WALTHER von der Vogelweide
Minnesänger tedesco, il maggiore fra i poeti lirici della Germania medievale, nel quale la lirica cortese del Minnesang si fonde con la poesia spontanea del giullare vagante, e, al dilà delle forme consuete del Minnelied e dello Spruch moraleggiante, investe tutta quanta la realtà politica e religiosa del tempo.
Non si sa quando nacque - certo non dopo il 1170 -; né quando morì - a una data imprecisa dopo il 1228. Non si sa donde ebbe origine: le varie attribuzioni del luogo di nascita - e, fra le altre, quella di un'origine dalla Val d'Adige - si sono dimostrate criticamente inconsistenti: la presunzione più probabile, oggi generalmente accettata, è quella di un'origine austriaca.
Certo all'Austria riconducono tutte le sue prime poesie, secondo la cronologia che la moderna filologia è riuscita a stabilirvi, con sufficiente presunzione di verità. Di famiglia quasi certamente nobile sebbene povera, godette alla corte dei Babenberg la protezione del duca Federico. E precisamente a Vienna s'addestrò nell'esercizio dell'arte, alla scuola di Reinmar, di cui divenne a poco a poco rivale e di cui più tardi - dimenticati i primi dissensi - pianse la morte in una poesia piena di accoratezza e di riverenza. Come un vero "Künek Artûses hof" apparirà un giorno la corte di Vienna, qual'era stata in quegli anni, al suo nostalgico ricordo. La morte del duca Federico in Palestina, nell'aprile del 1198, segnò la fine dell'idillio: "col capo chino che quasi gli tocca, i ginocchi" si descrive in una sua poesia W. stesso, nell'atto di allontanarsi da Vienna. Filippo di Svevia divenne il nuovo protettore: W. parla come se avesse assistito all'incoronazione l'8 settembre 1198 a Mülhausen in Turingia; e si trovava ancora alla sua corte pure nel Natale dell'anno seguente a Magdeburgo. Erano gli anni della contesa tra Filippo e Ottone IV per la successione di Enrico VI; e apertamente W. parteggiò per il suo protettore, contro il papa che accordava il proprio appoggio al rivale. Esplose così dal cantor d'amore il poeta politico. Ma la vita del poeta continuò ancora randagia.
Intorno a lui il paese era devastato dalle lotte intestine; ed egli stesso andava di corte in corte ramingo. Già nel 1200 pare essere ritornato a Vienna; nel novembre del 1203 un libro di conti di Wolfger, vescovo di Passau e più tardi patriarca di Aquileia, registra come il prelato - mentre si trovavano a Zeuselmauer sul Danubio, presso Klosterneuburg - gli diede "quinque solidos longos" per comprarsi una pelliccia; nel 1204 si trovava presso la corte del conte Hermann di Turingia, accanto a Wolfram von Eschenbach col quale, a giudicare da certe allusioni di Wolfram, non pare che i rapporti fossero sempre ottimi, e non si sa quanto vi sia rimasto: secondo la leggenda, la gara dei cantori alla Wartburg sarebbe avvenuta nel 1207. Poi per varî anni si riscontrano di lui solo tracce fuggevoli, presso il marchese Dietrich von Meissen e altrove, fino al 1212. Ma nel frattempo la sua fama e insieme con essa la sua coscienza di sé medesimo e dell'importanza della propria arte, doveva essersi notevolmente accresciuta, se nel marzo di quell'anno alla Dieta di Francoforte, dinnanzi a Ottone IV imperatore, reduce dall'Italia, e dinnanzi ai principi convenuti intorno al sovrano, egli esalta con parole solenni l'idea imperiale:
Her keiser, ich bin frônebote
Und bring in boteschaft von gote:
Ir habt die erde, er hat daz himmelrîche.
