Voluntary Disclosure
La Voluntary Disclosure (o collaborazione volontaria) rappresenta, nell’ordinamento italiano, un inedito assoluto. Essa si sostanzia in una richiesta nominativa, presentata in modo trasparente dall’autore delle violazioni finanziarie, finalizzata a consentire l’emersione spontanea di capitali esteri. Si aggiunge, nel sistema, una variante nazionale mediante la quale, complessivamente, è possibile sanare l’intera posizione fiscale del contribuente per gli anni ancora suscettibili di accertamento. Si esamineranno in questa sede le caratteristiche dell’istituto sul versante della disciplina tributaria, e alcuni dei problemi a essa associabili.
Col fine di disciplinare l’emersione spontanea dei capitali detenuti illecitamente all’estero da soggetti fiscalmente residenti in Italia, la l. 15.12.2014, n. 186, ha introdotto nell’ordinamento la cd. Voluntary Disclosure (d’ora innanzi, per brevità, semplicemente VD), mediante inserimento, nel testo del d.l. 28.6.1990, n. 167, sul “monitoraggio fiscale” (conv. con mod. dalla l. 4.8.1990, n. 227), degli artt. 5 quater-5 septies.
Il programma di collaborazione volontaria internazionale in tal modo concepito dal legislatore comprende peraltro anche infedeltà dichiarative non connesse alle attività suscettibili di emersione ed è incentivato da significative attenuazioni sul piano del regime sanzionatorio, amministrativo e penale.
Più precisamente, mediante la VD, è stata riconosciuta ai soggetti residenti in Italia che detengono anche indirettamente o per interposta persona attività patrimoniali o finanziarie all’estero, e che abbiano omesso di dichiararle, la possibilità di sanare la propria posizione fiscale presentando apposita istanza nominativa – entro il 30.9.2015 (termine prorogato al 30.11.2015 dal d.l. 30.9.2015, n. 153, art. 2) – e versando, senza possibilità di compensazione, le dovute imposte e le sanzioni, rideterminate (queste ultime) in misura ridotta.
In tal senso la procedura di VD si distingue dal ravvedimento operoso che, riformulato dalla l. 23.12.1990, n. 190, si articola (a regime) mediante presentazione di una dichiarazione integrativa e un’autoliquidazione d’imposta; come pure si distingue dalle forme di sanatoria a tipo di scudo fiscale.
Nella prospettiva delineata dall’evolversi del contesto internazionale1, nel quale l’assistenza amministrativa e lo scambio di informazioni in materia tributaria sono divenuti strumenti prioritari delle organizzazioni legate ai modelli di cooperazione (l’Ocse, il G20 e il Global Forum on Trasparency and Exchange of Information), la VD consiste in un’autodenuncia a carattere spontaneo ed esaustivo, esperibile in totale trasparenza una sola volta in seno al rapporto tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria, per la definitiva regolarizzazione della consistenza patrimoniale o reddituale a fronte di violazioni tributarie commesse in anni ancora suscettibili di accertamento.
Oltre alla possibilità di regolarizzare le attività finanziarie detenute all’estero, la l. n. 186/2014, art. 1, co. 2, ha istituito anche uno speciale programma di emersione nazionale (cd. collaborazione volontaria nazionale), per i contribuenti diversi da quelli assoggettati agli obblighi sul monitoraggio fiscale.
Con procedura analoga, è infatti consentito definire le violazioni degli obblighi dichiarativi commesse fino al 30.9.2014 in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive delle imposte sui redditi, imposta regionale sulle attività produttive e imposta sul valore aggiunto, nonché le violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta2.
La ratio sottesa a un simile ampliamento, evincibile dai lavori parlamentari, si concretizza nell’obiettivo di evitare che alla emersione di imponibili sottratti a società italiane e detenuti all’estero possa seguire un automatico accertamento fiscale su tali società, e di superare anche una possibile obiezione di disparità di trattamento tra contribuenti che abbiano trasferito imponibili all’estero e contribuenti che invece abbiano mantenuto tali imponibili nel territorio nazionale.
