VOLO (XXXV, p. 552)
Meccanica del volo. - Considerazioni generali. - Un sistema materiale per poter volare deve presentare adeguata conformazione o contenere dispositivi capaci di destare forze tali da vincere l'attrazione terrestre. Con l'aerostato si ha la sostentazione "statica", volendo con ciò significare la mancanza di ogni dispositivo od organo mobile necessario ai fini della sostentazione (v. aerostatica, I, p. 643); la spinta verso l'alto, pari al peso del volume d'aria spostata dall'involucro, nasce in quanto esiste l'attrazione stessa che, rendendo l'aria "pesante" fa crescere la pressione esercitata dall'aria sull'involucro andando dall'alto verso il basso.
Per la sostentazione aerodinamica sono invece necessarie velocità relative tra l'aria e tutto o parte del sistema materiale, allo scopo di destare sovrapressioni e depressioni (rispetto ai valori statici) tali da fornire la forza portante che è proporzionale alla densità dell'aria. Con la gettosostentazione si ha sostentazione, pure di natura dinamica, ottenuta per effetto della reazione diretta di getti di adatti esoreattori o di endoreattori (razzi); la sostentazione aerodinamica come la gettosostentazione a mezzo di esoreattori sono possibili in quanto l'aria è "densa" proprio per effetto dell'attrazione terrestre.
La sostentazione indipendente dalle caratteristiche dell'aria, quindi anche nell'atmosfera rarefatta e nel "vuoto", diviene possibile soltanto con l'impiego di razzi (v. anche aeromobile, in questa Appendice).
Quando la velocità del veicolo è molto elevata non è più possibile ignorare l'effetto della curvatura terrestre. Se un veicolo descrive alla latitudine λ una traiettoria contenuta sulla sfera di raggio R + H e se V è la velocità (relativa alla Terra) ed α la rotta (α angolo tra nord geografico e velocità V, positivo se contato in senso orario), la forza Z, comunque ottenuta, per sostenere la massa m è data dalla
dove a0 è l'attrazione newtoniana della Terra a quota zero, ω ed R velocità angolare di rotazione e raggio della Terra, H quota di volo; poiché la velocttà ω è modesta, l'accelerazione a0 non differisce o sensibilmente dall'accelerazione di gravità g.
La forza Z è nulla per ogni V = Vp data dalla
Il segno + vale per rotte Est, il segno − per rotte Ovest.
Se a questa velocità Vp si somma vettorialmente la velocità di trascinamento terrestre ω(R +H) cos λ, si ottiene la velocità circolare
di un satellite artificiale in orbita alla quota H (v. satellite artificiale, in questa App.);
è la velocità circolare a quota zero. Anche con velocità supersoniche elevate (dell'ordine di 1 ÷ 2 km/sec) gli addendi che nella [1] contengono la V sono trascurabili; poiché nel volo atmosferico H ≫ R, si può quindi scrivere
cioè la forza sostentatrice richiesta è praticamente uguale al peso del veicolo.
Poiché ben difficilmente si avrà convenienza di voli prolungati nell'atmosfera a velocità maggiori dell'ordine di 2 km/sec (corrispondenti a numero di Mach > 6), per ragioni di riscaldamento cinetico, nella meccanica del v. atmosferico può essere trascurato l'effetto della curvatura terrestre, dell'accelerazione centripeta ω2(R + H) cos2 λ e dell'accelerazione di Coriolis 2ωV sen α cos λ. In altre parole, una terna di assi fissa alla Terra può venire considerata, agli effetti della validità delle leggi della dinamica di un aeromobile, come una terna praticamente inerziale.
La meccanica del v., partendo dai dati forniti dall'aerodinamica, dai dati dei gruppi propulsori e dalle caratteristiche geometriche, strutturali e di massa dell'aeromobile, si prefigge, sulle basi generali della dinamica dei sistemi, di risolvere due ordini di problemi:
a) la previsione delle caratteristiche e delle qualità di volo di un aeromobile in sede di progetto; b) l'elaborazione e l'interpretazione dei risultati delle prove di volo di un aeromobile. Strumenti indispensabili ed interdipendenti della meccanica del v. sono l'analisi matematica, il calcolo analogico, i risultati di esperienze in gallerie e di prove al vero.
Sopportazione. - Le forze esterne applicate e vincolari agenti su un sistema materiale qualsiasi si possono suddividere in due classi: forze di massa e forze agenti su tutta o parte della superficie che delimita il sistema materiale. Le forze di massa gravitazionali, sempre presenti, dipendono dall'intensità locale del campo e si esercitano su ogni particella che viene così direttamente accelerata.
Le forze esterne (applicate o vincolari) agenti su tutta o parte della superficie che delimita il sistema (aerostatiche, aerodinamiche, propulsive, gettosostentatrici, idrostatiche ed idrodinamiche, provenienti da reazioni del suolo o d'altra natura qualsiasi) sono invece caratterizzate dal fatto che le forze corrispondenti alle accelerazioni indotte da esse sulle varie particelle del sistema vengono trasmesse tramite i vincoli del sistema stesso (coesione, disposizioni e collegamenti di vario genere, ecc.).
Nel moto di un sistema soggetto a sole forze gravitazionali (es. v. spaziale senza propulsione) e senza rotazione propria del sistema il materiale delle strutture non viene sollecitato, un accelerometro a bordo segna zero; si è nello stato d' "imponderabilità". Se invece sono presenti forze dell'altra classe (come necessariamente nel v. atmosferico), il materiale delle strutture del sistema viene sollecitato con intensità e modalità che dipendono dall'effettiva distribuzione delle forze comunque realizzata e variabile nelle varie fasi del volo (v. normale, con evoluzioni, in aria agitata, decollo, atterramento, ammaramento, catapultamento, rimorchio, frenamento aerodinamico, ecc.).
Da queste considerazioni discende il concetto di "sopportazione". Se h è l'attrazione risultante sulla particella dm, df il risultante di tutte le forze esterne applicate e vincolari sulla particella (supposta isolata dalle adiacenti) ad eccezione di quella d'attrazione, α l'accelerazione assoluta, g0 il valore (scalare) dell'accelerazione media di gravità a quota zero, il vettore adimensionale
è detto in meccanica del v. sopportazione, o anche coefficiente o fattore di contingenza oppure fattore di carico: non si tiene conto di stati di coazione elastica o plastica (serraggi, montaggi forzati, ecc.) e di effetti dovuti a distribuzioni non uniformi di temperatura che possono sollecitare il materiale; usualmente quando si parla di sopportazione tacitamente ci si riferisce a quella ng del centro di gravità. Se F è il risultante di tutte le forze esterne della seconda classe si ha
Nel v. extraatmosferico (con approssimazione in aria molto rarefatta) si ha ng = 0 se i propulsori sono inattivi e il sistema è senza rotazione; per sistema in riposo o in moto uniforme orizzontale è, rispettivamente, ng = 1 e ng ≅ 1.
Equazioni generali. - Particolare interesse presenta la meccanica del v. dei velivoli e dei missili. Il velivolo o il missile può venire considerato come un insieme di strutture in prima approssimazione rigide: una struttura principale di rilevanti dimensioni e massa (costituita essenzialmente dall'ala, fusoliera ed ogni altra parte ad esse solidalmente associata) e strutture di massa e di dimensioni notevolmente minori (superfici di comando, parti mobili dei gruppi propulsori, ecc.).
Se i comandi non sono liberi e si trascura l'effetto delle parti mobili dei propulsori, la posizione del velivolo o del missile rispetto ad una terna geodetica (fig. 1) è definita dalle coordinate ξ, η, ζ del baricentro e da tre angoli, opportunamente scelti, che definiscono la posizione della terna fissa all'aeromobile; questi tre angoli di posizione vengono usualmente definiti nel seguente modo: alla terna velivolo baricentrica (destra) (x, y, z,) inizialmente equipollente a quella geodetica (pure destra), viene impressa una prima rotazione positiva dell'angolo ψ attorno all'asse z; successivamente viene impressa una seconda rotazione positiva dell'angolo "attorno all'asse trasversale y (già ruotato dell'angolo ψ); per ultimo una terza rotazione positiva dell'angolo ϕ attorno all'asse longitudinale (ruotato quindi prima dell'angolo ψ e poi di θ). L'asse geodetico Oξ si usa scegliere verticale con direzione positiva in basso; in questo caso ψ è l'angolo di azimuth, θ di inclinazione longitudinale, ψ d'inclinazione laterale.