Per l'accorgimento politico e per il vigore dell'azione di un grande papa, Innocenzo III, la secolare lotta fra il papato e l'impero stava di nuovo assurgendo a uno dei suoi momenti culminanti. W., che aveva iniziato la sua attività di poeta politico con una polemica antipapale e con la contrapposizione di un ideale religioso ascetico contro il potere temporale della Chiesa, divenne, nel rapido precipitare degli eventi, il naturale eloquente interprete delle passioni che arroventavano gli animi. E se già nell'anno seguente (1213), anch'egli come tanti altri seguaci di Ottone IV, era passato dalla parte del giovane Federico II, che, giunto in Germania e incoronato re il 9 dicembre 1212 a Magonza, rapidamente era riuscito a prendere nelle proprie mani il potere, ciò non mutava in realtà nulla nella posizione religiosa e politica del poeta. Poiché la lotta fra il potere spirituale e il potere temporale per l'effettivo dominio politico della cristianità, presto riavvampava anche sotto Federico, e con una ancora più appassionante vicenda di avvenimenti, per l'inventiva genialità e per la varia altezza di mete onde questi seppe avvivare la sua politica. La poesia politica di W. trovò così da ogni lato spunti e motivi d'ispirazione. Ogni mossa politica papale contro Ottone IV e contro Federico II venne da lui commentata ora con aspra veemenza ora con ironica mordacità di irrisione. Il consueto concetto della divisione dei poteri nell'unità della comune origine in Dio scompare. All'assolutezza della rivendicazione papale è contrapposta l'assolutezza della missione imperiale, derivante direttamente da Dio senza intermediarî. La figura del pontefice è contraffatta in lineamenti di un "advocatus diaboli". La Chiesa è rappresentata come un mondo di babilonica corruzione. E la risonanza che W. raggiunse non dovette essere piccola se Thomasin von Zirclaria nel Welscher Gast lo accusa di avere sviato migliaia d'anime. Lo stesso Federico si rese conto dell'utilità dei servizî che W. gli poteva rendere. Anche in questi anni W. aveva continuato la sua vita vagante, ora in Turingia, ora in Austria e altrove. Nel 1220 Federico, che il 17 aprile era riuscito ad ottenere nella dieta di Francoforte la proclamazione a re del figlio Enrico, assegnava a W. un feudo nella regione di Würzburg. Era stato sempre il sogno del poeta, che mai non aveva cessato di rinnovare le sue implorazioni presso tutti i suoi protettori. "Ich hân mîn lêhen, al diu werlt, ich hân mîn lêhen!" - egli cantò ora. E Federico, durante tutti gli anni della sua lontananza in Italia, ebbe realmente in W. uno dei suoi fedeli. Anche col "Gubernator" del regno, che Federico partendo aveva lasciato in Germania - l'arcivescovo Engelbert di Colonia - W. mantenne rapporti di fedeltà, e lo pianse, invocando l'ira divina sull'omicida quando quegli cadde, proditoriamente ucciso. E quando nel 1228 Federico II si decise a partire per la sua crociata, anch'egli lo avrebbe voluto accompagnare; e gli dolse di doversi limitare a invitare gli altri a partire; ma era ormai vecchio e stanco: "Ouwê war sint verswunden alliu mîniu jar?"
Per questa attività politica, che le moderne indagini hanno potuto chiarire e precisare, l'immagine di W. - che prima per mezzo secolo aveva incantato le fantasie romantiche in figura di perfetto cavaliere e trovatore e poi durante il "Kulturkampf" era diventata invece segnacolo in vessillo nella polemica anticattolica o più recentemente simbolo di germanicità nella polemica antitaliana per la sua pretesa origine dall'Alto Adige - è venuta a poco a poco assumendo nuovi lineamenti. E W. è stato sollevato a suprema incarnazione poetica dell'idea imperiale germanica. Ma si corre nuovamente pericolo di farne un mito, divellendolo dalla realtà storica di cui fece parte. Poiché quando si leggono senza prevenzioni le sue poesie, non appare come il vate di un'idea di cui egli si senta portatore contro tutto e contro tutti, ma appare sotto ogni riguardo come un uomo del suo tempo con tutti i caratteri e i limiti della mentalità e dello spirito dell'epoca. E anche un'altra considerazione è necessario aggiungere. La sua lirica politica si solleva veramente, in singoli momenti, a potenza di universale poesia; ma resta più spesso nei limiti di una polemica in forme occasionali e contingenti ora di satira ora di eloquenza. La lirica d'amore accompagna invece la sua vita - ora in toni di höhere ora in tono di niedere Minne, ma spesso con commossa verità di accenti - dalla prima giovinezza fino alla morte. E il getto più vivo della sua poesia resta pur sempre questo, quando si badi alla poesia e all'arte. E i primi versi che salgono alle labbra quando si pensa alla sua poesia sono pur sempre quelli della dolce canzone:
Under der linden
An der heide
Dâ unser zweier bette was
Dâ muget ir vinden
Schône beide
Gebrochen bluomen unde gras
Vor dem walde in einem tal
Tandarada
Schône sanc diu nahtegal.
