WALTHARIUS
. È il titolo di un poema latino (Waltharius Manufortis o Waltharii poesis) composto dal monaco Ecchehardo I di S. Gallo (v.), morto verso la fine del sec. X, e rielaborato al principio del sec. XI da Ecchehardo IV (v.).
Il poema, che si compone di 1456 esametri, elabora una di quelle leggende eroiche germaniche che si mantenevano vive nella tradizione popolare, e ch'era nata forse fra gli Ostrogoti o gli Alemanni del sec. V. Oggetto d'essa, che ha come sfondo storico l'epoca delle migrazioni dei popoli e gli avvenimenti tipici di quell'età tempestosa, sono le vicende del giovane Gualtiero d'Aquitania e di Ildegonda, figlia del borgognone Herrich, ambedue ostaggi alla corte di Attila, la loro fuga col tesoro del re, le avventure del lungo viaggio, l'incontro nei Vosgi con dodici cavalieri del re franco Guntero, bramoso d'impossessarsi del tesoro, i duelli combattuti vittoriosamente da Gualtiero con ciascuno di loro, la finale riconciliazione con i due soli superstiti Guntero e Hagen, e le successive nozze con Ildegonda. Questa leggenda, che deve essere stata allora tra le più diffuse, è trattata, oltre che nel Waltharius, in due frammenti di poema anglosassone, Waldere, dell'VIII o del IX sec., in brevi frammenti di un poema in medio-alto-tedesco di circa il 1200, Walther und Hiltgunt, e in un passo della Thidrekssaga (cap. 241). Nel Chronicon del monastero della Novalesa (II, cap. 7-8-9), si trova ridotta in prosa con interpolazione di molti versi del poema di Ecchehardo, spesso ritoccati dal cronista; è però omessa la descrizione particolareggiata delle singole battaglie e vi è aggiunta la leggenda della monacazione di Gualtiero, della sua morte, e d'altri fantastici episodî che somigliano a quelli della Conversio Othgerii militis e di una chanson de geste, il Moniage Guillaume.
Il Waltharius, ad onta della sua veste latina, è, dal punto di vista nazionale, l'opera letteraria più notevole del sec. X in Germania. Benché il paganesimo vi abbia naturalmente ceduto il posto al cristianesimo, i cui elementi esteriori sono dappertutto palesi insieme con alcuni motivi classici, l'etica del germanesimo primitivo informa tutto il racconto e appare in tutti i particolari della vita dei personaggi, che hanno il puro carattere eroico dei primi tempi, non ancora contaminato dai costumi e dagl'ideali dell'età cavalleresca. Il suo valore artistico, non è trascurabile; sia che Ecchehardo non abbia fatto altro se non tradurre, come vogliono taluni, un originale volgare, sia che, come è più verosimile, abbia elaborato, con disegno e ispirazione proprî, una delle solite canzoni giullaresche, egli ha saputo dare una narrazione sempre vivace, non mai inceppata da inutili digressioni, e variata quanto mai, specie nelle descrizioni dei numerosi combattimenti. Lo stile e il verso mostrano nell'autore il discepolo di Virgilio, del quale è talora riportato qualche intero verso; la lingua presenta locuzioni derivate dal tedesco, forme del latino volgare e frequenti ellenismi, e non è esente da imperfezioni grammaticali. Il Waltharius ci è pervenuto in numerosi codici che presentano notevoli varianti.
Ediz. A cura di H. Althof (Lipsia, I, 1899; II, 1905); I. W. Beck (Groninga 1908); di K. Strecker (2ª ed., Berlino 1924). Trad. in tedesco moderno di H. Althof, R. Heinzel e altri; rimaneggiamento nel romanzo dello Scheffel: Ekkehardt, dove sono fuse le personalità del primo e del secondo Ecchehardo.
Bibl.: R. Heinzel, Über die Walthersage, Vienna 1888; F. Novati, Per la composizione del W. Osservazioni critiche, Milano 1901; F. Ermini, Poeti latini del sec. X, Roma 1920, pp. 39-67.