la linea mediana più di quanto non faccia il semplice taglio. L'eccitamento dei due ricorrenti determina l'addossarsi delle corde, la chiusura della glottide. Dunque, l'azione naturale dei ricorrenti è rivolta a prevalenza sui dilatatori della glottide; l'azione stimolata artificialmente prevale sui costrittori. Ciò perché di norma nei ricorrenti non si trovano in tono che le fibre legate a un centro in intimo rapporto con quello bulbare respiratorio e che determina la dilatazione inspiratoria della glottide. Eccitando i due ricorrenti si contraggono tutti i muscoli laringei (meno i crico-tiroidei anteriori) e però entrano in campo anche le fibre dipendenti dal centro fonatorio volontario, che agiscono in prevalenza sui costrittori. Il taglio del laringeo superiore, uni- o bilaterale, non modifica sensibilmente la glottide, ma rende la voce rauca e sopprime le note alte per l'abolita funzione dei tensori (crico-tiroidei).
F. A. Longet dimostrò che questa raucedine, che dilegua ravvicinando con una pinza la cricoide alla tiroide o immobilizzando questa ultima in guisa da supplire al crico-tiroideo manchevole, dipende dalla branca esterna (dopo il taglio o l'elettrizzazione dell'interna la voce non muta), che invia fibre ai crico-tiroidei; il taglio di essa produce lo stesso effetto della recisione di tutto il nervo. Bisogna pensare anche all'azione sulla laringe del simpatico, il quale, oltre che direttamente, agisce anche attraverso organi endocrini e ci rende conto del frequente partecipare della laringe a stati emotivi e a sindromi costituzionali. Sono note le simpatie dell'organo della voce con gli stati evolutivi della sfera genitale: notevoli la mutazione della voce nella fase pubere e il coincidere di stati morbosi d'ordine genitale e di alterazioni della voce. Connesso con il sistema endocrino sessuale, all'epoca della pubertà ha luogo infatti un rapido sviluppo della laringe, che determina il cambiamento della voce. Tutti i suoni prodotti dalla voce umana sono compresi nell'ambito di 3 ottave e mezza: per l'allungarsi delle corde, s'abbassa di una ottava nei maschi, di due toni nelle fanciulle: la voce di soprano si converte in quella di tenore, quella di contralto in quella di baritono. Mutano pure le cartilagini (G. Donadei).
Oltre che dei cambiamenti intrinseci della laringe, è da tener conto dello sviluppo dell'intero apparato polmonare e circolatorio. Vi sono varietà individuali della voce che rispondono a un abito particolare: il pletorico, il longilineo, ecc. Basta considerare le differenze morfologiche dell'apparato respiratorio, per es., tra la pletora vera e l'abito tisico, per ammettere una distanza notevole tra l'apparecchio fonetico di chi soffre di corpulentia nimia, con facili turbe del respiro, e di chi ha invece un torace lungo, appiattito, scarno, paralitico. Anche durante la gravidanza la voce si modifica: spesso s'altera l'immagine laringoscopica e s'hanno anche alterazioni istologiche e vascolari. Negli eunuchi permane una voce infantile. Talora si ha la voce eunucoide o di falsetto persistente con laringe normale.
I centri dei nervi laringei sono nel bulbo; ma la fonazione, essendo atto eminentemente volontario, che si perfeziona con l'esercizio, è regolata da centri laringei cerebrali (corticali e sottocorticali) che dominano i centri bulbari. Oltre ai fatti clinici e al reperto di molte malattie del sistema nervoso, depone per l'intervento del fattore centrale la considerazione d'un disturbo motore della laringe tipicamente legato ai centri cerebrali: il laryngismus o spasmus glottidis infantum.
Il centro fonatorio corticale nel cane si trova nella parte più bassa della porzione precruriale del giro sigmoideo (centro di Krause): l'elettrizzazione di quest'area, nell'uno e nell'altro emisfero, determina adduzione glottica, che dura quanto lo stimolo: se si protrae, il bisogno di respirare dilata la glottide, interrompendo la chiusura spastica. L'estirpazione dei due centri fonatorî corticali non determina paralisi glottidea; dopo quella unilaterale, la stimolazione dell'altro centro induce del pari la chiusura della glottide. Le stimolazioni prolungate possono produrre un accesso epilettico che inizia dalla glottide e si diffonde ai muscoli del volto, del collo, degli arti; il grido con cui s'aprono gli attacchi epilettici dipende dall'eccitamento iniziale del centro fonatorio corticale.
