volume
volume numero reale non negativo che, da un punto di vista intuitivo, esprime l’estensione spaziale di un solido in rapporto a un solido di riferimento. Il solido di riferimento è il cubo e, nel Sistema Internazionale, l’unità di misura è il metro cubo (in simboli m3 o mc), cioè il volume di un cubo il cui spigolo è lungo un metro. Tradizionalmente, il volume del liquido contenuto in un recipiente solido (quale per esempio una bottiglia) è anche detto capacità, e come unità di misura si usa spesso il litro, ma il concetto è sostanzialmente equivalente. Non si confondano invece il volume (o la capacità) di un solido con il peso della sostanza in esso contenuto, giacché il peso dipende dalla sua → densità.
Il problema di assegnare un numero (in questo caso il volume) a una figura solida richiede approcci diversi a seconda del tipo di solido. Da un punto di vista teorico, il volume deve essere un numero assegnabile a una classe di solidi tra loro equiestesi e occorre quindi disporre di un criterio di equiestensione.
Mentre per i poligoni, l’equiestensione fa riferimento all’→ equiscomponibilità, ciò non è possibile per i poliedri, in virtù del teorema di → Dehn, che stabilisce l’impossibilità di equiscomporre due poliedri che, in altro modo, si siano dimostrati equiestesi. È importante perciò un insieme di teoremi di equiestensione, che permettano il confronto di ogni poliedro con il cubo: la questione è complessa, tanto che «l’uguaglianza dei volumi di due tetraedri di uguali basi e uguali altezze» costituisce uno dei problemi, il terzo, che D. Hilbert, nel 1900, pose tra i problemi fondamentali della matematica del xx secolo (→ Hilbert, problemi di).
Il teorema di base, che affronta direttamente la questione sollevata da Hilbert, riguarda i tetraedri e stabilisce che due tetraedri di basi equivalenti e altezze uguali sono equiestesi. Esso viene risolto considerando per semplicità due tetraedri a base triangolare e suddividendoli con piani paralleli alla base. Si costruiscono quindi, per ognuno di essi, due famiglie di scaloidi, l’una formata da n − 1 prismi più una piramide contenente il vertice del tetraedro, inscritta (e quindi contenuta) nel tetraedro d’origine, l’altra formata da n prismi e complessivamente contenente il tetraedro d’origine. Facendo tendere n all’infinito si dimostra che le due famiglie di scaloidi ammettono un unico elemento di separazione, il cui volume è, per definizione, il volume del tetraedro dato.
Si dimostra poi, anche utilizzando il principio di → Cavalieri, che: sono equivalenti due parallelepipedi con basi equivalenti e uguale altezza; un prisma equivale a tre piramidi di uguale base e uguale altezza; ogni poliedro può ricondursi all’unione disgiunta di più piramidi. Da qui, con successive equivalenze, si riconduce la misura di volume di ogni poliedro a quella del cubo.
In questi casi si ricorre al principio di → Cavalieri oppure a metodi dell’analisi infinitesimale, sempre tenendo conto che il problema teorico consiste nel far riferimento, per l’unità di misura, a un solido di riferimento (il cubo) cui sono sostanzialmente irriducibili alcuni solidi, come la sfera, che non sono sviluppabili nel piano (→ sviluppabilità). Si vedano pertanto → Guldino, teoremi di; → sfera, volume di una; → solido di rotazione, volume di un.