VOLTO SANTO
SANTO Celebre simulacro, venerato nella cattedrale di Lucca, dentro il marmoreo tempietto di M. Civitali, rappresentante in dimensioni maggiori del naturale il Crocifisso vivente, scolpito in legno di noce. Senza i ricchi paludamenti e le preziose oreficerie, appare vestito di tunica con maniche, stretta da una caratteristica cintura annodata, i cui capi discendono sul davanti in due liste parallele. La testa, dalle lunghe chiome partite, reclinata a destra e sporgentesi verso gli oranti, l'accentuato profilo semitico prolissamente barbato e gli occhi di smalto aperti a metà conferiscono a questa severa immagine dell'Uomo Dio un aspetto singolare, la cui efficacia emotiva è accresciuta dal suo oscuro colore.
La tradizione agiografica, riferita dal diacono Leobino e contenuta in più codici del sec. XII, attribuisce la fattura del Simulacro a Nicodemo, discepolo del Signore, aggiungendo che, rivelato al vescovo Gualfredo, pellegrino in Terrasanta, fu da esso affidato alle onde marine e da queste trasportato presso al porto di Luni; della cui spiaggia sarebbe stato subito trasferito a Lucca nel 742, l'anno secondo del regno di Carlo e di Pipino. Poiché l'anno 742 corrisponde esattamente al secondo del regno di Carlomanno e di Pipino il Breve, dà motivo di ritenere che la leggenda leobiniana, compilata fra il sec. XI e il seguente, forse da un autore franco, possa contenere elementi veritieri intorno alla traslazione dall'Oriente durante il periodo iconoclastico. La traslazione alla città di Lucca non sarebbe perciò avvenuta, come si ritiene comunemente, per opera del vescovo Giovanni (780-800), sibbene di un suo predecessore. Neppure si può tacere che scrittori recenti, anziché all'Oriente, ricorrono alla Catalogna e al Rossiglione, dove alcune delle cosiddette Majestats presentano un'impressionante somiglianza iconografica col Volto Santo.
La critica dei caratteri stilistici del simulacro oscilla con grande incertezza dal sec. V col Garrucci, al sec. XIII col Dami e col Francovich, il quale pensa che il simulacro attuale sia un rifacimento dell'antico, risalente al sec. VIII. Ma questa è questione assai discussa, specialmente quando si noti l'abrasione delle dita e della pianta del piede destro, che già dal sec. XII fu calzato da una pianella d'argento per preservarlo dalla eccessiva pietà dei fedeli. In ogni modo la diffusione amplissima del culto fin dal sec. XI-XII è attestata dai primi documenti che ne fanno menzione, sapendosi che Guglielmo II, re d'Inghilterra (1056-1100), giurava per Vultum de Luca; che Svatopluk, duca di Boemia (morto nel 1109). e al tempo stesso un cavaliere teutonico mandavano doni al Volto Santo; che Pasquale II nel 1107 confermava al vescovo e al capitolo di Lucca le oblazioni, solite a farsi al Volto Santo stesso, già da un lungo periodo di tempo. Il culto si diffuse ancora più nei secoli XIII-XV a causa della vasta espansione della mercatura lucchese, e copie e derivazioni del Volto Santo si trovano in Francia, in Germania, in Austria, nella Svizzera e nella Spagna.
Nei paesi germanici quest'immagine dall'aspetto non comune venne poi fraintesa e la sua venerazione degenerò per contaminatio nel culto di Wilgefortis, santa dai più variati nomi, di cui sono note e tipiche rappresentazioni i Kümmernisbilder. Siffatte immagini, che non hanno (come si pretese) relazione alcuna con mitiche divinità nordiche, essendo ad esse attribuiti gli stessi prodigi del Volto Santo, diedero origine alla poetica leggenda della martire crocifissa, alla quale Cristo, per salvarla dalle insidie, aveva conferito il suo stesso volto divino e il privilegio di non soffrire, ma trionfare sul medesimo glorioso segno del suo martirio, la croce.
Bibl.: G. Schnürer e I. M. Ritz, Sankt Kümmernis und Volto Santo, Düsseldorf 1934. Si rimanda a quest'opera in cui, alle pp. 315-24, s'indicano le pubblicazioni più importanti sull'argomento fino al 1934; dopo tale anno: G. de Francovich, Il Volto Santo di Lucca, in Boll. st. lucchese, VIII (1936), pp. 3-29; A. Pedemonte, Quando venne il Volto Santo a Lucca?, Lucca 1936.