Diversi fatti clinici (emorragie, rammollimenti) mostrano che nell'uomo l'area della fonazione è al piede della terza circonvoluzione frontale, subito dietro il lobulo di Broca. È più sviluppata che negli animali e acquista maggiore importanza funzionale nell'emisfero sinistro. F. Semon e V. A. Horsley, sperimentando sul macaco, videro che l'eccitazione di questo centro produce l'adduzione bilaterale delle corde; ciò spiegherebbe la rarità delle emiplegie laringee corticali, perché, se uno dei focolai è annientato, l'altro risponde alla sua funzione bilaterale. Giulio Masini constatò sulla parte anteriore degli emisferi cerebrali del cane l'esistenza d'una zona che presiede ai movimenti volontarî della glottide; il centro corticale dei muscoli delle corde vocali non resta circoscritto nell'area di Krause, ma s'irradia e si confonde con gli altri centri motori, specie della lingua, del velopendolo, della mandibola, che hanno funzioni intimamente coordinate con quelle della glottide. Ad analoghe constatazioni hanno portato le esperienze di G. Bilancioni e F. Brunacci.
Oltre ai centri laringei corticali, esistono centri laringei sub-corticali, donde compenso perfetto dei disordini in seguito ad ablazioni unilaterali e mancanza di paralisi completa dopo estirpazioni bilaterali. Se nei cani s'asporta per gradi la sostanza degli emisferi cerebrali, l'animale continua a latrare finché non siano stati raggiunti i tubercoli quadrigemini; se ne deduce l'esistenza d'un altro centro d'adduzione delle corde situato profondamente fra i quadrigemini anteriori e posteriori.
Il centro laringeo respiratorio bulbare, sebbene in intimo nesso col centro dei movimenti toracici, è distinto e può venire eccitato indipendentemente. Nei gatti la stimolazione del segmento superiore del pavimento del IV ventricolo dilata la glottide, mentre continua il movimento ritmico del torace (Semon e Horsley); l'eccitamento unilaterale produce effetti bilaterali (abduzione delle corde).
Il centro laringeo fonatorio bulbare è subordinato a quello corticale. A. Vulpian, dopo la separazione del cervello dal bulbo, ottenne, in via riflessa, grida lamentevoli; Semon e Horsley, stimolando l'ala cinerea e il margine superiore del calamus, ottennero energica chiusura della glottide. Ch.-E. Brown-Séquard trovò che la semplice puntura del bulbo in corrispondenza del becco del calamus induce arresto del respiro e quindi morte.
L'esame laringoscopico mostra che la formazione della voce è preceduta dall'impostatura della glottide nella posizione di chiusura, sia in toto, sia nelle porzioni interlegamentose: si instrumenta vocis amplissima essent, diceva Galeno, tunc vox destrueretur. L'emissione della voce coincide col rapido aprirsi e vibrare delle corde per l'impulso della corrente respiratoria attraverso la glottide. Le vibrazioni non sono circoscritte ai margini delle corde, ma s'estendono a tutto il loro spessore; nel tempo stesso la laringe si fissa per mezzo dei muscoli estrinseci (tiro-ioidei, sterno-tiroidei, faringei), sollevandosi nell'emissione delle note alte, abbassandosi nelle gravi (G. Cuvier); l'epiglottide s'eleva specie nelle acute; le pliche ariepiglottiche si tendono; le false corde s'avvicinano e si tendono senza vibrare. Nelle note acute la lingua si contrae, retrae la punta e solleva la base; il velo si tende e si porta verso la parete posteriore faringea; i pilastri s'avvicinano restringendo l'istmo delle fauci. Nelle note gravi la lingua resta piatta; il velo si solleva; i pilastri s'allontanano, aumentano i diametri dell'istmo. Di tutti questi fatti, culminante è la vibrazione delle corde vere; la forma della glottide membranosa è varia secondo l'altezza, l'intensità e il registro della voce: può essere aperta in dietro nel tratto intercartilagineo e serrata in avanti, o chiusa in dietro e beante nel solo segmento anteriore, chiusa ai due estremi e aperta nel mezzo, aperta infine in tutta la lunghezza a fessura.