Si indicano con (u, v, w) le componenti della velocità V del centro di gravità sugli assi (x,y, z); con (p, q, r) le componenti della velocità angolare; con (X, Y, z) le componenti del risultante di tutte le forze escluse quelle di gravità; con (L, M, N) i momenti di tutte le forze attorno agli assi.
Le equazioni cardinali del moto riferite alla terna velivolo (equazioni di Eulero) forniscono per il moto del centro di gravità:
e per il moto attorno al centro di gravità:
Le [6] sono valide se la terna velivolo è principale, cioè i momenti centrifughi D, E, F nulli; A, B, C sono i momenti d'inerzia centrali principali. Se la terna velivolo non è principale centrale, nelle [6] compaiono altri termini contenenti il momento centrifugo E, poiché per la simmetria del velivolo si ha D = F = 0. Ogni forza X, Y, Z ed ogni momento L, M, N in via generale sono almeno funzione: di ξ, η, ζ (variazione della densità e della temperatura con la quota, aria agitata, ecc.); di u, v, w (velocità ed orientamento del velivolo rispetto alla velocità risultante; se α è l'incidenza e β la deviazione si ha infatti u = V cos β cos α, v = V sen β, w = V cos β sen α); di ψ, θ, ϕ (effetto di strumenti ad azione giroscopica agenti sui comandi, cioè di autopiloti, dispositivi di telepilotaggio ecc.); di p, q, r effetto della velocità angolare sulla distribuzione delle incidenze aerodinamiche, cioè sulle forze e sulle coppie aerodinamiche, ecc.; del tempo t (manovre del pilota, disposizioni di volo a programma, ecc.). In via generale ogni forza ed ogni momento è pure funzione delle derivate delle variabili elencate. Le azioni aerodinamiche sono, a rigore, di tipo "ereditario".
Per la descrizione del moto occorre associare alle [5] e (6] le seguenti altre relazioni evidenti:
e le
che legano le velocità di rollio, beccheggio ed imbardata agli angoli di posizione e loro derivate prime.
Nelle [7] i coefficienti di u, v, w sono i coseni direttori degli assi velivolo. Si hanno in tutto 12 equazioni differenziali ordinarie ma non lineari del 1° ordine tra le 12 variabili elencate ed il tempo; eliminando tra esse u, v, w e p, q, r si trovano 6 equazioni differenziali ordinarie ma non lineari del 20 ordine in e, ξ, η, ζ; ψ, θ, ϕ, cioè nelle variabili che definiscono la posizione del velivolo (gradi di libertà del sistema); queste equazioni molto complesse da tutti i punti di vista si potrebbero ottenere anche direttamente impiegando le equazioni di Lagrange (2a forma) dopo avere espresso l'energia cinetica del sistema in funzione di ξ, η, ζ; ψ, θ, ϕ e loro derivate prime. L'effetto delle parti rotanti dei propulsori si ottiene subito (con velocità angolare costante) valutandone il momento della quantità di moto k rispetto alla terna velivolo; se kx, ky, kz sono le componenti di k, ai primi membri delle [6] vanno aggiunti rispettivamente i binomî qkz − rky, rkx − pkz, pky − qkx, che rappresentano le coppie di reazione giroscopiche dei rótori dei propulsori (eliche, turbine, ecc.). Con le usuali architetture l'asse dei rotori è pressoché parallelo all'asse x; i termini aggiuntivi per un solo rotore sono allora o, I Ω r, − I Ω q, con I momento d'inerzia ed Ω velocità angolare del rotore. Per ogni comando libero va aggiunta alle equazioni precedenti un'equazione differenziale ordinaria ma non lineare del 2° ordine nella variabile δ, angolo formato dalla superficie mobile (equilibratore, stabilizzatore, alettoni) con la corrispondente superficie fissa.
La grande complicazione analitica è evidente; per la risoluzione del sistema molto utili si presentano i sistemi analogici. In molti casi, concretamente importanti, sono soddisfacenti i risultati delle equazioni linearizzate con i consueti procedimenti; il sistema di equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti che ne deriva, omogeneo o no, non presenta difficoltà anche se di noiosa risoluzione: tra questi casi, molto importanti sono quelli relativi alla stabilità dinamica a comandi bloccati e liberi, al volo in aria agitata, ai problemi di comando automatico, a certe manovre, ecc. Il sistema di equazioni può venire impiegato nella sua generalità supponendo invece noto il moto del velivolo, cioè supponendo nel caso più generale note in funzione del tempo le (u, v, w), (p, q, r), (ψ, θ, ϕ), o parte di esse, per dedurne il valore della sopportazione, l'impegno dei comandi, gli sforzi di barra compatibili, ecc.; il problema matematico risulta molto semplificato; l'evoluzione del velivolo può essere supposta oppure realmente rilevata da prove di volo.
Altro modo conveniente ed utile per lo studio di molte evoluzioni e condizioni di v. è quello di supporre soddisfatte da adeguato impegno dei comandi soltanto le equazioni dei momenti [6], riducendosi così a considerare le sole equazioni del moto del centro di gravità; conviene in tal caso fare riferimento alla terna intrinseca (tangente, normale e binormale alla traiettoria del centro di gravità). Si verifica dopo, se necessario, la compatibilità dell'impegno dei comandi, degli sforzi di barra, ecc. cioè la compatibilità del moto attorno al centro di gravità col definito moto del centro di gravità stesso. Nei casi nei quali le equazioni dei momenti sono determinanti (per es. avvitamento e stabilità dinamica) questa assunzione non può venire mantenuta; il moto del centro di gravità deve venire simultaneamente considerato assieme al moto attorno ad esso.
Forze aerodinamiche e propulsive. - Una forza aerodinamica o le sue componenti P (portanza), R (resistenza), D (devianza) si usano esprimere con le note formule
Così pure i momenti L di rollio, M di beccheggio, N di imbardata si usano esprimere con altre note formule
con b apertura alare, l corda alare (od altre lunghezze di riferimento), S superficie di riferimento, ρ densità, V velocità.
L'aerodinamica teorica e sperimentale si prefigge il compito di definire per un dato solido i 6 coefficienti in funzione dell'incidenza α e della deviazione β, del numero di Mach M, del numero di Reynolds &scr;R, della turbolenza della corrente, della rugosità delle superfici solide, ecc. Se il solido ha pure un moto di rotazione le forze ed i momenti sono anche essenzialmente funzione delle componenti p, q, r che fanno variare la distribuzione di incidenza aerodinamica che si ha sul solido per rotazione nulla; l'effetto della velocità angolare è rilevante sui momenti aerodinamici.
La rotazione p (positiva) fa nascere essenzialmente un momento di rollio negativo (smorzante) attorno all'asse x ed un momento di imbardata positivo. La rotazione q a cabrare (positiva) fa nascere un momento negativo a picchiare (smorzante) e viceversa. La rotazione r (positiva) fa nascere essenzialmente un momento negativo attorno all'asse z (smorzante) ed un momento positivo attorno all'asse x.