Delle sue composizioni, molto ammirate dai contemporanei, si sono conservate tre melodie in un manoscritto oggi a Münster (tra le quali il celebre Palästinalied) e cinque intonazioni nel manoscritto di Colmar e nel Singbuch di A. Puschman.
Ediz.: I manoscritti più importanti sono: 1. quello di Heidelberg (A), del sec. XIII, edito da F. Pfeiffer, Stoccarda 1844; 2. quello di Weingarten, ora a Stoccarda (B), del sec. XIV, edito da F. Pfeiffer, Stoccarda 1844; 3. quello contenuto nella Manessesche Handschrift (v. manesse, Rüdiger) (C), già a Parigi, ora a Heidelberg, edito da F. Pfaff, Lipsia 1899-1909; 4. quello di Würzburg (E), ora a Monaco; 5. quello di Wolfenbüttel (U), frammentario, edito da F. Zarncke negli Atti dell'Accademia sassone delle scienze, Lipsia 1883. L'edizione critica fondamentale resta quella di K. Lachmann, ivi 1827, in nuove ristampe curata da Haupt e Müllenhoff, e infine da C. v. Kraus; e una ripresa di questa edizione è ancora in parte la recente, in molti punti rielaborata ediz. dello stesso v. Kraus, Berlino 1936. Fra le altre ediz. v. quella di F. H. von der Hagen nei Minnesinger, Lipsia 1838; quella di Ph. Wackernagel e M. Rieger, Giessen 1862; quella di Pfeiffer nei Deutsche Klassiker des Mittelalters, Lipsia 1864 (7ª ed. di H. Michel, ivi 1911); quella di W. Wilmanns, Halle 1869 (4ª ed. a cura di V. Michels, 1924); quella di K. Simrock, Bonn 1870; quella di H. Paul nella Altdeutsche Textbibliothek, Halle 1882 (molte ristampe). Per le traduzioni v. quelle di Simrock (1ª ed., condotta su Lachmann, Lipsia 1833); di R. Zoozmann (2ª ed. 1918); K. Pannier (3ª ed., 1925). Prezioso è sempre il Glossarium zu den Gedichten W.s v. V., di C. A. Hornig, Quedlinburg 1844.
Bibl.: J. L. Uhland, W. v. d. V., ein altdeutsches Dichterleben, Stoccarda 1822; F. H. von der Hagen, Walthers Leben, in Minnesinger, IV; M. Rieger, Leben Walthers von der Vogelweide, Giessen 1863; Ph. Wackernagel, W. v. d. V., in Kleine Schriften, II; K. Burdach, Reinmar der Alte und W. von der V., Lipsia 1880 (2ª ed., 1927); W. Willmanns, Leben und Dichten W. v. d. V., Bonn 1882 (nuova ed. a cura di V. Michels, voll. 2, 1916); A. E. Schönbach, W. v. d. V., Dresda 1890 (4ª ed. a cura di H. Schneider, Berlino 1923); L. Burdach, W. v. der V., in Allgemeine deutsche Biographie, XLI (1896); id., W. v. d. V., parte 1ª, Berlino 1900; id., Der mythische und der geschichtliche W., Berlino 1902; R. Wustmann, W. v. d. V., Lipsia 1913; F. Neumann, W. v. d. V. und das Reich, in Deutsche Vierteljahrsschrift für Literaturwissenschaft und Geistesgeschichte, II (1923); K. Halbach, W. v. d. V. und die Dichter von Minnesangs Frühling, in Tübinger germanistische Abhandlungen, III (1927); H. Naumann, Das neue Walters Bild, in Wandlung u. Erfüllung, Stoccarda 1933; H. Teske, Stoccarda W. v. d. V., Lubecca 1934; C. von Kraus, W. v. d. V. Untersuchungen, Berlino 1936.
Una bibliografia su W. era già stata raccolta da W. Leo: Die gesammte Literatur W.s v. d. V., Vienna 1880. Una revisione critica dello stato attuale degli studî si trova nelle nuove ediz. cit. dello Schönbach e del Willmanns. Sulle variazioni che la figura di Walther è venuta subendo attraverso i tempi nella letteratura e nella critica, v. G. Gerstmeyer, W. v. d. V. im Wandel der Jahrhunderte, Breslavia 1934.