La sintetizzata disciplina normativa consente, al dunque, di focalizzare l’ambito oggettivo della neoistituita VD distinguendo un ambito “proprio”, comprendente gli investimenti e le attività di natura finanziaria illecitamente costituiti o detenuti all’estero e i redditi non dichiarati, connessi a tali investimenti e attività, e un ambito per così dire “derivato”, nazionale, comprendente gli imponibili non connessi con i predetti investimenti e attività di natura finanziaria.
Rilevano: a) gli investimenti e le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, in violazione degli obblighi di dichiarazione in materia di monitoraggio fiscale; b) i redditi connessi, ovverosia i redditi che servirono per costituire o acquistare tali investimenti e attività finanziarie, e quelli derivanti dalla loro dismissione o utilizzazione a qualunque titolo; c) i maggiori imponibili non associati agli investimenti e alle attività illecitamente costituite o detenute all’estero, agli effetti delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’imposta regionale sulle attività produttive, dei contributi previdenziali dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute.
La platea di soggetti legittimati ad avvalersi della VD internazionale, per quanto meno ampia di quella avente facoltà di accedere alla collaborazione volontaria nazionale, è astretta dalla regola che vede la procedura utilizzabile dalle persone fisiche, dagli enti non commerciali (compresi i trust) e dalle società semplici e associazioni equiparate fiscalmente residenti nel territorio dello Stato che hanno violato gli obblighi in materia di monitoraggio fiscale.
Nel novero dei legittimati vi sono ovviamente anche gli eredi (si vedrà con quali implicazioni problematiche) di investimenti e attività di natura finanziaria detenute all’estero dal de cuius in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale.
Non è necessario che il soggetto interessato sia fiscalmente residente nel territorio dello Stato al momento della presentazione della richiesta di accesso alla procedura, ma è sufficiente che questi fosse fiscalmente residente in almeno uno dei periodi d’imposta per i quali essa è attivabile.
Poiché la nozione di residenza fiscale, con riguardo alle persone fisiche, è quella risultante dall’art. 2, co. 2, t.u.i.r., in base al quale si considerano residenti «le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile», l’accesso alla VD può essere validamente richiesto anche da chi, non essendo stato iscritto all’anagrafe della popolazione residente, abbia comunque, di fatto, fissato il proprio domicilio o la residenza ai sensi del codice civile nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta.
Egualmente possono usufruire della VD i cittadini italiani iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) che abbiano comunque mantenuto nel territorio dello Stato il proprio domicilio o abbiano, di fatto, continuato a dimorare abitualmente in Italia (i cd. esteroresidenti fittizi), nonché gli italiani cancellati dall’anagrafe della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato (cd. black list delle persone fisiche), i quali, ai sensi dell’art. 2, co. 2-bis, t.u.i.r., si considerano altresì residenti salvo prova contraria a loro carico.
Quanto alle società semplici, alle associazioni e agli enti non commerciali, rileva la nozione di residenza fiscale disciplinata dagli artt. 5, co. 3, lett. d), e 73, co. 3, t.u.i.r., per cui si considerano residenti i soggetti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. Sicché possono avvalersi della VD le società semplici, le associazioni e gli enti non commerciali che, sebbene mancando il requisito formale dell’ubicazione in Italia della sede legale, hanno comunque avuto di fatto la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato per la maggior parte di uno qualsiasi dei periodi d’imposta interessati dalla procedura (cd. soggetti esterovestiti); tra questi anche i trust esterovestiti, la cui residenza nel territorio dello Stato va determinata ai sensi dell’art. 73, co. 3, t.u.i.r.
2.1 Le interposizioni
Essendo stati estesi gli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale alla figura del «titolare effettivo» come definita dall’art. 1, co. 2, lett. u), d.lgs. 21.11.2007, n. 231, è permesso accedere alla VD, con riferimento al periodo d’imposta 2013, anche a siffatta tipologia di soggetti, al di là della veste di titolarità formale delle attività estere.