Le forze ed i momenti sono anche funzione delle derivate temporali di altri parametri (angoli a e β, della velocità V, degli angoli delle superfici di comando, ecc). Gli ordini di grandezza delle forze e dei momenti sono molto diversi: è possibile trascurarne alcuni semplificando il problema. Le forze ed i momenti sono pure funzione delle deformazioni elastiche del sistema dovute ai carichi aerodinamici variabili; l'effetto può essere sensibile, per velivoli ad elevate velocità subsoniche e supersoniche e per i missili operanti nell'atmosfera. Se è necessario prendere in considerazione l'effetto delle deformazioni, alle equazioni [5] e [6] del corpo rigido vanno aggiunte altre equazioni (tante quanti i gradi di libertà "elastici" del sistema scelti per la rappresentazione della deformazione) deducibili per es. mediante appropriato impiego delle equazioni di Lagrange (2a forma); le complicazioni analitiche si esaltano.
Se il moto è traslatorio o pressochè tale i coefficienti si possono ritenere funzione esclusivamente di α, β, M; nel campo subsonico praticamente solo di β e α.
La velocità di propagazione del suono è data da
dove k è il rapporto tra il calore specifico a pressione costante ed a volume costante dell'aria, p la pressione ambiente; poiché
le forze ed i momenti si possono esprimere in funzione di α, β, M.
Espressioni adeguate vengono pure dedotte per le forze e le coppie dei propulsori elicoidali che risultano funzioni di M e del numero di Mach periferico Mp.
Anche le prestazioni "corrette" di un esoreattore (turboelica, turbogetti normali, a due flussi, con postbruciatore, autoreattori) sono funzione di M ed Mp, oltre che della pressione a temperatura dell'aria ambiente. Se il propulsore è a geometria variabile occorre altresì tenerne conto. Poiché per dato propulsore
(con C costante, N giri, T temperatura assoluta) usualmente si considera il rapporto
invece di M.
Usualmente dai grafici generali delle caratteristiche corrette vengono dedotte le caratteristiche in aria tipo (data quota) in funzione della velocità per dati giri.
Caratteristiche di volo in generale. - Per lo studio del moto senza deviazione in un piano verticale è possibile limitarsi alle equazioni del solo centro di gravità supponendo risolte dalla manovra del pilota le equazioni dei momenti. Questa ipotesi si può ritenere quasi sempre soddisfatta. Se Q/g è la massa del velivolo, α l'angolo di incidenza e β l'angolo di rampa (positivo in salita) il moto del centro di gravità è condizionato dalle due equazioni (ottenibili direttamente anche dalle [5])
L'angolo α + β = θ è l'angolo di posizione (angolo tra un asse del velivolo e l'orizzonte). L'angolo β può essere qualsiasi mentre l'angolo α non può superare quello corrispondente allo stallo. Si ha inoltre
è l'accelerazione centripeta,
quella tangenziale.
Poiché il numero di Mach è proporzionale alla velocità e inversamente alla radice quadrata della temperatura assoluta ne segue, come mostrato dalla [12] e [13], che la portanza P, la resistenza R e la spinta T per un dato velivolo sono, in aria tipo, funzioni di V ed H per quanto riguarda la dipendenza da M.
Le equazioni precedenti legano tra loro le cinque variabili, α, H, V, β, N; sono necessarie altre due relazioni. Una è la legge con la quale si ammette che varino i giri del propulsore; nel caso più generale, la relazione
riflette l'intervento di sistemi asserviti o del pilota; come caso particolare N è costante. L'altra è una relazione del tutto generale,
che permette, associata alle altre, la descrizione della voluta traiettoria e delle sue peculiarità; la [16] che deve essere compatibile con le possibilità effettive del velivolo e che sostituisce l'equazione dei momenti può venire chiamata "legge di manovra".
Si hanno così cinque relazioni tra le cinque variabili. La risoluzione del sistema si può eseguire con procedimenti grafico-numerici, mediante l'ausilio di macchine calcolatrici, ecc.; in qualche raro caso analiticamente. Se si prende in considerazione la variabilità della massa, occorre aggiungere un'altra equazione.
Moltiplicando la [13] per V si ottiene
TV è la potenza disponibile in atto, RV la potenza per vincere la resistenza aerodinamica; la differenza fra esse serve a variare l'energia potenziale e cinetica del velivolo. Casi particolari di "legge di manovra" importanti sono i moti rettilinei (β = costante), i moti uniformi orizzontali (β = 0, V = costante), ecc. In concreto un moto rigorosamente di regime non può sussistere a meno di speciali regolazioni di alcune variabili (assetto, trazione, ecc.).
Con velivoli di normali caratteristiche e velocità non rilevantissime si possono effettuare ove si voglia moti "praticamente" di regime, perché la variabilità nel tempo dei diversi parametri può essere mantenuta piccola.
Per il calcolo delle caratteristiche di v. occorrono da una parte i dati relativi al velivolo (polari, dati aerodinamici varî, peso, distribuzione delle masse, carico utile, carico combustibile ed olio, ecc.), dall'altra i dati relativi ai gruppi propulsori (potenza, trazione o spinta, dati dell'elica, consumi, ecc.). Usualmente vengono definite: velocità e pendenza del volo librato; velocità massime, minime, della massima autonomia in volo orizzontale, della migliore salita (rapida); quota di tangenza teorica e pratica; autonomia di distanza e di tempo. Le caratteristiche vanno definite con varî regimi e con potenza ridotta asimmetrica (per arresto od avaria di parte dei gruppi propulsori nei polimotori e polireattori).
La [17] mostra che la differenza tra la potenza disponibile e la potenza richiesta per vincere la resistenza aerodinamica può essere ripartita comunque (in valore e segno) tra potenza
(per variare la quota dell aeromobile) e potenza
(per variare la velocità). La ripartizione può essere fatta in modo da conseguire risultati di particolare interesse; per es. rendere minimo il tempo di salita, minimo il consumo di combustibile per volare tra due punti, ecc.; con l'ausilio dei procedimenti del calcolo delle variazioni si possono impostare e risolvere questi problemi che consistono, in fondo, nel trovare la corrispondente legge di manovra; molto complessa e laboriosa è in genere la risoluzione di questi problemi variazionali.
Semplificazione accettabile per molti tipi di traiettorie pressoché rettilinee è quella di trascurare l'accelerazione centripeta
Le due equazioni del moto del centro di gravità sono allora (con N costante)
Per ogni quota (dato H), fissata una certa rampa β, si ha dalla [12]′, per ogni V, la corrispondente α. Notaa si calcola la R. Si possono riportare allora su un grafico (ascissa V) le R + Q sen β (tante quanti β) e la T che, per dato H, è pure funzione di V (fig. 2).
I punti intersezione corrispondono (per un dato β) alle velocità di regime massime e minime; in particolare si ricavano le velocità massime e minime orizzontali; tra le velocità massime e minime il moto è accelerato. Si può riportare su un diagramma polare il luogo delle velocità massime e minime al variare di β (fig. 3); si nota la V di β max (salita ripida), la velocità V ed il β corrispondenti alla wmax (salita rapida); si nota che la velocità di salita rapida è maggiore di quella della salita ripida.
Si ha
Le Vmax e Vmin orizzontali, la wmax con la corrispondente velocità ottima sulla traiettoria si possono riportare su un grafico unico assieme ai tempi di salita ottimi (fig. 4). Si deduce la quota di tangenza teorica e pratica; alla quota di tangenza si ha un unico valore della velocità. Poiché in realtà l'angolo β ottimo diminuisce con la quota mentre la velocità ottima cresce ne segue che se la variazione temporale non è più trascurabile bisogna ricorrere ai metodi di calcolo variazionale per la definizione della salita ottima o di altre traiettorie che soddisfino ad altre condizioni di ottimo, oppure prestabilire una conveniente legge di salita compatibile. In molti problemi che interessano il campo subsonico i coefficienti aerodinamici possono ritenersi costanti; invece della incidenza a si può assumere direttamente come variabile il coefficiente Cp; con grande approssimazione la polare di un velivolo di forme aerodinamiche corrette può venire rappresentata (per la parte che interessa il volo) dalla relazione parabolica
dove Cro è il coefficiente di resistenza a portanza nulla; λ l'allungamento geometrico dell'ala dato da b2/S (b apertura alare, S superficie), i un coefficiente induttivo; è bene precisare con prove alla galleria sia Cro sia il coefficiente induttivo.