A produrre le vibrazioni delle corde è necessario che la corrente espiratoria si trovi sotto una pressione capace di spostarle dal loro equilibrio. Se la muscolatura delle pareti toraciche e addominali si tetanizza, è impossibile il grido. Adattando un manometro a una fistola tracheale, Ch. Cagniard de la Tour misurò la pressione di 160 mm. d'acqua per i suoni di media altezza, di 200 per gli acuti, di 945 per gli acutissimi; dati confermati da P. Grützner in un tracheotomizzato. Il restringimento della glottide, ostacolando il passaggio dell'aria, ne aumenta la pressione lungo la trachea, sino a porre in vibrazione le corde: l'abolizione istantanea della voce che segue all'apertura della trachea dipende dall'abbassarsi della pressione espiratoria sotto il minimum necessario a far vibrare le corde.
La glottide interlegamentosa è sede esclusiva della produzione della voce, la lesione delle corde basta a renderla impossibile. Funzionando come ance membranose, queste, vibrando sotto la pressione della colonna espiratoria, determinano nell'aria vibrazioni sincrone. Le vibrazioni delle corde dànno un suono poco intenso; il vero corpo sonoro è l'aria, commossa dalle corde: le sue vibrazioni si trasmettono sia alla massa aerea soprastante alla glottide (vestibolo, faringe, bocca e fosse nasali, che rappresentano il tubo di risonanza), sia a quello sottostante (trachea, bronchi, polmoni), donde si comunicano alla parete toracica, di cui si constata lo stato vibratorio poggiando la mano sul petto del cantante.
Dalle vibrazioni che hanno luogo nel tubo di risonanza dipendono le qualità caratteristiche della voce umana: l'accordo è ottenuto con il variare della tensione delle pareti, della lunghezza, larghezza e forma del tubo, con l'ascesa o discesa della laringe, con gli atteggiamenti della lingua, del velo, dei pilastri, delle gote, delle labbra.
Per analizzare intimamente il complesso meccanismo della fonazione, s'è pensato di riprodurre sul cadavere alcuni dei suoni vocali. Il primo a occuparsene fu Leonardo da Vinci, che volle osservare in che "modo la fistola della trachea generi essa voce; e questo si vedrà e sentirà bene su un collo d'un cecere o d'un'oca la quale spesse volte si fa cantare poi che è morta". Da Aristotele a Galeno, si pensava che la glottide può assomigliarsi a uno strumento a vento, basandosi sul fatto che secondo i diversi toni della voce la glottide aumenta o diminuisce d'ampiezza; D. Dodart, sebbene assimilasse la laringe a uno strumento ad ancia, stimava che il grado d'apertura del tratto percorso dall'aria fosse la principale causa delle diverse intonazioni del suono. A. Ferrein (1471) tentò riprodurre sul cadavere umano il suono della laringe insufflando aria attraverso le corde vocali. Dai risultati paragonò la laringe a uno strumento a corda. Per questa analogia propose il nome di corde vocali alle labbra della glottide. F. Savart, movendo dal concetto che le corde, dato il loro spessore e l'esistenza nel loro interno d'un saldo muscolo, non possono vibrare così facilmente sotto l'impulso dell'aria espirata, come uno strumento ad ancia, ossia che il suono laringeo sia prodotto dalla vibrazione delle corde, ammette che sia dato dall'aria direttamente, come avviene per i flauti o meglio per i richiami dei cacciatori. R. H. Dutrochet (1806), riprendendo alcuni concetti del Dodart, secondo cui si paragonava la voce al fischio dato dalle labbra, osservava che nell'atto del fischiare l'apertura labiale non vibra affatto.
