Vomito
Il termine vomito indica l'emissione rapida e forzata dalla bocca, attraverso l'esofago e la faringe, del contenuto dello stomaco ed eccezionalmente dell'intestino (alimenti o altre sostanze ingerite, succhi gastrici, muco, sangue ecc.). Il vomito è un atto riflesso di difesa, determinato da un complesso di contrazioni dei muscoli dell'addome e del diaframma con chiusura della glottide e apertura del cardias, spasmo del piloro e contrazioni antiperistaltiche della parete gastrica. Questo insieme di fenomeni causa il riflusso del contenuto gastrico nell'esofago e la sua successiva emissione dalla bocca. Il vomito si distingue dal rigurgito, perché in quest'ultimo manca la contrazione dei muscoli addominali e del diaframma e il riflusso avviene per incontinenza del cardias (che può essere fisiologica, come nel lattante, o patologica) o per alterazioni esofagee (megaesofago, diverticoli ecc.).
L'intero atto del vomito è comandato da un centro nervoso situato nel bulbo (centro del vomito). Le sedi donde può originarsi lo stimolo del vomito sono numerose: sistema nervoso centrale, occhi, mucosa faringea e nasale, labirinto non acustico, mucosa gastrica e intestinale, peritoneo e altri organi addominali. Pertanto molti processi morbosi che coinvolgono tali organi o strutture, e talvolta la loro stimolazione perlopiù meccanica, possono provocare il fenomeno riflesso del vomito. Spesso il vomito è preceduto dalla nausea (v.) e accompagnato da pallore, aumento di sudorazione e salivazione, ipotensione e bradicardia. In rapporto al materiale emesso è possibile distinguere differenti tipologie di vomito: vomito sine materia, meglio detto conato di vomito, in cui non viene emesso alcun materiale; vomito alimentare, costituito da cibi non interamente digeriti; vomito biliare, composto da muco gastrico e liquido biliare; vomito fecaloide, formato da materiale proveniente dai segmenti bassi dell'intestino tenue; vomito fecale, in cui si ha emissione di materiale fecale, in caso di fistole tra il colon e lo stomaco; vomito emorragico, o ematemesi, con presenza di sangue; vomito purulento, per svuotamento nello stomaco di raccolte purulente; vomito acquoso, in cui è presente quasi esclusivamente succo gastrico ecc. In rapporto alle cause: vomito cerebrale, dovuto a cause endocraniche (tumori, meningiti ecc.); vomito da cause emotive (episodi traumatizzanti, o loro rievocazione); vomito psicogeno (da stimoli nervosi e spesso come indizio di rifiuto psicologico); vomito acetonemico, legato all'intossicazione da corpi acetonici; vomito abituale del lattante, dovuto a errori di alimentazione, riguardanti sia la preparazione dell'alimento sia le modalità di somministrazione; vomito gravidico ecc. La terapia del vomito è, essenzialmente, causale; non va disturbato quando ha una finalità difensiva (eccessi alimentari, ingestione di tossici ecc.) e, in tali casi, se manca, va addirittura provocato mediante farmaci emetici; quando ha significato patologico richiede cure mediche (alcuni antistaminici, clorpromazina, vitamina B₆, estratti di corteccia surrenale ecc.) o chirurgiche, a seconda della natura della malattia emetizzante. Il vomito ripetuto e irrefrenabile (iperemesi) provoca serie turbe dell'equilibrio idroelettrolitico (perdita di acqua, sodio ecc.) che possono essere fronteggiate con la somministrazione per fleboclisi dei minerali necessari e di principi nutritivi dotati di potere energetico (glucosio, fruttosio ecc.).
bibl.: j. hawthorn, Understanding and management of nausea and vomiting, Oxford, Blackwell, 1995, pp. 1-179; Nausea and vomiting. Recent research and clinical advances, ed. J. Kucharczyk, D.J. Stewart, A.D. Miller, Boca Raton (FL), CRC Press, 1991.