Rilevante importanza presenta la semplice espressione [18] per la trattazione di molti problemi.
Volo librato. - Notevole importanza presenta il v. librato rettilineo (v. degli alianti, con approssimazione dei velivoli con regolazione del gruppo propulsore tale da fornire T ≅ 0). Trascurando l'accelerazione tangenziale e poiché si è sempre in campo subsonico si può scrivere
Da queste si ricava
dove E = Cp/Cr è l'efficienza aerodinamica per l'assetto considerato, CF = (C²p + C²r)1/2 il coefficiente di forza aerodinamica totale. L'angolo β, negativo, è tanto più piccolo quanto più elevata è l'efficienza; la velocità è proporzionale per data quota al carico alare. Associando bassi carichi alari ed elevate efficienze (dovute essenzialmente ad elevati allungamenti alari) si ottengono velocità w di discesa modeste; se vi sono correnti ascendenti con velucità w il velivolo fa quota e può veleggiare.
Grande interesse presentano le condizioni di v. librato dei veicoli spaziali durante il rientro con frenamento atmosferico (v. navigazione: n. spaziale, in questa App.).
Autonomia. - Delle autonomie di distanza e di tempo di grande importanza è quella di distanza, detta anche chilometrica.
Le [12] e [13] per il volo orizzontale diventano
Il consumo di combustibile è uguale alla diminuzione dQ di peso del velivolo; se c è il consumo per unità di spinta del propulsore (c è funzione di H, V, N), si ha:
con ds percorso elementare corrispondente al consumo dQ. Se si vola ad assetto e quota costante la velocità diminuisce mano a mano che si consuma il combustibile poiché il peso varia continuamente; però per i velivoli con esoreattori (che sono la quasi totalità dei velivoli in esercizio) la corrispondente dV/dt (negativa) è insignificante e nella [22] può trascurarsi. Fissata una certa quota H ed una certa incidenza a la [21] fornisce la V per dato peso Q; la [22] con
permette allora di ricavare i giri del propulsore in funzione di Q.
Tramite la [23] si calcola il rapporto
che risulta così funzione di Q; si cerca allora l'incidenza per la quale il consumo chilometrico
è minimo. Il percorso s totale sì può trovare con s integrazione numerica ed è funzione (per data quota ed incidenza) della quantità di combustibile consumata cioè, della diminuzione di peso del velivolo.
In casi particolari importanti si possono dedurre semplici formule:
a) V. con propulsori ad elica: Se si ammette di volare con rendimento (propulsivo) η dell'elica pressoché costante (questo è molto vicino al vero con eliche a giri costanti), detta W la potenza del motore o della turbina e k il consumo per unità di potenza si ha
Poiché si è nel campo praticamente incompressibile
Se k è pressoché costante (per i motori alternativi questa ipotesi è vicina al vero più che per i turboelica) si ottiene
s in km se k è in kg/CVh; Qo è il peso iniziale, Qc il peso di combustibile consumato. L'autonomia è massima per l'assetto di efficienza massima e non dipende dalla quota; Qo/Qo − Qc è il rapporto di massa.
b) Volo con propulsori a getto (campo praticamente incompressibile). Le equazioni sono
Se con ipotesi alquanto discosta dalla realtà si pone c costante (c usualmente aumenta con la velocità e diminuisce al crescere della quota) si ottiene
con s in km se c è kg/kgh, Qo/ρS in (m/sec)2.
Nel caso dei turbogetti il rendimento propulsivo cresce con la velolocità; ciò spiega perché l'autonomia cresce con
cioè con la quota per dato velivolo; s è massima per il punto della polare cui corrisponde
massimo.
Per velivoli sia subsonici (di elevate caratteristiche) sia supersonici assai importante è la ricerca di traiettorie ottime dal punto di vista del consumo.
Il consumo chilometrico minimo varia se si è in presenza di vento. Cresce con vento frontale contrario (bisogna forzare l'andatura), diminuisce con vento in coda; semplici costruzioni grafiche permettono di stimare rapidamente le condizioni migliori con vento contro o a favore.
Ai fini del trasporto interessano non tanto l'autonomia in sé od il carico utile in sé ma le t. km trasportabili per t di velivolo (al decollo) che risultano funzione del percorso s, del rapporto tra peso a vuoto e peso totale, del consumo specifico, dell'assetto del velivolo, del rendimento propulsivo, ecc.; usualmente si ha il massimo quando il carico di combustibile (carico consumabile) è pressoché uguale al carico utile trasportato (carico pagante).
Decollo ed atterramento. - L'equazione che condiziona il moto del centro di gravità, supposto il suolo orizzontale e l'aria calma, è data dalla
dove f è il coefficiente d'attrito volvente dipendente dalla natura del suolo e dalla pressione di gonfiamento dei pneumatici (per pista in cemento f ≅ 0,02; per terreno erboso duro f ≅ 0,04). Dalla [26] si ricava l accelerazione
in funzione di V per un prefissato andamento di Cp in funzione di V compatibile con l'equazione del momento attorno all'asse y. Il tempo di decollo td è dato da
la lunghezza di decollo da
La velocità minima di decollo, data dalla
è la velocità minima di sicuro controllo del velivolo e corrisponde a circa 1,2 la velocità minima di sostentazione; con ciò
La conoscenza del tempo di decollo usualmente ha poco interesse; grande importanza ha invece la lunghezza, poiché da essa dipende la lunghezza globale delle costose piste e l'utilizzazione o meno di un aeroporto da parte di un dato velivolo.
Con vento contrario la lunghezza di decollo diminuisce. Per aeroplani con propulsore sia ad elica sia a getto si può sempre scrivere
con K coefficiente numerico > 1 che congloba l'effetto del coefiiciente f, della resistenza aerodinamica, ecc.; Q/T rapporto tra peso e spinta a punto fisso; Q/S carico alare. Poiché il coefficiente K risulta poco > 1, con qualsiasi tipo di aeroplano e di propulsore, la [27] si presta ad una spedita valutazione della lunghezza di decollo; questa cresce, per un dato velivolo, col quadrato del peso totale e con la quota. Si giustificano così le rigorose norme sulle limitazioni del peso totale al decollo in funzione della quota e dei tipi di propulsore.
Si può usufruire di parte della spinta per la sostentazione variando l'orientamento dell'asse del propulsore o deviando la direzione di uscita del getto verso il basso dell'angolo ϕ. Il percorso di decollo minimo si ha quando sen ϕ = Q/T ed è dato dalla
Se T/Q non è elevato (velivoli con moderata spinta) la riduzione del percorso di decollo è modesta. Se T/Q > 1 si ha il decollo verticale poiché la spinta supera il peso del velivolo.
La gettosostentazione si può ottenere anche con appositi gruppi a sé.
Le lunghezze delle piste di decollo sono aumentate continuamente negli anni passati poiché si è avuto un incremento rilevante del carico alare Q/S non compensato da adeguato aumento di T/Q (ciò per ragioni di economia del trasporto aereo a getto a velocità subsoniche); all'atterramento si può usufruire della forza frenante dell'elica (invertendone il passo), dell'inversione della direzione del getto con i reattori e dell'azione dei freni meccanici; molti velivoli di normali caratteristiche hanno soltanto i freni meccanici. La riduzione di velocità può ottenersi con la gettosostentazione quando prevista per il decollo. Il percorso di atterramento senza freni meccanici e senza forza frenante di altro genere sarebbe molto più lungo del percorso di decollo; da qui la necessità almeno dei freni alle ruote e meglio ancora del frenamento con inversione della spinta del propulsore, associato a frenamento meccanico. Anche impiegato è un paracadute di coda efficiente ovviamente nella fase iniziale per l'elevata velocità. Il decollo verticale con velivoli è possibile grazie all'avvento in aviazione della turbina a gas, che ha permesso di avere unità propulsive capaci di fornire spinte rilevantissime con pesi modesti.
