volontà e decisione
La capacità di agire volontariamente è una caratteristica essenziale della natura umana. A partire dagli inizi del secolo si sono iniziate a identificare le aree cerebrali coinvolte nell’azione volontaria e nella complessa serie di decisioni riguardanti la necessità o meno di agire, la scelta del tipo di azione da intraprendere e del momento in cui l’azione deve essere compiuta. Rispetto alle azioni riflesse, che si presentano come automatismi involontari innescati da stimoli opportuni e che sono spesso presenti già alla nascita o addirittura nella vita fetale, la capacità di effettuare azioni volontarie per raggiungere scopi prefissati matura più tardi nel corso dello sviluppo individuale. Un’ulteriore differenza tra le azioni riflesse e quelle volontarie è data dalla presenza o meno di particolari esperienze soggettive che accompagnano l’agire. Solo le azioni volontarie sono accompagnate dall’esperienza dell’intenzionalità, cioè la sensazione di pianificare o essere sul punto di effettuare qualcosa, e dell’agentività, ossia la sensazione che una determinata azione abbia causato un particolare evento esterno.
Nell’uomo e negli altri primati l’area cerebrale deputata alla partenza dei comandi alla base delle azioni volontarie e delle azioni innescate da stimoli esterni è la corteccia motoria primaria, da cui si dipartono i fasci nervosi che trasmettono le informazioni al midollo spinale e ai muscoli. Nel caso delle azioni volontarie, il circuito di attivazione della corteccia motoria primaria passa attraverso l’area premotoria supplementare (preSMA) che, a sua volta, riceve input dai gangli basali e dalla corteccia prefrontale. Studi di imaging cerebrale funzionale (➔) hanno dimostrato che la preSMA si attiva maggiormente quando una certa azione viene effettuata intenzionalmente rispetto a quando la stessa azione viene compiuta in modo automatico. La funzione di pianificazione preparatoria all’azione è conprofermata dal fatto che la preSMA si attiva circa 1 s prima dell’inizio del movimento volontario. Nel caso delle azioni riflesse, invece, l’attivazione della corteccia motoria primaria è fortemente dipendente dalle cortecce sensoriali primarie e coinvolge, come stazioni intermedie di elaborazione e ritrasmissione dell’informazione, il lobo parietale e la corteccia premotoria.
È possibile distinguere fra decisioni percettive, che riducono complesse informazioni sensoriali a descrizioni semplici, e decisioni riguardanti l’azione, che generalmente prevedono l’analisi di numerose soluzioni alternative e la scelta di una di esse. Un esempio classico di decisione percettiva si ritrova negli esperimenti di William Newsome e Anthony Movshon in cui alcune scimmie sono state addestrate a riportare la direzione netta di movimento di un insieme di punti che si muovono apparentemente in modo casuale su uno schermo. In questo esperimento la proporzione di punti che si muovono nella stessa direzione viene variata dallo sperimentatore e quando la frazione di punti che si muovono in modo casuale aumenta, si ha un decremento delle risposte corrette dell’animale. Esiste un’interessante relazione tra le scelte comportamentali effettuate dalla scimmia e l’attività individuale dei neuroni a livello dell’area visiva mediotemporale (MT), che suggerisce come l’informazione direzionale codificata dai neuroni della MT sia sufficiente a giustificare il giudizio dell’animale sulla direzione del movimento. Questa ipotesi è confermata dal fatto che la stimolazione di gruppi di neuroni localizzati in una colonna di cellule sensibili per una determinata direzione di movimento sbilancia il giudizio della scimmia verso quella particolare direzione. Fra le decisioni riguardanti l’azione, un ruolo chiave è svolto dai processi di selezione dei movimenti da effettuare per raggiungere un certo scopo. La decisione tra compiti motori multipli coinvolge la corteccia frontale. Lesioni del lobo frontale e in particolare della preSMA sono causa di una sindrome che porta i pazienti a usare in modo compulsivo gli oggetti presenti nell’ambiente immediatamente circostante. In pazienti colpiti da un’altra sindrome dovuta a lesione frontale unilaterale, chiamata sindrome della mano anarchica, la mano controlaterale all’emisfero lesionato reagisce in modo automatico agli stimoli ambientali, senza che i pazienti riescano a inibire l’azione anche quando essi riportano di non volerla compiere. Studi di imaging cerebrale funzionale hanno consentito di distinguere ulteriormente la preSMA in due regioni funzionali, una più rostrale implicata nella selezione volontaria fra compiti alternativi e una più caudale coinvolta nel passaggio dall’uno all’altro dei compiti selezionati. Un’interessante ipotesi prevede che la notevole distraibilità dei bambini con deficit di attenzione-iperattività possa derivare da un disturbo di sviluppo a carico della preSMA. Così come il processo di scelta e decisione è fondamentale per l’agire quotidiano, anche la capacità di valutare l’opportunità o meno di perseverare in una decisione presa è altrettanto importante. Studi di risonanza magnetica funzionale hanno dimostrato che una regione più anteriore alla preSMA, localizzata a livello della corteccia anteriore frontomediale, si attiva maggiormente nel momento in cui un’azione pianificata dal soggetto viene invece bloccata sul nascere. Questo fenomeno potrebbe essere il correlato nervoso del processo di autocontrollo e della possibilità comunemente esperita che le azioni volontarie vengano anche solo simulate e immaginate senza trovare effettiva espressione.
Le emozioni hanno un ruolo rilevante nel processo decisionale alla base delle azioni volontarie. Celebre è il caso, descritto da Antonio Damasio, del paziente Elliot. A seguito della rimozione di una piccola massa tumorale localizzata a livello della corteccia dei lobi frontali, Elliot perse in modo drammatico la capacità di prendere decisioni, trascorrendo intere ore a valutare, in modo inconcludente, azioni alternative quali usare una penna blu o nera o se parcheggiare l’automobile in un certo luogo piuttosto che in un altro. L’incertezza si acuiva nel caso di decisioni che coinvolgevano questioni personali o sociali. Dopo attente analisi, Damasio scoprì che Elliot era diventato del tutto incapace di provare emozioni. Questa osservazione portò a rivedere il concetto secondo cui le emozioni umane sono prevalentemente irrazionali, mettendo invece in luce l’importanza che esse rivestono nel dirigere le scelte. La rimozione della massa tumorale aveva interrotto, nel cervello di Elliot, le connessioni fra i lobi prefrontali e i nuclei profondi dell’emozione (come l’amigdala, una parte essenziale del sistema limbico), con il risultato che gli stati emotivi non potevano più influenzare le attività razionali coinvolte nel processo di scelta.