Nella stessa logica la VD è consentita ai contribuenti che abbiano fatto ricorso a soggetti interposti o a intestazioni fiduciarie estere e che, in tal modo, detengano attività all’estero senza esserne formalmente intestatari.
In codesta evenienza, legittimato ad avvalersi della VD è anche il soggetto interposto, in base al principio secondo cui i soggetti che hanno avuto la disponibilità a qualunque titolo di movimenti finanziari esteri, pur non essendone i beneficiari effettivi, sono essi pure tenuti ad adempiere agli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale3.
Peculiare ai fini specifici si presenta infine la situazione di cointestazione delle attività illecitamente detenute all’estero. Ove le attività siano intestate a (o si trovino nella disponibilità di) più soggetti, l’istanza di VD deve essere presentata autonomamente da ciascuno dei soggetti interessati per la quota parte di propria competenza, in guisa tale da produrre effetti solo nei di lui confronti. Invero ai sensi dell’art. 5 quinquies, co. 9, d.l. n. 167/1990, ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria, la disponibilità delle attività finanziarie e patrimoniali oggetto di emersione si considera, salva prova contraria, ripartita, per ciascun periodo d’imposta, in quote eguali tra tutti coloro che al termine degli stessi ne avevano la disponibilità.
2.2 I periodi d’imposta e i termini di decadenza
La VD internazionale, in base all’art. 5 quater, co. 1, d.l. n. 167/1990, è correlata ai periodi d’imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non sono scaduti i termini per l’accertamento o per la contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale.
Occorre rammentare che, in base al d.lgs. 18.12.1997, n. 472, art. 20, il termine ordinario di decadenza per la notificazione di atti di contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale è fissato al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la violazione è avvenuta, salvo il diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi. Pertanto la regola generale è che rientrano nella procedura di VD internazionale le violazioni degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale commesse con riguardo al modello Unico 2010, presentato per gli investimenti illecitamente detenuti all’estero alla data del 31.12.2009, fino a quelle contenute nel modello Unico 2014, con riferimento alle attività illecitamente detenute all’estero nel corso del 2013.
A tale regola generale si aggiunge la specificità dettata, per gli investimenti e le attività finanziarie detenute in Paesi cd. di black list, dall’art. 12, co. 2ter, d.l. 1.7.2009, n. 78, secondo cui i termini di cui al citato art. 20 sono raddoppiati. Consegue che rientrano nella procedura in esame le violazioni dichiarative in materia di monitoraggio fiscale relative ad attività detenute illecitamente nei Paesi black list dal 31.12.2004 al 31.12.2013.
Ben vero l’art. 5 quater, co. 4, d.l. n. 167/1990 prevede che, ai soli fini della VD, non si applica il raddoppio dei termini di decadenza di cui al citato art. 12, co. 2-ter, qualora ricorrano congiuntamente le condizioni previste dall’art. 5 quinquies, co. 4, primo periodo, lett. c), 5 e 7: vale a dire che il paese black list presso il quale erano o sono detenuti gli investimenti e le attività estere oggetto di VD abbia stipulato con l’Italia, entro il 2.3.2015, un accordo per lo scambio effettivo di informazioni conforme all’art. 26 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall’Ocse; che il contribuente abbia rilasciato (o rilasci) all’intermediario finanziario estero l’autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di procedura (cd. waiver), con allegazione di copia di tale autorizzazione controfirmata dall’intermediario medesimo, in relazione ai periodi d’imposta successivi a quello di adesione alla VD e fino all’operatività dello scambio di informazioni conforme al predetto art. 26 del Modello di Convenzione (cd. monitoraggio rafforzato); e che il contribuente abbia rilasciato (o rilasci) all’intermediario estero analoga autorizzazione anche nel caso in cui ritenga di trasferire, successivamente all’attivazione della procedura, le attività oggetto di collaborazione volontaria presso un altro intermediario localizzato fuori dall’Italia o dagli Stati membri dell’Unione europea o aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo4.