Per gli idrovolanti la riduzione dei percorsi di decollo e di ammaramento presenta minore importanza, ovviamente, che per gli aeroplani.
Stabilità. - Considerazioni generali. - Un velivolo è dinamicamente stabile se, rimosso per una causa qualsiasi da una sua posizione di equilibrio dinamico di regime (caratterizzata per es. da definiti valori delle velocità lineari ed angolari), vi ritorna dopo un certo tempo; per questo le "perturbazioni" dei varî parametri che definiscono il moto debbono annullarsi al crescere del tempo. L'andamento della perturbazione può essere periodico o aperiodico.
La stabilità dinamica può essere: a) comandata, con l'intervento del pilota che agisce sui comandi nel senso di annullare le perturbazioni; b) strumentale, ottenuta a mezzo di appositi sistemi asserviti (autopilota in senso lato); c) intrinseca, cioè propria del sistema. Per gli aeromobili in genere è necessario che vi sia adeguata stabilità dinamica intrinseca, a comandi sia bloccati sia liberi, per motivi evidenti di sicurezza; possono venire tollerate instabilità molto lente, tali da venire controllate facilmente dal pilota o dall'autopilota. Importanza preponderante presenta la stabilità a partire da un moto di regime rettilineo ed uniforme.
Per un'accettabile stabilità dinamica lo smorzamento delle perturbazioni deve essere abbastanza rapido; in generale lo smorzamento deve essere tanto più rapido quanto più piccolo è il periodo. In concreto, come già detto, importa la stabilità dinamica a comandi bloccati e liberi, ma assumono molta importanza le considerazioni sulla stabilità cosidetta statica a comandi sia bloccati sia liberi; la stabilità statica è uno dei parametri principali dai quali dipende la stabilità dinamica. Per una conveniente stabilità intrinseca dinamica occorre di regola adeguata stabilità statica associata ad efficiente smorzamento. Alla stabilità statica sono connesse le caratteristiche di comando relative.
Stabilità statica e comando longitudinali. - Un velivolo è staticamente stabile longitudinalmente quando, variatane l'incidenza di equilibrio, si desta un momento che tende ad annullare la variazione stessa; usualmente i momenti Mg sono assunti positivi se cabranti così come l'incidenza α. Come misura della stabilità statica si assume la derivata
se la derivata è 〈 o si ha stabilità statica (equilibrio statico stabile); se
l'equilibrio è indifferente; se
si ha instabilità statica (equilibrio statico instabile); invece della derivata
si può considerare la derivata del coefficiente di momento
Fuoco è il punto nel quale possono sono intendersi applicati gli incrementi delle forze aerodinamiche del velivolo con risultante contenuto nel piano di simmetria (portanza e resistenza); perché vi sia stabilità il fuoco del velivolo a comando bloccato Scb deve trovarsi dietro il baricentro del velivolo; se il comando è libero varia anche il relativo punto limite di stabilità Scl. Per la stabilità statica il centro di gravità deve risultare avanti alla posizione del relativo fuoco. I punti precedenti sono detti anche punti limiti di stabilità (se il centro di gravità cade su un punto limite l'equilibrio è indifferente).
La presenza del propulsore influisce in maniera molto complessa; l'effetto, di entità non rilevante, è usualmente instabilizzante.
L'escursione del centro di gravità in avanti è limitata dal fatto che deve essere possibile far cabrare il velivolo almeno sino all'assetto 0i portanza massima; per velivoli di normale architettura la massima posizione avanzata del centro di gravità è al 15 ÷ 20% della corda media alare.
Il punto limite di stabilità arretra se si considera un v. accelerato curvilineo (es. virata, ripresa); l'arretramento è dovuto in prevalenzaall'effetto smorzante della coda (avanti accennato) proveniente dall'aumento di incidenza a causa della rotazione del velivolo e varia con la quota ed il carico alare: questo punto arretrato è detto punto limite di manovra a comando bloccato smb.
L'angolo di barra, cioè l'angolo dell'equilibratore con lo stabilizzatore δe per mantenere una certa incidenza, varia con la posizione del centro di gravità; se questo capita su Smb la derivata dell'angolo di barra rispetto alla sopportazione
si annulla. Evidentemente il centro di gravità deve essere avanzato rispetto ai varî possibili Smb. Di grande importanza è la derivata dello sforzo di barra F rispetto alla sopportazione
più avanti è il centro di gravità, più elevato risulta il valore di
Con posizioni avanzate del centro di gravità il pilota viene affaticato troppo; arretrando il centro di gravità si arriva ad un punto Sml detto punto limite di manovra a comando libero per il quale
cioè con sforzo di barra nullo si può ottenere ogni incidenza; questo fatto deve venire assolutamente evitato per impedire manovre pericolose involontarie; è necessario che il valore
(dipendente dalla posizione del centro di gravità) sia contenuto entro certi limiti per evitare sia un comando troppo duro sia un comando troppo sensibile. Per es. per caccia intercettori molto veloci è bene che l'incremento dello sforzo di barra ΔF non superi 4 kg circa per Δn = 1 e che non scenda al disotto di 1,5 kg; sul valore
influisce molto il valore del momento aerodinamico di cerniera.
Lo sforzo di barra può essere variato introducendo sulla trasmissione di comando masse a sbalzo e molle adeguate.
L'escursione del centro di gravità è condizionata da diverse esigenze.
Le posizioni dei fuochi e dei varî punti variano passando dal campo subsonico al campo supersonico; rilevanti variazioni si presentano nel campo transonico con certe architetture; le forti frecce e l'ala triangolare di basso allungamento riducono al minimo l'escursione dei fuochi.
Stabilità statica e comando direzionali. - Le considerazioni sulla stabilità statica direzionale riguardano il moto di regime con deviazione, cioè con direzione della velocità fuori del piano di simmetria, e si riferiscono alle rotazioni attorno all'asse velivolo z. Un velivolo è staticamente stabile in direzione quando variatone l'angolo di imbardata d'equilibrio si desta un momento che tende ad annullare la variazione stessa. Molta influenza sull'equilibrio direzionale ha l'effetto aerodinamico del propulsore elicoidale.
La manovra del timone di direzione deve essere tale da assicurare il controllo direzionale per tutte le condizioni di volo che fanno insorgere rilevanti momenti di imbardata. Condizioni tipiche sono: l'effetto della scia dell'elica per velivoli monomotori; l'imbardata contraria dovuta alla manovra degli alettoni; il decollo e l'atterramento con vento di fianco; l'avvitamento; il volo con potenza dissimmetrica nei polimotori e polireattori.
Per la stabilità direzionale interessa la derivata della forza di pedaliera F rispetto ψ, angolo di imbardata,
usualmente si fa in modo che
sia sui 2 ÷ 2,5 kg per grado alla velocità indicata di circa 250 km/h.
L'impennaggio verticale non deve presentare fatti di stallo per la massima deviazione prevedibile in un moto con imbardata. Per migliorare, se necessario, la stabilità direzionale si usa aggiungere adeguata superficie di raccordo tra parte fissa del timone e dorso della fusoliera.
Stabilità statica laterale e comando alettoni. - Se il velivolo vola con assetto deviato la forza aerodinamica delle due semiali viene variata in misura che dipende dall'angolo diedro dell'ala, dalla freccia, dall'entità e dalla posizione dell'impennaggio verticale, ecc. e dall'angolo di deviazione. Se il velivolo per una causa qualsiasi viene a trovarsi in scivolata, derapata od altra manovra che comporta l'insorgere di deviazione, l'effetto dei parametri avanti elencati (detto globalmente effetto diedro) fa nascere una coppia di rollio che agisce sul velivolo in modo da tendere ad annullare la deviazione stessa. La manovra degli alettoni ha per scopo principale il controllo del velivolo attorno all'asse longitudinale x.
