WALPOLE, Horace, quarto conte di Orford
Scrittore inglese, nato il 24 settembre 1717 a Londra, ivi morto il 2 marzo 1797. Era figlio di Sir Robert W., il grande primo ministro whig. A Eton e a Cambridge, dove studiò, fu amico del poeta Th. Gray, col quale nel 1739 partì per un lungo viaggio in Francia, Svizzera e Italia. Ma nel 1741 i due amici vennero a dissidio e si divisero. Dal 1741 al 1767 il W. sedette in parlamento, dove compì i suoi doveri con precisione minuziosa, sebbene senza distinguersi, e nel 1751 cominciò a scrivere i suoi postumi Memoirs of the last years of George II, che hanno notevole valore storico, come testimonianza coeva di un sagace osservatore d'uomini e d'eventi. Ma il suo interessamento si volgeva piuttosto al campo sociale, letterario, artistico che non a quello politico, e sebbene egli fosse essenzialmente uomo del suo tempo, ebbe parte non piccola nella rinascita di tendenze romantiche. Dal 1747 fu per molti anni assorbito nella costruzione e nell'abbellimento di ciò che egli chiamava il suo piccolo castello gotico di Strawberry Hill a Twickenham, cui egli impresse aspetto gotico mediante merlature, archi e vetri dipinti, raccogliendovi quadri, statue, porcellane antiche e curiosità antiquarie.
Quivi nel 1757 impiantò la sua famosa tipografia privata, donde uscirono come prima pubblicazione le Odi del Gray col quale il W. si era riconciliato. Seguirono la stampa del suo Catalogue of the Royal and Noble Authors of England (1758), Anecdotes of Painting in England (1763), e del suo romanzo The Castle of Otranto (1764). È questo un racconto gotico, pieno dei più straordinarî anacronismi, di mistero e di orrori agghiaccianti e fu scritto in volontaria reazione contro i romanzi domestici. Fu il primo esempio in lingua inglese di un romanzo nella maniera pseudomedievale e suscitò, al suo tempo, grande interessamento, esercitando un influsso molto superiore al suo merito intrinseco. The Mother, tragedia abile, ma orrida e innaturale, apparve nel 1768.
La sua vita trascorse tra i suoi libri e i suoi tesori artistici, e nei piaceri della società. Nel 1765 si recò a Parigi, dove strinse amicizia durevole con Madame du Deffand; nel 1791, alla morte del nipote, terzo conte di Oxford, il W. succedette nel titolo.
In letteratura amò sempre atteggiarsi ad amatore: egli mirava a farsi considerare bel gentiluomo di mondo e di moda, conoscitore impeccabile di arte e di letteratura e con una speciale avversione per il noioso, l'insipido e il volgare. Il suo vero genio letterario si manifesta nel suo voluminoso epistolario con gli amici, nel quale non solo è rivelata la sua personalità sagace, intelligente, un poco cinica, ma è contenuto anche un vivace "estratto e breve cronaca del tempo". "Le lettere", diceva il W., "non dovrebbero essere altro che lunghe conversazioni sulla carta"; e le sue, come quelle di Madame de Sévigné, da lui ammiratissima, raggiungono questo intento. In esse egli appare il commentatore alla buona, personale, dello spettacolo della vita che quotidianamente gli si svolge dinnanzi. La sollevazione giacobita del 1745, le tempeste politiche suscitate da J. Wilkes e dal suo North Briton, l'avvento e la caduta di ministeri, le battaglie combattute su tre continenti, le rivoluzioni in America e in Francia, con le loro diverse reazioni sui varî settori della società londinese, sono successivamente registrati, intercalati, e conditi di pettegolezzi e aneddoti, con una cronaca delle effimere inezie della società. Il tutto è sostenuto dalla vivacità del suo spirito e da un'intelligenza mista a una punta di malignità. Il W. ebbe una quantità di corrispondenti, tra i quali furono Mason, Montagu e Conway, Lady Hervey, Lady Ossory e Hannah More; dirette al suo amico Sir Horace Mann, inviato alla corte di Firenze, rimangono 820 lettere scritte in un periodo di più di 5 anni. Tra le lettere più belle scritte nella vecchiaia sono quelle dirette alle signorine Berry, che egli aveva conosciuto nel 1791 e il cui affetto addolcì molto i suoi ultimi anni.
Edizioni: Works, voll. 5, Londra 1798; Letters, a cura di Paget Toynbee, voll. 16, Oxford 1903-05.
Bibl.: Life di A. Dobson, 2ª ed., Londra 1893.