Per quanto riguarda, invece, la VD nazionale, la decadenza ordinaria dei termini per l’accertamento (artt. 43, d.P.R 29.9.1973, n. 600, e 57, d.P.R. 26.10.1972, n. 633) è commisurata alla regola secondo cui gli avvisi di accertamento devono essere notificati a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, o del quinto anno successivo nel caso di omessa presentazione della dichiarazione
o di presentazione di una dichiarazione nulla.
Pertanto, al netto di quanto già osservato a proposito del raddoppio dei termini, restano attratti dalla procedura tutte le infedeltà dichiarative commesse nei periodi d’imposta dal 2010 al 2013; mentre in caso di omessa dichiarazione debbono costituire oggetto di emersione anche le violazioni commesse a partire dal periodo d’imposta 2009.
Naturalmente, per tutte le tipologie di VD, resta salvo il raddoppio dei termini di decadenza della potestà di accertamento per le infedeltà o omissioni dichiarative che comportano l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati tributari previsti dal d.lgs. 10.3.2000, n. 74, a prescindere dal fatto che il perfezionarsi della procedura comporti la non punibilità dello stesso (art. 43, co. 3, d.P.R. n. 600/1973 e art. 57, co. 3, d.P.R. n. 633/1972).
I contribuenti che intendono accedere al programma di collaborazione volontaria devono presentare esclusivamente per via telematica entro il 30.11.2015 l’apposita richiesta di accesso alla procedura, utilizzando il modello approvato dall’amministrazione finanziaria.
L’istanza si considera presentata nel momento in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle entrate, e la prova della presentazione è costituita dalla comunicazione della stessa Agenzia attestante l’avvenuta ricezione.
Da questo punto di vista la VD suppone il coinvolgimento diretto di un professionista, di modo che la richiesta di accesso alla procedura sia completa, oltre che veritiera. Invero, alla documentazione afferente gli investimenti e le attività finanziarie detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, deve essere unita una analitica relazione di accompagnamento idonea a rappresentare, per ciascuna annualità d’imposta, (i) la determinazione dei redditi che sono serviti a costituirli o ad acquistarli e di quelli derivanti dalla loro dismissione o utilizzazione a qualunque titolo, nonché (ii) gli eventuali maggiori imponibili agli effetti delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’imposta regionale sulle attività produttive, dei contributi previdenziali, dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute ancorché non connessi con le attività costituite o detenute all’estero. Devono poi essere fornite adeguate informazioni in ordine ai soggetti che presentano un collegamento in relazione alle attività estere oggetto di emersione o con il reddito sottratto, previa trasmissione della documentazione utile a tal riguardo.
Va da sé che ogni responsabilità in ordine al contenuto della richiesta di accesso alla procedura, alla veridicità e completezza della documentazione e delle informazioni relative, al corretto e tempestivo invio di essa resta riconducibile al contribuente (art. 5 septies d.l. n. 167/1990), il quale, sottoscrivendo il modello di VD, dà atto di quella veridicità e di quella completezza, oltre che della insussistenza di cause di inammissibilità.
La responsabilità non si estende al professionista che fornisce supporto tecnico alla predisposizione della richiesta e all’effettuazione degli adempimenti previsti per il suo perfezionamento, né all’intermediario abilitato a presentare il modello di richiesta.
All’esito della presentazione dell’istanza si apre il contraddittorio con l’amministrazione5.
Il contribuente può scegliere (a) di prestare acquiescenza all’invito a comparire previsto dall’art. 5, co. 1, d.lgs. 19.6.1997, n. 218, recante gli imponibili, le imposte, gli interessi e le sanzioni, ovvero (b) di avviare una separata (nuova) procedura di accertamento con adesione.