Tra gli impegni tipici degli alettoni sono da annoverare: il controllo del velivolo nel v. con raffiche trasversali; l'equilibramento della coppia di rollio (proveniente dall'effetto diedro) nel volo con assetti deviati; il controllo trasversale del velivolo alle elevate incidenze. Questi impegni esigono moderati sforzi di barra. L'impegno più rilevante proviene dalla necessità di potere imprimere al velivolo rollate con la più elevata possibile velocità angolare; questa condizione è tra le più severe per i velivoli militari velocissimi. Si indica con b l'apertura alare, V la velocità, p la velocità angolare di rollio; si richiede
per velivoli bombardieri e trasporto,
per velivoli da caccia e combattimento con sforzi di barra non superiori a circa 15 kg (40 kg con comando a volantino) alle più alte velocità di impiego. Al raggiungimento di queste richieste si oppone lo svergolamento elastico delle semiali (se non sono rigide a sufficienza) dovuto al momento torcente aerodinamico provocato dall'angolazione dell'alettone e l'insufficiente angolazione dell'alettone poiché lo sforzo di barra richiesto supera le possibilità fisiologiche del pilota; lo svergolamento conduce all'inversione (v. aerolasticità, in questa App.) del comando alettoni; si esigono quindi rigidezze dell'ala commisurate all'entità del massimo momento torcente. L'insufficienza muscolare esige per le elevate velocità l'impiego di comandi assistiti o potenziati realizzati in maniera da lasciare sempre al pilota uno sforzo adeguato.
Stabilità dinamica intrinseca (a partire da un moto di regime rettilineo). - Le equazioni [5], [6], [7], [8] e quelle dei comandi, se liberi, vengono linearizzate. Se le condizioni iniziali di regime si riferiscono al moto di regime simmetrico (senza deviazione) e senza velocità angolare (rettilineo) è possibile trattare separatamente la stabilità longitudinale (a comandi sia bloccati sia liberi) dalla stabilità laterale (a comandi sia bloccati sia liberi) se vi è un piano di simmetria e se mancano gli effetti giroscopici dei rotori (con buona approssimazione gli effetti giroscopici, se presenti, possono venire trascurati); è facile vedere con le ammesse ipotesi che una piccola perturbazione, simmetrica, non influisce sull'equilibrio laterale e che una perturbazione piccola antisimmetrica (cioè di rollio, imbardata o deviazione) non disturba l'equilibrio longitudinale. La trattazione analitica si semplifica così notevolmente. Una perturbazione qualsiasi ν, se il sistema è lineare ed omogeneo a coefficienti costanti (costanti concentrate), è data da una funzione del tipo ν = ν̄ext con x esponente reale o complesso e ν̄ costante reale o complessa. Dal sistema linearizzato è facile allora dedurre l'equazione caratteristica, algebrica nella x, ed i cui coefficienti sono funzione delle caratteristiche geometriche, di massa, aerodinamiche e dei parametri che definiscono le condizioni del volo iniziale non perturbato.
Le radici dell'equazione caratteristica debbono essere negative se reali, od avere la parte reale negativa se complesse coniugate se, si vuole lo smorzamento delle perturbazioni, cioè se si vuole assicurata la stabilità dinamica. Al tecnico e al progettista interessa conoscere a priori quali debbono essere le relazioni tra le varie grandezze in gioco perché vi sia smorzamento.
Un teorema fondamentale dovuto ad Hurwitz fornisce regole facili e di semplice impiego per trovare le relazioni che debbono sussistere tra i coefficienti dell'equazione caratteristica perché le radici abbiano parte reale non nulla o negativa. Le condizioni di Hurwitz sono ruote, in meccanica del volo, anche come criterî di Routh. Occorre pur sempre la ricerca delle radici (dopo soddisfatte le condizioni di Hurwitz) se si vuole conoscere il periodo delle oscillazioni e l'entità dello smorzamento. La discussione delle condizioni di Hurwitz permette però di ottenere indicazioni di grande utilità in sede di progetto.
Lo smorzamento deve essere efficace perché una desiderabile ed accettabile stabilità esige la rapida estinzione delle perturbazioni.
Stabilità dinamica longitudinale a comando bloccato e libero (a partire da un moto di regime rettilineo). - I risultati della trattazione analitica e delle esperienze in volo mostrano che a comando bloccato per normali velivoli si presenta in genere una doppia oscillazione: una di lungo periodo (periodo dell'ordine delle diecine di secondi) e debole smorzamento; l'altra di corto periodo (ordine dei secondi) fortemente smorzata, che passa quasi non avvertita.
Lo smorzamento dell'oscillazione a lungo periodo, detta fugoide, non ha praticamente importanza nel giudizio dei piloti sulle qualità del velivolo; non si esigono prescrizioni particolari e l'oscillazione può anche non essere smorzata (come accade per certi velivoli molto fini moderni); il pilota ha però tutto il tempo di intervenire e smorzare con il comando l'oscillazione. Per la stabilità dinamica a comando bloccato dei velivoli di normale architettura basta che sia assicurata normale stabilità statica.
A comando libero si presentano due oscillaziorii simili a quelle a comando bloccato ed una terza oscillazione di corto periodo (qualche secondo alle elevate velocità) indotta sostanzialmente dall'oscillazione dell'equilibratore lasciato libero; questa terza oscillazione per velivoli molto veloci può essere pericolosa se non è molto smorzata, poiché il pilota non ha tempo di intervenire data la brevità del periodo; si possono raggiungere valori della sopportazione non compatibili con la resistenza del fisico umano e delle strutture, così come riscontrato effettivamente per alcuni velivoli a getto quando la barra è sfuggita accidentalmente dalle mani del pilota; il volo a quota elevata e la compensazione aerodinamica spinta dell'equilibratore favoriscono l'insorgere di questa oscillazione. Può accadere che l'azione aerodinamica sull'equilibratore libero venga mediamente equilibrata dall'attrito della trasmissione di comando dando luogo ad una oscillazione persistente del velivolo, detta con locuzione inglese porpoising, consistente in una specie di saltellamento del velivolo sulla traiettoria; alcuni grandi e lenti velivoli del passato presentavano a comando libero questo comportamento. L'unico aspetto pericoloso della stabilità dinamica longitudinale risiede quindi nella terza oscillazione (a comando libero) per la quale le prescrizioni esigono un forte smorzamento.
Stabilità dinamica direzionale e laterale a comandi bloccati e liberi (a partire da un moto di regime rettilineo). - A comandi bloccati usualmente si presenta una oscillazione, e due moti aperiodici; dei moti aperiodici uno è talmente smorzato da passare quasi inavvertito, l'altro è debolmente smorzato (convergente), o anche debolmente divergente; molti velivoli del passato e molti buoni veloci velivoli attuali presentano questa lenta divergenza, detta instabilità spirale, poiché il velivolo, perdendo lentamente la rotta ed inclinandosi lateralmente, tende ad andare in volo a spirale; questa instabilità è dovuta sostanzialmente a scarso "effetto diedro" a confronto di elevata stabilità statica direzionale (impennaggio di direzione relativamente grande per data posizione del centro di gravità). Poiché la divergenza è lenta, il pilota ha tutto il tempo di effettuare le correzioni con i comandi così come per la fugoide del moto longitudinale (anche per la instabilità spirale i regolamenti in genere non prescrivono alcuna speciale limitazione). L'oscillazione risulta in genere di corto periodo (ordine dei secondi) e sufficientemente smorzata; questa oscillazione, non preoccupante, è detta in inglese Dutch roll (rollio olandese); questa oscillazione di rollio, imbardata e spostamento laterale del centro di gravità diviene divergente se manca la stabilità statica direzionale oppure se l'effetto diedro è molto rilevante con i normali carichi alari.