Per Savart l'apparato fonatorio umano è paragonabile ai flauti a canna conica degli organi, con una differenza nell'imboccatura del tubo: la trachea termina superiormente con una fessura che può più o meno restringersi per l'avvicinamento o l'allontanamento delle aritenoidi e per la contrazione dei tiro-aritenoidei. Quest'apertura ha lo stesso ufficio del lume dei flauti. Perché il suono definitivo riunisca tutte le qualità note, sarà necessario che la tensione della parte estensibile delle pareti del tubo sia in rapporto con la tensione dei ventricoli con quella delle corde false e vere e che l'apertura degli orifici per i quali l'aria esce possa variare e adattarsi. Così è chiaro che se si sopprimono parti superiori del tubo vocale riducendole ai soli ventricoli, non si diminuisce il ciclo dei suoni che la voce può percorrere; soltanto i più bassi diventeranno più deboli. Ciò spiega come simili mutilazioni effettuate negli animali viventi non impediscono loro di emettere suoni. Potendo l'aria contenuta nei ventricoli risuonare indipendentemente da quella del tubo vocale, è probabile che, anche se questo non subisse modificazioni, alcuni suoni possono essere prodotti dai soli ventricoli, specie se provocati dal dolore, e forse anche quelli del canto in falsetto.
G. Müller (1837), opponendosi alla dottrina di Savart, ritiene che il meccanismo di produzione dei suoni laringei è quello delle ance membranose, rappresentate dalle corde vere che vibrerebbero sotto l'impulso dell'aria espirata. Perfezionando le prime esperienze leonardiane, cercò di riprodurre sul cadavere la viva voce, ma ottenne un simulacro vocale, poiché la voce vera è intimamente collegata con le funzioni più elevate dei muscoli e dei centri nervosi.
Anche T. Serres e J. Geoffroy-Saint-Hilaire erano giunti a far rendere dei suoni alla laringe d'un cadavere, atteggiandola in una posizione di chiusura, come la bocca d'un flauto, e vollero assegnare alle cartilagini di Santorini un compito analogo a quello delle chiavi negli strumenti a vento.
Il Müller fissò su una tavoletta la parte posteriore della laringe con una parte della trachea, legandovi la cricoide e immobilizzando le aritenoidi. Mediante un uncino infisso all'incisura tiroidea e collegato con una funicella a un piatto di bilancia che poteva caricare con varî pesi, tendeva più o meno le corde vocali. Innestando la trachea a un tubo di legno e questo a un mantice, insufflava aria con variabile pressione e produceva vibrazioni delle corde vocali: trovò che le corde vere davano a rima stretta suoni pieni e puri, i quali differivano da quelli che s'hanno quando sono presenti i ventricoli di Morgagni, le false corde e l'epiglottide solo perché meno forti. Si possono produrre suoni bassi tanto a rima corta come a rima lunga e suoni alti nelle due rime, purché le corde a rima lunga siano più fortemente tese per i suoni alti e a rima corta rilasciate per i suoni bassi. G. Müller variava la lunghezza della rima comprimendo con una pinza i margini liberi delle corde per farli combaciare. Variando la tensione, riusciva a produrre variazioni d'altezza nell'ambito di circa due ottave. A tensione debolissima, si possono produrre due diversi registri; suoni più bassi, che hanno somiglianza con la voce di petto, altri più alti che somigliano a quelli della voce di falsetto. Questi suoni possono essere prodotti a una determinata uguale tensione, a cui risponde talora il suono della voce di petto, talora quello di falsetto. A una certa tensione, si producono sempre i suoni di falsetto, indipendentemente dalla forza del soffio. A tensione più debole, si hanno sempre suoni di petto, qualunque sia la pressione del fiato. A debolissima, dipende dalla forza del fiato se avviene l'una o l'altra voce; il falsetto s'ha tuttavia più facilmente con soffio debole. I due suoni possono differire d'altezza persino di un'ottava. La differenza essenziale del meccanismo dei due registri è che nei suoni di falsetto vibrano solo i sottili orli delle corde, mentre nei suoni di petto hanno grandi escursioni le intere corde. Le false corde e i ventricoli di Morgagni, gli archi palatini, in una parola tutte le parti sovrastanti alle corde vere non sono necessarie per la produzione dei suoni né di petto né di falsetto (ciò non è esatto per l'epiglottide, dalle osservazioni di G. Bilancioni).
I suoni che si producono da laringi femminili in genere sono più alti. A tensione uguale delle corde, si può far salire il suono di una quinta e più, con i semitoni intermedî, aumentando l'intensità del soffio, che il Müller studiò lasciando nel cadavere la laringe in connessione col capo.