Il perfezionamento della VD avviene in ogni caso in virtù del versamento (eventualmente rateale) di quanto dovuto a seguito delle attività svolte dall’ufficio. Tale versamento deve essere effettivo: il contribuente, infatti, non è ammesso ad avvalersi di forme di estinzione dell’obbligazione tributaria diversi dal pagamento; non gli è consentito invero compensare il debito con eventuali crediti d’imposta.
L’omesso versamento comporta la notifica di un nuovo avviso di accertamento o di un nuovo atto di contestazione e la connessa rideterminazione della sanzione in misura ordinaria, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di notificazione dell’invito di cui all’art. 5 d.lgs. n. 218/1997 o di redazione dell’atto di adesione o di notificazione dell’atto di contestazione, anche se siano nel frattempo decorsi i termini ordinari di accertamento (art. 5 quinquies, co. 10, d.l. n. 167/1990).
3.1 Le preclusioni
La VD non è ammessa (art. 5 quater, co. 2, d.l. n. 167/1990) qualora l’autore della violazione abbia avuto formale conoscenza: (i) dell’inizio di accessi, ispezioni o verifiche; (ii) dell’inizio di altre attività amministrative di accertamento; (iii) della propria condizione di indagato o di imputato in procedimenti penali per violazione di norme tributarie.
La stessa preclusione opera anche qualora la formale conoscenza delle circostanze suddette sia stata acquisita da soggetti solidalmente obbligati in sede tributaria o da concorrenti nel reato.
La norma si riferisce all’art. 52 d.P.R. n. 633/1972, richiamato in materia di imposte sui redditi dall’art. 33 d.P.R. n. 600/1973, quanto alla prima categoria delle cause inammissibilità, e alla notifica di atti quali «inviti», «richieste» e «questionari» di cui agli artt. 51 d.P.R. n. 633/1972 e 32 d.P.R. n. 600/1973, per ciò che attiene alle «altre attività amministrative di accertamento».
Nella relazione illustrativa della legge è stato opportunamente chiarito che vanno escluse, invece, dal novero delle cause di inammissibilità la comunicazione derivante dalla liquidazione delle imposte in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti (art. 36 bis, d.P.R. n. 600/1973) e la comunicazione derivante dal controllo formale delle medesime dichiarazioni (art. 36 ter, d.P.R. n. 600/1973). E l’amministrazione finanziaria ha espresso l’avviso che non determinano effetto preclusivo neppure le richieste di indagini finanziarie rivolte agli intermediari finanziari (art. 32, co. 1, n. 7, d.P.R. n. 600/1973).
A ogni modo è pacifico che l’indicata previsione trova la sua ratio nell’essere la VD finalizzata a consentire al contribuente di rimediare in modo spontaneo alle omissioni e alle irregolarità commesse, beneficiando degli associati effetti premiali di riduzione delle sanzioni.
In questa prospettiva giustappunto rileva la “formale conoscenza” delle condizioni dette, in quanto il legislatore ha inteso riferirsi a momenti in cui la conoscenza è sicuramente acquisita dal contribuente, perché ciò è attestato nella relazione di notificazione di un atto o in modalità di conoscenza formale equivalente.
La norma, attenendo a fattispecie ostative, è annoverabile tra quelle di stretta interpretazione: l’effetto preclusivo può avere riguardo soltanto alle annualità interessate dall’avvio di tali attività di accertamento amministrativo, considerato che le attività istruttorie di controllo sono riconducibili a singole annualità accertabili.
Consegue che le eventuali altre annualità non ne risentono e possono costituire oggetto della procedura anche se riferite alla medesima fattispecie.
L’intento del legislatore è chiaramente orientato a limitare la causa preclusiva alla conoscenza di verifiche attinenti all’ambito oggettivo della VD6. Pertanto devesi ritenere non determinativa di effetti preclusivi l’istruttoria formalmente attivata in relazione a un tributo diverso.
