VULTURE (A. T., 27-28-29)
Vulcano spento che sorge isolato sul versante adriatico dell'Appennino, al confine tra la Puglia e la Lucania. Più piccolo di mole del Vesuvio e del vulcano di Roccamonfina, è ad essi similissimo per forma e per costruzione, mostrando una grande cerchia esterna, completa a oriente e aperta a occidente, nel cui seno si trova un cono minore, detto di Monticchio (Monticulus), in fondo al quale si apre un cratere con due bocche ora occupato da due pittoreschi laghi.
Sorto nel fondo di una valle quaternaria, quando era già quasi del tutto completo non solo l'assettamento tettonico, ma anche il modellamento orografico delle circostanti montagne, produsse notevoli cambiamenti nel regime idraulico della valle stessa, sbarrando, con i nuovi materiali eruttati ed accumulatisi, il cammino alle acque fluenti, che furono costrette ad ammassarsi in due laghi: uno nella Valle di Vitalba e un altro sotto Venosa; che poi si vuotarono, quando gli emissarî ebbero loro aperto uno sbocco molto profondo. Il primo magma versato fuori, sotto forma sia massiccia sia frammentaria, fu di natura fonolitica: ad esso tenne dietro un magma prevalentemente tefritico e basanitico, con variazioni basaltiche, leucitiche, nefelinitiche e hauynofiriche, il quale finì col costituire la grande massa del vulcano. E il vulcano stesso non fu semplice, perché, anche tralasciando i primi focolari eruttivi seppelliti sotto il monte, si possono ancora distinguere alla periferia di esso due focolari diversi, indipendenti tra di loro e dal focolare principale, dei quali uno fu anteriore e un altro posteriore alla formazione del gran cono centrale. Questo gran cono a sua volta non rimase intatto, ma fu prima aperto verso occidente da un'ampia caldeira, e poi ebbe a sud-ovest i fianchi eccentricamente squarciati da una violenta esplosione, di cui il cratere a due bocche è ora occupato dai due laghi di Monticchio. Questa esplosione rappresenta probabilmente l'ultima grande manifestazione eruttiva del Vulture.
E mentre il solitario vulcano ancora ardeva, le acque diluviali scendenti dall'Appennino si raccoglievano, per la mutata configurazione del suolo, a monte nel bacino di Vitalba, e a valle in quello di Venosa, depositando i materiali vulcanici e non vulcanici; portati dai fiumi e dai venti. Sulle sponde di quei bacini vivevano specie di Mammiferi ora estinte, come l'Hippopotamus maior e l'Elephas antiquus; di cui le ossa, insieme con avanzi di conchiglie lacustri, si trovano ora associate, in quei depositi, ad armi di pietra del tipo acheuleano, appartenenti all'uomo preistorico di quelle contrade; che assistette anch'egli alle ultime eruzioni del Vulture. Del quale l'antico fuoco non è forse ancora del tutto spento: a giudicare almeno dalla ricchezza di acque minerali, e dalle scosse sismiche locali, come quelle dei terremoti del 1851 e del 1930.