Il tubo aggiunto dell'organo vocale umano agisce modificando i caratteri del suono mediante la risonanza. Gli archi palatini si restringono e l'ugola s'accorcia nei suoni più alti di petto e di falsetto e per lo stesso suono alto l'istmo delle fauci è pure ristretto. Il restringimento dell'inizio del tubo aggiunto subito sopra le corde vere può elevare il suono, secondo la teoria delle ance; ma Müller non lo poté verificare sulla laringe cadaverica. I ventricoli di Morgagni hanno lo scopo di rendere libere le corde vocali all'esterno perché possano vibrare senza ostacoli.
Nella laringe umana G. Müller aveva visto che si può far variare l'altezza dei suoni variando la tensione delle corde e la forza del soffio misurabile con il manometro. Volendo produrre un suono della stessa altezza, ma variamente intenso, nei suoi gradi di filato - come dicono i cantanti - si può graduare la forza del fiato. Ma se questo s'aumenta, si altera, secondo le esperienze sulla laringe staccata, l'altezza del suono; per poterlo tenere alla stessa altezza, dovrà intervenire un fattore che corregga la stonatura e che sarà dato dalla tensione delle corde, la quale, per opera dei muscoli intrinseci, andrà diminuendo quando la forza del soffio crescerà, aumentando quando il soffio sarà meno intenso.
Müller concludeva che "nessuno strumento musicale si può completamente paragonare con l'organo della voce umana". Dicendo che la laringe appartiene alla categoria delle ance, Müller obliava l'insegnamento dato da H. Boerhaave nelle sue Institutiones medicae, secondo il quale lo studio della voce appartiene insieme ai fisici, ai fonurgi e ai musici. Le ricerche di Müller presentavano il fianco alla critica: non si trattava di fenomeni puramente fisici, i quali non possono essere assimilati a quelli della voce viva, perché i muscoli che hanno importanza decisiva in quel meccanismo vi erano inerti e privi delle loro proprietà fisiologiche (tono, contrazione, ecc.).
Per risolvere se nella fase estrema di avvicinamento gli orli delle corde vengono a toccarsi come è supposto da C. L. Merkel e M. Garcia, nella voce di petto, si ricorse al metodo stroboscopico. Il dispositivo consta di un disco a fessure radiali poste a eguale distanza, montato sull'asse d'un motore, che si fa girare a una data velocità. Si guarda con un occhio attraverso una fessura del disco l'oggetto che si trova in movimento sufficientemente illuminato: poiché l'immagine visiva persiste per un tempuscolo di circa un settimo di secondo dopo la scomparsa dello stimolo luminoso, avremo di un oggetto fermo, che alternativamente copriremo col disco per tempuscoli di un settimo di secondo, un'immagine continua ininterrotta. Se durante l'interruzione della luce facciamo subire all'oggetto uno spostamento, lo vedremo muovere con maggiore o minore velocità secondo la grandezza dello spostamento. Se l'oggetto compie un movimento oscillatorio e lo vediamo per il foro del disco, sempre nella stessa posizione, cioè nella stessa fase di movimento, ci parrà immobile in detta fase: condizione indispensabile si è che il movimento dell'oggetto avvenga con la stessa velocità del disco (v. stroboscopia). Intonando il suono a una determinata altezza che corrisponde alla velocità del disco o meglio dando a questo velocità corrispondente al numero delle vibrazioni del suono laringeo, possiamo fissare la fase estrema di massima abduzione o di massimo avvicinamento delle corde vocali e stabilire così se avvenga chiusura della rima glottica.
G. Müller (1876), M. J. Oertel (1878), Koschlakoff (1886), L. Réthi (1897), A. Musehold (1898) e G. Panconcelli-Calzia si servirono di questo metodo e anche fotografarono le corde vocali nei varî atteggiamenti. L'immagine ottica che si ha, malgrado il sussidio stroboscopico, è limitata ai piani orizzontali, paralleli alle superficie di sezioni antero-posteriori delle corde. Per ricostruire le modificazioni delle corde nei piani di sezioni verticali, è indispensabile interpretare quegli aspetti: ciò spiega le diverse opinioni formulate e la preferenza data alle modificazioni delle corde vibranti nei diametri antero-posteriori e trasversali.
