Borowczyk, Walerian
Regista cinematografico polacco, nato il 21 ottobre 1923 a Kwilcz (Poznań). La visionarietà di matrice surrealista dei suoi film intensifica la figurazione erotica in una esemplare riscrittura visiva di narrazioni melodrammatiche e di racconti libertini. Il suo cinema rende visivamente impulsi, sensazioni, eccitazioni interrotte, è scelta espressiva di un'ossessione per la sensualità dei corpi come degli oggetti, resa filmica dei meccanismi del desiderio e del piacere, del potere e della trasgressione. Diplomatosi in pittura e grafica all'Accademia di belle arti di Cracovia, B. lavorò dapprima come cartellonista (nel 1953 vinse il premio nazionale polacco per le arti grafiche) per passare poi a realizzare cortometraggi a passo ridotto (tra cui Atelier de Fernand Léger e Photographies vivantes, del 1954); in collaborazione con Jan Lenica firmò nel 1957 il film di animazione Byt sobie raz (C'era una volta), cui seguirono altri film a disegni animati come Strip Tease (1957), Dom (1958, La casa), Szkola (1958, Scuola). Opere che consolidarono la fama di B. come innovatore del cinema di animazione, cui egli conferì una cifra tecnico-stilistica caratterizzata da un gusto corrosivo, anarchico e libertario, da richiami pittorici, dall'inserimento di attori e riprese 'dal vero' trattati con la tecnica dei cartoons. Trasferitosi in Francia, B. realizzò una serie di cortometraggi intrisi di humour nero di tradizione surrealista, come Le magicien (1959), L'encyclopédie de grand-maman (1963), Rosalie (1966), da un racconto di G. de Maupassant, e Théâtre de M. et M.me Kabal (1967), suo primo lungometraggio. Nel 1968 diresse il film che gli diede fama internazionale, Goto, l'île d'amour: nel passaggio al film di finzione, dopo l'esperienza dello sperimentalismo di animazione, B. mantenne intatti i richiami al surrealismo tipico di certa letteratura polacca (per es. W. Gombrowicz), accentuando il carattere onirico ed elisabettiano della tragedia, dove tutto diventa ambiguo e ipotetico, tra incubo e realtà. Nell'inusuale cromatismo del film gli strappi di colore, porosi, intensi, virati alla tinta sanguinolenta della carne, si inseriscono nel tessuto unitario del bianco e nero, restituendo il clima claustrofobico di un'isola-fortezza dove si snodano i crimini e i rituali di una comunità metaforica e kafkiana. L'isola di Goto e il castello medievale del successivo Blanche (1971) segnano i confini dell'area del desiderio totalizzante, sono luoghi protetti, prigioni, gabbie dove il corpo diviene il senso dell'azione, la sua ragione semantica. Lo sguardo di B. nei Contes immoraux (1974; I racconti immorali di Borowczyk), film a episodi che ricompone in una figuratività libertina storie di donne perverse e crudeli come Lucrezia Borgia o la contessa-vampiro Erzsébet Báthory, continua a insistere sulle superfici piene del corpo, svelate, reinventate nella geometria dei movimenti di macchina. Con Dzieje grzechu (1975; Storia di un peccato) B. tornò a lavorare in Polonia. Sulle tracce di un romanzo di S. Żeromski intraprese un viaggio a ridosso del corpo femminile capace di indirizzare in una direzione delirante e insieme straniante il senso panico di una dissipazione amorosa. Nel successivo La bête (1975; La bestia), la sessualità diventa esplicita nelle intense visioni estenuanti, con le continue masturbazioni e i deliri erotici accompagnati dal frugare ossessivo della macchina da presa usata come alibi per dissimulare la bestialità inquietante di mostruose articolazioni, e con i risvolti surreali di una storia quasi gotica. Con La marge (1976; Il margine), da un testo di A. Pieyre de Mandiargues, B. traduce sullo schermo letteralmente l'orlo estremo di una superficie, ma anche lo spazio bianco della pagina di un libro, o ancora, chirurgicamente, la 'cicatrice', che dissemina il senso della deriva esistenziale e dei giochi amorosi torbidi e disperati di un uomo in crisi. A partire da Interno di un convento (1977), girato in Italia e ispirato alle Promenades dans Rome di Stendhal, B. esercitò il suo gusto figurativo in film in cui la ricostruzione storica o l'ispirazione letteraria risultano deformate sotto la lente libertina: Les héroïnes du mal (1979; Tre donne immorali?), Lulu (1980) tratto da F. Wedekind, Docteur Jekill et les femmes (1981; Nel profondo del delirio) da R.L. Stevenson, Ars amandi (1983) da Ovidio, Cérémonie d'amour (1988; Regina della notte) da Pieyre de Mandiargues. Tutti film in cui ha perseguito la sua esplorazione di un erotismo estenuato e allucinato, che si è spesso tradotta in una battaglia solitaria contro la censura, combattuta anche in Italia, dove i suoi film sono stati più volte tagliati, ridotti, rimontati, umiliati e distribuiti come film di serie B.
G. Rondolino, Storia del cinema d'animazione, Torino 1974, pp. 280-84.
E. Bruno et al., Viaggi nell'inconscio, in "Filmcritica", febbr. 1977, 272, pp. 51-59.
Il cinema e la macchina. Conversazione con W. Borowczyk, a cura di E. Magrelli, S. Dini, in "Filmcritica", febbr. 1978, 282, pp. 54-58.
V. Caprara, Walerian Borowczyk, Firenze 1980.