La stabilità dinamica laterale a comandi bloccati non dà luogo, per le usuali architetture, a particolari prescrizioni. A comandi liberi la ricerca analitica si presenta molto complessa (si presentano 5 gradi di libertà); ricerche sono state fatte supponendo bloccati una volta gli alettoni, una altra volta il timone di direzione. Con alettoni bloccati, in aggiunta a moti analoghi a quelli a comandi bloccati, si presenta una oscillazione che può essere alle volte debolmente smorzata, alle volte debolmente eccitata se la compensazione del timone di direzione è spinta; poiché interviene l'attrito della trasmissione del comando l'oscillazione eccitata di regola si stabilizza e ne viene un moto oscillatorio permanente di serpeggiamento (snaking degli anglosassoni) che ricorda il Dutch-roll, ma che è a comandi bloccati e bene smorzato; l'ampiezza del serpeggiamento cresce con l'attrito mentre il periodo varia in ragione inversa della velocità. Il serpeggiamento può anche presentarsi con pedaliera bloccata se le deformazioni elastiche del sistema di comando non sono contenute entro dati limiti.
Con timone bloccato ed alettone libero si presentano in genere quattro moti aperiodici ed una oscillazione smorzata, tipo Dutch-roll; dei moti aperiodici uno è divergente (come la instabilità spirale), gli altri tre di solito fortemente smorzati.
Risposta iniziale ai comandi. - Il problema principale della risposta riguarda in concreto il comportamento dell'aeromobile nel primo tratto della traiettoria che segue all'applicazione dei comandi; si riferisce cioè ai primi pochi secondi durante i quali il cambiamento di intensità della velocità è trascurabile.
Le equazioni differenziali del moto, presentandosi allora normalmente sotto forma lineare, si possono integrare più o meno agevolmente. Poiché le equazioni di regola sono lineari con coefficienti costanti si possono impiegare utilmente alcuni metodi del calcolo operatorio, basati sostanzialmente sulla trasformata di Laplace diretta (che trasforma le equazioni differenziali in equazioni algebriche) ed inversa (che permette di risalire alle funzioni che soddisfano alle date equazioni differenziali). (V. anche servosistema, in questa App). L'aeromobile viene considerato in sostanza come un sistema asservito del quale si possono definire le funzioni di trasferimento. Per es. la manovra dell'equilibratore facendone variare l'angolo δe (comando) provoca la variazione dell'incidenza a e dell'angolo di pendenza θ (risposta); poiché l'incidenza aerodinamica sul complesso equilibratore-stabilizzatore dipende sostanzialmente oltre che da δe da α e da θ si è in presenza di un sistema a controreazione.
Quanto detto per l'equilibratore vale pure per il timone di direzione e per gli alettoni; l'angolazione del timone di direzione δt e degli alettoni δa (comando) provocano variazioni dell'angolo di azimuth ψ, dell'angolo di pendenza trasversale ϕ e dell'angolo di deviazione β (risposta); anche in questo caso la distribuzione di incidenza aerodinamica del timone di direzione e degli alettoni dipende, oltre che dagli angoli δt e δa, da β, da ψ e da ϕ.
Usualmente si determinano le risposte alle seguenti applicazioni tipiche dei comandi: a) applicazione brusca permanente a gradino; la risposta alla funzione unitaria a gradino è detta "risposta indiziale"; b) applicazione brusca ma temporanea per un tempuscolo (impulso); la risposta all'impulso, detta "risposta impulsiva", è la derivata rispetto al tempo della risposta indiziale; c) applicazione periodica sinusoidale; la risposta (dopo il transitorio) è detta "risposta in frequenza"; si definiscono il rapporto delle ampiezze e la differenza di fase. Legami esistono tra risposta indiziale e risposta in frequenza.
Importanti sono le risposte alla funzione gradino ed impulso non solo intrinsecamente ma anche perché il transitorio della risposta ad una qualsiasi funzione di entrata può ottenersi come sovrapposizione delle risposte di una conveniente sequenza nel tempo di gradini od impulsi (integrale di Duhamel).
Volo in aria agitata. - Il comportamento dinamico del velivolo nel v. in aria agitata presenta grande importanza agli effetti della sicurezza e del confort delle persone a bordo, della integrità strutturale, della durata a fatica del materiale, della stabilizzazione del moto del velivolo. Su certe rotte meteorologicamente accidentate i velivoli "invecchiano" rapidamente.
Si può in prima schematica approssimazione pensare il velivolo investito da una raffica isolata, brusca o graduale, normale alla velocità. La sopportazione massima per v. orizzontale è data dalla
dove
ρ densità, V velocità di v., Q/S carico alare, v intensità massima della raffica (positiva se ascendente), χ un coefficiente numerico (funzione della gradualità della raffica, dell'elasticità delle strutture, del momento di inerzia B, ecc.) che per raffica brusca differisce poco dall'unità.
Meno drasticamente e con più aderenza alla realtà nei recenti studî e ricerche vengono impiegati procedimenti statistici e la teoria della turbolenza (atmosferica). Utile applicazione trovano in questo caso i metodi dell'analisi armonica e della trasformata di Fourier, metodi utilizzabili anche per lo studio del buffeting aeroelastico, del buffeting di coda indotto da scie dell'ala e di altri fatti aeroelastici.
Virata. - È l'evoluzione essenziale di maggiore importanza. La virata è corretta quando la sopportazione giace nel piano di simmetria del velivolo che quindi vola in assetto non sbandato. Nella virata corretta orizzontale alla componente orizzontale della portanza è dovuta l'accelerazione centripeta, mentre la componente verticale equilibra il peso. Se ϕ è l'angolo di inclinazione dell'asse y la sopportazione è
Non è possibile effettuare una virata con raggio
Il raggio di virata R cresce rapidamente con la quota anche perché le spinte dei gruppi propulsori, che debbono vincere l'aumentata resistenza nel moto curvilineo, diminuiscono rapidamente con la quota. Per velivoli trasporto e passeggeri le virate sono effettuate con raggio talmente grande (ϕ relativamente piccolo) da passare quasi inosservate agli effetti della sopportazione; per velivoli acrobatici e militari da caccia e combattimento si può arrivare al limite della sopportazione fisiologica (angoli ϕ rilevanti).
Stallo e sue caratieristiche. - Lo stallo, cioè il distacco della corrente dal dorso dell'ala alle forti incidenze, è la causa prima dell'autorotazione spontanea del velivolo, fonte di pericolose degenerazioni del moto (fra esse la vite); l'autorotazione spontanea è l'unico grave punto debole del velivolo; sulle caratteristiche dell'autorotazione influisce molto l'angolo di deviazione (angolo tra piano di simmetria dell'ala e direzione della velocità). Non esiste una teoria dello stallo adeguata alla realtà; bisogna ricorrere all'esperienza con modelli appropriati.
Non sono assolutamente accettabili velivoli che presentano stallo improvviso e quindi improvvisa andata in autorotazione; l'avvicinamento allo stallo deve essere chiaramente indicato dal comportamento del velivolo; si ritengono soddisfacenti i seguenti avvertimenti: a) scuotimenti marcati della barra e della pedaliera; b) rotazione della barra all'indietro; c) leggera instabilità dinamica del velivolo controllabile senza difficoltà da parte del pilota; d) avvertimenti con adatti dispositivi (per es. mediante indicatori di incidenza con segnalazioni acustiche ed ottiche). Si richiede che il velivolo possa rimettersi prontamente dallo stallo con l'impiego normale dei comandi. Progressi concreti sono stati raggiunti nel controllo dei fatti di stallo mediante aspirazione dello strato limite dorsale.
Vite. - In vite si può andare volontariamente o involontariamente per errata manovra che porti il velivolo ad incidenze critiche o per effetto di una raffica violenta se si vola a bassa velocità, cioè a incidenza elevata. Lo stallo, conseguenza dell'elevata incidenza, provoca l'autorotazione e la conseguente caduta in vite; l'autorotazione è favorita dalla deviazione (sia a causa di manovra sia di raffica trasversale); l'andata in vite volontaria viene effettuata di regola dal volo orizzontale riducendo gradualmente la velocità (perdita di velocità) in modo da aumentare l'incidenza.