Da prima il Musehold fotografava con lampi di magnesio la glottide di baritoni e tenori, senza stroboscopio. Le fotografie mostravano per suoni forti di petto le superficie superiori delle zone più interne delle corde arrotondate in forma di due labbra, a convessità verso l'alto, separate da una sottile linea nera così stretta da potersi ben dire che gli orli fossero serrati.
Già Müller aveva ammesso che la tensione delle corde aumenta nel falsetto; L. Réthi dimostrò nel vivo, esplorando le corde con una sonda, che esse, nei suoni di falsetto, si sentono più resistenti per aumentata tensione. J. Möller mostrò che questa è legata al prevalere dei crico-tiroidei, osservando con la radiografia che l'orlo superiore della cricoide s'avvicina alla tiroide nel passaggio dal registro di petto al falsetto. All'attività prevalente di detti muscoli si deve se la superficie delle corde nel registro di falsetto non forma quel rilievo rotondo, a guisa di cercine, che ha nella voce di petto e la glottide si presenta in forma di fessura affusata, varia secondo l'altezza del suono.
L'applicazione della fotografia entro la cavità della laringe fonante è stata di ausilio nello studio di questi problemi. Nel registro di petto Musehold vide sempre chiusa la glottide nella fase estrema della vibrazione delle corde verso l'interno. Fotografando la glottide nella fase di massima apertura, ebbe una larga fessura con gli orli delle corde sollevati verso l'alto, come due cordoni arrotondati e sottili. Già Dodart chiamava in tal senso la glottide uno chassis bruyant, alludendo a "cette espèce d'instrument qui résulte de l'effet d'un vent impétueux donnant dans le papier entr'ouvert qui joint un chassis mal collé avec la baie d'une fenêtre".
Ritornando le corde alla posizione di chiusura, combaciano l'una con l'altra e rimangono in questa posizione d'equilibrio finché non vengono di nuovo divaricate dalla pressione aerea che intanto torna ad aumentare; vibrano, quindi, dalla loro posizione di riposo verso l'esterno e viceversa. Per la successione alterna di chiusure glottidee più lunghe e di più brevi aperture, la corrente aerea subisce periodiche interruzioni e impulsi, che si trasmettono, come vibrazioni e onde sonore, all'aria esistente sopra le corde.
Le fotografie permettono di comprendere il meccanismo di vibrazione delle corde nel registro di falsetto: la loro superficie non si vede soltanto più appiattita che nel registro di petto, ma fa riconoscere anche particolari anatomici, come vasi sanguigni decorrenti tortuosamente, a prova del fatto che le corde del detto registro non vibrano in tutta la loro ampiezza. Gli orli si vedono confusi e senza limiti netti, segno che le vibrazioni si limitano alle zone marginali.
La differenza tra le labbra orali e le corde vocali è che queste posseggono un fine meccanismo di tensione regolabile per opera di due forze: l'una dei muscoli tiro-aritenoidei e l'altra dei muscoli crico-tiroidei o tensori esterni. Prevalendo l'attività dei due muscoli vocali si producono i suoni del registro di petto; prevalendo i tensori esterni insorgono i suoni di falsetto. Nei due registri si ha un cambiamento nella distribuzione della forza del meccanismo di tensione. Il buon cantante deve saper produrre tale cambiamento senza alterare il carattere musicale del suono. Un meccanismo adatto è costituito dalla voce media, in cui la contrazione caratteristica per il registro di petto dei muscoli vocali gradatamente comincia a diminuire prima di raggiungere il limite estremo del registro e corrispondentemente è sostituita dall'attività crescente dei tensori esterni (crico-tiroidei).
