voto
Mezzo di espressione delle preferenze o della volontà di un soggetto appartenente a un gruppo, in sede di elezioni o delibera. Per mezzo del v. si assume che le preferenze degli individui possano essere confrontate e sommate tra loro. In realtà, l’ammissibilità di confronti interpersonali è al centro di un ampio dibattito ed è subordinata a giudizi di valore sulla facoltà attribuita ai diversi soggetti di percepire e valutare in maniera oggettiva i diversi stati del mondo (➔ mondo, stato del). La corrente degli utilitaristi muove da premesse ugualitarie e ammette la possibilità di effettuare confronti interpersonali, mentre su posizioni opposte si attesta la scuola della nuova economia del benessere. ● Le differenti modalità procedurali attraverso cui le preferenze vengono aggregate sono in grado di esercitare una notevole influenza sui risultati della votazione. Tali regole sottendono di fatto a differenti giudizi di valore. Si pensi ai principi con cui è stabilito il numero dei v. attribuito a ciascun avente diritto, alle norme per l’individuazione dell’alternativa vincente (unanimità o maggioranza, quest’ultima qualificata o certificata sempre), e in ultima analisi alle modalità di individuazione delle proposte da sottoporre al voto. Per es., il principio capitario (‘una testa un v.’) garantisce un maggiore grado di democrazia rispetto al v. in proporzione alla partecipazione, e il v. a maggioranza (➔ maggioranza, voto a) favorisce l’assunzione di scelte e cambiamenti più repentini di quanto non sia possibile con il v. all’unanimità (➔).
All’interno delle assemblee sociali, gruppi omogeni di aventi diritto al v. possono stipulare accordi con i quali si impegnano a stabilire ex ante le modalità di esercizio del v. in assemblea, e si parla in tal caso di sindacati di voto. Obiettivo di tale istituto è la stabilità di indirizzo nella gestione sociale.