Poiché la preclusione rileva solo con riguardo alla singola procedura interessata, è giocoforza affermare – in sintonia con l’esegesi offerta dall’amministrazione finanziaria – che il contribuente che abbia intenzione di attivare la procedura di VD internazionale, ma che sia stato interessato dall’avvio di attività di accertamento per imponibili non connessi a investimenti e ad attività finanziarie illecitamente detenuti all’estero, può comunque accedere alla procedura nell’ambito oggettivo proprio, essendogli precluso unicamente l’ambito derivato nazionale della stessa.
3.2 Le attività frutto di acquisto mortis causa
È necessario sottolineare che vi sono numerosi aspetti non direttamente risolti dal testo di legge.
Uno dei principali dal punto di vista pratico riguarda il rapporto tra la VD e l’imposta di successione. Questa difatti non è compresa tra quelle sanabili col ricorso alla procedura di emersione.
In sostanza, nel non infrequente caso in cui i beni detenuti all’estero derivino da successione ereditaria, la VD non sana le irregolarità dichiarative concernenti il tributo successorio.
Si pone allora l’interrogativo se l’istanza di VD abbia a risentire, o meno, delle questioni afferenti l’imposta di successione nei casi in cui la dichiarazione sia stata omessa e sia decorso il termine di decadenza per l’azione amministrativa di rettifica e di liquidazione (art. 27, d.lgs. 31.10.1990, n. 346).
La risposta sembra doversi far discendere dall’art. 48, co. 2, d.lgs. n. 346/1990, norma generale secondo cui è inibito agli impiegati dello stato (e quindi anche agli uffici riceventi l’istanza di accesso alla VD) di compiere atti relativi a trasferimenti mortis causa se non è stata fornita la prova della presentazione della dichiarazione di successione anche dopo il termine di cinque anni di cui all’art. 27, co. 4.
Può osservarsi che in base alla specifica funzione, considerate le differenze di ordine formale, la presentazione dell’istanza di VD non può rilevare come equipollente della dichiarazione di successione omessa. La dichiarazione di successione va infatti redatta, a pena di nullità, su apposito stampato conforme al modello ministeriale, e la dichiarazione nulla si considera omessa (art. 28, co. 8, d.lgs. n. 346/1990).
In materia di imposta di successione vige il principio per cui il decorso dei termini di decadenza dell’azione amministrativa rende non irrogabili le sanzioni, ma non estingue il debito d’imposta in tutti i casi in cui la dichiarazione sia infine comunque presentata, anche a termine di decadenza maturato7.
Se ne desume che l’imposta di successione deve essere assolta ai fini della VD.
Le sanzioni tributarie non sono trasmissibili agli eredi, ma rimane di loro interesse regolarizzare l’imposta perché, in caso contrario, vi sarebbe un impedimento per gli uffici – ai sensi dell’art. 48, co. 2 – alla presa in carico dell’istanza di accesso alla VD, che può ritenersi compresa nell’ampia formula degli atti relativi al trasferimento patrimoniale mortis causa.
3.3 La sorte delle imposte assolte all’estero
Rimane poi di dubbia soluzione il problema dell’eventuale computo, in sede di VD, delle imposte pagate dal contribuente all’estero sui rendimenti delle attività finanziarie ivi detenute e oggetto di emersione. Normalmente si tratta delle imposte sostitutive (o ritenute) su cedole, interessi e dividendi qualificati.
Il problema è avvinto ai rimedi contro la doppia imposizione internazionale8 e necessiterebbe di un lungo discorso.
Ci limitiamo a osservare che il recupero degli esborsi sostenuti all’estero sembra precluso in radice dall’essere il perfezionamento della VD legato al pagamento delle dovute imposte senza possibilità di compensazione (art. 5 quater, co. 1, lett. b). I rimedi alla doppia imposizione seguono invero i modelli della esenzione e del credito d’imposta, non compatibili con la specificità normativa della VD.
Il modello del credito d’imposta si palesa ostacolato anche dal fatto che le imposte sostitutive e le ritenute assolte all’estero non risultano correlate a redditi esposti in una dichiarazione fiscale (art. 165 t.u.i.r.).
