volpe
Il nome di questo animale è adoperato con riferimento alla sua tradizionale assunzione a termine di paragone di persona astuta e frodolenta, come il leone lo è di quella violenta (cfr. Cic. Off. I XIII 41 " cum autem duobus modis, id est aut vi aut fraude fiat iniuria, fraus quasi vulpeculae, vis leonis videtur ").
L'opere mie / non furon leonine, ma di volpe (If XXVII 75): è la confessione di Guido da Montefeltro, la cui fama di uomo astutissimo è consacrata dall'anonima Cronica pisana, dove si narra che " quando il detto conte usciva fuor di Pisa con la gente... li fiorentini fuggieno e diceano: ‛ ecco la volpe ' " (Muratori, Rer. Ital. Script. XV 985).
Altrettanto diffusa era la nomea di frodolenti attribuita ai Pisani; V. Monachi li chiama " le volpine sottrattose belve " (S' tu se' gioioso 6: in Poeti minori del Trecento, a c. di N. Sapegno, Milano-Napoli 1952, 26); per A. Pucci, Pisa è " la volpe ", come Firenze è il " lione " e Siena " la lupa " (cfr. il sonetto Il veltro e l'orsa, in Poeti, cit., p. 369): simbolismo tanto più significativo, questo, se si considera che per Firenze e Siena è desunto dagli emblemi araldici di quelle città e per Pisa da un soprannome popolare, forse suggerito da odi campanilistici. Anche per D. le volpi sì piene di froda, / che non temono ingegno che le occùpi (Pg XIV 53) sono i Pisani, " li quali assomiglia alle volpi per la malizia; imperò che li pisani sono astuti e coll'astuzia più che colla forza si rimediano dai loro vicini " (Buti).
Nel Fiore gli " inganni volpini " nei quali la donna è maestra sono indicati con un giro di frase che sembra di origine proverbiale: le fallace / in che la volpe si riposa e giace (CLXXXII 7).
Nel Paradiso terrestre, dopo aver assistito alla trasformazione del carro della Chiesa, D. vede avventarsi ne la cuna / del trïunfal veiculo una volpe / che d'ogne pasto buon parea digiuna (Pg XXXII 119) e che poi sarà messa in fuga da Beatrice. Assumendo a fondamento la concorde tradizione esegetica relativa al passo del Cantico dei Cantici (" Capite nobis vulpes parvulas, quae demoliuntur vineas ", 2, 15), tutti i commentatori vedono nella v. il simbolo dell'eresia che guasta la vigna del Signore (il Porena ricorda che nell'affresco con Il trionfo di s. Domenico nel Cappellone degli Spagnuoli in Santa Maria Novella a Firenze, Andrea da Firenze raffigurò i domenicani, implacabili cacciatori di eretici, come cani bianchi e neri che inseguono delle volpi).