Altra maniera per eseguire un passaggio inavvertito dal registro di petto a quello di falsetto consiste nell'oscuramento o copertura dei suoni (Deckung dei Tedeschi) usato dalle voci maschili, pochissimo dal contralto e dal soprano. A misura che si sale, il suono diventa sempre più chiaro e squillante fino a un certo limite, variabile nei diversi individui, in cui assume carattere ruvido, sgradevole. Per un suono più alto, il cantante deve passare al registro di falsetto: questa zona di passaggio nel registro di petto è l'interruzione vocale (Stimmbruch). Il cantante bene istruito sa evitarla, cercando d'eguagliare la voce, con una lieve modificazione del colorito, rendendola più cupa con l'oscuramento. Si parla quindi di suoni aperti e coperti, che non hanno nulla di comune con i suoni della stessa denominazione delle canne a flauto dell'organo. L'ostio superiore della laringe nei suoni aperti è ristretto, nei suoni coperti è dilatato, soprattutto per la posizione dell'epiglottide: mentre nel suono aperto l'opercolo volge indietro e copre il tratto anteriore delle corde, nei suoni oscuri, si solleva, in modo da farle apparire nella loro lunghezza, mentre le aritenoidi declinano verso la bocca dell'esofago.
In queste ricerche, s'esagera l'importanza dell'equilibrio tra i due fattori di tensione, interno ed esterno, delle corde e si concede troppo alla laringe, trascurando le modificazioni del tubo aggiunto, le quali, come insisteva Fabrizi d'Acquapendente, hanno massimo valore. Queste critiche giustificano il tentativo di ritorno alla teoria di Savart. Il fisico A. Guillemin (1897) obietta al Müller che i suoni ottenuti su laringi morte concordano con quelli delle viventi solo per una ristretta estensione della scala; mancano nella parte inferiore del registro di un'ottava almeno, mentre nella parte alta superano i suoni più acuti della voce muliebre. Questi suoni si possono ottenere soltanto facendo agire tensioni artificiali, per mezzo di pesi, incompatibili con la resistenza delle articolazioni cartilaginee su cui dovrebbero agire i muscoli. D'altro canto, se si attribuisse alle modificazioni della lunghezza delle corde un mezzo compensatore per queste eccessive tensioni, si urta nella difficoltà della legge delle lunghezze, che esigerebbe enormi variazioni.
Del resto, si possono toccare le corde vocali senza che il suono cessi (esperienza di Liscovius: Dissertatio physiologica sistens theoriam vocis, Lipsia 1814), mentre dovrebbe dileguare come quando si tocca una campana o un diapason vibrante. Infine molte altre osservazioni s'accordano con altre spiegazioni meglio che con quella delle vibrazioni delle corde. Il Savart che paragonava il meccanismo della voce umana a quello del richiamo da caccia è per Guillemin nel vero: la sua ipotesi va soltanto intesa secondo i nuovi dati di Lootens e di van Tricht (1877) sulla genesi delle vibrazioni aeree nei tubi a flauto degli organi. Supponendo un tubo di tal genere munito di pareti trasparenti in due facce opposte, azionato da soffieria che v'immetta aria carica di fumo di tabacco e quindi visibile, s'osserva che essa, giunta all'imboccatura va a colpire il labbro superiore tagliente, dividendosi in due correnti parziali: l'una, più cospicua, che si dirige all'esterno e non contribuisce al fenomeno sonoro, l'altra più debole, che penetra nell'interno. Questa segue da prima la parete, poi se ne distacca, ricurvandosi in senso inverso lungo la parete opposta ed esce dall'imboccatura, incrociando la corrente d'ingresso. L'incontro del flusso d'uscita con quello d'entrata genera le vibrazioni produttrici del suono quanto già notava Herissant, il quale, su laringi staccate da maiali di recente uccisi, otteneva il suono, per "une espèce de conflict (dell'aria) qui produit des allées et des retours".
Secondo le diverse condizioni d'esprimento e di costruzione del tubo si possono avere uno o più cicloni (è la parola usata dal Lootens) o vortici sovrapposti, già intravisti dal Liscovius e dal Savart, che parlava di vena fluida. Guillemin e Morat affermano che un richiamo costruito sul modello delle cavità interlegamentose della laringe è sede di veri cicloni, deducendone che l'insieme di esse, che comprende un orificio inferiore o d'entrata del vento (rima interlegamentosa superiore) e, tra loro, l'ampio spazio dei ventricoli di Morgagni, sono anche durante l'emissione della voce occupati da cicloni che dànno - per l'incrocio delle correnti - le alternanze che generano le vibrazioni dei suoni. La corrente d'aria entrata è fornita dall'espirazione che segue l'inspirazione preparatoria dell'emissione del suono.