In vite il velivolo descrive una spirale discendente molto stretta, il raggio dell'elica descritta dal centro di gravità è frazione dell'apertura alare b; la velocità angolare ω di varî rad/sec (dipende dal carico alare, dalla quota, dalle caratteristiche d'autorotazione del velivolo completo, dai momenti di inerzia, ecc.); la velocità di discesa dipende essenzialmente dall'incidenza e dal carico alare.
La sopportazione baricentrica può arrivare a 2 ÷ 3. Vi sono viti destre e viti sinistre; con asse di fusoliera molto inclinato rispetto all'orizzonte (viti ripide) o poco inclinato (viti piatte). L'apertura alare è più o meno inclinata rispetto all'orizzonte. Poiché la vite è l'unico caso di moto dei velivoli ad elevata velocità angolare, ne segue che importanza determinante presentano le coppie d'inerzia (C−B)qr, (A−C)pr, (B−A)pq delle [6]; poiché nella vite l'angolo di posizione ϕ è piccolo, particolare importanza presenta l'equazione attorno all'asse y che per viti di regime o quasi (quindi con p, q, r costanti o quasi) diviene
Per intrinseca architettura e distribuzione di masse è sempre C > A; ne segue che il momento delle forze aerodinamiche M è picchiante (negativo).
Molto complessa è la definizione delle condizioni di equilibrio del velivolo in vite perché molto numerosi sono i parametri che entrano in gioco; molti di essi inoltre sono determinabili soltanto per via sperimentale.
Lo studio sperimentale della vite viene condotto nella galleria verticale mediante modelli liberi in similitudine, mediante modelli in caduta libera nell'atmosfera, mediante esperienza al vero.
L'uscita dalla vite deve avvenire dopo qualche giro a mezzo dei comandi stessi del velivolo; poca o trascurabile efficacia ha la manovra degli alettoni e del timone di profondità perché sono in stallo; efficace, di regola, è la manovra del timone di direzione perché in genere non è in condizioni di stallo; la manovra del timone in senso contrario al senso di rotazione della vite, riducendo essenzialmente la componente r della velocità angolare, fa prevalere il momento aerodinamico in atto M che mette il velivolo a picchiare; quando, a seguito della picchiata, l'incidenza del velivolo scende al di sotto di quella critica l'autorotazione cessa ed è possibile, dopo avere acquistata velocità sufficiente, effettuare la rimessa in volo normale.
L'uscita dalla vite può essere ottenuta anche con l'impiego di un paracadute di adeguate dimensioni, disposto in coda, apribile a comando del pilota; il paracadute aperto provoca un momento aerodinamico che mette a picchiare il velivolo.
Qualità di volo. - Con questa locuzione si usa intendere l'insieme delle caratteristiche di stabilità, di controllo e di comando determinanti sia ai fini della sicurezza del volo sia per le impressioni ricevute dai piloti circa il facile e gradevole pilotaggio nel moto di regime e nel moto vario. Tra le qualità di volo sono, in particolare, da elencare la capacità del velivolo d'effettuare determinate manovre (manovrabilità) e l'interdipendenza tra sforzi di pilotaggio e caratteristiche di manovra (maneggevolezza).
I regolamenti di regola prevedono che un velivolo (un aeromobile in genere) non può ricevere il certificato di navigabilità qualora esso non presenti caratteristiche sicure per una qualsiasi condizione di esercizio e ciò anche se sono rispettate alla lettera tutte le richieste esplicite contenute nei regolamenti stessi.
Le richieste qualità di volo variano, ovviamente, con i tipi di velivoli civili e militari (trasporto, scuola, addestramento, bombardamento, caccia, intercettazione, ecc.).
Tra le caratteristiche che vanno prese in considerazione per il giudizio sulle qualità di volo sono da annoverare: la stabilità statica e dinamica, longitudinale e trasversale, a comandi sia bloccati sia liberi; lo stallo; l'autorotazione; la virata; la vite; altre evoluzioni importanti; gli sforzi di barra relativi.
Molte caratteristiche sono tra loro in contrasto ma con una buona progettazione e messa a punto appare possibile trovare un soddisfacente compromesso tra le contrastanti esigenze per assicurare soddisfacenti qualità di volo globali.
Cenno sulla dinamica dei missili. - Molti risultati e molti dati dei velivoli sono applicabili ai missili alati che in fondo sono per molti aspetti velivoli non pilotati od automaticamente pilotati. Il problema generale della dinamica dei missili involge, in aggiunta alla dinamica della struttura, la dinamica dei circuiti di guida, i servosistemi, le calcolatrici, la propulsione ed i sistemi di lancio, tutti capitoli molto vasti in continuo aumento ed evoluzione.
Le equazioni del moto del sistema permettono comunque il calcolo della funzione di trasferimento richiesta sia per i programmi di prove nel volo libero del missile sia per l'analisi di ogni sistema generale.
Vi sono tipiche differenze tra velivoli e missili (per la diversa configurazione e per il diverso metodo di comando): a) valori diversi dei coefficienti aerodinamici di stabilità (che però lasciano invariata la forma delle equazioni); b) sensibili differenze dovute alle caratteristiche aerodinamiche non lineari a causa dei bassi allungamenti alari impiegati; questi effetti sono esaltati dalle interferenze aerodinamiche tra superfici di piccolo allungamento (ala, coda, ecc.) alle elevate velocità evolutorie dei missili; c) effetti dovuti al grado di simmetria rotazionale. Vi sono missili alati con configurazione che esige rotazione di 360° per riportare la forma a quella anteriore alla rotazione (come per gli aeroplani); altre configurazioni con rotazioni di 180° (simmetria rotazionale di 180°) sono quelle dei missili con ali delta simmetriche da ogni punto di vista.
Configurazione tipica è quella con rotazione di 120° od ancora più con rotazione di 90° (simmetria rotazionale di 90°) cioè quella del missile cruciforme; per il tipo cruciforme si può ottenere un efficace comando per svergolamento delle ali e al rollio per svergolamento differenziale di una coppia di semiali: si ottengono forze e coppie rilevanti senza necessità di rotazione del missile attorno agli assi trasversali; quindi tempi di risposta minimi per manovre qualsiasi.
La simmetria aerodinamica dei missili cruciformi produce ad un tempo semplificazione e complicazione. Semplificazione poiché la risultante aerodinamica giace sempre nel piano velocità-asse di simmetria per ogni angolo di rollio e poiché alcuni dei coefficienti aerodinamici longitudinali e laterali sono uguali. Complicazione poiché i forti momenti di rollio che possono presentarsi riducono il disaccoppiamento del moto longitudinale e laterale (cosí comodo, come visto, nello studio della dinamica dei velivoli di usuale architettura).
A questi effetti vanno associate le conseguenze aerodinamiche e di inerzia degli elevati angoli e velocità di rollio che si riscontrano nel moto effettivo dei missili (risonanza di rollio, instabilità). In via generale l'effetto dell'accoppiamento inerziale dovuto a rilevanti rotazioni di rollio esalta la risposta di regime e fa insorgere un angolo tra piano della risposta e piano del momento di comando.
Per forti velocità di rollio necessita tenere conto delle forze aerodinamiche che ne nascono (effetto Magnus).
Bibl.: G.A. Crocco, Elementi d'aviazione, Roma 1933; W.F. Durand, Aerodynamic theory, Berlino 1935; G. Costanzi, Elementi di aerodinamica e dinamica del volo, Roma 1942; G.B. Nicolò, Aerodinamica applicata al volo, Roma 1950; C.D. Perkins e R.E. Hage, Airplane performance, stability and control, New York 1949; W.J. Duncan, Control and stability of aircraft, Cambridge 1952; G. Santangelo, Meccanica del volo, Roma 1954; B. Etkin, Dynamics of flight, New York 1959; Reports NACA, NASA, JRAS; Riviste: Aviation Week; Flight; The Aeroplane; Jet Propulsion; Interavia, l'Aerotecnica; Rivista aeronautica; Missili.