Per beneficiare del credito d’imposta è necessario che i redditi prodotti all’estero concorrano alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente9, dacché l’istituto non è applicabile in presenza di redditi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, a imposta sostitutiva o a imposizione sostitutiva operata dallo stesso contribuente. Va rammentato che i redditi di capitale corrisposti da soggetti non residenti e percepiti direttamente all’estero senza l’intervento di un sostituto d’imposta sono soggetti, a cura del contribuente, a imposizione sostituiva in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi, nella stessa misura delle ritenute a titolo d’imposta che sarebbero applicate se tali redditi fossero corrisposti da sostituti d’imposta o intermediari italiani.
Nel contempo il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero è organicamente inserito nella disciplina delle imposte sui redditi ed è quindi condizionato dalla presenza di redditi esteri nel reddito complessivo. E l’art. 165, co. 8, t.u.i.r. nega il diritto alla detrazione di imposte pagate all’estero in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero10.
Ne consegue che nella prospettiva della VD il contribuente non potrebbe comunque fruire del credito, giacché presupposto dell’istanza di VD è l’anteriorità del dolo, vale a dire che il reddito estero non sia stato indicato dolosamente11 nella dichiarazione relativa all’annualità oggetto di controllo.
1 Per un inquadramento delle questioni relative alla cooperazione fiscale internazionale, ex aliis Barassi, M., Cooperazione tra amministrazioni fiscali, in Cassese, S., a cura di, Diz. dir. pubbl., Milano 2006, 1525 ss. Sulla cornice internazionale della VD, v. Garbarino, C. Garufi S., in Piazza, M. e Garbarino C., a cura di, Voluntary disclosure e autoriclaggio, Milano, 2015, 3 ss., 23 ss.
2 La posizione dell’Agenzia delle entrate in ordine alle modalità operative dei due modelli di VD è espressa nelle circ. 10.3.2015, n. 10/E e circ. 16.7.2015, n. 27/E.
3 Orientamento consolidato: cfr. Cass., 11.6.2003, n. 9320; Cass., 18.2.2009, n. 3830; Cass., 18.12.2014, n. 26848.
4 Critiche in tal senso erano state svolte nel corso delle audizioni sul testo contenuto nell’A.S. 1642 per essere stato il regime del mancato raddoppio dei termini ancorato a fattori prescindenti dal comportamento del contribuente; v. audizione Loconte.
5 Anche sul punto attinente al contraddittorio sono stati evidenziati elementi di criticità del testo normativo in sede di audizioni preliminari: in particolare nelle audizioni Leo e Loconte sul contenuto dell’A.S. n. 1642.
6 Cfr. Piazza, M. Bono, M. Folli, M., Collaborazione volontaria: la procedura, in Il fisco, 2015, 337.
7 Di recente, Cass., 16.1.2015, n. 694
8 La doppia imposizione, generata dal sovrapporsi di pretese impositive nazionali concorrenti, vede tipicamente in conflitto le potestà tributarie dello Stato cd. della fonte e dello Stato cd. della residenza. Cfr. Franzè, R., I metodi di eliminazione della doppia imposizione internazionale sul reddito, in Sacchetto, C., a cura di, Principi di diritto tributario europeo e internazionale, Torino 2011, 221 ss., ove ulteriori riferimenti.
9 Ex aliis, Cass., 11.5.2012, n. 7355; Cass., 30.1.2011, n. 2255.
10 Cass., 16.9.2005, n. 18371; Cass., 16.3.2011, n. 6108.
11 La volontarietà dell’omissione dichiarativa impedisce di applicare invero il principio affermato da Cass., 30.1.2011, n. 2277, pur in sé discutibile, secondo cui il contribuente ha diritto al rimborso, a seguito di rettifica della dichiarazione, delle imposte sui redditi prodotti all’estero non incluse, per errore di fatto o di diritto, nella dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui sono state pagate.