Considerando il meccanismo col quale le corde vere fanno variare i suoni vocali, possiamo supporre l'intervento di fattori diversi, dipendenti dall'attività sinergica e coordinata dell'armonica compagine neuro-muscolare. Già A. Ludwig (1858), seguace della dottrina di Müller, pone come condizione del suono laringeo: l'urto d'un soffio d'aria abbastanza forte contro le membrane vocali, intendendo con tal nome il tratto mediale delle corde vere capaci di vibrare, distinto dalla massa muscolare; questa massa legamentosa deve possedete elasticità completa: se perdono l'elasticità, come talora accade, oppure per essiccazione (nella laringe del cadavere), la voce si spegne, come pure se le superficie e gli orli delle corde non siano liberi, ma occupati da un poco di muco; le corde vocali vere debbono essere portate nelle speciali posizioni, in cui si forma la rima vocale per opera dei muscoli intrinseci; tra questi Ludwig pone il tireo-aritenoideo, di cui distingue una porzione aritenoidea e una ari-vocale (muscolo di Ludwig).
Sintetizzando, le vie respiratorie compiono due grandi funzioni: una vitale (respirazione), una sociale (fonazione). Il doppio giuoco di questo sistema pneumatico è affidato a due apparecchi, uno a soffieria (i polmoni), uno grossolanamente ad ance (la laringe). Il polmone respira, la laringe dà la voce parlata e cantata. Nell'eseguire questi due atti, ognuno dei due organi ha influenza predominante, ma non azione esclusiva.
Dato che respirazione e fonazione sono legate a uno stesso sistema pneumatico, a torto crederemmo che le due funzioni debbano confondersi: esse sono invece incompatibili. Non esiste che un rapporto d'alternanza, benché l'abilità del cantante sappia ottenere l'apparenza della simultaneità. Nel respiro, l'aria circola, senza intoppo e senza rumore; nella fonazione l'aria in massima parte ristagna.
Durante l'atto inspiratorio, la laringe s'apre per offrire all'aria un libero accesso verso i polmoni; si chiude un poco nel farla uscire all'esterno. La laringe, o meglio la glottide, funziona come un otturatore fotografico a doppia valvola. Quando il sistema aereo adempie alla funzione, la laringe si chiude più o meno, perché le corde vocali si avvicinano e si tendono, sbarrando la via d'uscita all'aria spinta dai polmoni. Le corde sono manovrate in guisa che la pressione dell'aria sottoglottidea è portata esattamente al grado necessario perché entrino in vibrazione. Tensione delle corde e pressione espiratoria variano per ogni volta, secondo un meccanismo regolatore automatico, che trova la sua espressione più perfetta nell'arte del vocalizzo.
Resta dunque il concetto fondamentale che siano le corde vere gli elementi vibranti (sorgente primaria sonora) che sotto l'azione della corrente espiratoria, come un ordigno musicale a fiato del tipo delle ance miste, ma non identificabile con nessuno degli strumenti artificiali, producono le onde sonore dell'aria che esce a traverso la rima glottica e che si trasmettono all'aria soprastante del tubo aggiunto e in parte alla sottostante; il numero delle vibrazioni, cioè l'altezza del suono, dipende dalle proprietà delle corde, come pure in parte il timbro e l'intensita; non escludendo che a questi tre fattori concorrano le proprietà del tubo di risonanza.
Bibl.: A. Guillemin, Sur la génération de la voix et du timbre, Parigi 1897; E. Barth, Einführung in die Physiologie, Pathologie und Hygiene der menschlichen Stimme, Lipsia 1911; M. L. Patrizi, L'oratore. Saggio sperimentale, Milano 1912; C. Labus, Per l'oratore e per il cantante. Principî di fisiologia e fisiologia patologica della voce e di estetica ed igiene vocale, Milano 1912; P. Bonnier, La voix. Sa culture physiologique, Parigi 1913; G. Bilancioni, La laringe e il sistema nervoso cerebro-spinale. Fisiopatologia e clinica, Roma 1919; id., La voce parlata e cantata, normale e patologica. Guida allo studio della fonetica biologica, ivi 1923; S. Baglioni, Udito e voce. Elementi fisiologici della parola e della musica, Roma 1925.